71. Sentimenti reciproci
Daven rispose alla sua domanda dandole una serie di informazioni più che esaurienti.
"Noi li chiamiamo Liath Clachean, che significa pietre blu. Beh, una volta fuori dall'acqua, il loro nome perde del tutto significato, non è vero? In realtà, non hanno alcun potenziale magico, mi spiace deluderti se ti aspettavi che avessero chissà quali straordinari poteri. Possiedono esclusivamente l'incredibile e incomprensibile capacità di brillare immerse nelle acque di questo tratto del Bluemön; si potrebbe dire che la loro magia consista proprio in questo fenomeno. Non conosciamo nemmeno la loro origine, comunque devono trovarsi qui da tempo memorabile, antiche quanto le montagne. Esistono varie leggende riguardo ad esse, che ci tramandiamo di generazione in generazione; la più nota narra che siano tutte frammenti di una misteriosa meteora blu venuta dal cielo, la quale, attraversata la volta celeste, dopo essere entrata nell'aria attorno alla terra, si incendiò, perdendo ogni traccia del suo intenso colore brillante. A quel punto, essa si frantumò in centinaia e centinaia di parti, ma, stranamente, i suoi frammenti non finirono dispersi qua e là per il mondo: attratti l'uno verso l'altro da un potente flusso di energia, connessi da una forza invisibile, caddero tutti in questa zona, in queste acque. Pertanto, anche se non sono più uniti tra loro a formare un unico masso, essi sono vicini e, con il loro scintillio continuo, sembrano comunicare tra loro a distanza, conservando in tal modo la bellezza del colore originario. Come tante piccole stelle appartenenti allo stesso cielo, fanno a gara per vedere chi si avvicina di più alla tonalità della pietra madre, tuttavia la loro luce non sopravvive all'esterno del fiume. Vedi, proprio riguardo al Bluemön, si dice anche che, un tempo, la luna si sia immersa in esso per purificarsi dall'invidia che nutriva nei confronti del sole, tornando così a essere bianca dopo un periodo in cui era divenuta nera e non si distingueva più dall'oscurità del cielo. Dunque, sarebbe per questo motivo che le sue acque possiedono qualcosa di magico, ma, a dire il vero, non si sa se ciò accadde prima della caduta delle Liath Clachean e ci sono opinioni discordanti a proposito. Comunque, questa è un'altra lunga storia e non è il caso di stare qui a parlarne ora; io ti ho solo fatto un riassunto sommario per non annoiarti con i nostri racconti tradizionali. Forse, sei troppo cresciuta per delle vecchie favole."
Lucynda scosse forte la testa: era rimasta affascinata dal racconto e avrebbe voluto saperne di più, soprattutto perché non si sarebbe mai stancata di sentire la voce di Daven.
"No, affatto! Mi piacciono molto, non mi annoiano mai. Io e mia sorella siamo cresciute ascoltando le storie di nostra madre e, ancora oggi, è un piacere ricordarle insieme! Io, però, sono più brava ad ascoltare che a narrare; mia madre sì che è una narratrice eccezionale e anche tu... Non te la cavi male, direi!"
"Oh, ti ringrazio."
"Non si è mai troppo cresciuti per volare con la fantasia, non ti pare? E poi, le storie che mi hai appena narrato cercano di spiegare qualcosa di irrazionale e di incredibile in questo caso, perciò devono per forza essere a loro volta magiche e straordinarie!"
"Già, non c'è niente di ordinario in queste pietre; sono uniche, anche se non hanno un'utilità pratica o delle particolari proprietà da sfruttare per l'uomo."
"Sono bellissime, il modo in cui brillano è stupefacente! Secondo la vostra leggenda, quindi, ognuna di esse sarebbe una minuscola parte di un tutto originario. Ciò mi fa pensare al significato della famiglia.... Voglio dire, ai legami indissolubili che uniscono i componenti di una famiglia, che, anche se separati, qualunque cosa accada, riusciranno sempre a ritrovarsi e a comunicare in qualche modo, se lo desiderano veramente."
Daven la guardò con aria stupita.
"Già, non avrei saputo dire di meglio: anch'io penso alla stessa cosa, ogni volta che vengo qua."
Lucynda sorrise compiaciuta; non si era mai sentita così in sintonia con lui come in quel momento e parlargli non gli era mai sembrato così facile e naturale.
"Beh, entrambi siamo legati alle nostre famiglie e abbiamo un bel rapporto con la comunità in cui viviamo, perciò ci viene in mente la stessa cosa, credo. Comunque, tutti i maghi e le streghe potrebbero essere considerati come una grande famiglia sparsa per il mondo, no?"
