capitolo 2
Vi siete mai sentiti come se non foste i protagonisti della vostra vita?
Bruce sì, costantemente. È strano vivere la propria esistenza come una semplice comparsa, osservandola da una camera esterna. Eppure succede, qualcuno nasce con questa particolare prospettiva, anche quando le giornate diventano frenetiche e ai limiti della legalità. Si direbbe che la storia di Bruce abbia note gialle, d'azione e suspence, persino drammatiche. Si potrebbe girare un film caper su di lui e gli incassi non deluderebbero.
Ma allora perché Bruce sente di far parte di una vita grigia, tetra, neo-noir? Perché avverte l'azione delle sue tristi circostanze come un labirinto di monotonia? Forse perché sa troppo e gli importa poco. Di tutto.
Sveglia alle sei di mattina. Il sole è ancora timido. Mi alzo come un soldato, come facevo quand'ero nelle forze armate. Sistemo il letto, un'abitudine che non mi tolgo neanche a volerlo. Butto giù un caffè americano. Doccia. Vestiti. Ascensore. Ogni. Fottutissimo. Giorno.
La puzza di smog è un tutt'uno coi miei polmoni. Ormai l'avverto a malapena. E l'unica dolce nota della mia esistenza m'aspetta lì, sul ciglio della strada. Una Ford Mustang del 2011, d'una tinta tenue, tra il celeste e il grigio sporco. Mi era mancata. Se la mia schiena da trentenne non ne risentisse, ci dormirei.
Mi vedo nel riflesso del finestrino quando apro la portiera. Non mi ero accorto di non essermi ancora specchiato. Il biondo che mi fissava con occhi vitrei e spenti, alto circa un metro e ottantacinque, si fa da parte per lasciarmi sedere sul posto del guidatore. Entra poco dopo nell'auto assieme a me, deciso ad accompagnarmi fino a lavoro. Quanto vorrei che mi lasciasse in pace.
Bruce non è conosciuto per il suo sorriso, né per la sua eloquenza. Appare timido, introverso, temibile, silenzioso da mettere i brividi. Da uno come lui si sta alla larga, anche se in molti sostengono non sia sempre stato così. Chi lo conosce da prima dell'incidente sa quanto fosse spensierato e divertente. Da quel giorno s'è completamente spento, non sembrerebbe capace di provare emozioni. Una vita triste, solitaria, destinata a esser dimenticata. A Bruce non dispiace. Sa bene quanto si soffra il lutto di una persona cara. Non augurerebbe a nessuno di soffrire la sua perdita.
"Sei in anticipo." Sembra quasi un rimprovero, quello di Burton, il suo capo.
"Come sempre." Risponde armato della sua solita apatia, mentre indossa la tuta da meccanico.
"Abbiamo una..."
"Cadillac con i pedali difettosi, una Pontiac GTO a cui dare una controllata e l'importantissima Chrysler 300 reduce di un tamponamento, il gioiellino di faccia da totano."
"Ci somiglia, in effetti." Mormora il capo, ripensando al cliente con gli occhi quasi fuori dalle orbite. Ma paga bene, di certo non l'avrebbe messo in guardia sul suo brutto aspetto.
Bruce dà lui una spiegazione, prima di dirigersi verso le macchine. "Ho letto tutto prima di andarmene ieri sera. Comincerò dalla Cadillac."
La mattina trascorre velocemente quando sono in officina. Le auto condiscono la mia vita, le danno sapore, accelerano tempi che altrimenti mi sembrerebbero eterni.
"Non so cos'abbia."
"Non sarebbe qui, no?"
In quello scambio di battute riconosco la voce di Burton, ma quella vellutata e femminile che l'accosta deve provenire da un altro pianeta. Mi sporgo al di là dello pneumatico, in lontananza la posso veder camminare. Ha dei lunghi capelli rossi che le cadono sulle spalle con dei boccoli perfetti, la pelle è di quelle che si scottano solo a guardarle, gli occhi grandi come se fossero stati disegnati per un cartone animato e il sorriso più radioso su cui abbia mai posato lo sguardo.
Mi nota. Accentua il sorriso sollevando gli angoli della bocca in una sorta di timido saluto, poi sento il mio nome pronunciarsi gracchiante tra le labbra screpolate del vecchio Burton.
"Bruce! Lascia la Chrysler e vieni ad aiutarmi."
Eseguo. Sfilo lo straccio che penzola dalla tasca dei pantaloni e mi pulisco le mani. Scivolo da sotto l'auto, mi dirigo verso di loro. Quando la raggiungo vedo più chiaramente il suo sorriso. Non credevo potesse essere ancora più luminoso a quella distanza.
"Se la sua macchina ha un problema, le garantisco che lui lo risolverà. Bruce Gallagher è il miglior meccanico della costa."
Le labbra color pesca della ragazza si piegano in un'espressione di sorpresa. La sua voce torna a tramortirmi, mi spedisce in paradiso sebbene tenti in impedirglielo. "Wow! Sono fortunata allora!"
"È solo bravo a vendermi." Rispondo io, lasciandomi contagiare dal sorriso. Se la nebbia attorno a lei si diradasse vedrei Burton sotto shock. Sono certo che la mia faccia sia diventata irriconoscibile, anche se il capo continua a rivolgermi la parola. E da bravo cheerleader qual è, decide di allontanarsi con una scusa che gli costa un'occhiataccia.
"Perché non dai un'occhiata al motore? Io ho degli affari urgenti da sbrigare."
"Tipo?" domando improvvisamente curioso. Ma il vecchio bastardo si salva con un miracolo biondo, due gambe chilometriche e un accompagnatore bruno al suo fianco. Non mi sembrano due tipi affidabili. Sento che se li guardassi più a lungo scatenerei l'inferno in terra. Così torno a prestare attenzione alla rossa che ho a un metro da me.
"Vediamo cosa posso fare."
Da quel giorno il nome più importante della vita di Bruce si è aggiunto alla rubrica. Freya Miller. I giorni assieme a lei riescono a trascorrere con facilità, accelerando i tempi quanto quelli passati in officina e rendendo sopportabile l'esistenza del meccanico. Ma se avete pensato che questa fosse una semplice storia d'amore vi sbagliate di grosso. La verità è che entrambi sono comparse, versioni di un racconto ben più importante, copie di altre copie che troveranno la loro utilità nella vita di qualcun altro. Pezzi di un enorme puzzle destinati a dare significato a un quadro più grande di loro.
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