94. Il momento dei saluti

Era giunto il momento della partenza e tutti gli abitanti di Bre Bile, nessuno escluso, volevano salutare i tre eroi; perciò, mentre Gilbert si preparava ad aprire il portale all'interno della propria abitazione per concentrarsi meglio, i due cavalieri e Merlino, rimasti all'esterno, furono travolti da calorosi abbracci, vigorose strette di mano e innumerevoli frasi di commiato che si accavallavano l'una sull'altra creando una grande confusione. Furono minuti davvero concitati, anche se alcuni maghi, i più riservati, si limitarono a inchinarsi umilmente di fronte a ognuno di loro. Artù, comunque, si trovava a suo agio in ogni caso, anzi gli faceva piacere ricevere queste ultime manifestazioni di affetto e gratitudine; lo stesso valeva per Sir Gillian e Merlino, che continuavano a ricambiare i ringraziamenti per la squisita ospitalità con espressioni sorridenti e rilassate. Con enorme sollievo del principe, Priscilla non aveva tentato di sbirciare dalla porta mentre egli si cambiava, come aveva minacciato di fare: evidentemente era una buontempona e si era divertita a prendersi gioco di lui. La veggente aveva seguito Gilbert in casa sua, pertanto sarebbe stata l'ultima, insieme al vecchio mago, a salutarli. Vista la sua assenza, Artù era tranquillo e stringeva le mani di chiunque glielo chiedesse con cortesia, elargendo ampi sorrisi a destra e a manca; dopo di lui, era il turno di Sir Gillian, in piedi al suo fianco, e infine toccava a Merlino, che stregoni e streghe salutavano con meno formalità per salvare le apparenze davanti ai suoi compagni: dovevano trattarlo al pari di un servitore, sebbene per loro non fosse facile trattenersi dal rendergli un omaggio consono al più grande mago di sempre.

Tra tutti questi saluti, naturalmente ce ne furono alcuni più indimenticabili e toccanti degli altri, per motivi diversi.

Sir Gillian fu colpito soprattutto da Bertha, la strega che gli aveva sottratto e poi restituito la memoria; la donna, timida e minuta, dopo essersi inchinata con grazia davanti ad Artù, si era avvicinata al giovane chinando il capo e mormorando ancora delle scuse per l'incantesimo che gli aveva gettato. Lui l'aveva subito rassicurata: stava bene, la sua testa era a posto - a parte la presenza di un bernoccolo del quale non era certo lei la responsabile - e le era addirittura grato. Infatti, per merito suo, aveva compreso quanto fossero preziosi i suoi ricordi, proprio perché li aveva persi e riconquistati; aveva ricordato le motivazioni che l'avevano spinto a diventare cavaliere e si era reso conto di quanto fosse fortunato ad aver realizzato questo suo sogno. Tali affermazioni fecero veramente piacere a Bertha, che gli augurò con sincerità ogni bene per il futuro, sperando che potesse accumulare tanti nuovi ricordi altrettanto speciali. Sir Gillian le rispose che avrebbe sempre portato nel suo cuore l'esperienza appena vissuta custodendola come una delle più emozionanti della propria vita. La strega chinò di nuovo la testa e, dopo aver ripetuto un'altra volta tale gesto di fronte a Merlino, si allontanò silenziosamente, raggiungendo le persone che li avevano già salutati in precedenza. Il suo congedo fu il più tranquillo e pacato, ma, appunto per la sua dignitosa semplicità, si era distinto in modo particolare.

Al contrario, poco dopo i tre vennero storditi dall'esuberanza di Clarius, che, riprese le forze, sfoggiò tutta la sua verve nel lasso di pochi minuti. Merlino ne aveva già avuto un assaggio e sogghignò nel vedere l'aria confusa di Artù mentre il mago delle illusioni gli stringeva fin troppo energicamente la mano e gli parlava per lo più in una lingua di cui non capiva un accidente. Se non altro, dal tono appassionato e gioviale, le sue parole gli sembravano complimenti e non insulti come quelli gridati dalla folla inferocita nella quale lui e Merlino si erano imbattuti all'inizio di quest'avventura; così, egli continuò a tenere le labbra increspate in un mezzo sorriso.

"Oh, nous voilà, grand Arthur! Meilleurs voeux et rentrez bien! Sono stato enchanté di conoscervi, oui! Je me sens honoré di avervi incontrato in telle occasion! Siete un prince si noble et courageux, si charmant! Tan a vraiment une allure royale!"

"Beh, io..."

"Lo ripeto sempre, la classe n'est pas de l'eau e voi siete la quintessence della vera noblesse! Un heros d'autrefois, vraiment! Merci beaucoup per il vostro aide et bon retour chez vous!"

