8. Pane e fuga

Una folla di persone esasperate che parevano fuori di sé era entrata all'interno di una bottega che vendeva pane. Artù e Merlino, dopo una corsa in direzione del tumulto, riuscirono a vedere, rimanendo in disparte, che molte di esse stavano continuamente entrando e uscendo dopo aver rotto l'entrata e le vetrate, portando via (chi nelle mani, chi in ceste, chi nelle gonne sollevate) del pane e della farina. Si sentivano ovunque grida, alcuni erano persino armati di bastoni e il tono non sembrava affatto pacifico, anzi era parecchio preoccupante: sembrava che stesse scoppiando una vera e propria rivolta da parte di quelle persone affamate. I due amici, esterrefatti, osservavano la scena con preoccupazione.

"Accidenti, ma dove siamo capitati? Che succede qua?"

"Beh, se i miei occhi non m'ingannano, hanno deciso di saccheggiare la bottega del fornaio."

"Dovremmo allontanarci da qui, Artù: potrebbe essere pericoloso."

"Sì, è meglio andare, del resto non ci riguarda, non è Camelot questa, non posso certo ordinare nulla a questa gente, né posso sfamarla, purtroppo."

"Già, purtroppo no, se fossimo a Camelot potreste intervenire: queste persone sembrano davvero provate e affamate, non dev'essere facile vivere qui; se voi foste il principe anche qui, non credo che saremmo arrivati a questa situazione, fareste di tutto per risolverla prima che..."

"Scusa, avete detto che quello è principe?"

Un giovane, vestito meglio della maggior parte delle persone che i due avevano visto finora e rimasto come loro in disparte rispetto alla folla, si era avvicinato a Merlino e Artù, ascoltando parte della loro conversazione. Artù e Merlino rimasero stupiti: aveva capito ciò che loro avevano detto, e pure loro avevano compreso la sua domanda, anche se il suo accento era diverso dal loro e parlava un po' lentamente, come se dovesse riflettere sulle parole da usare. La sua espressione era un po' strana e sospettosa; portava in mano un taccuino consunto e sembrava stesse annotando qualcosa.

"Sì, sì, lui è un principe, finalmente qualcuno che ci capisce, come mai parli la nostra lingua?"

"Io sono studente, scrivo su giornali e faccio traduzioni da diverse lingue; studio lingue antiche, anche latino e lingue anglosassoni medievali, anche se il vostro accento mi sembra un po'... molto antiquato ecco, comprendo vostre parole."

"Ah, ora capisco. Puoi spiegarci meglio che succede? Perché queste persone non hanno da mangiare?"

L'espressione del giovane si fece dura e il suo tono divenne violento: agitò il taccuino in aria guardandoli con ostilità.

"Perché, eh? Ma guarda un po', un principe! Proprio per colpa di gente come voi! Un altro di voi ecco!"

Artù e Merlino capirono che forse si sarebbe messa male per loro e indietreggiarono rispetto al giovane, sussurrando tra loro.

"Ehm, forse avrei fatto meglio a dire che non eravate affatto un principe. La nobiltà non sembra essere molto apprezzata."

"Già, credo anch'io... La tua linguaccia un giorno ci metterà in guai seri, Merlino."

Intanto il giovane aveva gridato qualcosa alla folla inferocita, ma i due non avevano capito cosa, anche se avevano un brutto sospetto. Infatti, egli aveva appena urlato che l'uomo che stava indicando era un principe, uno sporco nobile, venuto a spiarli o forse ad arrestarli. Alcuni uomini lo sentirono e cominciarono ad urlare pure loro, dimenticandosi completamente del pane e cominciando ad avanzare in modo minaccioso verso Artù e Merlino.

"Artù!"

Merlino fissò per un attimo i tipi che si avvicinavano, con aria visibilmente spaventata.

"Direi che tentare di parlare non servirebbe a nulla."

"Già, per una volta sono d'accordo con te, Merlino. Stai pensando quello che penso io?"

"Credo di sì. Scappiamo!"

I due cominciarono a correre, mentre parte della folla li inseguiva; tornarono indietro e oltrepassarono il vicolo in cui erano stati trasportati dal portale. Correvano velocemente, ma non conoscevano le vie che attraversavano, perciò andavano a caso, mentre la folla era sempre alle loro calcagna e urlava sempre più minacciosa. Merlino, senza che Artù, davanti a lui di poco, se ne accorgesse, si girò più volte per tentare di rallentare e distrarre gli inseguitori grazie a degli incantesimi: fece cadere delle lenzuola stese ad asciugare addosso a due individui corpulenti e alquanto tozzi, che rimasero a terra lottando in modo maldestro per liberarsi, facendo inciampare altri inseguitori. Poi spostò un paio di barili in mezzo al percorso, rallentando la corsa di diverse persone, tuttavia ciò non bastò: si avvicinavano sempre di più. Col fiatone per la lunga corsa, Artù incitò il suo servo, che era rimasto un po' indietro.

"Merlino, muoviti!"

"Sì."

Merlino non aveva più fiato per parlare.

"Di qua, andiamo."

Si infilarono in un vicolo, lasciando la strada principale.

"Oh, no!"

Merlino si spaventò per l'esclamazione di Artù, poi capì: vide davanti a lui che non si poteva proseguire né nascondersi, erano entrati in un vicolo cieco e c'era solo un muro di fronte a loro, molto alto, impossibile da scavalcare; erano in trappola e la folla li avrebbe presto raggiunti. Il giovane mago capì che non c'erano alternative: avrebbe dovuto usare la magia di fronte ad Artù per riuscire a scappare.

"Artù, mi dispiace."

"Ti dispiace? Beh, non è colpa tua, anzi ti ho portato io qui dentro, accidenti... Ma credo che se la prenderanno soprattutto con me, dato che sanno che il principe sono io, perciò tu cerca di scappare! Non pensare a me, corri via e basta, appena riesci!"

"Mi dispiace, Artù, ma non posso farlo."

Il tono serio di Merlino sorprese Artù, che, dopo un attimo di perplessità, gli rivolse un lieve sorriso di gratitudine. E poi successe tutto in fretta, talmente in fretta che i due quasi non capirono che cosa stesse accadendo; Merlino aveva già alzato il braccio, pronto a scagliare un potente incantesimo contro la folla che stava per girare l'angolo ed entrare nel vicolo, rassegnato ormai a rivelare i suoi poteri a un ignaro Artù, che si aspettava di essere catturato e fissava rassegnato il muro. Ma l'urlo sorpreso del principe interruppe Merlino proprio un attimo prima che scagliasse la sua magia.

"Ma cosa?!"

Merlino restò a bocca aperta, non credeva ai suoi occhi: nel muro era comparsa una luce bianca, come se si fosse dissolto al centro. Infatti, era comparso un portale e da esso sporgeva il volto di una giovane ragazza, che aveva proteso un braccio verso Artù.

"Svelti, stanno arrivando, non c'è più tempo! Venite, prendetevi per mano e afferrate la mia!"

Non ebbero tempo per pensare e fecero ciò che la ragazza aveva detto: Artù prese per mano Merlino e poi afferrò la mano della ragazza, che li tirò verso di sé. Il portale si richiuse, proprio mentre gli inseguitori entravano nel vicolo, rimanendo alquanto perplessi del fatto che quel maledetto principe sembrasse sparito nel nulla. Ma in quel giorno di luglio Parigi aveva ben altri fatti di cui discutere e ben altri problemi da affrontare: nessuno si preoccupò più di tanto della misteriosa sparizione di un principe straniero e del suo servo, che alla fine non vennero citati neppure di striscio dallo studente nel suo giornale.

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