XXIII. Un antico rimpianto e una promessa solenne

"C'è qualcuno?"

La voce della principessa rimbalzò sulle pareti di nuda pietra, riecheggiando nell'antro vuoto.
Non ottenne altra risposta da quelle ombre che la circondavano, nessun altro suono giunse alle sue orecchie. C'era solo quel silenzio assordante.

Aveva seguito lo stesso percorso che si era vista compiere in sogno.
Dopo essersi separata da Victar e dalle guardie, si era addentrata nell'angusto corridoio che congiungeva le due stanze della grotta, troppo in là per udire i suoi accompagnatori, rimasti all'esterno.
Ora c'era solo lei, nel cuore della montagna...lei e il drago che andava cercando, creatura che ancora non si rivelava.

"Vi prego, venite fuori!" ritentò, a voce più alta, "Non ho intenzione di farvi del male! Ho soltanto bisogno del vostro aiuto..."

Uscita dalla strettoia, Astrid emerse in un secondo antro, il cui soffitto—forse a causa di un crollo, di un temporale, o forse per ragioni sconosciute agli uomini—si apriva sul cielo azzurro e senza nuvole tipico di quella quota.

Ancora non vedeva anima viva in quel luogo...solo una traccia che dimostrava che la cava era abitata, sotto forma di carcasse animali abbandonate a terra. Non rimaneva neppure un brandello di carne attaccato alle ossa. Doveva essersi trattato di un pasto apprezzato, o un visitatore poco gradito.
Astrid pregò con tutto il cuore di non ricadere in nessuna delle due categorie.

Fu allora che udì un frusciare di vento. Guardò in alto, e, come se con quel gesto l'avesse evocata, ecco che un'imponente figura eclissò il sole, gettando la grotta in buio quasi totale.
Non ci volle molto perché Astrid si rendesse conto che la creatura alata, la quale si librava sopra il cratere nella roccia, non aveva intenzione di spostarsi: era in procinto di entrare, smuovendo polveri e ciottoli con il possente battito delle sue ali mentre lo faceva.

La ragazza non poté che rimanere a guardare affascinata mentre l'enorme bestia squamata, brillante come bronzo sotto i raggi solari, si adagiava su quello che doveva essere il suo nido, proprio al centro della stanza rocciosa.

"Sapevo che sareste venuta..."

Il sibilo si insinuò nella sua testa, senza che Astrid percepisse neppure da dove proveniva.
Tuttavia, sapeva chi era il suo interlocutore.
I suoi occhi incontrarono l'enorme pupilla vermiglia del drago che le si era posato di fronte.
C'era qualcosa di maestoso nella creatura, qualcosa che suscitava un sentimento di rispetto, persino di devozione, in chi si trovava di fronte ad essa.
Allora più che mai, Astrid comprese perché, per secoli, l'intero Continente Settentrionale si fosse piegato al dominio di Ælfrich.
Conosceva la storia, sapeva della magnificenza dei draghi, ma solo da antiche fonti.
Mai prima d'allora aveva visto qualcosa di più stupefacente, qualcosa che irradiasse tanta potenza quanta ne proveniva dal drago bronzeo.

"Principessa," la voce riprese a parlare nella sua mente, costringendo ogni altro suo pensiero al silenzio, "è tempo di fermare il massacro. È tempo di scendere in battaglia, per porre fine alla guerra."

Sembrava più che intenzionato a fare ciò che prometteva.
Eppure...la ragazza si chiedeva perché. Perché mai una creatura più divina che mortale come lo era un drago avrebbe dovuto rivolgere il proprio sguardo verso il basso, verso il miserabile mondo degli uomini?

"Per quale motivo volete aiutarmi?" chiese infine, dando sfogo alla propria curiosità, ormai divenuta incontenibile, "Perché i figli delle fiamme dovrebbero interessarsi ai fatti degli uomini?"

"Ho fatto un giuramento, principessa" fu la sua riposta, "Il sangue dei figli di Ælfrich non dovrà essere più versato. Sono stato a guardare troppo a lungo, sperando nella provvidenza, aspettando che i miei discendenti realizzassero la follia delle loro azioni, ma gli antichi numi non tengono conto dei desideri dei mortali, neppure di quelli dei loro figli. I miei fratelli e le mie sorelle sono periti a causa di una guerra, secoli or sono, così come molti dei miei stessi discendenti, caduti per mano di altri miei discendenti. Se avessi agito allora, forse adesso non sarei l'ultimo della mia specie. Ma sono ancora in tempo per salvare ciò che rimane del mio lignaggio. Ora, laggiù nella pianura, i miei discendenti lottano ancora una volta l'uno contro l'altro, fratello contro fratello, e la sofferenza aleggia nell'aura. Il futuro è oscuro, emana un inconfondibile tanfo di morte. Per rimediare ai miei errori passati, intendo aiutarvi. Ma ora so, principessa, che il sangue potrà essere fermato solo con il sangue."

