Capitolo 1
-Conan, sei pronto per la scuola?-
Erano le otto del mattino, il sole era alto in cielo e un'altra giornata a Beika stava per iniziare. Conan guardò Ran e le sorrise dicendole di sì, la karateka lo prese per mano e scesero giù, trovando Sonoko ad aspettarli con aria stufa e imbronciata già di prima mattina.
-Ce ne avete messo di tempo tutti e due!-
-Scusa Sonoko, mi sono addormentata e non ho chiamato Conan in tempo- si giustificò Ran. Iniziarono a camminare verso scuola a passo veloce per non arrivare tardi, ma la strada da percorrere non era breve.
-Ran, tu non ti addormenti mai- continuò Sonoko pensierosa - Ciò significa che sei sicuramente sarai rimasta sveglia fino a tardi. Per quale motivo?- chiese Sonoko, già previdente sulla risposta.
Ran si girò verso l'amica, sorpresa. Non si aspettava di certo quella domanda, però Sonoko aveva ragione. Ran era la persona più organizzata e ordinata che lei conoscesse, aveva delle abitudini impeccabile, preparava sempre tutto la sera prima sia per lei che per Conan proprio per evitare intoppi vari. Perché quel ritardo allora? Non era proprio da lei.
-Ehm, non c'è nessun motivo. Semplicemente non riuscivo ad addormentarmi. Tutto qui...- spiegò Ran, diminuendo sempre di più il suo tono di voce, poi, notando il suo tono di voce preoccupante, fece subito un sorriso all'amica e si girò a guardare di nuovo la strada come se nulla fosse.
-Non è che invece un motivo c'è e porta il nome di quel detective, vero?-
A quella domanda Ran si fermò un attimo scossa. Conan osservò la sua reazione di sottecchi e, affranto e colpevole, abbassò lo sguardo e strinse i pugni. Lo sguardo della karateka era diventato notevolmente serio, ma non appena notò il modo in cui Sonoko la stesse fissando si riprese e iniziò a camminare.
-Ma chi? Shinichi? No, assolutamente! Non lo sento dalla scorsa settimana. Te l'ho detto, non riuscivo semplicemente ad addormentarmi- provò a sdrammatizzare, anche se con pessimi risultati.
Il suo sguardo malinconico la tradiva sempre. Sonoko preferì non insistere, sapeva quanto quella situazione fosse troppo per Ran certi giorni, e cambiò discorso. Conan, invece, non riusciva a levarsi dalla testa lo sguardo di Ran, i suoi occhi lucidi, le lacrime trattenute. Il detective sapeva benissimo il motivo di quel ritardo quella mattina, l'aveva sentita singhiozzare tutta la notte, e gli occhi che erano venuti a svegliarlo come ogni mattina erano rossi e gonfi. Intanto adesso era lì, sorrideva, sempre a pensare prima agli altri, a non causar loro preoccupazioni, e poi a se stessa. Tuttavia, Conan era perfettamente consapevole che il motivo di tutta quella sofferenza era sicuramente lui. Non sopportava più di vederla in quello stato, ma l'idea di tornare quello di un tempo pareva ancora così incredibilmente distante da causargli un magone fra lo stomaco e il cuore, che ormai pesava anche troppo.
Arrivati davanti al liceo Teitan, Ran salutò il piccolo Conan ed entrò in classe con Sonoko. Nonostante il loro ritardo, sembrava che la professoressa non fosse ancora arrivata e Sonoko ne approfittò per scambiare due chiacchiere con la sua migliore amica.
-Dunque, come sta? Dov'è? Parlo di Shinichi- domandò, incrociando le braccia al petto. Ran sussultò di nuovo quando udì quel nome. Ma fece finta di niente, cercando di nuovo di nascondere la tristezza che nasceva ogni volta che lo sentiva pronunciare.
-Mi ha detto che sta bene, però non so dov'è. E' ancora all'estero a risolvere casi ma non saprei dove con esattezza-
-E non ti ha parlato dei casi che ha risolto finora?- incalzò, consapevole di quanto male potesse fare quella domanda all'amica.
Sicuramente Sonoko non si divertiva a vederla in quelle condizioni, ma era necessario che lei si sfogasse. Ran, dal canto suo, non sapeva più nulla di Shinichi da quando era partito. Stava iniziando a sentirlo veramente lontano, non le confidava più nulla, non le parlava mai di quello che faceva, come se lui si stesse dimenticando di lei, come se gli interessasse sempre meno informarla, parlarle, raccontarle i suoi casi e le sue mille avventure...come se ormai la cercasse solamente perché si sentisse in obbligo di farlo. Lo stava perdendo a poco a poco proprio come in autunno gli alberi perdono lentamente le proprie foglie, proprio come una stella pian piano perde la sua luce. Ecco, lei stava perdendo la persona che la faceva brillare più di chiunque altro e non poteva neanche far qualcosa.
-No, non mi parla mai di quello che fa lì. Mi chiede solo come sto e come va a scuola, poi tronca sempre la conversazione con qualche scusa- spiegò Ran, ancora una volta.
