92. Note d'incanto

Si guardarono per un attimo con una punta di imbarazzo, soprattutto Artù, perché si sentiva al centro dell'attenzione generale: avrebbe preferito che il loro incontro si svolgesse faccia a faccia, senza così tanti testimoni. Questi ultimi, comunque, erano silenziosi e immobili, tutti volgevano le proprie teste ora verso l'uno, ora verso l'altro a ogni battuta. Dopo un attimo di esitazione, il nobile decise di comportarsi in modo spontaneo mettendo da parte l'etichetta e qualsiasi considerazione della gerarchia sociale, come se in quel momento ci fossero solo lui e quel giovane moro e mingherlino che sapeva sempre come consigliarlo, bacchettarlo o reagire ai suoi capricci e alle sue lagnanze in maniera scaltra e affettuosa: di fronte a lui c'era Merlino, il suo amico più caro, e, in un certo senso, si sentiva già tornato a casa senza aver ancora messo piede nel suo castello. Artù non poté fare a meno di abbracciarlo come quando si erano separati; era felice - così stupidamente, inequivocabilmente felice - di essere di nuovo insieme al suo compagno d'avventure preferito.

"Beh, spero che tu ti sia comportato bene in mia assenza!"

Era un tentativo laconico e neutrale di continuare la conversazione, al quale il moro rispose con fin troppo entusiasmo sfoggiando la sua consueta parlantina.

"Sicuro, ne dubitate?! Come avrete intuito, non potevamo stare all'aperto perché il temporale è arrivato anche qui! Un vento... Quant'acqua è venuta giù! Comunque, Gherda è stata così gentile da svelarmi alcuni dei suoi trucchetti in cucina e, mentre voi eravate impegnato a salvare il mondo, io escogitavo delle nuove idee per la vostra colazione, prendendo spunto!"

"Uhm, dunque hai preso spunti per i miei spuntini, questa è bella... Vedremo cosa escogiterai, sono proprio curioso! Insomma, non ti sei mosso di qui, giusto?"

Merlino annuì solennemente, alzando la mano destra in segno di giuramento; in cuor suo, però, temeva che tale domanda e soprattutto il tono diffidente con cui essa era stata pronunciata nascondessero l'intenzione di fargli sputare il rospo: capitava che Artù avesse delle buone intuizioni e, al pari di ogni cacciatore che si rispetti, una volta fiutata una traccia, non mollava facilmente la preda.

"Ovvio, mica potevo seguirvi di nascosto! Vi sarei stato solo d'intralcio, io!"

Il biondo arricciò le labbra con espressione pensierosa, mettendo in allarme il giovane mago.

"Uhm... Eppure, proprio in un attimo in cui me la sono vista brutta... È strano e non ci avevo più pensato fino a ora, ma sono sicuro di aver sentito la tua voce lassù."

Merlino imprecò tra sé e sé: sarebbe stato troppo facile se Artù si fosse dimenticato di quel momento in cui, reso invisibile dall'incantesimo di Clarius, egli non era riuscito a trattenersi dal lanciargli un avvertimento durante la lotta con i Menearth. E adesso? Cercò di stare tranquillo, nonostante il suo interlocutore avesse tutta l'aria di volerlo sottoporre a un terzo grado.

"Che? Ma no, dovete aver sognato... Vi pare che io mi sarei avvicinato a quei cosi pericolosi e aggressivi? Mi avrebbero fatto a pezzettini! Brrr, no, no, e poi me l'avevate proibito! Evidentemente la mia voce vi perseguita, ve la immaginate pure nella vostra testa, ahahah! Non so se essere preoccupato o lusingato!"

Artù lo fissò con aria poco convinta, finché, per fortuna, Sir Gillian, rimasto fino ad allora in silenzio, intervenne a favore del moro; dentro di sé, Merlino lo ringraziò e si dispiacque per averlo ignorato e non averlo nemmeno salutato.

