60. Due gemelle in viaggio

"Uff, davvero non ne posso più! Fa troppo caldo, c'è troppo sole, mi fanno male i piedi e ho pure sete!"

"Coraggio, Priscilla! Siamo quasi arrivati, credo. Anche io sono stanca, ma non possiamo riposare ancora: ci siamo fermati appena cinque minuti fa per bere e hai finito quasi tutta l'acqua! Forza, altrimenti papà ci lascia indietro! Ehi, papà, non puoi aspettare un attimo? Priscilla non si sente molto bene!"

"Sto morendo disidratata, vorrai dire!"

In un giorno sereno e assolato di tanti anni prima, un curioso trio avanzava lungo un sentiero leggermente in salita in una zona montuosa, brulla e, in quel momento, praticamente deserta - a parte loro - sotto il sole di mezzogiorno. Non soffiava un filo di vento, l'aria era satura di umidità e, nonostante essi fossero saliti in altitudine, la temperatura, anziché diminuita, pareva essere aumentata. Il terreno accidentato rendeva la salita ancora più difficoltosa e sassi di ogni dimensione e forma mettevano a dura prova la suola delle scarpe dei tre viaggiatori, che cercavano, per quanto possibile, di evitare quelli dai bordi più taglienti e gli avvallamenti più insidiosi, a causa dei quali era piuttosto arduo mantenere l'equilibrio.
In testa al piccolo gruppo, distanziato di parecchi passi, un uomo di mezza età non molto alto, robusto, dalle spalle larghe e dalla folta capigliatura rossiccia, procedeva spedito, impaziente di arrivare alla meta ormai prossima. Portava sulla schiena una grossa sacca, contenente il necessario per quel viaggio programmato con cura: essi viaggiavano ormai da ben tre settimane, periodo che era sembrato più lungo a tutti loro, dato che, in precedenza, non si erano mai allontanati tutti insieme da Bre Bile, dove vivevano. Avevano visto così tante cose, incontrato così tante persone diverse e viaggiato con tanti differenti mezzi per giungere fino a lì e non si erano praticamente mai fermati: erano stati giorni davvero intensi e avevano vissuto un'esperienza dietro l'altra. Talvolta, avevano proseguito il cammino prendendo carrozze pubbliche nei tratti dove erano disponibili o chiedendo passaggi di fortuna a chi si spostava con carretti e carri per trasportare merci o primizie al mercato. Tuttavia, per lo più avevano camminato durante le ore del giorno, fermandosi a riposare di notte nelle locande - umili e modeste, ma linde e fornite dei servizi essenziali - dislocate lungo il percorso. Era stato istruttivo e rilassante staccarsi per un po' dalle abitudini quotidiane e rendersi conto di come fosse variegata la realtà oltre i confini del loro amato e appartato villaggio, ma, ora che finalmente Fair Stone Bourgh, la loro destinazione, si trovava ormai a pochi minuti di distanza, l'uomo aveva accelerato il passo, senza badare al resto del gruppo.
Dietro di lui, procedevano arrancando le due figlie adolescenti, anch'esse di altezza inferiore alla media, dalla carnagione pallida e dai lunghi capelli, scurissimi come l'ebano, folti e scompigliati; ciò che, però, colpiva subito chiunque le vedesse per la prima volta erano gli occhi particolari di entrambe, di un insolito colore viola come l'ametista. Inoltre, le due ragazze, che indossavano delle vesti semplici e senza fronzoli, avevano pure un'altra caratteristica, tale da non passare certo inosservata: erano gemelle, così identiche che, a prima vista, parevano due gocce d'acqua. Evidentemente, però, non avevano la stessa voce, lo stesso carattere e la stessa resistenza al caldo e alla fatica. Quella che era più vicina al padre e che l'aveva pregato di fermarsi, nonostante fosse affaticata, cercava di non lamentarsi e di godere appieno di ogni momento del viaggio: in fondo, era la prima volta che la giovane, di nome Lucynda, aveva la possibilità di vedere tanti paesaggi nuovi e, molto probabilmente, sarebbe stata pure l'ultima, visto che non pensava - lei, che si sentiva così ordinaria e banale - che avrebbe avuto l'occasione di allontanarsi di nuovo da Bre Bile in futuro. Era stato solo merito di sua sorella Priscilla, per la quale avevano intrapreso quel viaggio, se lei aveva potuto prendervi parte e non era stata costretta a rimanere a casa con la loro madre. Quest'ultima, che si chiamava Lympha, era una levatrice e aveva appreso tutto ciò che sapeva riguardo al proprio mestiere da una sua vecchia zia, venuta a mancare solo pochi mesi prima. Dal momento che, da loro, le nascite non erano molto frequenti, a causa di un parto imminente e imprevisto, la sua presenza era stata definita indispensabile e non si era potuta aggregare al resto della famiglia. D'altra parte, nemmeno la sua partecipazione era certo essenziale; si trovava lì soltanto perché la sua cara sorella - pensando di sicuro a lei e alla sua felicità, più che a se stessa, come voleva far credere - aveva dichiarato che non avrebbe messo un piede al di fuori di Bre Bile se anche la gemella, oltre al padre, non l'avesse accompagnata. Priscilla aveva persino proclamato, in tono profetico e fin troppo solenne, che quella di Lucynda si sarebbe assolutamente rivelata una presenza necessaria ai fini di portare a termine il proprio compito: un addestramento speciale per potenziare e imparare a controllare le proprie abilità divinatorie presso la venerabile Virna, un'autorità indiscussa nel suo campo. A quel tempo, costei risiedeva a Fair Stone Bourgh, un villaggio di dimensioni modeste i cui abitanti avevano un'ulteriore peculiarità, oltre a possedere, in gran parte, la magia: essi, infatti, possedevano una connessione particolare con tutto ciò che riguardava la terra e, più specificatamente, le pietre. Si diceva addirittura che potessero mutare sassi e rocce in tutto ciò che desideravano e che fossero in grado di spostare dei massi enormi, persino delle montagne, solo con la forza del pensiero. Non era un caso che finanche i Sette Saggi si fossero rivolti a loro per costruire il pozzo dei desideri e per incanalare correttamente i flussi magici all'interno dei sassi disposti a cerchio che lo costituivano.

