78. Attimi di tensione
Priscilla balzò dalla sedia nel vedere Virna in persona entrare all'improvviso dall'ingresso e avanzare verso il tavolo. Tutti si alzarono rispettosamente, molto sorpresi del fatto che la donna fosse uscita dalla propria abitazione: era un evento che non accadeva di frequente, se non quando si recava a cercare erbe medicinali nei dintorni; in tali occasioni, spesso veniva cortesemente scortata da Harden, che la intratteneva parlando senza sosta fino a che lei, esasperata dai suoi sproloqui, non gli faceva cenno di tacere. Altre volte, invece, usciva da sola per stare all'aria aperta, sentendo che era un giorno favorevole a qualche previsione importante: possibile che ora si trovasse lì proprio per questo motivo? O voleva semplicemente salutare Priscilla dandole un ultimo consiglio?
Il capo di Fair Stone Bourgh fu il primo a riprendersi dalla sorpresa e, rivolgendole un buffo inchino in atteggiamento cavalleresco, la invitò a sedersi al proprio posto, visto che erano al completo.
"Quale onore, venerabile Virna! Se vuole favorire, è avanzato ancora qualcosa... Penso..."
Gremilda, la quale, per un attimo, aveva creduto di trovarsi in un sogno - la veggente che entrava nella sua umile dimora era un'immagine che mai avrebbe sperato di vedere con i propri occhi -, annuì con foga, stropicciandosi le mani e ansiosa di fare bella figura come padrona di casa.
"Certo, metterò su altra acqua e preparerò al vo..."
"Non ce n'è bisogno, ho già mangiato a sufficienza, grazie. State pure comoda."
Al suo ordine, che non ammetteva repliche, Gremilda si rimise subito a sedere, mentre Harden e gli altri rimasero in piedi.
"Come preferite, allora. Sempre mattiniera, eh? Non vi avrà disturbato troppo mio figlio, spero..."
"Macché, non l'ho visto, ho solo udito la sua voce terribilmente squillante. Ho il sospetto che da me non sia voluto passare, ormai avrà avvisato l'intero villaggio bussando alle porte di ciascuno; sarebbe impossibile non sentire la confusione che stanno facendo tutti quanti. Mi avrà dimenticato di proposito, per evitare di vedere la mia faccia, immagino..."
"Oh, ma certo che no! Sicuramente non avrà osato disturbarvi, venerabile Virna! Tutto qui... Mio figlio non si sognerebbe mai di mancarvi di rispetto, vi pare? E nessuno potrebbe dimenticar..."
"Oh, non importa, non perdiamo tempo in vaniloqui! Comunque sia, una visione si è affacciata alla mia recettiva e costantemente vigile mente, stanotte, riguardo a quest'improvvisa partenza dei nostri ragguardevoli ospiti, pertanto mi sono sentita in dovere di presentarmi qui. Non potevo certo fare a meno di venire a salutare la mia brillante allieva. O dovrei dire la mia pupilla, dunque? Sempre che a lei non dispiaccia quest'affettuosa definizione..."
"Ma certo, avete fatto benissimo, già già. Come avete detto voi, sono molto ragguardanti, ecco... Dobbiamo salutarli per bene, è più che giusto ed educato, già già, è quel che dico anch'io... Mi sono permesso di chiamarla così la nostra giovane amica, ma spero di non aver offeso nessuno, ecco... A volte, la mia linguaccia parla senza pensare... Cioè, senza che io penso... Parla da sola, ecco, scollegata..."
Venendo in soccorso dell'amico, che sembrava imbarazzato dal suo stesso discorso, Leowulf spronò Priscilla a dire qualcosa; quest'ultima, nel frattempo, pareva aver perso l'uso della parola ed era rigida come una statua. Non si sarebbe mai aspettata di vedere la sua maestra in quel contesto e di doversi congedare da lei davanti a tante persone: avrebbe preferito andare lei stessa a casa sua dopo colazione e salutarla brevemente a quattr'occhi, in una situazione più intima e meno grottesca. Sentiva che tirava una brutta aria e che le cose si erano fatte ulteriormente problematiche; anche se gli altri, a parte Lucynda, non nutrivano alcun sospetto o timore, lei era convinta che Virna sapesse molto, anzi troppo: conoscendo la sua inclinazione a dare spettacolo, temeva qualche suo colpo basso, una rivelazione o delle allusioni che potessero far soffrire la gemella o metterla nei pasticci più di quanto non fosse già.
"È un grande onore che voi vi siate presa un tale disturbo per noi, non è vero, figlia mia?"
Lei annuì allibita e guardinga, fissando Virna senza fiatare; in preda a un cattivo presentimento, mise ogni suo senso in allerta, mentre Leowulf, ignaro dei suoi pensieri, seguitava a parlare.
"Beh, non so come ringraziarvi di quello che avete fatto per lei. Come padre, io sento di dovervi esprimere la mia infinita ricono..."
Virna alzò una mano e assunse un'espressione di solenne autorità che zittì l'uomo all'istante.
"Non ce n'è bisogno. Siamo poche ormai, noi veggenti; abbiamo il dovere di aiutarci l'una con l'altra, affinché nelle giovani generazioni la nostra millenaria Arte possa continuare a scorrere fertile e feconda, arrecando luce nelle tenebre imperscrutabili del Fato."