"Oh, con tutto quello che è successo me ne sono scordato! Anche a me era sembrato di sentire la voce di Merlino, ma Gilbert mi ha spiegato che era solo uno stratagemma magico, faceva parte degli incantesimi di difesa... Com'è che si chiamava, Gilbert?"

Quest'ultimo, tirato in causa, mentì di nuovo in modo tanto convincente riguardo al funzionamento della magia dell'avvertimento vocale che pure Merlino ci avrebbe creduto, se non avesse saputo la verità: era sorprendente quanto egli riuscisse a sembrare credibile riguardo a un incantesimo a dir poco improbabile e il giovane mago si chiese se il proprio atteggiamento fosse mai risultato altrettanto sincero e naturale. Probabilmente no, anche Gaius intuiva subito quando gli stava nascondendo qualcosa: avrebbe dovuto imparare dall'atteggiamento calmo e sicuro di sé del capo di Bre Bile se voleva continuare a stare al fianco di Artù. In realtà, Gilbert era tutto fuorché tranquillo: visto che non ne aveva più fatto parola, si era ormai convinto che Artù si fosse dimenticato di tale circostanza e non gli aveva fornito spontaneamente alcuna spiegazione, anche perché, mentre percorrevano il passaggio riducente, aveva avuto ben altro da pensare. Era stato colto di sorpresa dalla domanda di Sir Gillian, tuttavia si ricordava bene la falsa spiegazione inventata di sana pianta in precedenza; si limitò dunque a ripeterla arricchendola con ulteriori giri di parole inutili e oscuri per confondere il principe. Stavolta, almeno, aveva il vantaggio di non essere solo: dopo di lui, Gherda - che assicurò di non aver mai "perso di vista il suo apprendista" - e altri maghi presero la parola per affermare che Merlino non si era mai mosso da Bre Bile e aveva atteso il suo ritorno assieme a tutti loro.
Alla fine, Artù sembrò convincersi; però, per fugare ogni dubbio, decise di interpellare dei testimoni degni della sua fiducia che erano vicini a lui ad ascoltare i discorsi dei più grandi scambiandosi dei sorrisetti tra di loro: disgraziatamente, egli aveva notato il loro atteggiamento complice e si era insospettito.

"Beh, se anche Romyan e Moryan dicono così, allora ci crederò definitivamente. Mi dispiace dubitare della testimonianza di tutti voi, che siete stati così gentili, ma sapete com'è... Quel grido mi sembrava talmente reale! Inoltre, ho avuto proprio la sensazione che lui fosse lì da qualche parte! Siete assolutamente sicuri, bambini, che Merlino sia rimasto qui per tutto il tempo? Avete qualcosa di divertente da riferirmi in proposito? Forse, possiamo ridere insieme..."

Nel silenzio generale - si sarebbe potuto udire cadere persino uno spillo a terra, visto che tutti stavano trattenendo il fiato -, Romyan assunse l'espressione più seria possibile data la circostanza e annuì, dando poi una gomitata energica al fratellino, che era istantaneamente sbiancato in volto; sapevano di dover mentire al meglio, soprattutto perché il grande Merlino li stava guardando e contava sul loro aiuto: non volevano certo essere loro a metterlo nei guai!

"Sì, Artù, il vostro servo è rimasto qui nella casa di Gherda mentre c'era la tempesta. Abbiamo giusto scambiato qualche parola dopo, quando è uscito per... ehm... raccogliere un'omniola, Gherda gli ha mostrato come fare. È simpatico, ma non è coraggioso come voi, ovviamente.... Soltanto voi avevate abbastanza fegato per salire fin lassù e combattere quei cattivoni, no? E poi non potevamo assolutamente metterlo in pericolo, era nostro dovere ospitarlo e proteggerlo intanto che voi combattevate! Stavamo parlando di una sciocchezza, una cosa nostra e ci è venuto da ridere, scusateci... Su, diglielo anche tu, Moryan!"