                                    ***

In gioventù, Leowulf, il padre delle ragazze, aveva già visitato il "Villaggio di Pietra" - altro nome con cui era conosciuta la loro meta - nel corso di una delle sue avventure: prima di stabilirsi definitivamente a Bre Bile e di metter su famiglia lì, egli era stato un trovatore itinerante di animali magici e rari, piuttosto celebre per la propria bravura. Il suo compito consisteva nel rintracciare ed eventualmente curare gli esseri magici in difficoltà, riportandoli al loro habitat originario o comunque al sicuro qualora si fossero allontanati e nascosti o, nella peggiore delle ipotesi, fossero stati feriti. Quasi sempre, il responsabile era l'uomo, che desiderava la pelle o altre parti del loro corpo per fini tutt'altro che nobili, ritenendo che fossero simbolo di potere, data la loro bellezza e rarità. Di rado, anche qualche mago, privo di scrupoli e rispetto verso la natura e la vita stessa, li cacciava pensando di riuscire ad assimilarne i poteri, ma i maggiori colpevoli erano soprattutto uomini comuni, attratti inconsapevolmente dalla magia di tali animali. Lungo il corso degli anni, Leowulf aveva mantenuto i contatti con la comunità di Fair Stone Bourgh, che l'aveva ospitato e aiutato mentre era capitato da quelle parti sulle tracce di un Cerböl, una specie di cavallo selvatico con delle protuberanze dure come marmo al posto della criniera. Purtroppo ormai estinto, era un animale antico e stupefacente, in grado di mimetizzarsi perfettamente sulle pareti di roccia, diventando un tutt'uno con esse qualora si sentisse minacciato e restando così nascosto anche per intere settimane, rendendosi praticamente invisibile. Leowulf aveva ricevuto la segnalazione che dei bracconieri avevano tentato di catturarne uno, ferendolo, forse, a morte. Il Cerböl era riuscito a sfuggire, ma, se era sopravvissuto mimetizzandosi da qualche parte, bisognava cercare di stanarlo e soccorrerlo. Era stato soprattutto grazie a Harden, futuro capo del clan Förgh, la famiglia più antica e autorevole di Fair Stone Bourgh, se era riuscito a trovarlo e a curarlo; per oltre un mese, era rimasto come ospite presso casa sua e si era recato dall'animale ogni giorno. Harden, un uomo alto e tutto muscoli, ma generoso e dal cuore d'oro, si era offerto di aiutarlo facendogli da guida tra le montagne circostanti, finché erano riusciti a trovare le tracce del Cerböl e a scoprire dove si fosse nascosto. Malgrado nutrissero scarse speranze, non si erano arresi e, alla fine, l'avevano scovato: era ancora vivo, con loro somma gioia, anche se provato e denutrito, e se ne stava appiattito e tremante su una liscia parete di roccia che dava su uno strapiombo, un luogo per nulla agevole da raggiungere. Per giorni, Leowulf aveva scalato quell'alta parete grazie ai pioli e agli appoggi di roccia creati da Harden modificando la parete stessa, in modo da facilitargli il compito. Quando l'animale aveva cominciato a fidarsi di lui, comprendendo che lo stava curando grazie ai suoi poteri taumaturgici e che non aveva intenzioni ostili, si era deciso a scendere, riassumendo la sua forma normale. Presentava una brutta frattura a una zampa posteriore, ma la ferita più preoccupante, lungo il fianco, si stava ormai rimarginando. A quel punto, l'avevano condotto al villaggio, dove avevano costruito un recinto tutto per lui, continuando le cure fino a che non si era pienamente ristabilito; infine, l'avevano rimesso in libertà, fieri di aver contribuito alla salvezza di una specie così straordinaria. L'avvenimento era stato celebrato persino con una festa per l'occasione, festa di cui, naturalmente, Leowulf era stato l'ospite d'onore. Per quest'ultimo, la guarigione del Cerböl aveva significato la fine di un'esperienza indimenticabile, ma anche l'inizio della sua profonda amicizia con Harden, continuata a distanza, attraverso scambi di missive reciproche sempre più radi negli anni, ma mai interrottisi, sebbene entrambi non si fossero più spostati dai confini dei rispettivi villaggi. Harden era divenuto il capo del clan dopo la morte del padre e i doveri che tale ruolo comportava richiedevano la sua costante attenzione, ma, nonostante ciò, non aveva mai dimenticato l'amico; trovava sempre il tempo per informarlo riguardo agli avvenimenti più importanti della sua vita: la nascita dell'unico e amatissimo figlio, la dolorosa morte della moglie, la scoperta di un nuovo tipo di roccia... Condivideva con lui gioie e dolori, cosa che alleggeriva le responsabilità sulle sue spalle, rendendogliele più sopportabili. A sua volta, alcuni anni dopo, Leowulf