Artù non riuscì a spiccicare una frase di senso compiuto: Clarius parlava a raffica interrompendo i suoi pallidi tentativi di rispondergli. Pertanto, egli si limitò ad annuire ripetutamente con le sopracciglia aggrottate, osservando con lieve apprensione gli occhi che si muovevano sulla sua veste gialla: a parer suo, era una fantasia a dir poco discutibile, specialmente per un tizio dai capelli rossi, ma tenne tale pensiero per sé, consapevole che una simile originalità bislacca non era una caratteristica insolita in uno stregone. Tirò un sospiro di sollievo quando, finalmente, Clarius si decise a passare a Sir Gillian, al quale toccò lo stesso trattamento. Si comportò solo in maniera meno pomposa e più concisa; d'altronde, per il cavaliere fu cosa gradita sentirsi dire che aveva charme e classe da vendere, di conseguenza quel mago strampalato gli stava abbastanza simpatico.

"E voi, grand Merlinò... Pour finir en beauté... Dovete esser fiero di servire Arthur e chevaliers si audacieux et fidèles!"

Il giovane mago annuì divertito ricambiando la sua stretta; Artù, già impegnato a salutare Thomas, fortunatamente non fece caso all'appellativo e al tono, fin troppo confidenziale ma, al contempo, ossequioso con cui Clarius si era rivolto all'amico.

"Lo sono, Clarius, sono fiero di dare il mio contribuito, nel mio piccolo, ogni giorno. Sono lieto di tornare a Camelot, però mi mancherete tutti... anche voi e i vostri... giochetti..."

Egli gli lanciò uno sguardo ammiccante mentre alludeva sottovoce ai suoi straordinari incantesimi di illusione.

"Merci beaucoup, mon ami, mancherete anche a me... C'était court mais intense! State allegro e osate, toujours! Bon voyage, Merlinò!"

"Merci! Giusto?"

"Ahahah, oui, parfait!"

La penultima a salutarli fu Gherda, che, in barba alle formalità, scherzò con loro assumendo il tono critico ma affettuoso della zia che tira le orecchie ai nipoti prediletti; si rivolse a tutti e tre contemporaneamente, discutendo dell'argomento che, da brava cuoca, le stava più a cuore: il cibo.

"Arrivederci, ragazzi! Spero che, quando racconterete della vostra permanenza qui, sarete così onesti da sottolineare quanto abbiate mangiato bene, anche se non avete toccato cibi impuri né bevuto quel liquido maligno che ruba i pensieri... Anzi, magari non lo berrete nemmeno più, che ne dite? Come potete avere ancora voglia di quella robaccia dopo aver gustato le nostre prelibatezze?"

Artù le assicurò che non avrebbe più pensato che le persone dotate di poteri magici si nutrissero di cose disgustose o ributtanti: Bre Bile era il posto in cui aveva mangiato nella maniera più originale ma anche più gustosa fino ad allora.

"Tuttavia, quanto al vino..."

"Oh, non ditelo! Mi tappo le orecchie, non voglio sentire idiozie!"

"Beh, insomma, quanto a quello non posso promettervi nulla... Credo di parlare anche a nome di Sir Gillian e di Merlino se vi dico che non diventeremo mai vegetariani o astemi, ecco!"

Scorgendo il broncio deluso di Gherda, quest'ultimo intervenne sostenendo il medesimo punto di vista e cercando parimenti di non offenderla.

"Del resto, non potete biasimarci: da noi non ci sono le omniole, che sono un ottimo surrogato della carne o di qualunque altro alimento, e non conosciamo neppure nessuno che sappia realizzare degli elisir divini come quelli che ci avete servito qui."

Pure Sir Gillian annuì e le toccò il braccio in atteggiamento confidenziale, facendo una battuta per rabbonirla.

"Esatto, siamo giovani dopotutto, concedeteci di avere qualche vizietto, suvvia! E poi, Uther diserederebbe Artù se diventasse troppo... strano... diverso, diciamo... Per il nostro re le tradizioni sono sacre: non brindare in determinate occasioni sarebbe un comportamento inconcepibile!"

Gherda alzò gli occhi al cielo, ma il suo cipiglio si era già fatto meno severo.

"Bah, un altro testone retrogrado! Contenti voi... Chi è causa del suo mal pianga se stesso! Cuocerete nel vostro brodo e ognuno vivrà a suo modo..."

Sir Gillian colse la palla al balzo per difendere il suo pensiero.

"Appunto, le tradizioni dei propri paesi vanno rispettate! E lui è il principe, deve dare il buon esempio! Se lanciasse la moda di non mangiare carne o se, peggio ancora, vietasse di bere vino, non sarebbe più popolare e apprezzato; tutti penserebbero che questo viaggio l'ha fatto andare fuori di testa! Senza offesa per nessuno, eh... E poi, tante persone resterebbero senza lavoro, non vorrete mica che intere famiglie soffrano la fame, no?"

