VI. Un pegno d'amore

Il tempo passò in fretta.

Anna le aveva fatto vedere ogni angolo del castello, con tanto di storie ed aneddoti su di esso, sulla sua famiglia e sul regno e, senza che nemmeno se ne rendessero conto, era quasi giunta l'ora di cena.

"Venite." La ragazza più giovane fece cenno ad Astrid di seguirla. "Ho tenuto il meglio per ultimo."
Anna camminava veloce, con passo quasi saltellato. Astrid dovette correre per riuscire a procedere di pari passo con lei, ma riuscì a non perderla di vista, arrivando infine ad una porta in legno scuro.
La ragazzina la aprì, e con un ampio sorriso annunciò "Benvenuta nelle vostre nuove stanze!"

Astrid si guardò intorno.

I suoi bagagli erano già stati portati lì, ed erano posati ai piedi di un letto a baldacchino, che sembrava all'apparenza soffice come una nuvola.
Sul pavimento sotto di esso, in legno come nel resto del castello, era adagiato un ricco tappeto. Al bordo della stanza c'erano poi un piccolo ma elegante divanetto imbottito, messo sotto ad una finestra semicircolare che si affacciava sulla cittadina sottostante. La luce del sole calante penetrava da quella finestra, dipingendo la stanza di una luce arancio-rosata.

"Vi piace?" chiese Anna.

Astrid sorrise.
Non era la sua stanza a Merithia, ma era davvero bella, non poteva negarlo.
Andò a sedersi sul materasso del letto, e sentì che era morbido proprio come aveva immaginato.

Alla domanda di Anna, infine, annuì. "È meraviglioso, vi ringrazio. Credo che potrei rimanere su questo letto per sempre."

La principessa di Estelle rise. "Potrete farlo più tardi" disse, "Dovreste preparavi per la cena, ora."

Fece come per andarsene, dicendo che l'avrebbe lasciata vestirsi, ma poi, sull'uscio, si voltò di nuovo verso di lei. "Oh, stavo quasi per dimenticarmene!" esclamò, ridacchiando fra sé e sé, "Mia madre ha fatto preparare degli abiti per voi, si trovano nell'armadio."

Dopodiché, la salutò con un cenno della mano, e chiuse la porta all'uscita. 

Qualche ora dopo, venne una serva a bussare alla porta.

"Vostra Altezza" disse, esibendosi in una profonda riverenza, una volta che la principessa le ebbe concesso di entrare, "La famiglia reale mi manda per scortarvi al salone della cena."

Astrid seguì la donna fino ad un ampio portone, luogo in cui le fu annunciato di essere arrivata.

"Buona serata, principessa" si accomiatò la serva, facendo un altro inchino prima di andare.

Astrid le rivolse un cenno di ringraziamento, poi aprì le porte, rivelando un'enorme sala da festa riccamente addobbata, al cui centro c'era un tavolo ricoperto da una tovaglia ricamata d'oro. Lì sedeva già la famiglia reale di Estelle al completo.

Astrid fece una piccola riverenza, rivolgendo loro un sorriso garbato. "Buona serata, Vostre Maestà" salutò, "Vostre Altezze."

Si guardò intorno, ammirando la sala e i suoi occupanti, finché la sua attenzione non cadde sul punto in cui sedeva Lionel. I suoi occhi non poterono fare a meno di soffermarsi su di lui, e quando i loro sguardi si incontrarono, le sembrò di vedere un abbozzo di sorriso sul volto del principe.

Il suono di una sedia che veniva spostata la distolse dal pensiero. Astrid si voltò nella direzione da cui era venuto il rumore, proprio mentre Nikolaj, in piedi rigidamente a lato di essa, la invitava a sedersi.

"Vi ringrazio, Vostra Altezza" disse lei, sollevando l'orlo del bell'abito cremisi che le aveva donato la regina e andando a prendere posto accanto al suo promesso.

