70. Il ricordo più prezioso
"Oplà! Per un pelo! Scusami, devo averti spaventata."
Lucynda scosse lentamente il capo in segno di diniego, incapace di parlare e guardandolo con aria imbambolata: data la differenza di altezza tra loro, non aveva mai visto il volto di Daven così da vicino. In quel momento, egli stava incurvato verso di lei, fissandola in modo strano, come non gli aveva mai visto fare prima. Sicura che le guance le stessero andando a fuoco e che lui avrebbe potuto udire il battito fortemente accelerato del suo cuore, per alcuni magici istanti la ragazza ricambiò lo sguardo del giovane con sognante meraviglia, quasi come se le avessero scagliato un incantesimo di cui anche lui era vittima. Gli era talmente vicina da accorgersi per la prima volta che, nelle pupille verdi dalle quali si sentiva tanto attratta, c'erano dei piccoli puntini color nocciola dai contorni irregolari, che assomigliavano proprio a dei graziosi sassolini in mezzo a un prato. Era una cosa così curiosa! La realtà era ancora più affascinante dei suoi sogni. Resasi conto di essere sveglia, tornò in sé quel tanto che bastava per balbettare qualcosa, visto che lui, pur essendo sempre così loquace, stranamente non pareva intenzionato a dire alcunché e non si era ancora scostato.
"Io... Fa nulla. È solo che... Ecco, non ti ho visto arrivare... Ero..."
Come se si fosse accorto solo allora della posizione in cui si trovavano, Daven sbatté in fretta le palpebre, tolse le mani dalle sue spalle di colpo - tanto rapidamente che sembrava essersi scottato - e si raddrizzò, indietreggiando e ponendo tra loro una distanza appropriata. Quando parlò, a Lucynda la sua voce parve più roca del solito.
"Eri... concentrata, immagino."
Lei, ancora un po' stordita, annuì.
Quindi, lui le rivolse un ampio sorriso, tornando quello di sempre.
"Fai spesso questi esercizi mattutini?"
Non afferrando il significato della semplice domanda che le era stata rivolta, visto che era troppo turbata per quanto era accaduto poco prima, la ragazza rispose la prima cosa che le passò per la testa.
"Sì sì, certo."
Egli aggrottò le sopracciglia, con aria sconcertata ma divertita.
"Oh, davvero? Non me l'avevi mai detto, anzi, perdona la mia franchezza, ma non ti facevo così sportiva, ahahah! Se è così, potremmo allenarci anche insieme, conosco dei posti più adatti, tipo..."
Mentre Daven seguitava a parlare, Lucynda comprese l'assurdità della risposta data e le sue ipotetiche conseguenze: avrebbe dovuto rendersi ridicola proprio davanti ai suoi occhi con degli esercizi di riscaldamento?! Proprio lei che si stancava quasi subito e odiava avere i muscoli indolenziti?! Assolutamente no! Doveva correre ai ripari, Daven non poteva dire sul serio! Lo interruppe all'istante, sentendosi sempre più goffa.
"Cioè, no! Voglio dire, sarebbe un'idea carina, una buona pratica, senza dubbio, ma no, non li faccio mai! Cioè, raramente... Soltanto qualche volta, ecco. Mi sono... ehm... confusa, prima."
"Ah, d'accordo, mi sembrava strano, infatti, ahahah! Comunque, potresti sempre ripensarci, se ti venisse voglia, ovvio... Non voglio certo obbligarti, non temere! Era giusto un'idea per fare qualcosa di diverso. Beh, hai già mangiato?"
"Sì, ho finito prima degli altri, facevo passare il tempo qui fuori... C'è ancora anche mia sorella dentro, magari stamani andiamo più tardi. Vuoi entrare a salutarla?"
Daven storse lievemente la bocca.
"Uhm, forse non è il caso, le rovinerei la colazione! Scusami, non ho niente contro di lei, non fraintendermi, ma credo di non esserle molto simpatico."
