XXXII. Pace e prosperità
Dieci anni dopo...
Un sole primaverile splendeva sulla prospera città di Elythen, portando un piacevole tepore ai suoi abitanti, e con esso un'aria di letizia per la fine dell'inverno.
I campi attorno alla capitale di Estelle erano ormai in fiore, e nelle piazze i mercati erano tornati ad essere vivaci e brulicanti di clienti e di curiosi avventori.
Anche a palazzo, sebbene ai nobili della corte non mancasse mai nulla, l'atmosfera sembrava essersi rallegrata con l'attivo della bella stagione.
E, nel pieno spirito della gioia che pervadeva l'animo di ogni uomo, donna o bambino, nei giardini reali due ragazzine giocavano a rincorrersi, con le ampie gonne sollevate e i lunghi boccoli corvini che svolazzavano al vento.
"Non mi prenderai mai, Isabel!" esclamò la prima, tra le risate.
Si lanciò un'occhiata alle spalle, scorgendo per un attimo la figura della sorella minore che cercava di raggiungerla prima di tornare a concentrarsi su ciò che aveva avanti.
"Non è vero!" replicò Isabel, facendole la linguaccia mentre le veniva dietro, "Ce la faccio, Aslïn!"
"Allora, dovrai correre più veloce!"
Dal balcone del palazzo, crogiolandosi sotto i dolci raggi del sole, il re e la regina osservavano le loro figlie giocare.
Da lassù, parevano due bambine quasi identiche, per aspetto e corporatura, sebbene fossero nate ad un anno di distanza l'una dall'altra. L'unica differenza visibile in quel momento, per chi non le avesse conosciute, sarebbero stati gli abiti che indossavano.
Per i loro genitori, tuttavia, era facile riconoscerle anche da quella distanza, solo guardandole correre.
Aslïn era decisamente più rapida della sorella, cosa di cui si vantava spesso, anche se infine le permetteva sempre di raggiungerla.
Anche quella volta, infatti, fu così.
E, non appena si fermò, Isabel le saltò addosso, come un gatto fa con la sua preda, ed entrambe caddero a terra, prorompendo in un'allegra risata che riempì l'aria con la sua musica.
"Credi che dovremmo andare a dir loro di prepararsi per le loro lezioni?" chiese Astrid, voltandosi verso il marito.
Lionel scosse il capo, sorridendo affettuosamente, senza distogliere lo sguardo dalle sue bambine.
"No, non ancora. Lasciamo che si godano la giornata ancora per un po'" disse.
Poi la avvicinò a sé, avvolgendo un braccio attorno alla sua vita, e si voltò verso di lei, dandole un leggero bacio sulle labbra.
"E nel mentre," suggerì in un sussurro, i loro visi ancora a pochi centimetri di distanza, mentre con dolcezza le spostava una ciocca di capelli dietro l'orecchio, "forse possiamo approfittarne per avere un po' di tempo per noi, prima che..."
Un colpetto alla porta lo interruppe a metà frase.
"Vostre Maestà," chiamò colui che aveva bussato, "Re Magnus e la Regina Anna sono arrivati."
Lionel alzò le spalle, e un sorrisetto spiritoso apparve sulle sue labbra. "Come non detto."
Le offrì il braccio, e chiese "Andiamo ad accogliere i nostri fratelli, amore mio?"
Astrid annuì. "Andiamo."
Prese il braccio che suo marito le offriva, e così scesero alla sala del trono, dove, proprio come annunciato, li attendevano Magnus e Anna, accompagnati da un bimbo dai capelli dorati, che la giovane donna teneva per mano.
Non appena il re e la regina di Estelle entrarono, tuttavia, il bambino si divincolò dalla sua presa e corse loro incontro.
"Zio! Zia!" esclamò, tutto contento.
"Leif!" Lionel lo sollevò da terra, prendendolo in braccio, per immensa gioia del piccolo, mentre Astrid andava ad abbracciare Anna e Magnus.
Erano cresciuti molto, in quegli anni che avevano seguito la guerra tra Estelle e Merithia, e con loro erano cresciuti anche i loro sentimenti. Erano maturati, e, da quella che sarebbe potuta essere definita una semplice attrazione fra ragazzi, i due erano finiti per innamorarsi.