"Certo! Senti questa: si dice anche che, qualora qualcuno di Fair Stone Bourgh riuscisse a raccogliere tutti i sassi del Bluemön che si illuminano di blu, essi ricostituirebbero da sé la pietra originaria, che sarebbe dotata di poteri eccezionali. Ma è solo un'altra leggenda e, che io sappia, finora nessuno è stato tanto pazzo da provarci; molti devono essere nascosti pure sotto la sabbia e sarebbe necessario svuotare l'intero fondale per prenderli."
"O forse, qualcuno ci ha provato senza riuscirci e non è certo andato a raccontarlo in giro. Persino tu o Harden potreste averlo fatto!"
"Ahahah, potremmo, in effetti mio padre sarebbe abbastanza pazzo da tentare un'impresa del genere! Beh, per quanto mi riguarda, preferisco limitarmi ad ammirarli mentre sono là dove devono stare. Solo se rimangono laggiù diventano speciali, una vera gioia per gli occhi, un affascinante mistero che nessuno è mai riuscito a risolvere. Guarda, sembra proprio che gli scintillii che emanano si richiamino tra di loro a intervalli irregolari, aumentando o diminuendo d'intensità, come se comunicassero in codice. Ognuno di loro è speciale soltanto se sta nello stesso ambiente vicino a tutti gli altri, altrimenti, presi singolarmente, sono banali e inutili: nessuno si soffermerebbe a osservarli."
Il tono di Daven si era fatto sempre più basso e amareggiato man mano che parlava, suscitando la perplessità e la preoccupazione della sua attenta ascoltatrice. Al termine del suo discorso, egli si alzò bruscamente e rigettò, quasi con rabbia, il sasso in acqua, dove tornò subito a brillare. Sembrava turbato, come se ci fosse altro di cui avrebbe voluto parlare; eppure, al tempo stesso, pareva non averne l'intenzione, come se qualcosa lo frenasse. Vergogna, paura o semplice riservatezza? Lucynda non lo sapeva, ma sentiva che, se lei avesse taciuto facendo finta di non aver notato il suo cambiamento d'umore, egli avrebbe chiuso l'argomento per sempre e lei non avrebbe mai conosciuto il motivo della sua malinconia, della sua frustrazione: un'occasione simile non le sarebbe più capitata, ne era sicura. Daven girò le spalle in direzione opposta al fiume e, con un sorriso forzato, la invitò a seguirlo.
"Mangiamo, che ne dici? Là staremo più como..."
Lucynda agì in un lampo, senza nemmeno riflettere: il suo corpo si mosse da solo, spinto dal bisogno irrefrenabile di sapere, dall'impulso spontaneo di aiutarlo a scacciare le ombre che offuscavano il suo sguardo. Voleva sentirsi ancora più vicina a lui, sapere cosa avrebbe provato nel diventare sua confidente ed essere speciale ai suoi occhi; altrimenti, non l'avrebbe mai saputo e l'avrebbe rimpianto per tutta la vita. Sì, forse dopo sarebbe stato ancora più doloroso e difficile separarsi da lui, accettare il suo matrimonio con Nilda e nascondere i propri sentimenti per il resto della sua permanenza a Fair Stone Bourgh, ma doveva farlo: doveva osare, doveva agire in quel preciso istante, essere onesta con se stessa e con lui. Si alzò di scatto e gli afferrò una mano con tutta la forza che possedeva, tirandolo verso di sé.
