capitolo tredici
SOPHIE
"Buongiorno, detective" esclamò Sophie, entrando nel piccolo ufficio e vedendo l'uomo alzare la testa e sorriderle: la stanza che fungeva da fulcro delle forze dell'ordine di Fourcès era veramente anonima e, se non avesse saputo che quello era il luogo dove lavorava Fabien, avrebbe pensato che fosse un ufficio qualunque.
I pochi mobili che erano presenti all'interno venivano fuori dal catalogo Ikea, solo un piccolo schedario in metallo a tre cassetti sembrava non appartenere alla catena svedese.
Sorrise, notando lo sguardo Fabien calamitarsi sul cestino in vimini che teneva in mano e lei lo alzò appena, in modo da mostrarglielo: "Quello?" le domandò l'uomo, alzandosi dalla sua scrivania e guardandola mentre lei poggiava la sua offerta sulla scrivania, ben attenta a non creare disordine fra i fogli che la inondavano.
"Sono per te" dichiarò, sistemandosi una ciocca dietro l'orecchio e guardandolo in volto, mentre toglieva il panno a quadretti bianchi e rossi, mostrandogli il contenuto della cesta: "Qualcuno mi ha detto che ti piacciono i muffins e..."
Aveva passato il giorno precedente a fare quei dolci, cominciando subito dopo la visita di Adeline: la donna, ormai, era un ospite quasi giornaliera della sua fattoria, arrivando nel primo pomeriggio e passando con lei il tempo di una tazza di caffé.
Adeline le parlava di tutto, concentrandosi però sempre sul nipote: in quei pochi giorni di conoscenza dell'anziana aveva imparato tante cose sull'uomo al suo fianco, una fra queste era stato il suo debole per i muffins.
"Qualcuno" mormorò Fabien, dandole un leggero colpo con i fianchi: "Fammi indovinare: anziana, puzzolente di sigaro e con un linguaggio decisamente non adatto a una signora di una certa età."
La perfetta descrizione di Adeline.
Sophie ricambiò la lieve spinta, prendendo poi un muffin e mettendoglielo il mano: "Sai fare il tuo lavoro, complimenti" dichiarò, incrociando le braccia e appoggiandosi con i fianchi alla scrivania.
"Grazie" mormorò Fabien, addentando il piccolo dolce e Sophie fu certa che aveva mugolato: "Perché questi?" le chiese, dopo averlo spazzolato e prendendone subito un altro.
Li aveva fatti perché aveva saputo che gli piacevano ma, anche, per non presentarsi a mani vuote mentre gli faceva una richiesta: "Ho bisogno di un passaggio" dichiarò, guardandolo mentre ne fagocitava uno al cioccolato.
"Non hai la tua macchina?" le domandò Fabien, mettendo una mano sulla scrivania, pericolosamente vicino a dove era poggiata lei: le sarebbe bastato un semplice movimento per prendere quelle dita e posarle sul suo fianco dove sentiva che dovevano stare.
Sorrise, sperando che il percorso che stava facendo la sua mente non trasparisse dal suo volto: non sarebbe stato facile spiegargli perché si era immaginata stesa su quella scrivania con lui fra le gambe.
Lasciò andare un sospiro, ignorando come il suo corpo si stava sciogliendo, concentrandosi in un punto fra le sue gambe che le sarebbe tanto piaciuto stimolare in quel momento.
Si schiarì la voce, guardandolo prendere un muffin e rimanere pericolosamente vicino a lei e cercò di concentrarsi sul motivo per cui era andata lì: "Qualcuno stanotte ha pensato bene di spargere tutto il mangime per il cortile e la mia macchina è troppo piccola" disse con un tono un po' stridulo, mentre si spostava e metteva una giusta sicurezza fra lei e Fabien: "Mentre la tua è grande abbastanza per caricarci un po' di sacchi."
O fare anche roba, aggiunse mentalmente: era certa che nel retro del SUV di Fabien si sarebbe potuto benissimo...
Fermò quei pensieri, bloccando le immagini che la sua mente stava cominciando a creare: sarebbero state utili per quella sera quando, da sola nel letto, avrebbe dato piacere al suo corpo ma non in quel momento.
Dio, non andava con un uomo da troppo tempo.
Era a Fourcès da un mese e con il suo ex non avevano rapporti da molto prima.
Cominciava a sentire l'astinenza e Fabien Richard non aiutava di certo.
"Qualcuno..." mormorò Fabien, pulendosi la bocca dalle briciole e Sophie si allontanò di un altro passo: avevano finalmente un rapporto decente, amichevole e cordiale, non voleva rovinare tutto saltandogli addosso e dargli l'idea di essere una pazza furiosa, nonché una stupratrice di poveri detective indifesi.
"Tulipe, ti semplifico il lavoro" mormorò, incrociando le braccia al seno e sentendo la rabbia montarle dentro e sostituire il desiderio: ottimo, avrebbe anche ringraziato Tulipe se quella stronza di oca non avesse sparso il mangime per tutto il cortile.
Quando quella mattina si era svegliata, le pietre bianche che con Fabien aveva sistemato nel cortile davanti, creando una zona pulita da erba, erano diventate un mix con il grano delle galline.
La rimessa, invece, aveva davanti l'entrata un piccolo cumulo delle sementi che Garcia e Vincent le avevano consigliato per le capre.