Detto ciò, posò lo sguardo su Lucynda e lei, sentendosi trafiggere dai suoi penetranti occhi grigi, a cui sembrava non sfuggisse nulla, si sentì tremare, scossa dalla certezza che quella donna sapesse ogni cosa di lei e Daven. Provò un senso di vergogna, pur essendo consapevole che non aveva fatto niente di male e che non aveva motivo di arrossire; pregò fra sé che alla veggente non venisse voglia di esprimere alcun giudizio, velato o meno, riguardo ai suoi sentimenti. Sbiancò in viso non appena Virna iniziò a parlare con voce profonda e severa.
"Mi auguro che quello che è stato seminato dia buoni frutti e che il bocciolo del fiore che viene sacrificato oggi sia foriero di salvezza per tutti noi domani. Pentirsi delle decisioni prese è doloroso, ma lo è ancora di più se esse si rivelano errate. Sovente, ci ritroviamo succubi di errori che si vorrebbero dimenticare e che si pagano cari; quel che conta è mantenere un'anima candida e pura, non trasformarsi da vittima a carnefici. Soprattutto se da noi dipende il destino di tante persone."
Leowulf e Harden si scambiarono un'occhiata colma di perplessità: la prima parte del suo discorso poteva riferirsi a Priscilla e ai suoi progressi, ma tutto il resto era piuttosto fuori luogo. Harden, in particolare, si grattò la testa confuso, dando subito una sua erronea interpretazione.
"Pentirsi, dite? Forse che oggi non è un buon giorno per partire? Se è così, obbligherò Leo a rimanere ancora!"
A tale eventualità, Lucynda rabbrividì, mentre Virna, dopo aver scosso la testa in segno di diniego, continuava a fissarla come se si aspettasse che lei dicesse o facesse qualcosa. Ma cosa? Priscilla percepì la sua agitazione e le afferrò una mano, stringendogliela con forza; poi, guardò Virna con atteggiamento di sfida, come una madre che difende il proprio cucciolo dalla minaccia di un predatore affamato e cerca di metterlo in guardia mentre essi si studiano a vicenda da lontano. L'atmosfera si fece sempre più gelida, la tensione crebbe fino al punto che a Lucynda cominciarono a tremare le gambe. Pareva che tra loro tre si stesse svolgendo un dialogo muto; gli altri presenti erano sempre più allarmati dal loro comportamento e si chiedevano con meraviglia cosa stesse succedendo, però non osavano fiatare. Quando Lucynda, che non ce la faceva più a sopportare quella situazione bizzarra ed estenuante, aprì la bocca per parlare, anche se non aveva la minima idea di che cosa avrebbe detto, l'alta sagoma di Daven, beatamente ignaro di tutto, fece il suo ingresso dalla porta, rimanendo sulla soglia.
Al primo colpo d'occhio, egli rimase stupito dal grave silenzio e dall'immobilità dei presenti. Dopo l'attimo di sconcerto iniziale, percependo la tensione che si era creata, intuì che Virna dovesse aver detto qualcosa di oscuro, probabilmente rivolto a Lucynda; il fatto che la gemella la stesse tenendo per mano, in atteggiamento iperprotettivo e con uno sguardo talmente minaccioso che avrebbe fatto indietreggiare persino uomini ben più robusti di lui, confermò la sua supposizione. Gettò ad entrambe un sorriso luminoso, invidiando, dentro di sé, il sostegno morale che la ragazza che amava avrebbe sempre avuto. Egli, invece, era solo: aveva deciso di tenersi tutto dentro e di non rivelare a nessuno di essersi innamorato di quella dolce fanciulla dagli occhi viola più brillanti di un'ametista e dai lunghi capelli, scuri come l'onice. A nessuno eccetto lei, ovviamente; forse non era stato saggio, ma in fondo non se n'era pentito: almeno non avrebbe avuto rimpianti in quel senso.
Non appena lo vide, il cuore di Lucynda perse un battito, poi si placò, riprendendo il suo ritmo consueto. La ragazza si sentì subito meglio, come se il suo arrivo avesse risucchiato ogni sua paura, come se la sua presenza le avesse dato forza e coraggio: sì, stava facendo la cosa giusta ad andarsene e a tacere, per lui. Si convinse del fatto che Virna non avrebbe detto mai nulla apertamente e che nessun altro avrebbe saputo ciò che, al momento, sapevano in quattro: quattro persone che, in quel momento, si trovavano tutte nella stessa stanza. D'un tratto, Daven batté le mani per dissipare la tensione che si era creata.
"Beh, che avete tutti? Brrr, che facce da funerale, è morto qualcuno? Certo, le partenze rendono malinconici, ma qui dentro quasi non si respira! Siamo un po' troppi per questa stanzetta, non trovate?"
Finalmente, Virna distolse gli occhi dalle gemelle e li puntò su di lui, assumendo un'austera aria di rimprovero e scuotendo appena la testa. Tuttavia, le sue labbra sottili rimasero sigillate, non pronunciò più alcuna parola né diede alcuna spiegazione per ciò che aveva detto; semplicemente lo oltrepassò, sfilandogli accanto con l'espressione di chi la sa lunga e uscendo poi dalla porta con incedere fluido ed elegante, senza fare il minimo rumore: un'uscita di scena solenne, misteriosa e degna di una veggente.
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