59. Una pietra per ricordare

Priscilla, sorpresa da quella risposta inaspettata, aprì la bocca, spalancandola del tutto; poi, ricordandosi della situazione critica in cui si trovavano, prese a sgridarlo a voce alta, profondamente irritata dall'espressione calma e sicura di sé che Merlino aveva stampata in faccia.

"E allora perché non rispondevi?! Eri forse diventato sordo?! Che ti è preso? Sono scherzi da fare? Mi hai fatto preoccu..."

La strega si morse la lingua senza finire la frase, restia ad ammettere apertamente quanto fosse stata in apprensione per lui. Il giovane mago le sorrise ancora di più.

"Mi spiace, non era mia intenzione. È che sono stato sopraffatto, diciamo così, dalla forza della magia della fonte, che ha riconosciuto i miei poteri come parte di sé..."

Priscilla lo guardò con aria confusa.

"Che stai blaterando? Non capisco proprio cosa..."

La Vertelch, sempre più turbata e spaventata, si decise ad attaccare di nuovo, interrompendo il loro dialogo.

"Non mi lasciate scelta: sarà peggio per voi!"

Fece per alzare la mano e scagliare i sassi contro di loro, ma la voce di Merlino, che prese ad avanzare verso di lei riducendo ulteriormente la distanza che li separava, la fermò.

"Al vostro posto, darei prima un'occhiata a questa."

Detto ciò, con sconcerto di entrambe le donne, egli inserì una mano in una tasca della propria veste, all'altezza del fianco destro e, senza alcuna fretta, la estrasse chiusa a pugno; poi, tendendola in direzione di Lucynda, la aprì lentamente, rivelandone il contenuto. Per un po', solo il più completo silenzio seguì il suo gesto. La giovane, con il volto pallido come alabastro e gli occhi abbassati verso la mano, rimase immobile e muta a fissare quella pietra scura e rotonda, inerte nel suo palmo. Egli cominciò a chiedersi se avesse solo immaginato l'intenso calore avvertito prima, dato che sembrava che non stesse accadendo nulla di particolare: pareva davvero una pietra normalissima e iniziò a credere che essa non avesse nessun potere speciale. Ma un'altra occhiata alla Vertelch gli bastò per fugare ogni dubbio. Sì, doveva essere stata la magia della fonte stessa a riscaldarla, per suggerirgli di tirarla fuori e mostrarla; essa doveva per forza avere un qualche valore o un qualche significato per la donna, poiché quest'ultima ne era rimasta colpita tanto da immobilizzarsi, assumere un'aria stordita - come se non sapesse più bene dove si trovasse - e, soprattutto, accantonare all'istante il suo proposito di attaccarli.
Priscilla, incuriosita e perplessa, si avvicinò alla pietra per osservarla più da vicino, mantenendo un'espressione scettica e aggrottando la fronte rugosa.

"E questa da dove ti è uscita?"

"Oh, mi sono scordato di dirvi che anche io avevo un'arma segreta, ma non l'ho rubata, state tranquilla: è un dono del pozzo."

"Ma tu guarda, questa è bella, un dono del poz... UN DONO DEL POZZO?! Per tutti i corbezzoli! E me lo dici solo adesso?!"

Merlino le rivolse un sorrisetto di scusa, alzando le spalle.

"È che non ci avevo più pensato, almeno fino a un attimo fa; non era mia intenzione nascondervelo, non esattamente, ecco... Attendevo il momento giusto e credo che adesso sia arrivato! Avete idea di cosa sia? Persino Gilbert lo ignorava, gliel'ho chiesto prima."

La veggente spalancò gli occhi, con aria sempre più incredula e meravigliata.

"Oh, questa è proprio bella! Allora pure lui, anche se ha una biblioteca intera impilata nel cervello, non sa tutto. E tu? Se non sai come si usa, a che scopo tirarla fuo..."

Un tonfo improvviso la fece sobbalzare, impedendole di concludere la domanda: dietro Lucynda, le pietre erano ricadute nella fonte, generando alle sue spalle una nube di vapore denso e scuro. Nello stesso momento, i colori dei ciottoli che decoravano il pavimento presero ad animarsi, scambiandosi di posto tra di loro; Merlino avvertì che essi erano attraversati all'interno da correnti di fluido magico, che li facevano addirittura vibrare. Priscilla si allarmò, preoccupandosi subito per la sorella; percepiva con chiarezza che i suoi sentimenti stavano mutando, ripercuotendosi sul potere degli elementi e sull'atmosfera di tutto l'ambiente circostante. Eppure, non osava ancora sperare: l'incertezza la divorava e stentava a credere che tutto potesse concludersi tanto semplicemente.