"Che cosa...che cosa intendete dirmi?"

Glielo domandò, ma in fondo al suo cuore, Astrid credeva di sapere già la riposta.

"Una delle due fazioni dovrà cadere, principessa" le disse il drago, "Uno dei due principi dovrà morire. Sapete bene che le ostilità non cesseranno finché entrambi saranno in vita."

Per un attimo il silenzio calò nella grotta, finché la giovane non riuscì a farsi sufficientemente coraggio per porgli l'altra domanda che la tormentava, sin da quando aveva capito che qualcosa la stava chiamando al Nido del Drago: "Perché me?"

Il grande occhio scarlatto della bestia la scrutò, guardando nel profondo di quelli di lei.
Sembrava stesse cercando di dirle qualcosa, senza pronunciare una parola, ma lei ancora non riusciva a capire...

"Perché avete scelto me?" insistette, "Avreste potuto chiamare chiunque, chiunque al mondo, qualcuno che sapesse combattere...Io non ho neppure una goccia di sangue Væren in corpo."

"È qui che vi sbagliate."

Fu il turno di Astrid di rimanere senza parole. Cosa voleva dire con quell'affermazione?

"Avete il sangue del drago in voi" disse la maestosa creatura, "Sebbene, ad essere del tutto sinceri, non è propriamente vostro. È vostro figlio, è il bambino che avete in grembo ad avervi fatto questo dono. Il sangue dei Væren di Ælfrich scorre nelle sue vene, e, di conseguenza, anche nelle vostre. È ciò che vi permette di comunicare con me."

"Come-"

Il drago la interruppe prima che potesse finire, come se potesse leggerle nel pensiero.
"Come so tutto questo?" mentre le parlava, ad Astrid sembrò quasi che sorridesse, rivelando i suoi denti candidi e affilati come le lame di una spada, "Lo percepisco, principessa. Quel sangue è il mio sangue, non potrei ignorarne il richiamo, neppure se lo volessi."

Mentre diceva così, una nube di fumo e fiamme iniziò a avvolgerlo dalla testa ai piedi, come se un fuoco lo stesse consumando.
Astrid indietreggiò senza neppure pensarci, ma qualcosa la costringeva a rimanere a guardare mentre una colonna di fuoco si innalzava attorno alla bestia, fino a nasconderla completamente alla vista.
Aveva già avuto esperienza di quella sensazione in precedenza: magia.
Ma, a differenza della Strega Corvo, il drago non la spaventava.
Esso aveva una presenza quasi...familiare.

E poi, quando il fumo si fu dissipato...Astrid non riuscì a trattenere un'esclamazione di stupore, di fronte alla scena a cui aveva appena assistito.
Al posto della creatura squamata era apparso un uomo dalla chioma di un colore bronzeo, lo stesso delle scaglie che ricoprivano la sua controparte alata e, lungo il collo e gli zigomi e gli arti, anche quella umana.
Era ricoperto di fuliggine, e il suo unico capo di abbigliamento era una pezza di pelle che portava legata alla vita, ma per il resto, pareva incolume.
E come poteva essere altrimenti?
I draghi non bruciano.

"Siete un mutaforma."

Dunque, il sangue di drago...

"È così, principessa" annuì la creatura, sovrannaturalmente calma mentre col palmo della mano estingueva una fiammella che bruciava sulla propria spalla, "Il sangue di drago è proprio ciò che sembra. Il vostro principe, come tutta la sua famiglia, incluso vostro figlio, è un mio diretto discendente. I Væren, vedete, non solo cavalcavano i draghi, ma generavano anche dei figli con loro, così da mantenere il proprio potere. "

"Le leggende non parlano di questo."

"Le leggende spesso omettono diversi particolari" replicò il drago, accennandole un sorriso saggio, l'espressione di chi sapeva ciò che stava dicendo.
"Naturalmente, con il passare dei secoli, il sangue si è diluito, ma rimane nelle vene dei discendenti degli imperatori ælfren."

Astrid non poté fare a meno di rimanere stupita da tutto ciò che aveva scoperto.
Era anche più di quanto avrebbe creduto di trovare.
Si era inerpicata su fino alle cime di Vårg Ærglings, alla ricerca di un drago, e ora sapeva che ne stava portando uno in grembo.
La sua mano andò quasi istintivamente a posarsi sul suo stomaco, e lo accarezzò con dolcezza.