"Dunque, diteci, principessa, che cosa ne pensate di Estelle?" chiese la regina Brigitta, "Spero che il viaggio fin qui sia stato confortevole."

"Assolutamente, Vostra Maestà" annuì Astrid, "Il viaggio è andato bene, nonostante l'occasionale maltempo, e il castello è stupendo."
Sorrise. Questo era vero, dopotutto.

La donna sembrò compiaciuta. "I miei figli sono stati gentili con voi?"

Di nuovo la ragazza annuì. Questa volta la risposta non fu del tutto onesta, ma neppure del tutto una bugia. Lionel era stato più che gentile, ma un tale pensiero doveva rimanere solo nella sua mente.

"Vi assicuro che sono stati dei perfetti gentiluomini, Vostra Maestà" disse infine, senza esitare nel mentire.
Spesso era necessario, in nome della cortesia, fingere di apprezzare qualcosa—o, in questo caso, qualcuno—che in verità non era poi così fantastico. L'aveva imparato molti anni fa, e ormai le veniva naturale, come d'altronde veniva naturale a quasi tutti i nobili e dignitari che le era capitato di conoscere.

Con la coda dell'occhio, Astrid notò che nel mentre un ragazzo era entrato nella sala, porgendo qualcosa al re, ma non ci fece molto caso, finché, tutto ad un tratto, non fu proprio il re a prendere la parola.

"Sono compiaciuto di accogliere una così graziosa fanciulla nel mio regno, principessa Astrid" disse, rivolgendosi a lei, anche se la sua espressione formale non tradiva alcuna vera emozione, "E nella mia famiglia. Dunque, come segno di benvenuto, permettete che il mio figlio primogenito ed erede, vostro futuro sposo, vi offra questo dono."

L'uomo mise una piccola scatola nelle mani del figlio maggiore, che la aprì, estraendone una luccicante pietra di rubino rosso, incastonata in una banda d'oro.

"Permettete" disse Nikolaj, prendendole la mano e infilando l'anello al suo dito. "Questo anello è un importante cimelio di famiglia, forse il più antico in nostro possesso, tramandato di padre in figlio da generazioni. Non poteva esserci omaggio più adatto per la mia futura regina. Un giorno, dopotutto, saranno i nostri figli a donarlo alle loro mogli."

Mentre parlava, tenne lo sguardo fisso su di lei, uno sguardo intenso, ma, nonostante le sue belle parole, privo di qualsiasi dolcezza. Era freddo, quasi stesse recitando una parte.
Astrid sentì i muscoli irrigidirsi, e dovette costringersi a sorridere, mentre la sua mente correva da un pensiero all'altro. Quello sguardo la faceva sentire inquieta. Possibile che Nikolaj si fosse reso conto del bacio fra lei e Lionel, e di tutti quelli che erano venuto dopo il primo? Più ci pensava, più temeva la possibilità che la sua relazione con il principe fosse scoperta, prima ancora che fosse davvero iniziata. Non erano stati esattamente discreti, dopotutto...
Se chiudeva gli occhi per un attimo, poteva ancora vederlo mentre le si avvicinava, sussurrandole nell'orecchio sul ponte della nave, dove chiunque dell'equipaggio avrebbe potuto vederli.
E in effetti, ogni volta che si coricava, lo vedeva.
Sognava anche altro, altri ricordi, e desideri, ma non era il caso di pensarci, non lì, di fronte al re, alla regina, a Nikolaj...
Non avrebbe voluto ricordare la sensazione delle labbra di Lionel sulle sue, così inebriante, eppure anche quel pensiero le passò per la testa, e per un attimo desiderò solo andare da lui, e poter riprovare quella sensazione.
Ma fu solo questione di un attimo, prima che la ragione tornasse ad impossessarsi di lei.

Guardò l'anello, con quella preziosa gemma che le adornava l'anulare della mano sinistra, e ricordò a se stessa qual era il suo ruolo. Doveva, se non altro, fingere in modo convincente, e dunque, mettendo su la sua migliore interpretazione di un'espressione contenta, disse "È un regalo meraviglioso, principe. Vi ringrazio."