gli aveva descritto con emozione l'incontro con la sua futura sposa e la nascita delle due figlie; poi, dati gli impegni quotidiani, avevano smesso di scriversi, fino a che Leowulf non aveva resistito alla voglia di dargli una notizia che lo riempiva d'orgoglio, ma anche di una certa apprensione: una delle sue bambine, Priscilla, aveva iniziato a manifestare poteri di preveggenza, sotto forma di visioni e incubi. Proprio questi, a volte, erano così spaventosi che, spesso, la piccola stentava ad addormentarsi ed era sempre più scontrosa e difficile da gestire. Egli condivise con l'amico la sua preoccupazione al riguardo, ricevendo da lui un consiglio, o meglio, un invito al suo villaggio; infatti, Harden gli comunicò che, da qualche mese, si era stabilita a Fair Stone Bourgh un'anziana strega, nota come la venerabile Virna, una grande esperta nel campo della divinazione. La celebre veggente sapeva letteralmente leggere la natura, prevedendo, per esempio, i cambiamenti meteorologici da dettagli apparentemente insignificanti, persino da come camminavano le formiche. Era anche in grado di prevedere il futuro delle persone e, se avesse preso in simpatia Priscilla e avesse deciso di aiutarla, avrebbe potuto insegnarle come chiudere la mente alle visioni indesiderate e riuscire a controllare le proprie abilità. Leowulf, appena ricevuta la proposta, ne fu felicissimo: sarebbe stata anche l'occasione per fare un bel viaggio dopo tanto tempo, con la sua famiglia, per di più. Ma, quando ne fece cenno a Priscilla, capì che era stato troppo ingenuo: non aveva preso in considerazione il caratterino della figlia, che si rifiutava categoricamente di essere addestrata da una tizia che si lasciava soprannominare "venerabile"; doveva essere una vecchia "insopportabilmente saccente e presuntuosa", secondo le sue testuali parole, che rivelavano la sua scarsa fiducia negli altri e l'antipatia nei confronti di chi sapeva gestire poteri simili ai suoi, dovuta, forse, all'invidia. Del resto, già era stato difficile convincerla a parlare dei suoi problemi con il capo di Bre Bile, che, però, per quanto saggio e animato da buone intenzioni, non era un esperto di divinazione ed era riuscito a insegnarle soltanto come rendere un po' meno vivide e chiare le visioni. Pertanto, per il momento, con dispiacere l'uomo dovette rifiutare l'invito, fino a che, passati alcuni anni, la situazione peggiorò al punto che la sedicenne Priscilla cominciò a chiudersi in casa e ad evitare il contatto con la gente, perché, non appena le sue pupille si posavano su qualcuno, la sua mente veniva riempita da immagini confuse del passato e del futuro di quella persona. Iniziò pure a soffrire di violenti mal di testa, che la rendevano ancora più irascibile e scontrosa di quanto non fosse già abitualmente. Tollerava solo la presenza di Lucynda, che sapeva sempre come prenderla, e, a volte, quella dei genitori, soprattutto quando la madre raccontava loro varie storielle fantastiche e le celebri vicissitudini di Merlino, che costituivano una piacevole fonte di distrazione fin da quando erano piccine. Per fortuna, dopo aver insistito con estrema pazienza e dolcezza, Lucynda era riuscita a persuadere la cocciuta gemella, ottenendo il suo consenso affinché il padre potesse richiedere a Harden se il suo invito fosse ancora valido e, soprattutto, se Virna fosse ancora disposta ad addestrarla. Ricevuta la conferma dell'amico, che era stato più che lieto di rinnovarlo, estendendolo alla famiglia al completo, avevano fatto i bagagli, tra i gridolini d'entusiasmo e le risate di Lucynda, che non vedeva l'ora di partire, e i borbottii poco convinti di Priscilla, riluttante a lasciare il suo nido confortevole e ad "addentrarsi nelle fauci oscure del mondo", come seguitava a ripetere in tono cupo. Ma, all'ultimo momento, Lympha era stata costretta a restare a casa, poiché a Bre Bile, inaspettatamente, era giunta, guidata dal Blusignolo, una giovane strega in stato confusionale, prossima al parto e in precarie condizioni di salute. Priscilla, in verità, aveva sognato in anticipo che sarebbero partiti solo in tre e ci aveva azzeccato; infatti, vista la situazione, la levatrice aveva deciso di rimanere al villaggio per assistere la poverina e aveva suggerito che Lucynda facesse lo stesso, per aiutarla e per alleggerire il compito del marito, che, così, avrebbe dovuto tenere d'occhio solo Priscilla. Ma quest'ultima, come già detto, si era opposta con fermezza all'idea, pertanto erano partite entrambe, sotto la guida di Leowulf, ed ora erano finalmente in procinto di arrivare alla meta. 