Le continue visite di Lionel e Astrid e di Magnus ad un regno o all'altro erano finiti per diventare un pretesto per i due per incontrasi di soppiatto.
I loro fratelli avevano finto di non saperne niente, ma nessuno dei due era stato sorpreso quando, sette anni prima, l'allora diciannovenne re di Merithia aveva chiesto Anna in sposa.
Non era necessario chiedersi come la storia si concludesse, pensò Astrid, vedendoli l'uno al fianco dell'altro, le loro mani che si cercavano l'un l'altra.
Abbracciò suo fratello, e poi, guardandolo negli occhi, sorrise. "Tuo figlio sta diventando un'esatta copia di te alla sua età, sai?"
"Ma per quanto riguarda il carattere..." gli rivolse un sorrisetto scherzoso, "quello, fortunatamente, credo l'abbia ereditato da sua madre."
"Ah, sì?" Magnus sollevò un sopracciglio.
Come d'altronde Astrid doveva aspettarsi, le rispose a tono. "Fortunatamente, le tue figlie non hanno il tuo di carattere. Stai diventando proprio una vecchia bisbetica, sorella."
"Quei baffetti ti fanno sembrare vecchio, fratello" ribatté lei senza perdere un colpo, rivolgendogli un sorrisetto di bonaria presa in giro.
"Ehi, voi due, smettetela di battibeccare" intervenne Anna, prendendo a braccetto il marito.
Si inclinò in avanti, poi, e si rivolse ad Astrid con uno sguardo d'intesa.
"Gliel'avevo detto che i baffi l'avrebbero fatto sembrare più vecchio" sussurrò.
Magnus lanciò ad entrambe un'occhiataccia.
"Ti ho sentita" borbottò, fingendo di essere indispettito, "E dire che dovresti amarmi..."
In tutta risposta, Anna sorrise innocentemente, dandogli un bacetto sulla guancia che cancellò immediatamente il broncio dal suo volto.
La sua prima reazione fu quella di strabuzzare gli occhi, aprire la bocca ad 'o' e arrossire, come se fosse stato colto di sorpresa da quel gesto. Immediatamente, quell'espressione stupita fu tuttavia sostituita da un piccolo sorriso.
Ad Astrid parve quasi di rivedere se stessa in suo fratello, e Lionel nella cognata.
Era felice che entrambi avessero trovato l'amore, tanto più l'uno nell'altra, poiché sapeva che nessuno dei due avrebbe mai spezzato il cuore dell'altro.
"Io te l'avevo detto" rispose Anna ad un Magnus oramai incantato, sbattendo le ciglia, "Però ti amo lo stesso."
Furono interrotti da un grugnito, che presto scoprirono essere venuto da Leif, il quale aveva un'espressione imbarazzata dipinta in volto.
"Mamma, papà!" si lamentò, come facevano spesso i bambini alla vista degli adulti che si dimostravano affetto.
"Dove sono Aslïn e Isabel?" domandò poi, mentre dall'alto della sua posizione sulle spalle di Lionel tentava di scorgere le sue cugine, "Mi annoio!"
Con tempismo impeccabile, fu proprio in quel momento che le principesse fecero il loro ingresso nel salone.
Aslïn fece un sorriso smagliante.
"Iselin aveva detto che ci attendevate" disse, "ma non credevo saresti stato così impaziente di vederci, Leif."
"Shh, non lamentarti!" Isabel le diede una gomitata, "Abbiamo l'occasione di saltare le lezioni!"
Aveva parlato sottovoce, in modo che solo la sorella la udisse.
O almeno così credeva.
"Stai tranquilla, piccola," le sorrise Lionel, arruffandole i capelli, "avrai tempo di recuperare tutto nei prossimi giorni."
Isabel sbuffò, incorniciando le braccia e alzando gli occhi al cielo, provocando una risata nel resto della famiglia.
"Su, andiamo a giocare!" li interruppe Leif, "Zio, fammi scendere, voglio giocare!"
"Anna, credo che tuo figlio sia un po' viziato" Lionel rise, mentre compiva con la richiesta fattagli dal nipote, "Sei anni, e già si comporta da re."
I bambini corsero via—in direzione dei giardini, probabilmente—, le loro risate affievolitesi sempre di più man mano che si addentravano nei corridoi del castello.