"Cosa... Lucynda, cara, cosa c'è?"

Sul volto della gemella era apparsa una lacrima. Una singola, piccola, lucente lacrima che le scese lenta lungo la guancia, lasciandole un'umida traccia salata sulla pelle chiara, attraversandole il mento sottile e privo di rughe, fino a perdersi nei suoi lunghi capelli spettinati. Poi, un'altra e ancora un'altra, finché non fu più possibile contarle; a quel punto, un singhiozzo soffocato proruppe dalle sue labbra, tremanti e pallide, un debole singulto dopo il quale Lucynda alzò lentamente gli occhi arrossati e ormai incapaci di trattenere il pianto. Oh, sì, alzò i suoi occhi viola verso la sorella, occhi nei quali non si scorgeva più alcuna traccia di rabbia o sdegno, odio o risentimento; al contrario, essi erano animati da una luce calda e vivida, riflesso di una dolcezza tutta interiore, che ne palesava la bontà d'animo. Era quello lo sguardo che Priscilla ricordava e che aveva portato inciso nella sua mente per tutti gli anni in cui erano state separate. Con un tuffo al cuore, che, per un lungo, indimenticabile istante, le tolse il respiro, l'anziana strega si rese conto con emozione che, finalmente, sua sorella era lì con lei, sul serio; era tornata quella di sempre, era di nuovo la sua dolce e cara Lucynda ed era così colma di dolore, senso di colpa e tristezza, che a lei si stringeva il cuore al pensiero che si trovasse in tale stato. Con un sussurro timido e velato d'insicurezza, come se ritenesse di non essere nemmeno degna di proferire il suo nome, Lucynda la chiamò e la supplicò, con balbettii frammisti al pianto liberatorio che soltanto quella pietra - chissà per quale motivo - aveva saputo provocare, generando la metamorfosi tanto agognata senza colpo ferire.

"Priscilla... Per- perdonami se... Se ti ho fa- fatto ma..."

In tutta la sua esistenza, mai alcun suono, alle sue orecchie, era suonato più dolce e gradito, più caro e toccante di quella voce, da lei amata sinceramente, in cerca di perdono. Fu con immenso sollievo e con gioia inesprimibile che la destinataria di quella supplica accorata si slanciò senza esitazione verso colei che l'aveva pronunciata, abbracciandola con tenerezza e riversando tutto il suo affetto in un caldo abbraccio riappacificatore. Lucynda si lasciò cadere a terra, sfinita dalle emozioni contrastanti di cui era stata vittima, sfogandosi con dei lamenti di pura disperazione che echeggiarono per l'intera sala, mentre la sorella la teneva stretta a sé, per non lasciarla andare alla deriva da sola, in balia dell'immane sofferenza che provava.

                                 ***
Merlino rimase a guardarle in silenzio, profondamente commosso, in attesa che Lucynda si calmasse e fosse in grado di fornire una spiegazione.

"Mi di... Mi dispiace... Priscilla... E anche voi, sommo Mer- Merlino... Oh, cosa ho... che ho fat- to. Mi dispiace co... così taaan-to!"

"Stt, stt... Tranquilla, Lucynda. Ora ci sono io. Presto te ne andrai di qui e sarai di nuovo felice, te lo assicuro! Su, calmati ora."

Priscilla continuò a confortarla con atteggiamento materno per parecchi minuti, durante i quali Merlino si guardò attorno, sentendosi quasi a disagio nel trovarsi lì come testimone estraneo del commovente ricongiungimento familiare. Distolse lo sguardo dalle due donne, rivolgendo la propria attenzione allo specchio, che lo incuriosiva parecchio, al pavimento, che era tornato come prima, e alla fonte, di cui percepiva la travolgente energia. Cercò di ignorare, per quanto possibile, i ripetuti singhiozzi e le parole di conforto reiterate con pazienza e affetto, anche perché riteneva che Priscilla si sarebbe sentita in imbarazzo nel mostrarsi così emotiva: era sicuro che pure a lei stesse sfuggendo qualche lacrima, per quanto stesse nascondendo il viso nella veste della sorella. Dunque, egli finse di non essere presente, fino a quando Priscilla, vedendo che Lucynda cominciava a calmarsi, con estrema cautela e con voce addolcita dalla commozione, iniziò a parlare di quanto successo.

