XXIV. L'ultima battaglia

Un drago, in carne ed ossa.
Ciò che vedeva era inconfondibile, eppure Lionel non riusciva a credere ai propri occhi.
Doveva essere un'illusione, non poteva essere altrimenti.
I draghi erano tutti morti nella guerra di ribellione...

Quando vide la figura che montava la bestia, si convinse ancora di più che dovesse trattarsi di un qualche sortilegio.
Astrid non poteva davvero essere lì, in groppa ad una creatura estintasi secoli or sono.
Era semplicemente...impossibile.

Doveva trattarsi di una magia.

Se anche un nemico gli avesse stregato la mente per distrarlo e renderlo inoffensivo, tuttavia, se anche fosse morto in quel momento, il principe non riusciva a pensare ad un modo migliore di passare i suoi ultimi attimi di vita se non ammirando la sua amata.
Era da mesi che non la vedeva se non in sogno, e lei era ancora più bella di quanto la ricordasse.
Si sarebbe potuto perdere nella contemplazione della ragazza per l'eternità.
Tutto il resto passava in secondo piano, come se svanisse, come se ci fosse solo lei al mondo.
Per Lionel era così. Per lui l'unica cosa che contasse, in quel campo seminato di cadaveri, era lei.
Non gli importava neppure se niente di tutto ciò era reale.
Gli bastava solo poterla rivedere, un'ultima volta.
Un'ultima volta, poiché sapeva che oramai la guerra era giunta alla sua fine.
Quel sortilegio che si divertiva a giocare con la sua mente e con il suo cuore doveva essere l'arma finale...chissà quale stregone avessero assoldato suo padre e Nikolaj per lanciarlo.

Le grida degli uomini giungevano attutite alle orecchie di Lionel, ma le sentiva comunque.
Non trovava spiegazioni a quelle urla se non una: li stavano uccidendo.
E lui era pietrificato, incantato dall'illusione che gli si presentava davanti agli occhi, così meravigliosa da renderlo incapace persino di distogliere lo sguardo.

E poi sentì una voce, distinta sopra tutte le altre.
L'avrebbe riconosciuta tra mille suoni.

"Lionel!" gridò Astrid, "Fai attenzione, dietro di te!"

Che fosse frutto della sua immaginazione o meno, quel richiamo lo scosse dal suo stato di trance, in tempo affinché lui si rendesse conto della spada che stava per colpirlo alle spalle.
Riuscì a voltarsi appena in tempo per parare l'attacco, trovandosi così di fronte ad un'altra persona che, suo malgrado, conosceva bene.

"Nikolaj, speravo che il nostro ultimo incontro ti avesse convinto a desistere da questa follia."

"Allora davvero non mi conosci, fratellino" rispose il biondo, assestando un altro potente colpo in sua direzione, con la furia negli occhi, "Dovresti sapere che non mi piace essere umiliato."

Sul campo di battaglia era insorto il caos: gli uomini, sia merithiani che estellensi, fuggivano il più lontani possibili, correndo tutti insieme come un branco di cervi spaventati dalla vista di un cacciatore, ormai incuranti delle proprie fazioni di appartenenza.
E pur in mezzo a quella mischia, i due principi non si smossero dalla propria postazione.

Un'altra volta, Lionel si trovò ad affrontare il suo rivale, il suo peggior nemico, suo fratello.

Aveva sentito dire che fosse sopravvissuto, nonostante le ferite inflittegli, e scioccamente aveva sperato che sarebbe finita, che Nikolaj avrebbe smesso di cercare vendetta nel nome del suo ego ferito.
Che cosa stupida da pensare, che una sconfitta l'avrebbe fermato...
No, con suo fratello era il contrario. Aveva solo fatto sì che diventasse ancora più ossessionato dall'idea di ucciderlo.