"Ti ringrazio, piccolo" mormorò tra sé e sé, "Forse, in fondo, sarai tu a salvarci tutti."

Dopodiché, la ragazza si voltò verso il mutaforma.
"Ancora non so il vostro nome" disse, riflettendo a voce alta.

Egli la guardò negli occhi, con quelle sue pupille che ancora erano rosse come un rubino, terrificanti e ammalianti al tempo stesso.
C'era qualcosa di misterioso in quello sguardo, forse il peso del tempo passato, forse una traccia dell'enorme potere che possedeva, o forse un misto di entrambe.

"Ho avuto molti nomi," disse la creatura, "ma quello con cui sono passato alla storia è Ēlkæn."

Il Distruttore.

L'uomo-dragone annuì in segno di conferma.
Oramai era certo, egli era in grado di percepire i pensieri nella sua mente.

"Vedo che conoscete la lingua ælfren, principessa. I più mi conoscono come il Distruttore. Ho raso al suolo intere città, ai tempi dell'espansione dell'impero. Mi sono fatto una reputazione, forgiata nel fuoco e nel sangue, e intendo mantenerla, affinché questa non sia la fine della mia stirpe. Dunque vi porgo i miei servigi, con la promessa che la vostra guerra sarà vinta."

Con il Distruttore dalla loro parte, Astrid era certa che avrebbero potuto davvero, finalmente, avere almeno una possibilità di vittoria, se non un successo assicurato.
Era arrivata sin lì, con quel solo scopo, quell'obbiettivo basato solo su un sogno, che ora stava per realizzarsi.
Era quasi incredibile come le cose, infine, sembravano essere realmente giunte ad un punto di svolta, per il futuro di Merithia e per quello della principessa stessa.

"Ēlkæn, accetto la vostra offerta."

Ci vollero solo quelle parole affinché il drago s'inchinasse a lei.
"Chiedete, principessa, e vi sarà dato."

Mai lei avrebbe immaginato di poter avere tanto potere a sua completa disposizione.
Era quasi surreale, ma la ragazza non aveva tempo di fantasticare su tutto ciò che avrebbe potuto fare con una creatura sputafuoco a suo servizio.

Raddrizzando la schiena nella sua postura più regale, Astrid prese un respiro profondo.
Poi riaprì gli occhi, guardò Ēlkæn, e comandò "Portatemi ai piedi della montagna."

Quando tornò all'entrata della grotta, la principessa aveva al suo seguito Ēlkæn il Distruttore, un Figlio delle Fiamme, l'ultimo dei draghi...

Era come se un enorme peso si fosse sollevato improvvisamente dalle sue spalle, liberandola. Si sentiva già più allegra, incapace di trattenere un sorriso. Era tutto vero, i draghi esistevano ancora. E il sogno, la forza che sembrava non volerla lasciare andare, tutto era servito per arrivare fin lì e poter trovare chi avrebbe posto fine alla guerra e salvato il suo regno e la sua famiglia.

Astrid camminava veloce, voleva affrettarsi a portare Ēlkæn alla pianura, cosicché quell'incubo finisse una volta per tutte.

Victar e le guardie, che erano rimasti ad attenderla, non riuscirono a trattenere la sorpresa nel vederla emergere dalla grotta seguita dall'uomo-drago.

"Non posso crederci..."
La voce del lord di Karsig giunse come un sussurro alle orecchie di Astrid, flebile e impregnata di stupore e ammirazione. "L'hai trovato davvero...C'è l'hai fatta..."

La ragazza si buttò tra le sue braccia, facendogli quasi perdere l'equilibrio.

"Victar, ce l'abbiamo fatta!" esclamò, ridendo felice, "Mi hai condotta tu sin quassù, non ci sarei mai riuscita senza di te...Grazie."

Staccandosi leggermente da lui, senza però lasciarlo andare del tutto, lo guardò negli occhi, azzurri come il cielo senza nuvole delle sue terre.
Lei sorrideva ancora, e il giovane ricambiò la sua espressione.

Era fatta.

Fu la voce dal timbro esotico di Ēlkæn a riportarla alla concentrazione.
"Principessa," disse, "non vorrei interrompere, ma abbiamo ancora un conflitto da fermare. E dobbiamo andare in fretta, la battaglia è già iniziata."

