Capitolo 5
-Pronto?- rispose al cellulare, Ran.
-Ran, come va? Sei ancora sotto le coperte da quando me ne sono andata?- chiese preoccupata la sua migliore amica.
La karateka non stava ancora bene, neanche dopo la visita dell'amica che sembrava averla fatta riprendere un po'. Da quando aveva parlato con Shinichi si era chiusa in se stessa e non permetteva a niente e nessuno di disturbare la sua tristezza. Neppure Goro era riuscito a farla uscire dalla sua stanza.
-Ascolta Ran, ne abbiamo parlato oggi. Puoi innamorarti ancora. Non è stato l'ultimo-
-Ma l'unico, Sonoko- rispose ormai stanca di sentire le solite cose.
La voce a singhiozzi di Ran non era ancora cambiata di una virgola.
-Ran, oggi parte. Prende un treno, ma non ti so dire per andare dove- la informò Sonoko, non sapendo neanche se avesse fatto la scelta giusta dicendole ciò.
-Come fai a sapere che parte?- sussultò Ran.
-Non importa questo-
Ma la spiegazione era semplice. Kogoro, vedendo la figlia in quello stato, aveva chiamato Sonoko per avere un aiuto, e proprio Sonoko gli aveva chiesto di scoprire dove fosse Shinichi. Kogoro aveva pure il cervello di una capra, però per la figlia avrebbe fatto la qualunque, anche scoprire il mistero più arduo al mondo. Infatti aveva scoperto della partenza di quel treno dalla stazione centrale di Beika.
-E perché me lo dici allora, Sonoko?- chiese Ran, che era ritornata a chiudersi in se stessa.
-Non so, magari avresti voluto vederlo un'ultima volta. Ora devo salutarti, devo uscire con i miei per una riunione di famiglia. Ciao Ran. Ti prego, non ti abbattere. Esci e prendi un po' d'aria. Okay?- la supplicò ancora.
-Okay, promesso- le rispose sincera.
Si salutarono e Ran spense il cellulare. Non voleva parlare più con nessuno. Tuttavia, Sonoko aveva ragione. Non poteva abbattersi in quella maniera. Forse fare un giro fuori le avrebbe fatto bene. Oltretutto era una bellissima serata invernale. Nevicava, però non forte ed era piacevole. Si alzò dal letto, fece una doccia, si vestì abbastanza pesante poi prese cappotto, sciarpa e berretto ed uscì, ma prima passò a dire a Kogoro che sarebbe tornata in tempo per la cena e che stavolta avrebbe cucinato lei. Il detective, vedendo la figlia uscire con un mezzo sorriso, anche se falso, fu comunque felice.
Ran decise di fare un giro in centro, passò a fare la spesa, andò a guardare le vie illuminate dalle luci natalizie di tutti i colori. Amava quel particolare periodo dell'anno perché infondeva tanta allegria, e tirò fuori un sorriso. Non era uno dei suoi sorrisi più felici, ma perlomeno era sincero e veniva dal cuore. Andò dalla madre, ma non era ancora rientrata a casa quindi decise di continuare a fare un giro prima che fosse ora di cena. Girando si rese conto solo alla fine che era arrivata alla stazione centrale senza neanche accorgersene. Provò ad allontanarsi da lì, ma non ce la fece non appena lo vide con una valigia ad aspettare un treno. Si mise in un angolino lontano a guardarlo senza avvicinarsi. Le bastava osservarlo a quella distanza, nonostante lo vedesse solo di spalle. Desiderava così tanto vederlo in viso, vedere la sua espressione. Voleva accertarsi che fosse diventata così diversa come il suo comportamento. Si spostò un po' per cambiare angolazione fino a vederlo in faccia. E, con sua grande sorpresa, notò aveva un'aria triste, gli occhi spenti, un sorriso malinconico. Il mare che solitamente faceva brillare magicamente i suoi occhi non era presente. Pensava di vederlo serio, arrabbiato o con un'espressione di freddezza, ma la tristezza era l'ultima cosa alla quale aveva pensato. Cosa lo faceva star così? Cosa gli era successo per diventare in quel modo? Alla fine la spiegazione che voleva del suo comportamento non l'aveva avuta. Avrebbe tanto voluto avvicinarsi e accarezzargli il volto, dirgli che tutto sarebbe andato bene, che sarebbero stati felici, ma il solo pensiero di sentire di nuovo quelle urla la bloccava. Lo guardava e stava sempre peggio, ma continuava a ripetersi che non era niente, che doveva pensare solo a se stessa. La verità è che avrebbe voluto frenare quei passi così veloci di Shinichi, tenerlo lì con se, ma stava scivolando via da lei con così tanta velocità da permetterle semplicemente di restare a guardare.
Stava salendo a bordo sull'ultimo treno, la stava lasciando, scivolando ancora via. Lo seguì con gli occhi. Lo vide sedersi vicino al finestrino. Lo vide prendere un libro, stava iniziando a leggere, ma per qualche ragione si era girò verso di lei. La vide, ne era sicura. La sua espressione imprevista lo dimostrava con certezza. Ran voleva che si ricordasse di lei per il resto della sua anche se i sentimenti non erano più gli stessi. Lo guardò negli occhi senza distogliere mai lo sguardo.
-Ti amo davvero Shinichi, non dimenticarlo mai- sussurrò, certa che lui l'avesse capita. Sapeva leggere le labbra, lo conosceva benissimo.
Lentamente, anche il terreno sotto le rotaie aveva iniziato a scivolare via. Shinichi si affievoliva fuori dalla vista lontana, lasciandosi Ran alle spalle. Non riusciva a vederlo più. Era arrivato il momento di tornare a casa. La notte iniziava a comporsi. Si ripeteva di non piangere, non doveva piangere. Ora che quel treno era andato via, lei non sarebbe più stata la stessa. Aveva sempre saputo che quel giorno sarebbe arrivato, non erano destinati a stare insieme. Tutto si era bloccato per Ran, solo il tempo passava trascinandola via con sé. La strada di casa era buia, ma voleva stare sola. Il lampione brillava su di lei, creando un'ombra. Era di nuovo sola nella vita. Completamente.
Nel frattempo, Shinichi, era sceso alla fermata successiva riprendendo un treno per tornare indietro, andando subito a casa del dottore Agasa per stare lì. La valigia che aveva era assolutamente vuota, ma piena di tristezza. Anche se non era mai andato da nessuna parte, in realtà, con sé si era appena portato la storia fra Shinichi e Ran. Aveva portato lontano qualcosa di veramente importante.
-Com'è andata Shinichi? È venuta?- chiese Ai, che già aveva interpretato la tristezza dello sguardo di Shinichi subito dopo aver varcato la soglia della porta.
-Si- rispose secco.
-Come stava?-
-Come vuoi che stesse? So solo di aver aperto una ferita troppo grande nel cuore di Ran. E l'unica cosa che desidero è non vederla più soffrire come stasera-
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