Le due coppie di monarchi rimasero invece nella sala del trono, continuando la loro conversazione.
"Ringrazia il fratello di tua moglie" disse Anna, in risposta alle parole di Lionel, ricambiando la sua espressione, "È lui a dargli tutto ciò che potrebbe desiderare, e anche di più!"
"Disse colei che gli ha donato un cavallo per il suo primo compleanno" replicò Magnus, "Il primo, Anns! E sarei io a viziarlo?"
Si rivolse alla moglie con una mezza risata sulle labbra, mentre diceva così, e le diede una spintarella giocosa, spalla contro spalla.
Tutto ad un tratto, mentre seguiva lo scambio di battute tra i due sovrani di Merithia, Astrid sentì due mani grandi e forti poggiarsi sui suoi fianchi, mani che riconobbe immediatamente come appartenenti a Lionel.
"Dovremmo lasciarli un po' soli?" sussurrò, probabilmente così da non farsi udire dai loro fratelli, ma Astrid sentì anche un certo desiderio nella sua voce, una sorta di proposta velata dalla domanda.
E il suo tocco dolce e sicuro, il cui contato con la pelle nuda di lei era impedito soltanto dal sottile tessuto del suo abito, provocò in Astrid un fremito di eccitazione che, per quanto tentasse, non riusciva a sopprimere.
Il volto le andò in fiamme, quando si rese conto di trovarsi ancora in pubblico.
Fortunatamente, Magnus e Anna erano ancora intenti a bisticciare amichevolmente fra loro, e non avevano notato la scena che si era appena svolta di fronte a loro.
Lionel, dal canto suo, si comportava come era suo solito: se ne stava lì, tenendola tra le braccia col suo sorrisetto compiaciuto, senza alcuna parvenza di imbarazzo.
Certo, non era nulla di nuovo per Astrid.
Il suo amato era sempre stato poco incline al seguire l'etichetta, e lei, in fondo, non era mai stata da meno, da quando l'aveva incontrato...se non per il fatto che, al contrario di lui, lei aveva ancora un pizzico di senso del pudore.
Tuttavia, come sempre, non le riusciva di scostarsi, e non voleva nemmeno farlo.
Anzi, avrebbe voluto rannicchiarsi sul suo petto, per stargli ancora più vicina, e sentire il calmo battito del suo cuore.
Un sorriso nacque spontaneo sulle sue labbra quando Lionel iniziò a massaggiarle la zona infondo alla schiena.
Ciononostante, lo fermò prima che le sue mani scendessero troppo in basso.
"Abbi pazienza" gli disse, ottenendo in risposta un lieve sbuffo, seguito però immediatamente da un cenno di assenso.
"Pazienza? Per che cosa?"
Magnus sollevò un sopracciglio, in un'espressione interrogatoria, e anche un tantino confusa, a dirla tutta.
Se possibile, Astrid divenne ancora più rossa in viso di quanto non doveva già esserlo in precedenza. Naturalmente, proprio in quel momento il fato aveva deciso che suo fratello dovesse star prestando attenzione alla loro conversazione.
Fortunatamente, tuttavia, Lionel non era tanto impegnato a testare la sua capacità di resistenza al proprio fascino da non darle una mano nel rispondere alla domanda, cosa che lei era troppo imbarazzata per fare.
"Per la cena" rispose al cognato, "Dovrebbe essere servito un dolce grandioso, secondo quanto ho sentito dalla servitù."
Se l'era completamente inventato, lì su due piedi, e Astrid ne era certa, in quanto sapeva per certo che i cuochi non avevano neppure iniziato a prepararla, la cena.
Ciononostante, rivolse al suo amato uno sguardo di ringraziamento.
Non era certo nei suoi piani spiegare a suo fratello che li aveva sorpresi mentre Lionel tentava—con ottimi risultati—di sedurla.
"Il che mi ricorda..." continuò il re.
Astrid gli lanciò un'occhiata interrogativa. Che cosa aveva in mente, questa volta?
"Magnus, Anna, perdonateci, ma dovremmo andare a supervisionare la preparazione del banchetto di questa sera."
Disse così, a parole, ma, lo sguardo con cui guardò lei, le fece intendere che non era quello ciò che avrebbero fatto.