Nikolaj le rivolse un piccolo cenno d'assenso, con un sorriso che era tutto fuorché affettuoso.
Si accorse che non la stava neppure guardando negli occhi, ma guardando dietro di lui, vide che per un momento Lionel aveva girato il volto verso di lei, lasciando scorgere ad Astrid il piccolo sorriso che era apparso sulle sue labbra, quasi avesse voluto silenziosamente incoraggiarla.

Un sorriso spontaneo non potè che scaturire da quelle di lei, solo per lui, e, anche se non la stava guardando direttamente, la principessa sperò che se ne fosse accorto.

Quando la cena giunse al suo termine, tutta la famiglia reale si ritirò ognuno nelle proprie stanze.

Astrid si era avviata verso le proprie, certa di poter ricordare la strada, eppure presto si rese conto del suo errore.

I corridoi le sembravano tutti uguali, i dipinti solo una serie di figure dai contorni indefiniti alla flebile luce delle candele.
Ad ogni angolo che svoltava, si trovava in un luogo esattamente uguale al precedente, e tutto il castello sembrava convenientemente deserto, cosicché non avrebbe potuto chiedere aiuto neppure se avesse voluto.

Astrid iniziò persino a chiedersi se non avesse girato in tondo per tutto questo tempo.
Una voce maschile, tuttavia, la chiamò, facendole tirare un sospiro di sollievo. Un sorriso affiorò spontaneamente sulle sue labbra al suono di quella voce.

Si voltò e vide Lionel avvicinarsi a lei.

"Astrid, perdonate se mi permetto, ma dalla direzione in cui state andando, sono indotto a pensare che vi siate persa."

La principessa si lasciò andare ad un sospiro. "Temo che abbiate rag-"
Si interruppe, mente sul volto di Lionel iniziava a profilarsi l'ombra di una risata.
"Non ridete di me!" sbuffò, dandogli un colpetto al braccio, nonostante lei stessa non stesse riuscendo a trattenere un sorriso.

Lionel le faceva questo effetto, ogni volta, e—cosa ancora peggiore—era dannatamente affasciante quando rideva con quel suo sorriso sghembo e sbarazzino, gli occhi così perfettamente blu fissi in quelli di lei, come vortici nel mare aperto da cui rischiava di venire sommersa, se non fosse riuscita a fuggire in tempo dall'intensità di quello sguardo. 

Più Astrid lo guardava, e più desiderava continuare a guardarlo.
No, non solo guardarlo, si corresse. Voleva avvicinarsi, e avvinghiarsi a lui, sollevandosi sulle punte finché i loro visi non fossero stati alla stessa altezza e le loro labbra non fossero collise.

Le iridi del principe luccicarono quando la luce della candela balenò di fronte al suo viso.
Si era avvicinato molto, e le aveva delicatamente accarezzato la guancia con la punta del pollice.

Baciatemi, avrebbe voluto intimargli, ma il suo tocco le faceva sciogliere le membra, e con esse sembravano sciogliersi anche tutta l'audacia e la risolutezza che aveva creduto di avere. Rimase dunque in silenzio, come ipnotizzata dalla carezza del principe. 

"Lasciate che vi accompagni nelle vostre stanze" le sussurrò lui.

Era tremendamente vicino, ed era così buio che a malapena lo vedeva. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto tirarlo a sé, senza il timore di essere visti, ma non lo fece.

Eppure, il fremito di desiderio che le era pervaso in corpo rimaneva. Forse, si rese conto quando Lionel proferì nuovamente parola, tanto forte che anche il principe aveva potuto sentirlo.

"Se desiderate dell'altro, Astrid," le mormorò nell'orecchio, mentre la scortava nella giusta direzione, "potrete dirmelo quando saremo arrivati."

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