"Sono così felice che tu sia riuscita a sfogarti, mia cara: tutte quelle emozioni, dentro di te, ti stavano uccidendo! Mi spiace che tu abbia dovuto affrontare tutto questo da sola! Dev'essere stato tremendo, vero?!"

Lucynda, scostandosi da lei quel tanto che bastava per parlare in modo comprensibile, tirò su forte con il naso.

"È il destino di ogni Vertelch, credo, sopportare la solitudine, ma no... Non è sentirmi sola qui dentro che mi ha fatto... impazzire... Volevo che tutti voi, e soprattutto tu, foste orgogliosi di me e invece... Ancora no - non riesco a credere a ciò che, che ho faaat-to. Come ho potuto? Volevo solo dimenticare, io non vo- volevo ucciderlo e non..."

"Su, mia cara, calmati, fai un bel respiro profondo. Ecco, da brava, così! Tu facevi lo stesso per me, quando ero piccola e avevo gli incubi, ti ricordi?"

Lucynda annuì dolcemente, accennando un tenero sorriso ai lontani e comuni ricordi d'infanzia.

"Bene, ora spiegati un po' meglio, se te la senti. A chi ti stai riferendo? Cosa è accaduto?"

La Vertelch, ancora tremante, sciolse definitivamente l'abbraccio, rimanendo, però, a terra; poi, con un breve cenno, indicò la mano di Merlino, che, al suo timido invito, si avvicinò subito.

"Volete questa?"

Lucynda annuì ed egli, abbassandosi sulle ginocchia, le porse la pietra con delicatezza. La donna restò in silenzio per un po', osservandola e rigirandosela tra le mani in grembo, con sguardo nostalgico, come se stesse ricordando qualcosa appartenente al passato. Quando Priscilla non riuscì più a trattenere la propria curiosità, la invitò a parlare.

"È forse magica questa pietra? Eppure, non mi pare che ti abbia fatto un qualche incantesimo... Ha qualcosa a che vedere con la fonte?"

L'interrogata scosse la testa, mentre i suoi occhi diventavano di nuovo lucidi e le lacrime minacciavano di nuovo di uscire.

"No. Ha risvegliato in me un caro ricordo e mi ha fatto ricordare chi sono... Mi ha riportato a me stessa e a ciò che volevo dimenticare per non soffrire... Un ricordo solo mio, Priscilla. Non ti ho sempre raccontato tutto, sai. Anche io ho i miei piccoli segreti."

Priscilla arricciò le labbra, tenendo per sé un commento a riguardo, in attesa che proseguisse: Lucynda era chiaramente prossima a scoppiare ancora in lacrime ed era meglio non interromperla.

"Lui non doveva trovarsi lì, ma quando l'ho visto e quando ho compreso chi fosse... Ormai, era troppo taaa- rdi, non... Non ho potuto placare la corrente del fiume: l'acqua ha preso il predominio e... la corrente l'ha tra- trascinato via... È scomparso sott'acqua, si era tuffato per salvare una bambina... Forse, sua... Sua nipote, credo, gli assomigliava. Lei è riuscita ad aggrapparsi a una roccia, con il suo aiuto, prima che... Poi l'hanno soccorsa. Ma lui non è più... È accaduto prima che la fonte decidesse di sostituirmi, ma... Non... Non ho potuto fare nulla, anche se avevo previsto l'alluvione in quella zona. Non è la prima volta che capitano disgrazie del genere e ogni volta ne ho sofferto, certo, ma stavolta è stato diverso, perché si trattava di lui, capisci? Ero disperata, addolorata e mi sentivo così in colpa... Averlo visto morire così, dallo specchio, senza poter fare nulla... È stato straziante! Volevo sfogare il mio dolore, piangerlo, chiedergli di perdonarmi, ma le lacrime no... Non uscivano..."

"Stt, tesoro, non è stata colpa tua. Lo sai anche tu che, a volte, è necessario che si verifichino questi eventi, sono del tutto naturali... Il tuo è un compito molto difficile e sono certa che hai sempre fatto il possibile per tenere a bada gli elementi e impedire che troppe persone ne subiscano le conseguenze. Certo, capisco che, se conoscevi quest'uomo in passato e l'hai visto morire così... Dev'essere stato davvero traumatico per te. Una vera tragedia, ma non devi incolparti troppo."