Quando i due eserciti si erano scontrati di nuovo, dopo quella volta, Lionel aveva avuto la conferma di aver commesso un errore.
Lasciandolo in vita, dandogli fiducia anche dopo tutto ciò che Nikolaj aveva fatto per provargli che non ne era degno, aveva condannato molti altri uomini alla morte.
Per non macchiarsi del sangue di suo fratello, si era indirettamente macchiato di quello di centinaia di innocenti.
Era stata una scelta egoista, se ne era reso davvero conto allora...ma allora perché ancora non riusciva a immaginare di dargli il colpo di grazia?
Forse, in fondo al suo cuore, aveva sperato di poter ancora sistemare tutto.
In fondo, sperava ancora nell'affetto della sua famiglia.
Si sentì sciocco anche solo per averlo pensato.
Suo fratello non l'avrebbe mai perdonato, tantomeno amato. Non l'aveva fatto quando erano bambini e Lionel era senza colpe, e di certo non l'avrebbe fatto ora che lui gli aveva sottratto la moglie e l'aveva quasi ucciso.

Il destino oramai aveva tessuto la tela della sua vita, ed era chiaro ormai che una conclusione senza sangue non era nei suoi piani.
Lionel non aveva altra scelta se non accettarlo. Era così che doveva andare.

Astrid sedeva in groppa al drago, osservando gli uomini fuggire frenetici in ogni direzione.
In un certo senso, pareva che il loro arrivo avesse davvero fermato la battaglia.
Ma non era ancora giunto il tempo di cantare vittoria.

Mentre guardava il campo sottostante, il suo sguardo fu attratto da una figura in particolare. Lui non scappava.
L'uomo, i cui capelli d'ebano saltavano all'occhio persino da lassù, guardava verso il cielo, invece, verso il drago che si librava sopra la sua testa, come ammaliato.
Lo riconobbe non appena lo vide. Persino da quella distanza non avrebbe potuto confonderlo per nessun altro.
Lionel.
Ma dietro di lui c'era qualcun altro.
Correva, ma non per fuggire. Aveva la spada sguainata, e aveva una meta, realizzò la principessa, aveva un bersaglio.

"Lionel! Fai attenzione, dietro di te!" gridò, sperando, anzi pregando che lui la sentisse.

Il suo amato si voltò, appena in tempo per fermare quell'attacco che, se andato a buon fine, gli sarebbe stato fatale.
In mezzo alle centinaia di soldati terrorizzati che tentavano di abbandonare il campo di battaglia, tra urla e spintoni, pareva come se i due si fossero chiusi in una bolla in cui c'erano solo loro, dando inizio così alla loro danza di spade.

"Ēlkæn, devo fermarli! Non posso permettere che Lionel sia ferito, non se posso fare qualcosa al riguardo!"

"È per questo che siamo qui, principessa" il sibilo del drago rispose, "Guardate bene, non vi è familiare colui che il vostro principe combatte?"

"Cosa-"

"Guardate," la interruppe lui, "Guardate bene."

Allora Astrid guardò.
L'uomo che aveva attaccato Lionel portava un'armatura d'acciaio, i cui dettagli luccicavano d'oro sotto i raggi del sole, e i suoi capelli erano altrettanto dorati...

"Capite, adesso?" le domandò Ēlkæn.

Nikolaj.
Era Nikolaj colui che Lionel stava affrontando.
L'avrebbe ucciso...Ma lei poteva far sì che non succedesse.

"Ēlkæn," ordinò, "atterra."

Il Figlio delle Fiamme fece come gli era stato detto.
Scese a terra, posandosi sul terreno ormai deserto, fuorché per Lionel e Nikolaj, che continuavano imperterriti il loro scontro, inconsapevoli del fatto che il drago fosse atterrato proprio accanto a loro.

Allora Astrid smontò dal dorso della creatura, e com tutta la voce che aveva in corpo, gridò "Fermatevi!"

Non appena proferì parola, il clangore delle spade si arrestò, ed entrambi gli uomini si voltarono verso di lei.

"Astrid?" Lionel sembrava incredulo, persino nella sua voce aleggiava il dubbio, "Sei...sei davvero qui?"
E in un attimo, dalla sorpresa la sua espressione passò alla gioia.
Corse da lei prima ancora che Nikolaj potesse reagire, e la abbracciò, con tanta foga da sollevarla da terra.
Ancora avvinghiato a lei, le baciò teneramente la fronte, e la guardò negli occhi.
"Sei proprio tu..." la voce gli uscì debole come un sospiro, ma non per questo meno carica di stupore e emozione, "Credevo...credevo che fossi al castello..."