La donna tirò un sospiro, però non ribatté ulteriormente; in fondo, venivano da un'epoca passata e da un contesto diverso: insistere sull'argomento sarebbe stato come lottare contro i mulini a vento.

"Sì, sì, ho capito! Finiamola qua. In ogni caso, è stato un onore mettere in funzione il mio grembiule per voi, sono felice che abbiate apprezzato comunque i miei sforzi. Quanto a te, Merlino, ti ringrazio per... sì, l'aiuto che mi hai dato in cucina e per la possibilità di darti qualche consiglio... L'ho trovato molto... divertente."

Per un attimo, Merlino fu preso in contropiede; poi, ricordandosi delle bugie dette ad Artù, si affrettò a stare al gioco, confermando tali parole.

"Oh, grazie a voi, Gherda, è stato bello anche per me! Avete un talento innato e meraviglioso, mi faranno comodi i vostri... ehm, consigli..."

Lei gli strizzò un occhio con complicità e tornò a rivolgersi al nobile.

"Sapete, Artù, il vostro servo è curioso e impara in fretta: un tipo in gamba, sì!"

Merlino fu piacevolmente sorpreso di sentire la risposta del biondo.

"Oh, lo so bene, altrimenti non lo terrei al mio servizio."

"Non credo alle mie orecchie! Dovete essere davvero di buon umore per farmi tutti questi complimenti!"

"Ovvio, stiamo per tornare al castello, no? Non illuderti, là mi assicurerò di farti sgobbare come si deve; per ora, goditi questa notorietà, visto che, a quanto pare, sei riuscito a farti ben volere da tutti quaggiù... Addio, Gherda, grazie per aver sopportato il mio servitore durante la mia assenza. Spero che non vi abbia tartassato di domande, so per esperienza quanto sia esasperante quando si mette a straparlare!"

Merlino si mostrò offeso.

"Ecco, come non detto, dovete sempre criticarmi!"

Gherda si allontanò ridendo e sventolando una mano per lasciare il posto agli ultimi della fila: i gemellini accompagnati dalla loro madre. L'atmosfera scherzosa si dileguò all'istante e gli animi furono pervasi da un sentimento di tenera malinconia: il trio si era affezionato moltissimo a quei bambini così dolci e affettuosi. La loro mamma parlò per prima, esprimendo la sua riconoscenza per come essi avevano scherzato con Romyan e Moryan intrattenendoli. Da lei, i figli non avevano ereditato il colore degli occhi, visto che i suoi erano di colore scuro, ma i capelli castani che le arrivavano poco oltre le spalle erano ricci e folti quanto i loro.

"Principe Artù, Sir Gillian, Merlino... Vi auguriamo anche noi un buon ritorno a casa e vi ringraziamo ancora per il vostro aiuto. Grazie per aver fatto compagnia alle mie piccole pesti, sono la mia gioia e la mia felicità; tuttavia, a volte, so che sono invadenti e curiosi..."

Artù scosse la testa e guardò con affetto i gemellini, che se ne stavano silenti e mogi dietro le gambe materne, come se non volessero salutarli: probabilmente, erano troppo dispiaciuti per la partenza dei loro eroi.

"Sono due bambini adorabili, non si preoccupi, signora... ehm..."

Lei, rendendosi conto soltanto in quel momento di non essersi ancora presentata, si prodigò in un imbarazzato inchino, arrossendo in viso e agitandosi.

"Oh, che stupida! Mi chiamo Elyssa, principe, vogliate scusare la mia maleducazione! E questi sono i miei due figli, Romyan e Moryan... Oh, ma questo lo sapete già, che sciocca!"

"Via via, state su, signora Elyssa, non importa. Vostro marito? Non mi pare di conoscerlo, l'abbiamo già salutato?"

La donna si oscurò leggermente in volto e abbassò lo sguardo, intristendosi.

"Li sto crescendo da sola, principe, un po' con l'aiuto di tutti... È mancato poco dopo la loro nascita, purtroppo. Io spero di essere una buona madre e di non fargli mancare nulla, anche se può non essere facile gestirli..."

Artù assunse un'aria sinceramente mortificata e Merlino gli lanciò un'occhiata di disapprovazione per l'involontaria gaffe: Romyan e Moryan erano già abbastanza tristi e menzionare il padre defunto non era stata una buona idea.

"Oh, mi dispiace molto. Sono così vivaci che... Non pensavo proprio una cosa del genere, non ne avevamo parlato prima. Sicuramente sono molto amati e cari, state facendo un ottimo lavoro: dovete essere fiera di voi e di loro!"

Sir Gillian si abbassò tenendo le mani sulle ginocchia e avvicinandosi ai gemellini, che parevano diventati due statue e seguitavano a guardare per terra senza incrociare gli sguardi dei cavalieri; sembravano disinteressati al dialogo, ma, in realtà, non ne stavano perdendo una sillaba.