"Ma no, non preoccuparti, so che ha un carattere difficile, ma lei è così con tutti. Non ce l'ha con te in particolare, te lo assicuro."
"Meno male! Vuoi dire che non rischio una predizione infausta e ricca di dettagli macabri sulla mia morte imminente?"
"Non che io sappia. Come fai a sape... Oh, mio padre deve averti raccontato qualcosa."
"Già, mi ha fatto giusto qualche esempio e ho capito che è meglio non contrariarla!"
Lucynda annuì sorridendogli e indicò la sacca che egli portava dietro alle spalle, pensando che fosse opportuno cambiare argomento: dopotutto, erano a portata di orecchie della gemella e, conoscendo la sua suscettibilità, non era il caso di dilungarsi in chiacchiere su di lei.
"Lì dentro c'è..."
"Il nostro pranzo, sì! Tranquilla, non è avvelenato, tutte cose semplicissime. Io e papà non siamo dei grandi cuochi, ma abbiamo imparato ad arrangiarci!"
"Grazie! Io ho chiesto a Gremilda di metterci da parte anche dei Noculos, così avremo qualcosa di dolce da sgranocchiare."
"Ottima idea! Beh, stai pure ancora un po' con la tua famiglia allora, tanto non c'è fretta. Ripasso a prenderti più tardi."
"Oh, certo, a dopo!"
Lucynda guardò Daven allontanarsi, chiedendosi confusa cosa gli fosse successo poco prima: era la sua fervida immaginazione o aveva realmente visto un lato inedito del giovane di cui si era innamorata? Lui, che era sempre così sicuro di sé e che sapeva sempre cosa dire, per un attimo le era sembrato a corto di parole, quasi a disagio; la ragazza non sapeva veramente cosa pensare, ma aveva il presentimento che le ore successive si sarebbero rivelate ancora più speciali di quelle vissute fino ad allora.
***
"Eccoci a destinazione, mademoiselle! Siamo arrivati!"
"Oh, che meraviglia!"
"Te l'avevo detto, no? Proprio un bel posticino. Qui staremo belli tranquilli, ora stendo le coperte per metterci comodi e tiro fuori tutto. L'ora di pranzo è già passata da un pezzo e scommetto che sei affamata!"
Lucynda annuì prontamente; era così soddisfatta di essere riuscita a raggiungere la loro meta nel tempo previsto da Daven, che le andava persino di scherzare.
"Altroché, capitano! Sono affamata a tal punto che mi mangerei un bue intero, se non fossi vegetariana! Quindi, diciamo che mangerò quanto un bue, tanto poi smaltirò tutto nel viaggio di ritorno."
"Veramente si dice fame da lupi, no?! Fortuna che non c'è mio padre, gli avresti confuso le idee con il tuo bue, ahahah! Cavoli, spero di aver portato cibo a sufficienza. Beh, ovviamente, da perfetto cavaliere e gentiluomo, non esiterò a sacrificarmi e a privarmi della mia parte, se ce ne sarà bisogno. Povero me!"
"Ma no, non sarò così crudele ed egoista! Vorrà dire che mi accontenterò, ma tu dovrai sopportare uno stomaco brontolante che ti farà sentire immensamente colpevole finché torneremo al villaggio!"
"Neanche per sogno! Sarebbe un disonore e il generale Harden non me lo perdonerebbe mai, mi punirebbe a vita per l'affronto arrecato alla figlia del suo più grande alleato! Piuttosto, digiunerò del tutto, mademoiselle! La guarderò mangiare con l'acquolina in bocca e con le pupille dilatate e bramose di addent..."
