Capitolo tre


FABIEN


Storse il naso non appena entrò in casa, annusando l'odore forte del sigaro lo fece tossire, mentre avanzava verso il soggiorno e si fermò sulla soglia della stanza: mise le mani ai fianchi, scostando appena la giacca di pelle e mostrando il suo distintivo alla donna anziana che, comodamente spaparanzata sulla poltrona di pelle scura, teneva il cubano fra le labbra e lo guardava senza nessuna emozione in volto.

"Se non ricordo male, il dottore ti ha vietato i sigari" dichiarò Fabien, osservando l'altra e vedendola togliersi il sigaro dalla bocca e scuotere la cenere della punta nel posacenere di cristallo posto sul tavolino lì accanto, dove una piccola pila di libri torreggiava.

"Se non ricordo male, non ti ho invitato a vivere con me per rompere il cazzo" decretò l'anziana, incrociando le braccia al petto e fissandolo a sua volta.

Fabien lasciò andare un sospiro, scuotendo il capo: "Nonna, il linguaggio" mormorò, avanzando verso una delle finestre che illuminavano il soggiorno e aprendola: chiunque avesse visto Adeline Richard con il maglioncino rosa e i capelli bianchi pettinati in piccoli ricci che le adornavano il capo come un'aureola, non avrebbe mai detto che fumava come un turco e parlava peggio di uno scaricatore di porto.

"Ma cosa sei? Un agente anche della buon costume?" borbottò la donna, portandosi nuovamente il sigaro alla bocca e recuperando uno dei libri dalla pila: "Sei un uomo, dovresti essere più volgare. Ragazzo mio, è per questo che le donne ti lasciano sempre" si fermò, alzando il testo che teneva in mano: "Vogliono quello che le sbatte al muro e..."

"Hai di nuovo letto un altro romanzo erotico?"

"In qualche modo devo accompagnare i miei piccoli momenti di piacere" decretò la donna, togliendosi il sigaro dalle labbra e socchiudendole, lasciando che una voluta di fumo si librasse nell'aria: "Se capisci cosa intendo" continuò, alzando le sopracciglia in modo ammiccante verso il nipote.

Fabien sospirò, socchiudendo gli occhi e massaggiandosi il setto nasale: "Dio, voglio cavarmi gli occhi adesso" decretò, cercando di impedire alla sua testa di creare l'immagine di sua nonna che si dava all'autoerotismo.

"Che cazzo ci fai a casa a quest'ora?" domandò Adeline, mentre si lui si massaggiava il volto, sperando che quell'orribile immagine sparisse dalla sua mente: "Ti hanno già licenziato?"

"Un po' difficile, avevo solo dimenticato il caricabatterie" le disse, sentendo il suo cellulare vibrare nella tasca della giacca. Trattenne un gemito, sperando che non fosse ancora la nuova fonte di guai di Fourcès: "Di nuovo" sospirò, vedendo il numero in chiamata e decidendo di non rispondere.

Sarebbe andato direttamente alla fattoria per scoprire quale assurdo pericolo quella donna aveva trovato.

"Cosa?"

"Lavoro" mormorò, sperando che questo appagasse la curiosità della nonna e recuperando il caricabatteria dalla presa dove l'aveva inserito la sera prima, quando era tornato dal lavoro e aveva dovuto litigare con la nonna per i suoi sigari.

Quella donna aveva avuto un infarto, era stata messa a stretto regime dal medico ma sembrava che tutto quello era magicamente scomparso dalla sua mente non appena era tornata a casa.

"Oh, com'è la nipote di Evangeline?" gli chiese Adeline, sorridendo con il sigaro scuro che le pendeva dalle labbra: "Bella vero? Quella vecchiaccia mi aveva fatto vedere qualche foto ed era una bella patatina, pronta..."

Com'era Sophie Hamon?

Sì, decisamente era bella con i grandi occhioni verdi, i capelli lunghi e castani che le incorniciavano il volto dai lineamenti perfetti e un corpo che avrebbe fatto girare parecchie teste.

Era difficile non notare quanto fosse bella e, allo stesso tempo, una rompicoglioni di prima categoria.

L'attrazione che aveva sentito la prima volta che l'aveva vista era sparita subito, sostituita dall'esasperazione: "La nipote di Evangeline è un tormento" commentò a denti stretti, uscendo di casa e infilandosi nella sua macchina.

Percorse velocemente la strada che lo portava alla fattoria Hamon e parcheggiò poco distante dall'ingresso del giardino anteriore, avvicinandosi e notando la donna nascosta dietro uno degli alberi che delimitavano il pezzo di terra su cui sorgeva la casa.