La ragazza ridacchiò, accarezzandogli i capelli.
"Credevi davvero che sarei rimasta al castello senza fare niente?"

Ēlkæn tutto ad un tratto ruggì, spezzando l'atmosfera del momento.
Astrid si staccò da Lionel, e comprese il motivo dell'agitazione del Distruttore.
Nikolaj era ancora lì, con la spada in mano, e sembrava aver tentato di avvicinarsi, senza dubbio per attaccarli mentre erano indifesi.
Solo che non lo erano. Il drago dalle squame bronzee li proteggeva.

"Arrenditi, Nikolaj" disse Lionel, "Non deve finire per forza così."

Ad Astrid tornò alla mente la profezia di Ēlkæn.
Aveva detto che solo uno dei due principi sarebbe dovuto sopravvivere, affinché tornasse la pace nel Continente Settentrionale.
Possibile che non fosse tutto inciso nella pietra, che ci fosse un altro modo?

"Allora vieni, e affrontami da uomo!" gli gridò in risposta il fratello, con aria di sfida, "O sei talmente codardo da nasconderti dietro alle gonne della tua puttana?"

Se l'insulto diretto a lui non pareva averlo turbato più di tanto, non appena nominò lei, qualcosa in Lionel scattò.
Astrid lo vide irrigidirsi visibilmente accanto a lei, e serrare i pugni.
La rabbia non era un'emozione che aveva visto spesso in lui, ma, quando lo voleva, il principe sapeva essere terrificante.

"Non osare parlarle così" intimò a Nikolaj, con l'aria di chi era disposto a smuovere le montagne pur di difenderla. 

Allora, quando vide la pura furia nello sguardo del suo amato, Astrid capì che non ci sarebbe stato nessun altro modo.
Al destino non si poteva sfuggire, e quella era una situazione a cui non si poteva ovviare in nessun modo.
Solo la morte avrebbe potuto porre fine ad un sentimento così profondo come l'odio.
Ma non quella del suo principe, non l'avrebbe permesso.
Così, lo prese per il braccio prima che potesse fare qualcosa di irrazionale.

"Lionel," sussurrò, "non far sì che sia in grado di alterarti. È quello che vuole."

"Dunque ti fai dare gli ordini da una donna, ora?" Nikolaj rise, schernendolo, "Sei davvero più patetico di quanto pensassi."

Astrid continuò a dover trattenere Lionel affinché non si avventasse contro il fratello.

Ēlkæn ringhiò, e la sua voce tornò a risuonare come un sibilo nella sua testa.
"È tempo di farlo, principessa, prima che il vostro amato si faccia del male. Dovete solo dare l'ordine."

Lei annuì. "Lo so."

"Astrid, con chi stai parlando?"
Lionel aveva spostato il suo sguardo su di lei, già più calmo, ma anche più confuso che mai, glielo vedeva scritto in volto.

"Ti spiegherò tutto più tardi" gli promise, "C'è solo una cosa..."

Una cosa che non sapeva come dirgli.
Nikolaj era stato orribile con lui, per anni, ma era pur sempre suo fratello.
Non era giusto che fosse lei a decidere della sua morte, non senza che Lionel fosse almeno a conoscenza del suo piano.

"Per porre fine alla guerra...se tuo fratello non si arrende, non possiamo...non possiamo lasciarlo vivere. Credo che sia giusto che tu lo sappia."

Lionel prese un respiro profondo, ma infine annuì.
"In fondo, credo di averlo sempre saputo. Finché io vivo, lui mi vorrà morto."
Lanciò un'occhiata al fratello, uno sguardo che Astrid non era ben in grado di decifrare. Rancore, sì, ma anche qualcos'altro...rammarico, forse...
"E finché lui sarà in vita," continuò il principe, "io non sarò mai davvero libero dal pensiero di ciò che potrei causare, se lo lasciassi libero..."