Lucynda, che era subito arrossita per tali termini, lo fermò, prima che quel gioco si facesse troppo pericoloso per lei. La scena da lui accennata sembrava tipica di una coppia innamorata appartatasi in qualche angolo solitario per vivere un momento di intimità: era scandalosamente facile immaginarsi lo sguardo languido e malizioso dell'uomo e quello seducente e provocatorio della donna nel ricambiarlo mentre, per esempio, addentava una grossa fragola succosa e si leccava le labbra con studiata lentezza e audacia per sedurlo. Per tutti i numi, cosa le stava succedendo? Era forse impazzita? Qualcun'altra si era impossessata di lei e aveva messo in un angolo la tranquilla, innocente e noiosa Lucynda? Per fortuna, Daven non era in grado di entrare nella sua testa e poteva attribuire il suo subitaneo rossore, qualora lo avesse notato, al fatto che fosse accaldata e stanca per il cammino; lei era una signorina per bene, casta e pura, non poteva nutrire pensieri così arditi e maliziosi e, sicuramente, Daven stesso non aveva voluto intendere nulla di così compromettente con le sue battute.
"Sono certa che non ce ne sarà bisogno, non ho poi così fame! Dovresti vedere mia sorella allora, quanto diventa famelica quando è stanca! Con lei sì che ti saresti trovato nei guai!"
"Non posso che essere grato ancora una volta che mi sia toccata la gemella meno ingorda, dunque!"
"Ahahah, già, buon per te!"
Mentre il giovane, piegato sulle ginocchia e fischiettando allegramente, rimuoveva i sassi più grossi e appuntiti, livellando e appiattendo il terreno dove avrebbero consumato il loro meritato picnic, Lucynda, recuperata la propria compostezza, si avvicinò al fiume che scorreva tranquillo nel suo alveo. Si inginocchiò sulla sponda e, allungandosi, mise le mani nell'acqua fresca e cristallina, provando un istantaneo piacere. Il greto del fiume non era molto largo né profondo in quella zona, dal momento che erano risaliti parecchio, camminando controcorrente in direzione della sorgente; questa, secondo quanto le aveva spiegato Daven, distava ancora almeno cinque ore di marcia: non era il caso di affrontare un percorso così lungo e, soprattutto, impervio per vederla. Perciò, Lucynda, anche se le sarebbe piaciuto osservare con i propri occhi anche il luogo dove nasceva il Bluemön - corso d'acqua di vitale importanza per Fair Stone Bourgh, visto che era l'unico presente nelle sue immediate vicinanze -, si era dichiarata d'accordo a fermarsi lì, limitandosi a una bella scampagnata nei boschi, piuttosto che tentare una scalata impossibile per lei. La sua guida, nel descriverle la bellezza e la tranquillità del posto, non aveva affatto esagerato, specialmente perché i suoni che li circondavano erano rilassanti e rasserenanti: lo scorrere placido della corrente era una melodia distensiva che cullava lo spirito e alcuni uccellini, dialogando a distanza e scambiandosi chissà quali reciproci segreti, diffondevano i loro tintinnii canori nell'aria. Inoltre, in lontananza, un picchio instancabile percuoteva, con il suo becco robusto, un tronco a intervalli regolari, facendo loro compagnia con la propria presenza. Non soffiava un alito di vento, tuttavia l'aria si era fatta più fresca man mano che erano saliti di altitudine e Lucynda, che non si era ancora abituata al clima di quelle parti, non era poi così accaldata e sudata come si era aspettata.