Priscilla, però, come al suo solito, non faceva nulla per nascondere il proprio malumore, soprattutto quel giorno, più caldo di tutti i precedenti: il sole era un vero fastidio per i suoi occhi delicati e anche per quelli della sorella, che, ciononostante, cercava di non lagnarsi, per non esasperare il padre; immaginava che il genitore non ne potesse già più delle costanti lamentele della gemella e voleva evitare di causargli una doppia irritazione. In effetti, Lucynda aveva visto giusto: a quell'ennesima richiesta di sosta, Leowulf si voltò di scatto e puntò rapidamente verso di loro con un cipiglio che non prometteva nulla di buono. Lucynda sapeva bene che egli era un uomo paziente e tranquillo e non lo temeva. Avrebbe potuto contare su una mano sola le volte in cui l'aveva sentito alzare la voce per qualcosa; era un padre amorevole e simpatico, paziente e dai sani principi. Tuttavia, sapeva anche che la sorella avrebbe potuto portare all'esasperazione un muro con il suo continuo lagnarsi. In fondo, era stata lei a opporsi fermamente all'idea di muoversi a cavallo persino in quell'ultimo tratto, prevedendo cadute accidentali a causa dell'imbizzarrirsi di esseri che giudicava inaffidabili e gridando con convinzione che preferiva camminare fino allo sfinimento, piuttosto che salire sopra un qualunque ronzino o animale infido, pronto a disarcionarla a tradimento alla prima occasione. A nulla era servito spiegarle che erano secoli che la gente di quelle parti si serviva di razze selezionate, obbedienti e adatte ai terreni più disagevoli: esistevano persino incantesimi in grado di impedire che gli animali da sella si azzoppassero, un rischio molto probabile su un percorso del genere. Ma Priscilla era stata irremovibile, poiché non si fidava delle affermazioni del padre e, soprattutto, non aveva intenzione di affidare la propria incolumità a un animale mai visto prima. Pertanto, Lucynda, conoscendo il cuore tenero del genitore, cercò di parlargli in tono dolce e pacato prima che egli potesse aprire bocca.