Se ne andarono dopo aver dato istruzioni ad una serva di accompagnare gli ospiti alla stanza che era stata preparata per il loro arrivo, e, come Astrid aveva previsto, fu verso la loro camera da letto che si diressero.
"Sei bellissima con questo abito, amore mio" le sussurrò Lionel nell'orecchio, mentre con la mano le solleticava delicatamente il fianco, "Ma sai, sei ancora più bella quando non indossi niente affatto."
Astrid tentò di trattenere il sorriso dipintosi sulle sue labbra, così da non dargliela vinta, ma era una battaglia persa in partenza.
E lui lo sapeva, l'effetto che aveva su di lei, diamine se lo sapeva....
"D'accordo" gli disse.
"Ma" aggiunse, con una punta di malizia nell'espressione e nella voce, "prima devi riuscire a prendermi."
Al prospetto della sfida, lo sguardo di Lionel si illuminò.
"Così vuoi la guerra, mia regina?"
"E che guerra sia" dichiarò, con un sorriso a metà tra il compiaciuto e il divertito, "Preparati a essere presa prigioniera. Sai, non ti ho ancora del tutto perdonata per tutte le volte che mi hai battuto a cavallo, dunque dovrò pur prendermi la mia rivincita in qualche modo."
Lasciandosi sfuggire un risolino, Astrid scosse la testa, e iniziò a correre fra i corridoi per sfuggire a Lionel.
Gli avrebbe concesso la vittoria, prima o poi, ma prima gliel'avrebbe fatta sudare un po'.
—
Andò a finire che lasciarlo vincere non fu necessario.
Lionel la raggiunse dopo una decina di minuti, e, in verità, Astrid sospettava che avrebbe potuto anche impiegarci meno tempo, ma che le avesse lasciato credere di essere riuscita a seminarlo.
Infatti, il re non mostrava alcun segno di stanchezza.
Una volta presa, addirittura, la sollevò da terra, strappandole un gridolino di sorpresa.
"Com'è possibile che tu non sia affatto affaticato?" esclamò, stupita, le braccia attorno alle spalle di lui.
"Dimentichi che mi addestro a combattere da quando ero bambino" replicò Lionel, ammiccando, "Questo è niente, in confronto."
"D'accordo, vantati" anche lei non poté fare a meno di ridere.
Giocherellò con qualche ciocca dei suoi capelli color dell'ebano, che gli arrivavano appena sotto le orecchie, lasciando leggere carezze sulla sua guancia. "Immagino che non desideri riscuotere il tuo premio, marito mio..." lo provocò.
"Oh, non credere di sfuggirmi così facilmente" scosse la testa lui, sempre con il sorriso sulle labbra, "Vieni qui, mia adorata."
Le sue dolci labbra sfiorarono quelle di lei.
Astrid si strinse a lui ancora più forte, eliminando quello spazio che rimaneva fra loro, e rendendo il loro bacio più profondo e passionale.
Lionel non sembrava aver intenzione di lasciarla andare, e, dal canto suo, Astrid non aveva di che lamentarsi.
Si lasciò trasportare tra le calde e forti braccia del suo amato fino alle loro stanze, dove, infine, fu adagiata sulle morbide lenzuola in seta che ricoprivano il materasso del letto a baldacchino.
Lui si sedette accanto a lei, e per un attimo rimasero così, ad ammirarsi in silenzio.
Non c'era bisogno delle parole, fra Astrid e Lionel.
Con un semplice sguardo, i loro occhi erano in grado di comunicare tutto l'amore e l'affetto che provavano l'uno per l'altra.
Lionel, delicatamente, le carezzò la gota con il pollice, scendendo poi fino al suo mento, e sollevandole il volto fino a posare le sue labbra su quelle di lei.
Fu un bacio tenero, ma pieno di sentimento.
Le mani di Astrid furono sul petto di lui senza quasi che lei se ne rendesse conto, e avevano iniziato a disfare i lacci della sua tunica ricamata.
Lui fece lo stesso con il suo abito.
I loro baci si fecero più intensi, e le carezze di Lionel sulla sua pelle nuda le fecero sfuggire un sospiro di piacere.
"Ti amo" mormorò il re, le sue labbra a pochi centimetri da quelle di lei, "Mia bella, dolce, Astrid, mia unica e sola..."