Non appena si erano messi in marcia, delle piccole nuvole bianche e soffici come fiocchi di cotone, giocando a nascondino con il sole, l'avevano coperto e la temperatura era diminuita. In seguito, esse si erano spostate e il sole di mezzogiorno era tornato a splendere incontrastato. Però, diversamente da quando la ragazza aveva affrontato la camminata che l'aveva portata a Fair Stone Bourgh con il padre e la sorella, lei e Daven, per il resto del tragitto, avevano praticamente camminato in mezzo a un bosco che li aveva riparati dai raggi solari. Certo, era un luogo meno ombroso e fresco se confrontato con la foresta intorno al Fior-Uisge Lough vicino a casa sua e lei aveva subito notato le differenze evidenti rispetto ad essa: aveva visto alcuni alberi dai rami rinsecchiti e spogli e si era accorta che le loro chiome non erano così rigogliose, ma offrivano comunque un riparo, visto che i tronchi erano cresciuti molto fitti e vicini tra loro. Era rimasta stupita dalla mancanza di muschio e di funghi e dalla scarsità di fiori, tutte cose che, invece, sovrabbondavano nei dintorni di Bre Bile; in alcuni tratti, il terreno era addirittura sabbioso o solo cosparso di sassi, senza un filo d'erba. Daven le aveva spiegato che era colpa del clima arido e della siccità che, a cicli alterni, colpiva la zona. Guidandola lungo il percorso senza seguire un sentiero preciso, egli l'aveva sempre preceduta invitandola a fare attenzione alle radici insidiose e contorte che emergevano dal suolo e agli avvallamenti del terreno: proprio in quei giorni, esso era piuttosto duro, visto che non pioveva da parecchio, e, se lei fosse caduta inciampando accidentalmente, si sarebbe di sicuro fatta male. Le disse poi che persino il Bluemön era quasi a secco in certi periodi dell'anno, ma che, per fortuna, non si era mai prosciugato completamente, cosa che avrebbe costituito un grave problema; le rivelò che, tutto sommato, erano abituati a tale situazione e non nutrivano grande preoccupazione per essa, dal momento che Virna aveva previsto che ciò non sarebbe mai successo e che, al contrario, in un prossimo futuro, ci sarebbero state delle alluvioni: a causa di violenti acquazzoni, il fiume sarebbe diventato talmente gonfio, che essi avrebbero dovuto proteggersi dal problema opposto, rinforzandone gli argini o costruendo delle dighe con l'aiuto dei loro poteri. Nessuno aveva osato mettere in dubbio le sue parole, anche se, al momento, era qualcosa di impensabile, poiché, sia più a valle che nel punto dove essi erano giunti, il greto era poco profondo, tanto che si vedevano chiaramente i sassi sparsi qua e là sul fondo. Per questo Daven le aveva assicurato che era possibile avvistare con facilità i pesciolini che sguazzavano veloci nell'acqua limpida, finendo spesso preda delle poche persone che si dedicavano alla pesca: i pesci da quelle parti erano piuttosto piccoli e ce ne sarebbero voluti a bizzeffe per sfamare stomaci capienti e insaziabili quanto i loro. Comunque, dimostrando molto tatto, egli aveva presto cambiato argomento, sapendo bene che non era gradito alle orecchie della sua ospite. Ora, quest'ultima li cercava con lo sguardo, poiché era curiosa di confrontarli con i pesci del Fior-Uisge Lough, alcuni dei quali - a detta di quanti li avevano visti - erano davvero giganteschi; là, infatti, difficilmente emergevano in superficie o si avvicinavano alla riva e lei non aveva mai imparato a nuotare, perché il lago era profondo e le incuteva un istintivo timore. Lì, all'opposto, l'acqua era talmente bassa che, anche al centro del fiume, sembrava arrivarle alle ginocchia; più tardi, avrebbe potuto rinfrescarsi i piedi senza paura. Non ne scorse nemmeno uno, ma non ne rimase punto delusa, perché la sua attenzione fu subito catturata da qualcosa di molto più incredibile.