Intrecciò le braccia, spostando il peso da un piede all'altro e cercando di capire cosa stesse facendo, resistendo alla tentazione di fissare il sedere tondo e stretto in un paio di jeans che apparteneva a Sophie Hamon: "Salve di nuovo, madame Hamon" esclamò dopo un po', facendola sobbalzare e avviandosi verso di lei, cercando in giro la causa per cui era stato chiamato di nuovo lì: "Posso sapere cosa è successo stavolta? Una sommossa delle galline?" si fermò a pochi passi, guardandola sistemarsi i capelli dietro l'orecchio e torreggiandola con la sua altezza: Sophie Hamon era più alta rispetto a tante donne che conosceva, ma non abbastanza: "Ah no, quella a quanto pare c'è stata stamattina."

Quella mattina l'aveva chiamata con la disperazione nella voce, tanto che lui era corso subito lì per scoprire che le galline, molto semplicemente, stavano girando con tranquillità nel cortile, piluccando fra l'erba.

Un comportamento normale per delle galline ma, a quanto pareva, non lo era per Sophie Hamon: lei aveva dichiarato che non aveva aperto loro e che, appena l'avevano vista, le si erano avventate contro in un perfetto remake del film Uccelli di Alfred Hitchcock.

Fabien l'aveva mandata a quel paese e se n'era andato, sperando che la donna capisse alla svelta che quello non era il posto adatto a lei e se ne andasse: "Quella" dichiarò Sophie Hamon, indicando il quadrupede che stazionava davanti la porta dell'abitazione, e riportandolo al presente e al motivo per cui lui era stato di nuovo chiamato lì.

"Una capra" mormorò Fabien, portandosi le mani ai fianchi e guardando l'erbivoro tirare un ramo del rampicante che circondava l'ingresso della casa: "Interessante avvistamento in una fattoria."

"Mi ha lanciato dei sassi" squittì la donna e la capra belò quasi in risposta, quasi come se stesse dichiarando la sua innocenza.

Fabien lasciò andare un sospiro, massaggiandosi il setto nasale: "Madame Hamon..." sospirò, fermandosi senza sapere come continuare quel discorso, senza buttar fuori una sequela di insulti che avrebbero suscitato un applauso da parte di sua nonna.

"Madamoiselle" lo corresse lei, incrociando le braccia al petto e mettendo in risalto il seno: non era grosso e generoso come quello di Eloise, ma aveva il suo perché e, cosa più preoccupante, attirava l'attenzione.

"Madame Hamon, posso chiederle di non chiamarmi ogni volta che un animale fa qualcosa da animale? Ho il mio lavoro da svolgere" le dichiarò, sibilando quasi ogni parola.

"Immagino sia pieno di cose da fare..."

Fabien sospirò, stirando le labbra in una smorfia e ignorando il tono ironico usato da Sophie Hamon: quando il suo superiore l'aveva dislocato lì, aveva avuto lo stesso pensiero. Per carità, era stato contento di essere stato messo a Fourcès perché così poteva tenere d'occhio la nonna, ma aveva pensato che sarebbe stata una noia mortale:b"Ho tre vecchietti che si menano a ogni respiro, un tizio iperansioso che pensa che la sua galleria d'arte sia soggetta a ripetuti furti..."

"Una galleria d'arte? Qua?"

"Inoltre, nella campagna che circonda il paese ci sono parecchie proprietà come la sua completamente disabitate che devo controllare ripetutamente per evitare che abusivi ci entrino" continuò ignorando il commento di lei: "Quindi sì, ho il mio lavoro e non comprende lei e i suoi animali" si fermò, facendo un passo indietro e osservandola mentre apriva e chiudeva la bocca, cercando forse il modo per controbattere: "Buona giornata."

"Se morirò, sarò sulla sua coscienza."

"Me ne farò una ragione" dichiarò Fabien, girando sui tacchi e andandosene.

Appena entrato in macchina, poggiò la fronte contro il volante e lasciò andare un lento e lungo sospiro: Sophie Hamon era una bellezza, poco ma sicuro, e se fosse stato in un'altra circostanza, se magari l'avesse vista seduta in un locale ci avrebbe provato sicuramente.

Ma non lì, non a Fourcès e non dopo aver scoperto quanto rompiscatole poteva essere.

Sophie Hamon era bella, per carità, ma era anche uno stramaledetto problema costante.




a/n: ed eccoci con un nuovo capitolo di questa storia. Stavolta il POV è di Fabien, che ci permette di conoscere anche la sua stramba nonna e, più che altro, di vedere Sophie attraverso i suoi occhi.

Come sempre mi scuso per eventuali errori lasciati qua e là e vi ringrazio per i commenti e le stelline che stando dando a questa piccolina! Fa sempre piacere leggere i vostri pensieri e vedere l'apprezzamento del mio duro (?) lavoro. Vi ringrazio tantissimo e vi invito a continuare, in modo da farmi sapere cosa ne pensate e anche per permettermi di crescere qui sulla piattaforma.

Con Un posto speciale vi do appuntamento a giovedì prossimo!

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