Egli, colto di sorpresa dal suo gesto, ritrasse la propria mano non appena ebbe colto il suo sguardo determinato e risoluto. Fino a quell'istante, aveva sempre creduto che lei, così dolce e paziente, non fosse nemmeno capace di mostrare un'espressione tanto piena di passione; si era illuso di averla già conosciuta del tutto in quei giorni passati, che erano stati oltremodo piacevoli, a tal punto da indurlo a desiderare scioccamente che potessero durare in eterno. Ma si era sbagliato: anche lei poteva agire d'istinto e dimostrarsi fermamente decisa riguardo alle cose che le stavano a cuore. Le sue pupille viola, che l'avevano affascinato fin dall'inizio, parevano essersi infiammate, animate da un fuoco che si era acceso dentro di lei. Ne fu quasi spaventato, perché, in quel momento, si accorse che Lucynda era ancora più bella di quanto avesse sempre pensato; era bella fuori e dentro, per il suo altruismo nei confronti degli altri, per la sua risata composta, per la sua immensa bontà e per la sua delicata dolcezza. Inoltre, sapeva essere ardita e coraggiosa quando lo voleva, probabilmente molto più di lui: quegli occhi non volevano più nascondere la verità e stavano gridando tacitamente l'amore sincero che provava nei suoi confronti. Era una forza della natura, anche più di Nilda, nonostante sembrasse così fragile e bisognosa di protezione. Era una pietra preziosa che brillava di luce propria, sebbene nascondesse la sua bruciante luminosità dietro l'aspetto timido e goffo di una ragazza che, in apparenza, non aveva alcun potere magico. Eppure, aveva ormai stregato il suo cuore, occupandone un angolo dove sarebbe rimasta per sempre; era successo e basta, anche se lui non l'avrebbe mai ritenuto possibile all'inizio. La magia che lei possedeva inconsapevolmente era una delle più potenti al mondo, forse la più potente di tutte: Lucynda era in grado di entrare nel cuore delle persone con facilità, inducendole a fidarsi di lei e ad affezionarsi alla sua insostituibile presenza. Sì, poteva raccontarle tutto, sfogarsi, rivelarle ciò che lo affliggeva, ma non voleva renderla triste e vederla soffrire a causa sua; era inutile, in fondo, farle immaginare quello che non avrebbero mai potuto avere confessandole a sua volta i suoi sentimenti, poiché egli non poteva più tirarsi indietro e nemmeno voleva farlo: non era egoista e non poteva scordare il bene dell'intero villaggio per inseguire la propria felicità. Sì, perché non aveva dubbi, avrebbero potuto essere felici insieme, lui e lei; avrebbe potuto essere tutto perfetto, per sempre. Daven non aveva mai provato nulla di simile prima e provarlo proprio ora che tutto era ormai stabilito gli sembrò un crudele scherzo del fato. Non poteva cogliere la felicità che lei avrebbe potuto e voluto dargli; fu per questo motivo che si liberò d'istinto dalla presa di quelle dita che sapevano farsi strada fin dentro al suo animo con un semplice tocco, scuotendo ogni fibra del suo essere e facendolo sentire consapevole di essere incompleto: perché lei era la sua metà, colei che il suo cuore desiderava unire a sé fino al suo ultimo battito. Si rese conto che allontanare la mano non era la cosa più saggia da fare non appena vide Lucynda perdere l'equilibrio per la seconda volta nella stessa giornata e rischiare di cadere all'indietro, stavolta nell'acqua del fiume. Anche se non era pericoloso, sarebbe stato poco piacevole per la ragazza bagnarsi la veste, perciò Daven non poté esimersi dal soccorrerla nuovamente. Scattando verso di lei, la afferrò per una mano e poi la tirò a sé, abbracciandola in piedi e tenendola stretta, molto stretta, come se non volesse più lasciarla andare. Sarebbe stato bello poter fermare il tempo e rimanere così per l'eternità, in quel luogo tranquillo, isolati da tutto il resto, ad ascoltare il respiro l'uno dell'altra, a bearsi di quel contatto, di quel calore che li faceva sentire felici e vivi, così vivi e completi. Daven immaginava il rossore del suo volto schiacciato contro il proprio petto e ne provava un'immensa tenerezza; era come se lo vedesse, perché l'aveva già vista arrossire parecchie volte mentre le stava vicino, intuendo così il suo debole per lui. Sì, se ne era accorto eccome, tuttavia non aveva fatto nulla per allontanarla da sé o per suscitare in lei sentimenti opposti: non ne era stato capace, anche se sarebbe stata la cosa più cavalleresca e più giusta da fare, visto che stava per sposare Nilda e non voleva illudere le speranze di una fanciulla tanto innocente e dolce. I suoi stessi sentimenti avevano prevalso sulla ragione, perciò aveva continuato a starle accanto, imprimendosi nella mente ogni sua espressione e tentando di non oltrepassare mai il ruolo di guida affidatogli; un tentativo destinato al fallimento, visto che quella giornata era iniziata con la sconcertante scoperta di quanto fosse bello poterla toccare e perdersi nel suo incantevole sguardo di ametista. Sì, quel giorno sarebbe stato diverso, sarebbe stato l'unico giorno in cui lui e lei, insieme, avrebbero varcato quel confine per poi tornare a essere rispettivamente soltanto guida e ospite l'indomani, fino a che si sarebbero detti addio. Avrebbero di nuovo preso le distanze nei giorni a venire, comportandosi ancora come amici cordiali fino a quando sarebbe partita, ma non quel giorno: quello era, doveva essere il loro giorno speciale. Dunque, egli prolungò l'abbraccio, un abbraccio emozionante e rivelatore, in cui essi si scambiarono tacite parole d'amore, rendendosi conto dei loro sentimenti reciproci.
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