"Non consolarmi, so perfettamente che ciò non giustifica le mie azioni, ma ho perso la testa. Mi sono sentita così in colpa per non essere riuscita a salvarlo, che volevo solo dimenticare: dimenticare tutto, di essere la Vertelch e... scordarmi del presente e del passato, per-persino di t-te e d-di luui..."

La voce della giovane fu spezzata da una nuova serie di singhiozzi. Merlino e Priscilla si dimostrarono pazienti e comprensivi, attendendo in silenzio che riprendesse spontaneamente il suo racconto.

"Ero come immersa in una voragine nera, circondata dal vuoto, poi mi sono sentita chiamare. Un richiamo che io comprendevo, anche se non era umano. La fonte voleva sostituirmi, ma io... io mi sono rifiutata di andarmene, non era giusto che qualcun'altra dovesse essere rinchiusa qui dentro e magari dover subire la stessa sofferenza che stavo provando io... No, non era giusto che io dovessi andar via da qui, semplicemente. Se questi poteri mi erano stati affidati, avrei continuato ad usarli e..."

Deglutì a fatica, sussurrando il seguito in tono amareggiato e sofferente.

"Mi sarei vendicata, sì, vendicata del fato crudele, di questa 'trovata' della fonte e dei Sette Saggi... Come se fosse tutta colpa loro, sì: avrei usato i poteri a mio piacimento, senza dar retta ai fluidi e ai loro mutamenti. Avrei deciso io, che fare e come usarli e così... Avrei dimostrato che la fonte aveva commesso un errore a scegliere me, sì! Poi..."

Lucynda si bloccò, incapace di continuare, vinta dalla vergogna che provava per il suo comportamento. Priscilla cercò di tranquillizzarla, accarezzandole il braccio.

"Su, cara, coraggio."

Non sapeva che altro dirle per confortarla, tuttavia, al posto suo, intervenne Merlino.

"Tutti noi reagiamo in maniera diversa al dolore e la vostra è stata senza dubbio una circostanza molto particolare! Non dovete seguitare a incolpare voi stessa, Lucynda, l'importante è che vi siate ricordata chi siete e che, ora, possiate assolvere il vostro compito e vogliate rimediare!"

Lucynda scosse forte la testa; sentiva di non meritare alcuna comprensione e di dover ricevere una punizione esemplare.

"No, no, io mi sono comportata in modo orribile, anche con voi. Ho abusato dei miei poteri e ho causato sofferenza a mia volta! Ma ero così confusa! Era come se... Come se fossi diventata qualcun altro. Ho cominciato ad agire sconsideratamente, senza ricordarmi più nulla di ciò che era accaduto. Cercare di ricordare era troppo doloroso, volevo solamente dimenticare, ma ora mi rendo conto della mia follia; quel poco che ricordo di ciò che ho fatto mi basta per vergognarmi così tanto di me stessa! Non sono degna del vostro aiuto, ma grazie per essere giunti fin qui, grazie per non esservi arresi con me! Vi ringrazio davvero."

Merlino prese la parola, desiderando alleviare la sua pena; nonostante tutto, riteneva che Lucynda meritasse comprensione, per quanto il suo comportamento non fosse giustificabile. Il solo pensiero di cosa avrebbe provato lui se egli stesso avesse fatto del male involontariamente a una persona cara con i propri poteri, tanto da ucciderla, lo atterriva a tal punto da non riuscire quasi ad immaginarselo.

"Il vostro fardello era già difficile da sostenere anche prima che vi capitasse quanto ci avete appena raccontato. So bene cosa significhi sopportare da solo il peso di un'enorme responsabilità. A volte, si vorrebbe essere qualcun altro, chiunque altro, pur di essere liberi da esso, e si prova persino invidia verso coloro che non sembrano avere preoccupazioni, anche se sono persone comuni, che, la magia, non sanno nemmeno cosa sia! Suppongo che questo sia un po' quello che è accaduto a voi, in modo amplificato, diciamo... Avete scelto di essere qualcuno che non siete, una persona libera da scrupoli e ripensamenti, pur di non dover più soffrire e sentirvi dilaniata dal senso di colpa. Certo, non è mai giustificabile abusare dei propri poteri per vendicarsi o sfogarsi, ma capisco bene la tentazione di farlo: è una debolezza umana che ci accomu... Beh, perché mi fissate così? Ho forse detto qualcosa di sbagliato?"