Quest'ultimo annuì, senza però riuscire a guardare negli occhi il principe; si limitò a fare un cenno con la testa dopo aver dato un'occhiata di sfuggita a Merlino, che lo fissava intensamente riponendo ogni speranza in loro, e prese a guardarsi i piedi con l'aria di voler scomparire seduta stante. Gilbert, allora, cercò di correre ai ripari, confidando nella vanità di Artù e invitandolo a narrare la sua impresa per distrarlo. Certo, avrebbero sempre potuto fare in modo che egli lasciasse perdere la questione tramite un incantesimo, ma preferiva non ricorrere alla magia per così poco. Inoltre, in preda all'agitazione, Moryan avrebbe anche potuto servirsi involontariamente dei propri poteri per confondere il principe e Gilbert sapeva che, se ciò fosse accaduto, il bimbo si sarebbe poi sentito in colpa per averlo attaccato.

"Visto, Artù?! La voce dell'innocenza ha confermato le nostre parole, spero che vi basti! Perché, adesso, insieme a Sir Gillian naturalmente, non ci date un resoconto dettagliato della vostra gloriosa battaglia? Sono sicuro che tutti qui muoiono dalla voglia di sentire dalle vostre labbra - e non dalle mie - come avete fatto a sconfiggere i Menearth!"

Ma Artù non ci cascò; Romyan aveva parlato in modo fin troppo appassionato e frettoloso e c'era ancora qualcosa che non gli tornava in tutta quanta la faccenda: testardo com'era, non aveva intenzione di lasciar perdere. Aggrottò la fronte e aprì la bocca per interrogare direttamente Moryan; non voleva spaventarlo o metterlo in soggezione, ma desiderava sentire anche la sua risposta e, se fosse stato necessario, avrebbe assunto un tono autoritario, sebbene gli dispiacesse ricorrere alla severità con un bambino così timido e sensibile. Forse stava esagerando, non sapeva neppure lui perché stesse insistendo tanto: rischiava di essere considerato paranoico! Tuttavia, proprio in quel momento, fu distratto da un suono in lontananza e tacque per ascoltarlo.