In risposta, la regina gli prese il volto tra le mani, e lo baciò ancora una volta, lasciandosi cadere sul letto e trascinandolo con sé.
"Sempre così affascinate..." gli sussurrò, e sorrise, "Su, amore mio, vieni qui, prima che qualcun altro possa interromperci."
—
Astrid si destò dal suo sonnecchiare quando già il sole stava calando sul castello, con il braccio di Lionel dolcemente avvolto attorno alla sua vita.
Addormentarsi non era stato nei suoi piani, ma, avvinghiati l'uno all'altra, dovevano essere stati vinti dal sonno.
Lui russava leggermente, quel suono che le era oramai familiare e che accompagnava ogni suo risveglio. Amava anche quello di lui. Le faceva provare un senso di tranquillità, poiché sapeva, quando udiva quel respiro, che il suo amato era al suo fianco.
Un piccolo sorriso nacque sul suo volto, mente lo ammirava.
Aveva un aspetto spensierato, e, come sempre, era bellissimo.
Astrid gli accarezzò dolcemente il capo, i suoi capelli corvini un tantino scompigliati, e lo vide sorridere nel sonno.
Avrebbe voluto rimanere così ancora a lungo, tra le sue braccia, ma il banchetto in onore di Magnus, Anna e Leif sarebbe cominciato a breve, e in quanto re e regina di Estelle, Lionel e lei non potevano essere in ritardo.
Così, lo chiamò con un sussurro.
"Lionel. Svegliati, amore mio, dobbiamo prepararci."
"Mhm..." mormorò lui, con voce assonnata, strappandole una risatina.
Aprì gli occhi, che incontrarono quelli di lei. "Sei certa di non poter stare a letto con me, ancora per un po'?"
Lionel sapeva bene quanto per lei fosse irresistibile, e se ne approfittava sempre.
Di controvoglia, ciononostante, Astrid si alzò, coprendosi con una leggera vestaglia.
"Non possiamo certo non presentarci al banchetto," sorrise, "Ma non disperare. Quando ci ritireremo nelle nostre stanze, potrai dormire quanto il tuo cuore desirerà."
Spostandosi i capelli da davanti agli occhi, egli la guardò con un sorrisetto. "Non era esattamente solo al sonno che stavo pensando..."
Le ancelle bussarono alla porta proprio in quel momento.
"Vostre Maestà?" chiamò una di loro, "Il banchetto avrà presto inizio."
Astrid ricambiò l'espressione del marito, e poi gli diede le spalle, dirigendosi dietro al paravento in legno per cambiarsi d'abito in occasione del banchetto.
"Entrate" disse alle donne.
L'avrebbero aiutata ad indossare il complesso abito scelto per la festa, che, tra nastri da legare e gioielli da indossare, era un arduo lavoro da compiere in solitudine.
Mentre si vestiva, udì Lionel emettere un leggero sbuffo, probabilmente convintosi finalmente a lasciare il morbido e tiepido letto.
"Per lo meno, promettimi che mi concederai un ballo" disse, "Sai che non potrei sopportare tutti questi festeggiamenti se non avessi te al mio fianco."
Mente egli parlava, le dame di corte avevano svolto il proprio compito.
Astrid indossava un lungo vestito in raso verde smeraldino. Il corpetto dalla scollatura a cuore era decorato da brillanti ricami in oro, così come la prima parte delle maniche, che lasciavano scoperte le spalle. Esse continuavano, poi, fino all'altezza delle ginocchia, la seta semitrasparente che le costituiva apertasi a campana.
Le ampie gonne erano lucenti, per effetto del materiale, lo stesso con cui era stata realizzata la parte superiore dell'abito.
Il suo collo era agghindato dalla ricca gemma che portava al collo, che richiamava i toni del tessuto dell'abito. Sopra i capelli, raccolti in parte in una crocchia di trecce ravvolte sulla nuca, per finire, le dame posarono la corona della regina.
Allora, Astrid emerse da dietro il paravento.
"Non potrei mai negartelo" sorrise, in risposta al suo sposo.
Si soffermò poi ad ammirarlo.
Era, come al solito, indubbiamente perfetto, come le statue degli antichi dei ælfren.