Sul fondo, scintillavano tante piccole luci, tante piccole stelle di un blu brillante e intenso che lampeggiavano distintamente. Rimase incantata dalla bellezza di tale scena e, chiedendosi se stesse sognando o se avesse le traveggole, non poté fare a meno di allungarsi per afferrarne una, quella più vicina alla riva; se fosse stato pericoloso, senz'altro Daven gliel'avrebbe quantomeno accennato, perciò agì senza esitare. Estraendo la mano, scoprì, rimanendo di stucco, che il suo palmo conteneva un sasso dall'aspetto del tutto ordinario: non c'era traccia del colore stupefacente che assumeva nell'acqua e non scintillava neppure se esposto ai raggi del sole, diversamente da altre rocce che Daven le aveva già mostrato. Quello che teneva in mano sembrava un comunissimo sasso di color grigio scuro, grande poco più di una noce, eppure era certa di averlo visto luccicare in quel modo singolare e meravigliosamente magico mentre era immerso nel fiume. Mentre lo osservava in ogni suo dettaglio, alla ricerca di chissà quale peculiarità in grado di offrire una spiegazione razionale a tale fenomeno, udì i passi di Daven avvicinarsi. La ragazza ruotò il capo per guardarlo, con espressione palesemente stupita; egli, sorridendo e intuendo al volo cosa stesse pensando, annuì e si inginocchiò vicino a lei.
"Già, è magia, non trovi? La magia del Bluemön, o meglio, di una parte di esso, del punto in cui ci troviamo ora, perché più in là, andando verso il villaggio, non si vede nulla del genere. Vengo sempre qui, sai, quando ho voglia di starmene per i fatti miei, è un luogo speciale."
"Puoi ben dirlo, è un posto davvero unico, un vero spettacolo! Stento a credere ai miei occhi, non ho mai visto nulla di simile prima d'ora! Grazie di avermi portato qui. Ma... anche tu, a volte, senti il bisogno di startene da solo?"
"Perché, lo trovi strano? Penso che capiti a tutti."
"No, è che... mi sembri un tipo così espansivo e... Nel senso, ti vedo sempre perfettamente a tuo agio in compagnia degli altri, o almeno mi dai quest'impressione."
Lo sguardo del giovane si fece meditabondo e insolitamente serio.
"Uhm, molti appaiono come mi hai descritto, eppure, talvolta, è solo una facciata, non credi? No, beh, per quanto mi riguarda, mi piace veramente la compagnia altrui, non sono certo un tipo solitario. Ma chiunque può desiderare di stare da solo con se stesso per riflettere, per pensare a decisioni da prendere o a problemi da affrontare... Staccare dal resto del mondo è utile, anche se non deve diventare una fuga costante. Abbiamo tutti bisogno degli altri, in fondo, non siamo isole."
Lucynda lo osservò attentamente, notando la malinconia presente nei suoi occhi mentre egli, pronunciando queste sagge considerazioni, fissava il fiume, quasi come se si stesse rivolgendo più a quello che a lei. Senza sapere il perché, avvertì una stretta al cuore ed ebbe la certezza che il suo accompagnatore nascondeva qualcosa che lo rendeva infelice, o perlomeno costretto a una scelta combattuta. Decise di cambiare argomento, sperando di far tornare sul suo volto il sorriso spensierato che lei amava tanto.
"Questi sassi, dunque, hanno un nome?"
Daven, girandosi verso di lei, allungò un braccio e, con delicatezza, le rubò il sasso che teneva ancora in mano, facendolo poi ruotare nel proprio palmo con un movimento agile delle dita. Per un attimo, Lucynda avvertì il suo tocco sulla pelle, nel punto in cui egli l'aveva sfiorata, ebbe un fremito e trattenne il respiro; abbassò gli occhi, ponendo tutta la sua attenzione sulla pietra e cercando, senza successo, di non pensare ad altro. Sentiva che quei momenti che stava vivendo come se si trovasse in un sogno sarebbero divenuti un ricordo prezioso e luminoso che sarebbe rimasto inciso nel suo cuore e nella sua mente: esso sarebbe divenuto il suo tesoro, non l'avrebbe condiviso con nessuno e nessuno gliel'avrebbe mai strappato via, perché sarebbe diventato una parte di lei, così come quei misteriosi e magnifici sassi erano parte del Bluemön e traevano da esso la loro unica, incomparabile bellezza.
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