"Ehi, bricconcelli, non avete intenzione di salutarci? Per caso il gatto vi ha mangiato la lingua?"

Romyan, incapace di non reagire alla battuta, sollevò gli occhi verdi e gli rispose.

"Noi non abbiamo un gatto, ma ci piacerebbe averlo un giorno, quando saremo abbastanza responsabili da essere capaci di prendercene cura da soli, vero, mamma?"

La donna sorrise.

"Eh sì, l'hai memorizzato proprio bene quello che vi ho detto per convincervi a non assillarmi più! Ve l'ho promesso, presto la nostra famiglia si allargherà."

Anche Artù si avvicinò ai bambini, inginocchiandosi.

"Allora dovete fare i bravi e crescere ancora un po'. Mi raccomando, obbedite alla mamma e ascoltatela sempre; siete fortunati ad averne una così buona e presente, io non ce l'ho e mi manca molto."

Alle sue parole, venate di tristezza, pure Moryan alzò lo sguardo e, dopo un attimo di indecisione e un cenno d'intesa con il fratello, essi mollarono entrambi la veste della madre per abbracciare con forza il principe. Romyan gli parlò con voce rotta dalla commozione: stava facendo del suo meglio per non scoppiare in un pianto dirotto, poiché non voleva dare l'impressione di essere un poppante davanti ai suoi beniamini.

"Mancherete anche a noi, Artù! Ti vogliamo bene, vorrei un papà o un fratello maggiore forte come te o Sir Gillian o Merlino! Siete una forza!"

Artù sorrise e ricambiò l'abbraccio tenendoli stretti stretti.

"Potete considerarmi uno zio, magari! Dai, troveremo il modo di rivederci e mi racconterete del vostro gatto! So che per voi non è opportuno venire a Camelot, ma non siamo poi così distanti, no?"

A eccezione di Sir Gillian, tutti sapevano che le cose non stavano così, ma i due bimbi non poterono far altro che confermare la convinzione del biondo e annuire coraggiosamente trattenendo le lacrime. Con candore fanciullesco, Romyan espresse un suo desiderio.

"Certo, sarebbe bello vedervi re, con la corona e il trono e tutto il resto..."

Anche Moryan, nascondendo il volto nella maglia di Artù, trovò la forza di parlare, sebbene qualche lacrima cominciasse a scendere dai suoi grandi e bellissimi occhi.

"Sarete un re magnifico, il mi- migliore di sempre!"

"Ahahah, siete troppo buoni, spero di non deludervi!"

A malincuore e con la gola serrata da uno strano groppo, Artù si staccò con delicatezza dalle loro braccine e si rialzò, sforzandosi di sorridere allegramente. Quello era senza dubbio il saluto più commovente e anche il più arduo di tutti.

"Arrivederci, allora! State bene e restate uniti! Siete fortunati ad avere l'un l'altro, siete così affiatati! Non litigate e ricordatevi di noi, ogni tanto!"

Loro risposero all'unisono.

"Sempre, vi porteremo sempre nel cuore, Artù! E anche voi, Sir Gillian, siete molto simpatico!"

Detto ciò, abbracciarono pure lui.

"Grazie, piccolini, sono contento di avervi conosciuto!"

"E anche voi, Merlino! Grazie di... della compagnia e di averci fatto ridere! Abbiate cura di voi e non lavorate troppo."

"Beh, questo non dipende da me, purtroppo! Arrivederci, cari!"

Il giovane mago li abbracciò e avvertì un grande calore al centro del petto, come se la sua magia stesse reagendo a quella dei bambini. Durò solo un attimo e nessun altro si accorse di nulla, ma intuì che i loro poteri erano molto forti: erano destinati a diventare pure loro dei grandi stregoni. Fu anche il solo a udire un flebile e soffocato 'ti vogliamo bene, Emrys' da parte di entrambi. Commosso, asciugò le lacrime di Moryan con un dito, strizzò il nasino di Romyan e, dopo essersi rialzato, li restituì con un largo sorriso alla madre, che ringraziò per l'ultima volta e li condusse dal resto degli abitanti di Bre Bile.

"Bene, Artù, ora che abbiamo finito qui, possiamo raggiungere Gilbert; chissà se è pronto."

Il biondo, però, si mostrò titubante e si guardò attorno come per cercare una persona mancante all'appello, mentre un campanello di allarme suonava nella mente di Merlino e nei maghi che si erano accorti del suo atteggiamento.

"Manca ancora qualcuno, no?"

Il moro cercò di sembrare sorpreso, anche se temeva di sapere a chi egli si stesse riferendo.

"Ah, sì?"

"Ma sì, quella ragazza..."

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