I suoi abiti si abbinavano perfettamente a quelli di lei. Comprendevano un mantello, i cui ricami rappresentavano draghi alati, lo stemma del regno, fermato su una spalla da una spilla d'oro con una pietra di smeraldo incastonata, una tunica che gli arrivava al polpaccio, anch'essa verde, e pantaloni e stivali neri.
La corona che gli ornava il capo, il tocco finale, non era una cosa che Lionel usava portare spesso, riservandola soltanto alle occasioni che la richiedevano.
Non lo diceva ad alta voce, e nessuno che non gli fosse vicino ne era a conoscenza, ma per la sua famiglia e i suoi più fidati amici, era chiaro che lui non l'aveva mai davvero voluto, quel peso, e ancora non era del tutto convinto di poter esserne degno. Ciononostante, Astrid non poté fare a meno di pensare che gli stesse divinamente, e che suo marito fosse un grande re.
Sotto il suo regno, Estelle era florida e felice, e il popolo lo amava.
Estelle era sempre stato un reame ricco, diceva Lionel, ma Astrid era fermamente convinta che adesso fosse diverso.
Il reame era ancora ricco, e forse questo non era cambiato, ma la vera prosperità era un'altra cosa. Era il benessere di tutti, dai più nobili dei principi e dei lord ai semplici ed umili artigiani e contadini, ed esso poteva nascere davvero solo con la pace, pace che il vecchio re Erik non era mai stato interessato a perseguire.
"Ti ho tolto le parole di bocca, mia regina?"
Astrid sorrise, avvicinandosi a Lionel e intrecciando il braccio con quello di lui.
"Può darsi" disse, rimanendo vaga di proposito, così da provocarlo, "In ogni caso, forse sarebbe ora di dirigerci alla sala da ballo. Nessuna festività può cominciare senza i propri ospiti."
"Non posso darti torto" rise Lionel, "Ebbene dunque, se la mia sposa è pronta, andiamo."
E così fecero.
—
L'allegria regnava sul banchetto, anche dopo ore di festeggiamenti.
I presenti danzavano, mangiavano e bevevano lieti, come se non sentissero alcuna stanchezza.
Come suo solito, Anna aveva praticamente obbligato Magnus a ballare con lei, non che il re di Merithia si fosse molto opposto, innamorato perso della sua regina com'era.
Astrid pensò che suo fratello fosse identico a come era stato quando aveva incontrato la giovane donna per la prima volta, quando erano ancora ragazzi. Era rosso in volto, in parte per il ballo ed in parte per la compagnia, ma felice.
Leif, che era rimasto al tavolo, seduto accanto ad Astrid mentre i suoi genitori danzavano, tuttavia, non le aveva concesso di guardare a lungo.
"Zia," la chiamò il bimbo, tirandola per la manica dell'abito, "ho fame!"
Ma nel mentre che lei offriva una fetta di carne di tacchino al nipote, Aslïn, non supervisionata e desiderosa di divertirsi—una combinazione che prometteva guai—, tentò di mettere le mani sulla coppa di vino di Lionel, che però l'aveva colta sul fatto.
"Credetemi, ragazze," rise il re, "non potrete ingannarmi così facilmente. In fondo, io stesso ho combinato una notevole quantità di marachelle in gioventù. Non credo possiate cogliermi alla sprovvista."
"Ne sei davvero sicuro, padre?"
Isabel ora teneva tra le mani un calice d'oro e lo dondolava compiaciuta di fronte agli occhi dei genitori.
Astrid non si era neppure resa conto di quando fosse riuscita ad afferralo, senza che ne lei ne Lionel lo notassero.
"Guarda un po'..." le labbra di Lionel si curvarono in un sorriso un tantino stupefatto, ma soprattutto fiero, "Pare che io mi sia sbagliato. Siete due forze della natura, voi due insieme, non è così?"
"Beh, è stato semplice" sorrise di rimando la principessa, "Mentre tu ti concentravi su Aslïn, io ho potuto fare ciò che volevo, indisturbata."
Si avvicinò alla sorella e la abbracciò di lato.
Entrambe rivolsero loro un sorriso a trentadue denti, che rendeva impossibile anche solo il pensiero di rimproverarle.