In breve tempo, quel suono si fece più distinto e chiaro, attirando l'attenzione generale: una leggera brezza aveva cominciato a soffiare all'improvviso, recando con sé una musica avvolgente e soave. Nessuno osò più pronunciare nemmeno una sillaba, nessuno osò disturbare quel richiamo misterioso che invitava all'ascolto arrivando dritto al cuore.
Merlino si guardò attorno spaesato, senza capire subito da dove esso provenisse: non poteva essere una voce umana a emettere delle note così cristalline e sottili. Notando che Gilbert e gli altri abitanti del villaggio erano perfettamente tranquilli, come se sapessero benissimo di cosa si trattasse, egli non si allarmò e seguitò ad ascoltare la piacevole melodia colto da un sentimento estatico. Ad un tratto, capì perché quel canto armonioso gli sembrava familiare: doveva trattarsi ancora del Blusignolo, anche se stava cantando in modo diverso rispetto a quando aveva accolto il suo arrivo nel bosco. Non era altrettanto gioioso, era un canto più solenne e struggente, che arrivava allo spirito, così intenso e così dolce che Merlino si sentì avvolgere da una sensazione ovattata di mistica serenità. C'era molta malinconia, ma anche estrosa libertà nella maniera in cui l'uccellino passava con superba maestria da una nota all'altra, dando vita a un inno che colmava di speranza verso il futuro i cuori degli ascoltatori. Il giovane mago chiuse gli occhi, come se non potesse fare a meno di udire quel canto meraviglioso con le palpebre chiuse, per godere appieno delle emozioni che trasmetteva; era un momento magico e indescrivibile a parole, un'altra esperienza indimenticabile da aggiungere a quelle già vissute in quel viaggio nel tempo. Solo in seguito, quando la melodia, affievolitasi a poco a poco, cessò ed egli riaprì gli occhi provando una sensazione di piacevole stordimento, si rese conto di non essere stato l'unico a isolarsi dalla realtà privandosi momentaneamente della vista: non era stato l'unico a sentirsi trasportato, come d'incanto, in un luogo al confine tra veglia e sonno, non era stato l'unico a perdere ogni cognizione del tempo e a rilassarsi dimenticando in un istante la tensione accumulata per le domande di Artù. Capì che doveva essere accaduto lo stesso a quest'ultimo e pure a tutti gli altri presenti, nessuno escluso, a giudicare dalle loro espressioni assorte, distese e beate.
Solamente quando, per caso, si girò e, lontana dalla folla, vide Priscilla sulla soglia della casa di Gilbert, comprese cosa fosse successo: lo intuì scorgendo una lacrima che le scivolava lungo la guancia rugosa. Tutti, lei compresa, incantati dal canto del Blusignolo, avevano chiuso gli occhi e quindi nessuno aveva visto la figura di Lucynda mentre si dirigeva verso la cascata per uscire definitivamente da Bre Bile attraverso il passaggio segreto, come voleva la tradizione. Del resto, Gilbert l'aveva avvisato: nessuno doveva vederla passare per il villaggio, ma Merlino non avrebbe mai pensato a uno stratagemma così semplice e al tempo stesso efficace. Di fronte ad Artù e a Sir Gillian nessuno poteva dire niente a riguardo, ma i maghi sapevano che la Vertelch che era stata sostituita se n'era andata per sempre. L'espressione affranta dipinta sul volto della veggente non lasciava dubbi: il solenne rito si era concluso in ogni sua fase e, finalmente, l'era della nuova Vertelch poteva dirsi davvero avviata. Merlino era convinto che Lynn si sarebbe dimostrata all'altezza del ruolo affidatole e pregò un'ultima volta per la felicità di Lucynda, prima di rivolgersi a uno stordito Artù chiedendogli notizie della sua avventura; il Blusignolo aveva avuto un forte impatto su di lui e, intervenendo proprio al momento giusto, aveva fatto sì che lasciasse perdere il suo interrogatorio per la gioia di Merlino, che la scampò per l'ennesima volta, e del piccolo Moryan, che fu dunque dispensato dal rispondere con suo enorme sollievo. Il piccolo si era agitato talmente tanto che, se Artù avesse insistito a interrogarlo, probabilmente avrebbe rivelato i suoi poteri senza volerlo, proprio come aveva previsto Gilbert: non aveva ancora imparato a dominarli del tutto e gli sarebbe dispiaciuto ipnotizzare il principe con i suoi occhi provocandogli uno stato di confusione mentale. I due gemelli, infatti, erano dotati entrambi di poteri ipnotici, anche se, data la giovane età, non erano in grado di servirsene in modo volontario e consapevole. Romyan aveva il potere dell'Occhio Bianco, attraverso cui poteva ingannare le persone facendo in modo che vedessero realizzate le cose che più desideravano, illudendole; Moryan, invece, possedeva il potere dell'Occhio Nero, con cui poteva gettare le sue vittime nella disperazione e paralizzarle portandole a credere che i loro peggiori incubi si stessero concretizzando davanti a loro. Due poteri immani per due bambini che, oltre a ciò, essendo gemelli, potevano anche comunicare a distanza e percepire le loro reciproche emozioni ancor meglio di Priscilla e Lucynda. Nessuno dei due, però, ci teneva a rivelare ad Artù le loro capacità, perché non volevano essere temuti da lui; desideravano essere ricordati come due bambini normali ai quali egli aveva sorriso con gentilezza e affetto. Erano già abbastanza grandi per capire perfettamente come dovesse sentirsi Merlino all'idea che Artù, un giorno, scoperta la verità, potesse temerlo, odiarlo o persino ripudiare tutto quel che avevano vissuto insieme. Il principe non era ancora pronto ad apprenderla, ma un giorno, di sicuro, lo sarebbe stato, avrebbe capito e l'avrebbe accettata ringraziandolo.

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