Aveva ragione, non era ancora del tutto finita. Doveva andare, ma...e se non fosse stata all'altezza?
Persino il pensiero di cavalcare il drago la spaventava, non sapeva se sarebbe riuscita a guidarlo in combattimento. 
Si voltò verso suo cugino, uno dei suoi più vecchi e più fidati amici, quasi istintivamente, alla ricerca di una rassicurazione, forse.
In verità, non sapeva nemmeno lei che cosa temeva esattamente...
Prima che lei potesse aprire bocca, però, Victar annuì, spingendola delicatamente via da sé con un'espressione incoraggiante in volto.

"Vai," le disse, "vai a vincere la guerra. So che ce la farai. Hai sempre fatto tutto ciò che ti mettevi in testa, fin da quando eravamo piccoli."

Lui credeva davvero in lei, quindi...
Era abbastanza per farle capire che doveva andare. Che fosse pronta o meno, non importava. Non poteva deluderlo, e non poteva neppure abbandonare Lionel, Magnus, e migliaia di altre persone innocenti al loro destino di morte e sofferenza.

"E tu cosa farai?" chiese a Victar, "Non posso lasciarti qui..."

"Io e i miei uomini torneremo al castello" replicò il giovane dai capelli fulvi, sicuro della sua risposta, "Tu va, forza, prima che sia tardi."

Mentre lui le diceva quelle parole, Ēlkæn ritornò alla sua forma di drago, avvolto dalle lingue di fuoco della sua stessa magia, sotto lo sguardo affascinato dei soldati.
Una volta che si fu trasformato del tutto, Astrid gli si avvicinò, e montò sul suo dorso bronzeo.

"Oh, e porgi i miei saluti a Magnus, quando lo vedi!" le raccomandò il cugino, mentre la bestia iniziava già a battere le sue enorme ali per prendere il volo, "Verrò di persona, presto, ma non voglio che si pensi che Lord Victar di Karsig è un maleducato."

Persino in un momento tanto teso, era sempre in grado di strapparle un sorriso.

"Grazie, Vic!" gli gridò dietro, quando già iniziava a librasi in aria sulla groppa di Ēlkæn, "Grazie di tutto!"

In volo sulla groppa del drago, tenendosi stretta al suo collo per non cadere, Astrid si guardò alle spalle, finché le figure di Victar e dei suoi uomini non furono tanto lontane da sparire.
Allora, volse lo sguardo verso ciò che le era di fronte.
Il paesaggio che le si apriva davanti agli occhi era qualcosa di incredibile: vedeva la pianura estendersi in tutta la sua ampiezza, attraversata dal fiume Yirling, che andava a sfociare nel lago Spællï, circondato da boschi. Vide le floride terre del duca di Aldërk, a nord del corso d'acqua, e dall'altra parte, ancora, riuscì persino a scorgere la sua Athuand in lontananza, la città dov'era cresciuta, che si ergeva laggiù dove il secondo ramo dell'Yirling sfociava nel fiordo.
E tutto ciò era sotto di lei. Pareva incredibile, e se, soltanto qualche mese prima, le avessero detto che avrebbe potuto sorvolare il mondo, era certa che l'avrebbe creduto impossibile.
Eppure ora era lassù, libera come non lo era mai stata, finalmente in grado di fare qualcosa che contasse.
La paura che aveva provato nel non essere all'altezza di quella missione era come svanita, ora che poteva toccare le nuvole con le dita, ora che tutto pareva così piccolo sotto di lei.
Era così che dovevano sentirsi gli imperatori ælfren.
Inarrestabili.

Ma non tutto era così bello come poteva sembrare dall'alto.
Quando Ēlkæn scese di quota, Astrid poté vedere gli uomini che combattevano nella pianura, e ogni traccia di meraviglia svanì dai pensieri della giovane, prontamente sostituita da cruente immagini di morte.
Persino da lassù, poteva udire le grida furiose dei combattenti e quelle sofferenti dei moribondi, e il clangore provocato dal cozzare delle spade.
Era una vista orribile, la prova tangibile che quel conflitto portava solo sofferenza.
Doveva finire.

"Sì, principessa," rispose il sibilo nella sua testa, che ormai sapeva essere la voce di Ēlkæn, "e finirà. Ve lo giuro."

Il drago emise un acuto stridio, e i suoni della guerra cessarono tutto ad un tratto.
Le grida di terrore degli uomini riempirono l'aria.

Astrid stessa rimase sorpresa dall'improvviso suono, tanto da sobbalzare e stringere istintivamente la propria presa attorno al collo della creatura.

"Non...non era esattamente ciò che credevo sarebbe successo," disse, "ma lo ammetto...è stato efficace."

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