Non che Lionel avrebbe fatto nulla in ogni caso, rifletté Astrid. Era troppo compiaciuto dal fatto che le sue figlie avessero preso da lui, ed era troppo simile a loro per insegnar loro a non agile in tal modo.
E la regina, dal canto suo, non poteva che assecondare le sue bambine.
In fondo, i loro scherzosi inganni non facevano del male a nessuno, ed Isabel si divertiva terribilmente ad architettate quei piccoli piani, tanto che Astrid poteva quasi immaginare che sarebbe diventata una grande stratega, un giorno.
"Bene, immagino che vi siate guadagnate un sorso ciascuna" Lionel sorrise, ammettendo la sconfitta, "Ma solo uno. Non vogliamo che vostra madre mi accusi di farvi ubriacare, non trovate?"
Ammiccò in direzione di Astrid, la quale non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire una risatina. Non avrebbe potuto arrabbiarsi con lui quando faceva così.
Il banchetto continuò ancora per diverse ore, senza segni di volersi concludere.
Anche quando si fece tardi, e la mezzanotte si appropinquava, le mura del castello di Estelle risuonavano ancora dei canti melodiosi dei bardi, e di quelli stonati di qualche signore che si era lasciato andare ai piaceri del vino.
Tuttavia, era tempo per i bambini di essere messi a letto.
Questa cosa non piacque ad Aslïn, però.
"Madre, dobbiamo davvero andare?" si lamentò.
Quando Astrid annuì, la principessa si rivolse a suo padre, facendo gli occhioni supplicanti. "Ti prego, facci restare ancora per un po'!"
Lionel sorrise, ma alzò le spalle in segno di impotenza.
"Dovete ascoltate vostra madre, piccole" disse, "Io lo faccio sempre, quando mi ordina di andare a letto."
"Ma padre, tu sei il re!" esclamò Aslïn, "Non puoi permetterci di rimanere al ballo? Siamo grandi ormai!"
Come a voler dimostrare la sua argomentazione, si sollevò sulle punte, fingendo di essere più alta, il che strappò un sorriso ad Isabel e le guadagnò un leggero colpo di gomito al braccio.
"Potrete rimanere più a lungo tra qualche anno, quando sarete davvero più grandi" replicò Lionel, scompigliandole dolcemente i capelli, "Per ora, su, alle vostre stanze. Io e vostra madre verremo con voi a rimboccarvi le coperte."
Aslïn sbuffò, ma si diede per vinta.
"E va bene..."
Assentandosi per un momento dai festeggiamenti, come poco prima avevano fatto Magnus ed Anna, il re e la regina accompagnarono dunque le proprie figlie alla loro camera da letto, che le due sorelle condividevano.
Dopo che Aslïn e Isabel ebbero indossato le proprie camicie da notte e si fossero infilate sotto le coperte, Astrid e Lionel diedero un bacio sulla fronte ad entrambe, e si prepararono ad augura loro la buonanotte, quando la primogenita li fermò.
"Prima di andare," disse, "raccontateci una storia!"
"E quale storia vorreste sentire, bambine mie?" chiese loro Astrid.
Le due principesse ci pensarono su un attimo, e si scambiarono uno sguardo, poi annuirono, come se si fossero lette nel pensiero.
Ciò non era possibile, forse, ma era probabile che volessero udire quel racconto da tempo.
"Quella di come vi siete innamorati!" esclamò Isabel, sostenuta dagli energici cenni di assenso della sorella maggiore, "Non ci avete mai detto molto, prima, ma oramai siamo abbastanza cresciute da saperlo, e siamo curiose!"
Fu il turno dei due sovrano di guardarsi l'un l'altro.
C'era una ragione per cui quella storia non era ancora mai stata raccontata, specialmente non quando le loro figlie erano ancora così giovani, ma d'altro canto, Astrid pensò che fosse giunto il momento in cui potevano raccontar loro la verità. Non la vicenda completa, ma perlomeno una parte, senza includere i dettagli più cruenti.
Gli occhi di lei incontrarono quelli di Lionel, come a cercar conferma che anche lui fosse d'accordo.
Egli annuì.
Allora, sedendosi sull'orlo del letto di Isabel, Astrid iniziò: "Tutto cominciò dieci anni or sono, quando fui promessa in sposa al fratello maggiore di vostro padre..."
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