-Non parlate neanche del vostro incontro a Londra di qualche mese fa? E' importante, Ran...-
Un altro ricordo aveva appena invaso la mente di Ran. Londra...era già passato così tanto tempo, ma non si era mai scordata quel giorno, non avrebbe potuto, era un pensiero costante.
-No, non ne abbiamo più parlato. Penso che quello sia un argomento che è meglio affrontare di persona, non credi?-
-Sì, ma quando vi vedrete di persona? È passato ormai abbastanza tempo da quel giorno. E ,da quello che mi racconti, sembra proprio che a lui non interessi questo granché- rispose Sonoko, infastidita.
Ran non sapeva più cosa dire, che scusa trovare, se fosse giusto giustificarlo o no, ma fortunatamente entrò la professoressa in classe a salvarla dalla tempesta di domande che Sonoko continuava a farle quella mattina. Il resto della giornata passò veloce fra spiegazioni ed esercitazioni preparatorie all'esame di fine trimestre.
A fine giornata Ran decise di tornare a casa, particolarmente stanca, mentre Conan aveva deciso di andare da Agasa. Aveva necessariamente bisogno di parlare con Ai per chiederle solo una capsula di antidoto. Fece la strada di corsa per non farsi vedere dai bambini, non avrebbe potuto permettere anche la loro presenza. Entrò in casa e salutò velocemente il dottore, precipitandosi direttamente dalla giovane scienziata. Arrivò in laboratorio con il fiatone, piegato in due dalla stanchezza per la corsa.
-Haibara, me ne serve una!-
-Ovvio che no. Sai benissimo quali sono i rischi. L'antidoto è ancora temporaneo e non sappiamo ancora che effetti collaterali potrebbe avere, per non parlare del rischio che corriamo tutti se qualcuno dovesse mettere in giro la voce che sei ancora vivo. Lei non è una buona motivazione per prendere l'antidoto- affermò irremovibile, Ai.
-Haibara, ti prego- la supplicò -è estremamente importante!-
-Ti ho detto di no, questo non è importante è solo un capriccio!- infuriò Ai, alzandosi perfino dalla sedia e rivolgendogli una sguardo gelido. Si era davvero stancata di sentire quei lamenti da egoista.
-Ma non ti rendi conto di quanto la fai soffrire ogni volta che vai da lei per poi sparire di nuovo senza dirle dove vai e con chi sei?! Ci pensi qualche volta, Shinichi?!- urlò la scienziata.
-Lo so, ne sono consapevole!- risposte lui, abbassando gli occhi a terra e stringendo i pugni fino a far schiarire il colore della pelle sulle nocche -ma soffre comunque. Lo vedo e lo sento ogni giorno e ogni notte. Non riesco più a vederla così. Te l'avevo detto che non sarei riuscito a mantenere il segreto se l'avessi di nuovo vista piangere, anche se questo significasse annullarmi completamente per lei-
-Annullati.- disse infine, in modo secco. Shinichi sollevò subito lo sguardo come se qualcuno gli avesse rivolto le parole peggiori che avrebbe potuto udire.
-Sì, Shinichi. Annullati. Fai in modo che lei ti odi al punto da non volerti più vedere, come se tu fossi morto, ma non dirle la verità, la metteresti solo in grande pericolo, lo sai benissimo-
-Dovrei farmi odiare da lei?! È veramente l'unica soluzione?!- sbraitò Shinichi, che ormai la guardava come se fosse diventata pazza. Ai non rispondeva più, aveva già dato il suo parere al detective. Adesso spettava a lui decidere come proseguire quella storia.
-Hai ragione...è l'unico modo per allontanarla da tutto questo, l'unico modo per permetterle di essere felice ed è l'unica cosa che mi importa davvero. Sai benissimo, però, che per farlo ho comunque bisogno di tornare nel mio corpo da adulto- finì Shinichi, afflitto da ciò che lui stesso era stato costretto ad ammettere.
Ai prese dalla tasca del suo camice un'ultima capsula e gliela porse. Lo guardò negli occhi per provare a capire cosa stesse provando, ma vi scorgeva solo il nulla, solo mare in tempesta. Solo un azzurro che si spegneva.
-È l'ultima, dovrebbe durare circa tre giorni. L'ho messa a punto ieri, non sono sicura, perciò fai attenzione. Dopo aver allontanato Ran, non avrai più bisogno di prenderne altre- concluse.
-Come farò a farla allontanare? Non mi ha abbandonato in tutto questo tempo anche se avesse dovuto odiarmi già da tempo, non lo vorrà fare neanche adesso-.
Lo pensava veramente. Dopo tutto quello che le aveva fatto passare, tutte le ferite che le aveva causato, dopo tutte le lacrime che le avevano rigato il viso, dopo tutta la sofferenza, lei non lo aveva mai odiato, perché avrebbe dovuto adesso?
-Tienila lontano, falle capire che non ti interessa più, che hai trovato altro- suggerì l'amica.
-È crudele! Come posso dirle una bugia del genere? E quando finalmente riuscirò a tornare definitivamente adulto, come farò ad avvicinarmi di nuovo a lei?- chiese ormai afflitto.
-Ti perdonerà, lei ti ama. Ricordalo-
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