Lucynda e Priscilla, che lo stavano guardando con gli occhi spalancati come due biglie, in modo tanto simile da risultare inquietante, si scambiarono un'occhiata perplessa; poco dopo, la seconda gli rispose, mentre la prima, confortata dalle sue parole, continuava a fissarlo con ammirazione.

"Da dove ti viene tutta questa sapienza, ragazzo? Chi sei tu e che ne hai fatto del chiacchierone confusionario di prima?"

"Spiritosa! Credo che sia sempre qui, sono due parti che convivono dentro di me! Scherzi a parte, penso che la mia sapienza, come l'avete chiamata, sia dovuta alla mia connessione con la magia della fonte; sì, dev'essere proprio per questo! L'esperienza avuta mi ha portato a conoscere meglio anche me stesso, perciò pure io vi devo ringraziare in un certo senso, Lucynda! Comunque sia, non dovremmo andarcene, ora?"

"Se Lucynda se la sente, certo. Sei abbastanza in forze, cara, per immergerti nella vasca e tornare indietro a piedi? È ora che la nuova Vertelch sistemi tutto!"

"Le ho davvero reso le cose difficili, temo! C'è parecchio da sistemare! Ci vorrà tempo prima che ritorni l'equilibrio. Comunque, ora è tutto più tranquillo, anche a Bre Bile la situazione si è stabilizzata, seguendo il mio umore; la tempesta è cessata. Forse, però, ho bisogno ancora di prendermi qualche minuto, se posso..."

"Certo, riposati ancora, se devi."

I tre rimasero in silenzio per un po', ognuno assorto nei propri pensieri. Priscilla desiderava porgere alla sorella un'ultima domanda, ma non osava: aveva paura di aprire di nuovo la sua ferita e non voleva sembrare inopportuna, ora che l'argomento era caduto. Però, avrebbe tanto voluto conoscerne la risposta! La guardò di sottecchi; stava di nuovo fissando la pietra facendosela girare nel palmo della mano, con aria sconsolata. Sembrava così fragile e giovane, era incredibile pensare che avessero la stessa età! Con quell'espressione smarrita, poi, pareva una bambina che aveva perduto qualcosa a cui teneva moltissimo. All'improvviso, sollevò gli occhi verso di lei e le lesse nella mente, esprimendo al posto suo il pressante interrogativo che le frullava in testa.

"Non vuoi chiedermi chi fosse?"

"Chi? A cosa ti rife..."

"Oh, andiamo! So benissimo che muori dalla voglia di chiedermelo. Del resto, ne hai tutto il diritto."

Priscilla sospirò.

"Non posso nasconderti proprio nulla! Vuoi dirmi chi era l'uomo che è... Insomma, solo se vuoi, naturalmente. Non ho visto niente al riguardo con la mia sfera e mi pare strano, lo conoscevo?"

Lucynda le rivolse un triste sorriso, sussurrando un'unica parola.

"Daven."

La sorella la guardò con aria interrogativa, dunque essa le diede un altro indizio.

"Daven di Fair Stone Bourgh. Del clan Förgh."

"Daven di... Oh!"

Merlino notò che la perplessità sul volto di Priscilla lasciava lentamente spazio prima alla sorpresa, poi alla consapevolezza: una consapevolezza amara e tardiva, che si fece strada in lei con tale intensità da sembrarle che il mondo si fosse capovolto all'improvviso. Solo allora, dopo tutti quegli anni, solo allora, in quel preciso istante, aveva davvero compreso i sentimenti di Lucynda, intuendo cosa le fosse accaduto - e cosa le avesse, in parte, celato - tante primavere prima: aveva conosciuto il vero amore, quello che capita una volta sola nella vita, e, senza poterlo nemmeno vivere, l'aveva custodito nascosto nel proprio cuore per anni, vivendo nel suo ricordo. Lei, da sciocca insensibile, aveva creduto che quel sentimento fosse stato qualcosa di passeggero, che fosse svanito dopo poco tempo, che fosse stata una semplice infatuazione senza alcuno strascico, qualcosa su cui avevano persino scherzato e di cui non avevano più parlato. D'altro canto, Lucynda, qualche anno dopo, era stata eletta Vertelch e non aveva avuto la possibilità di innamorarsi di nuovo e, magari, formare una famiglia. Priscilla, comunque, si era convinta che Daven non fosse stato poi così importante per la sorella. Ma così non era stato: al contrario, quell'amore giovanile aveva lasciato un solco profondo nel suo cuore inesperto, una ferita che, per volere del fato crudele, si era aperta di nuovo, ma che non si era mai rimarginata del tutto.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top