"Puoi farlo tu, se credi che ti farà stare meglio."

"No," Lionel scosse il capo, "so che dovrei...ma non ci riesco. Non sono neppure in grado di chiudere questa storia. Forse sono davvero un vigliacco, dopotutto."

"No, non lo sei."
Astrid prese il volto di lui tra le mani, costringendolo a guardarla negli occhi, "Tu sei buono, amore mio...forse persino troppo buono, anche con chi non lo merita...ma non te ne devi fare una colpa. Hai già fatto moltissimo per me, per proteggermi. Lascia che sia io ad aiutare te, questa volta."

"Non posso chiederti di..."

"Non devi chiedermelo" replicò lei, sapendo già dove voleva andare a parare, "Ha ferito anche me, ma ancor peggio, ha fatto del male a te, per anni. Finché non ci libereremo di questo peso, saremo entrambi in trappola..."

Si voltò verso Nikolaj, il quale non aveva via di scampo.
Ogni volta che aveva provato ad attaccare, il drago glielo aveva impedito, e gli aveva anche precluso ogni possibilità di fuga.
Forse per la prima volta in assoluto, Astrid aveva potuto scorgere la paura negli occhi del principe ereditario, nata con la realizzazione di essere bloccato lì.
Lo guardò. Era pronta ad uccidere un uomo, per quanto crudele egli fosse?
Ma poi guardò Lionel, che, pur in tutto il suo coraggio, davanti a Nikolaj si sentiva così terribilmente inadatto, vide la sofferenza e il conflitto che la sua mera presenza provocava in lui, ed ebbe la sua risposta.

"Ēlkæn...fate ciò per cui siete venuto."

"Mi duole vedere che il sangue del mio sangue sia arrivato a tanto..." disse il Distruttore, "ma lo percepisco, costui ha odiato il suo stesso fratello fin dal momento in cui è venuto al mondo. È questo ciò che causa le guerre. È questo che finirà per distruggerli tutti. È questo ciò che ho giurato di fermare...ed è ora che io adempia alla mia promessa."

Non appena si rese conto di ciò che stava per avvenire, Nikolaj si avventò contro la creatura, con la spada sguainata, pronta ad uccidere la bestia.
Ma nessuna lama sarebbe mai stata abbastanza forte da penetrare le spesse scaglie di Ēlkæn, né il principe sarebbe mai stato abbastanza veloce da arrivare a lui prima che fosse il fuoco del drago a raggiungerlo.
Forse anche lui lo sapeva, e forse era disperato al punto da provarci lo stesso.
E così, in un batter d'occhio, le fiamme lo inghiottirono.

Non lo videro morire.
Tutto ciò che sentirono furono le urla strazianti del principe mentre bruciava.

Lionel e Astrid si voltarono dall'altura parte e si allontanarono un poco, senza una parola, l'uno tra le braccia dell'altra, mentre il corpo di Nikolaj veniva consumato dalle fiamme, un momento a cui nessuno dei due desiderava assistere.

La principessa non sapeva a che cosa stesse pensando il suo principe, ma, se c'era una cosa che era inequivocabile, era che il suo animo fosse in conflitto.
In quanto a lei...Ora che Nikolaj non poteva più tormentarla, si sentiva finalmente libera.
Dopo tutto ciò che aveva fatto a lei e a Lionel e ciò che aveva tentato di fare a Magnus, non poteva che odiarlo.
Tuttavia, non poteva essere del tutto felice, non finché non lo era colui che custodiva il suo cuore.
Lui aveva sperato fino in fondo che le cose potessero prendere una piega diversa, che suo fratello iniziasse a comportarsi come tale, sebbene per vent'anni non avesse dato cenno di voler cambiare.
E come poteva lei consolarlo? Qualsiasi cosa avesse detto, non sarebbe mai stata adatta.
Astrid non avrebbe mai potuto capire come si sentiva Lionel, ma poteva stargli vicino.
Così fece, dunque, e si ripromise che non l'avrebbe mai abbandonato.

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