"Scusala, papà, sai bene che odia stare al sole! Anche a me, in effetti, dà un po' fastidio!"

Lo sguardo dell'uomo si addolcì all'istante.

"Sì, lo so, mi dispiace, care! Forse, stamani avremmo dovuto fermarci di più in paese e arrivare qui verso sera, ma ero così impaziente che non ho voluto aspettare... Comunque, siamo davvero quasi arrivati! Vi chiedo solo un ultimo sforzo, poi potremo riposare! Coraggio! Neh, Priscilla?!"

Quest'ultima, tutta sudata e accaldata, sbuffò, alzando gli occhi al cielo.

"L'hai già detto mezz'ora fa! E pure un'ora fa! E pure..."

"Sì sì, ma stavolta siamo ancora più vicini, è la verità! Siamo vicinissimi al passaggio segreto... Se non ricordo male..."

"Ah, andiamo bene!"

"Ma no, ma no! Stavo scherzando, ne sono sicuro! Anche se non ricordavo che ci fosse tanto da salire: o hanno cambiato qualcosa in questi anni o sono io che, da giovane, non ci avevo badato! Pensi ancora che l'idea di cavalcare un poco fosse tanto malvagia, Priscilla?"

"Sicuro! Avreste dovuto legarmi: di mia spontanea volontà, non salirò mai - e ripeto MAI! - su un ronzino o su un qualsivoglia quadrupede o qualcosa del genere! Voi eravate liberissimi di farlo, comunque! Il collo è il vostro, accomodatevi!"

Lucynda, vedendola fremere, cercò di calmarla.

"Ma sì, tranquilla, Pris! Nessuno ti costringerà a fare nulla, tanto meno noi! Arriveremo al tuo ritmo tutti insieme, siamo una famiglia, dopotutto! E la famiglia resta sempre unita, vero, papà?"

"Certo, pasticcino! Vuoi che ti porti in braccio io, Priscilla? No, immagino di no... Un fazzoletto per asciugarti la fronte? Che ne dici? Aspetta, te lo prendo!"

Tutto premuroso e ansioso di indurre la figlia più ribelle a proseguire, egli cominciò a rovistare freneticamente all'interno del suo sacco, finché ne trasse fuori un grosso fazzoletto scuro con cui decise di fasciare la testa della ragazza a mo' di turbante, raccogliendo i suoi capelli perché sentisse meno caldo. O almeno, tentò di farlo, dato che si dimostrò incapace di ottenere un risultato soddisfacente: metà dei capelli di Priscilla pendevano fuori dalla stoffa verso il davanti, coprendole la visuale. Leowulf, osservando il proprio maldestro operato, si grattò la testa e sorrise imbarazzato.

"Ehm... Forse non è abbastanza grande?"

Restando inginocchiato di fronte alla figlia, si accinse a riprovare, ma Priscilla, che aveva sopportato fin troppo, rimanendo ferma a farsi conciare in quel modo ridicolo, gli strappò dalle mani il fazzoletto, gridandogli contro.

"Ah, lascia stare, papà! Non sei capace, non vedi? E guarda che non ho più cinque anni! Faccio io!"

"Ma certo, me ne sono accorto, cara! Volevo solo aiutarti!"

Priscilla sbuffò scocciata e decise di annodarsi il fazzoletto sotto il mento, trasformandolo in un cappuccio improvvisato. Tuttavia, in cuor suo il gesto goffo del padre le aveva fatto piacere, anche se non l'avrebbe mai ammesso apertamente. Pertanto, senza dire nient'altro, ricominciò a camminare con maggiore decisione, sotto lo sguardo sorpreso dei suoi due familiari, i quali, dopo essersi scambiati un sorrisetto complice, si affrettarono più che lieti a seguirla, prima che potesse cambiare idea.

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