In tutto quel disastro, Tulipe sculetta con la fierezza di una regina, mentre i sacchi vuoti erano stati abbandonati vicino alla sua porta.
Quell'oca...
L'avrebbe uccisa, se ne avesse avuto il coraggio.
"Domani ti va bene? Oggi non penso di farcela: devo andare alla centrale di Auch e non so quanto ci vorrà" le chiese Fabien, riportandola alla realtà e facendole riprendere il filo del discorso.
"Va benissimo, tanto le galline stanno pulendo il casino che ha fatto Tulipe e Garcia ha portato un po' di erba fresca per le caprette" sospirò Sophie, socchiudendo gli occhi e cercando di non lasciarsi abbattere dall'ennesimo scherzo di Tulipe.
"Quell'oca è tremenda."
Sophie storse la bocca, aprendo le palpebre e puntandole sull'uomo: proprio lui lo diceva? Lui che l'aveva più volte ripresa perché lo chiamava per colpa degli scherzi di quel mefistofelico animale: "Peccato che quando te lo dicevo io, non mi credevi" dichiarò, fissandolo mentre incassava la testa nelle spalle: forse aveva usato un tono troppo piccato, ma non poteva dimenticare come lui si era sentito in dovere di sbraitarle contro.
"Touchè" mormorò Fabien, prendendo il cesto e tirandolo su: "Grazie per questi."
Certo, pensava ai dolci il signorino.
Ci sarebbe stato un giorno in cui, invece dei muffins, gli avrebbe portato la sua vendetta per il trattamento che le aveva riservato quando era arrivata lì.
Certo, una vendetta che sarebbe arrivata dopo aver gustato in ogni modo possibile quell'uomo.
Si morse la lingua, sperando che il dolore la riscuotesse e decise mentalmente di incontrare qualche essere maschile e mettere a freno quel bisogno impellente: "Ti aspetto domani" gli disse, vedendolo annuire.
Annuì anche lei, uscendo velocemente dall'ufficio e sperando così di mettere a tacere la se stessa più lussuriosa, tornando alla macchina che aveva lasciato appena fuori le mura di Fourcès e, una volta salita, tornò a casa.
Il tratto era breve e, ancora una volta, si disse che avrebbe potuto farla a piedi ma non voleva presentarsi da Fabien sudata e rossa in volto, inoltre avrebbe dovuto registrare un po' di video quel giorno.
Tutte scuse per non fare un po' di movimento? Sicuramente.
Aggrottò lo sguardo e rallentò parecchio, tanto da andare a passo d'uomo mentre teneva lo sguardo sulla strada che si inerpicava sulla collina e sulla macchina bianca che si stava allontanando velocemente dalla sua fattoria: non conosceva quel mezzo, non l'aveva visto a nessuno di quelli che veniva a trovarla.
Fabien aveva il suo SUV e poi l'aveva lasciato da poco.
Il trio dentiera era solito venire con i trattori e Adeline a piedi.
Eloise aveva un'utilitaria ma non era di quel colore.
Guardò l'auto immettersi sulla strada e girare nella sua direzione: Sophie riprese un po' di velocità, notando il conducente dell'auto e non riconoscendolo: un uomo sulla cinquantina, con il volto segnato dalla vita all'aperto ma del tutto anonimo per lei.
Forse qualcuno che si era sbagliato?
Magari aveva svoltato nella strada sbagliata e se n'era accorto quando era arrivato al cancello della fattoria.
Scosse il capo, lasciando perdere lo sconosciuto e la sua auto, svoltando nella strada e parcheggiando appena fuori il cancello: non metteva più l'auto dentro da quando aveva trovato Tulipe a beccare le gomme.
Se non voleva trovarsi con una ruota a terra era meglio così.
Uscì dall'auto, osservando l'animale in questione nel giardino: teneva il collo ben dritto con il becco puntato verso l'alto e stava strillando così forte da perforarle le orecchie.
"Era solo una macchina" sospirò Sophie, guardando l'animale e intuendo il motivo di quell'atteggiamento. Un altro estraneo era giunto nel suo territorio e lei doveva farlo sapere: "Alle volte la gente sbaglia direzione e usa strade come questa per fare inversione, sai?"
Tulipe si fermò un attimo, facendo qualche passo verso di lei e riprendendo a strillare come un'ossessa, girando per il cortile e ancheggiando con furia.
Sophie la lasciò perdere, chiudendo la macchina e guardando l'oca indignata che, ondeggiando il corpo tondo e candido, se ne tornava nella rimessa, strillando per un'ultima volta prima di sparire dentro.
Non solo aveva fatto un macello con i mangimi quella notte, non contenta adesso aveva anche da ridire su poveri guidatori...
Quell'oca era veramente pazza!
a/n: buon giovedì! Eccoci di nuovo qua con le disavventure di Sophie e i danni fatti da Tulipe.
Per la cronaca, per Tulipe mi sono veramente ispirata alle oche di casa mia che, una ne pensano e cento ne fanno (fra l'altro sono quattro, proprio come i cavalieri dell'apocalisse... ci sarà un motivo se le ho chiamata Morte, Carestia, Guerra e Pestilenza).
Detto ciò, come sempre mi scuso per gli eventuali - sicuri al 100% - errori che ho lasciato, infine vi do appuntamento a giovedì prossimo con un nuovo capitolo!
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