57. Duello faccia a faccia
Grazie all'intervento di Merlino, che bloccò Priscilla giusto un attimo prima che andasse a sbattere contro la parete, adagiandola poi dolcemente al suolo con i suoi poteri, l'anziana strega non si fece troppo male, almeno non fisicamente. Ma, appena egli le si avvicinò di corsa per controllare le sue condizioni, fu chiaro che il gesto crudele e inaspettato da parte della sorella aveva ferito profondamente il suo animo, causandole un vero e proprio trauma a livello psicologico. Priscilla, infatti, se ne stava seduta lì per terra, con la schiena appoggiata al muro, senza fiatare e immobile, se non per un lieve tremore che, ogni tanto, la percorreva tutta dalla testa ai piedi; non rispose nemmeno a Merlino, che, preoccupato, le si inginocchiò accanto scuotendola delicatamente per una spalla e pronunciando con dolcezza il suo nome. Nessuna reazione, nessun commento, neanche una sillaba: i suoi occhi erano vitrei e l'espressione senza vita, assolutamente neutra, rassomigliava in maniera inquietante a quella di una bambola incapace di provare emozioni di qualsiasi tipo. Non sembrava nemmeno spaventata, delusa o affranta; il volto della donna era una maschera inespressiva, come se la sua anima, rifiutandosi di accettare ciò che era appena successo, avesse momentaneamente abbandonato il suo corpo, trasformandolo così in un guscio vuoto.
Intuendo che la povera strega non si sarebbe ripresa tanto presto, il giovane mago si premurò di aiutarla, almeno per quanto gli era possibile: stringendo una delle sue maniche fradicie con la mano destra, sussurrò un incantesimo che assorbì all'istante ogni traccia di acqua dalla sua veste; perlomeno, non avrebbe preso una polmonite per colpa sua. Per il suo animo, purtroppo, non poteva fare granché; si limitò a pronunciare poche parole per rassicurarla, parole di cui egli stesso non si sentiva affatto sicuro, sapendo che, comunque, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per renderle corrispondenti alla realtà.
"State tranquilla, riporterò vostra sorella da voi."
Priscilla non diede il benché minimo segno di avere udito tale promessa; ogni muscolo del suo viso restò immoto e il suo sguardo rimase assente e distante, come se fosse stata congelata da un sortilegio. Un sortilegio che le aveva praticamente spezzato il cuore, quel cuore che - Merlino ne era certo - esisteva eccome dentro di lei, per quanto non fosse propensa a manifestare i suoi veri sentimenti e nascondesse la propria bontà dietro ai commenti acidi e isterici dei quali, in quel momento, egli sentiva quasi la mancanza.
Il giovane si alzò lentamente, rivolgendole un ultimo sguardo affettuoso, e si girò verso la Vertelch, deciso ad affrontarla una volta per tutte: non aveva paura di lei, anzi, sentiva che Lucynda faceva ormai più paura a se stessa, divorata da qualcosa che le aveva fatto perdere la consapevolezza razionale di ciò che le stava attorno e di ciò che, con i suoi stessi poteri, stava facendo. Si prese ancora un istante per asciugare la propria veste con la stessa magia che aveva adoperato su Priscilla e, infine, alzò lo sguardo, risoluto e determinato, verso la donna, che non manifestava alcun segno di pentimento per aver maltrattato un'anziana incapace di difendersi, a prescindere dalla parentela tra loro. Questo pensiero lo fece infuriare e gli fece stringere i pugni per la collera, eppure egli riuscì a mantenere la calma e a trattenere l'impulso di attaccare per primo. La violenza non era mai la soluzione giusta per risolvere le cose e, soprattutto, non era di sicuro il mezzo più appropriato per arrivare al cuore di nessuno.
Rimanendo davanti a Priscilla, nel caso dovesse proteggerla, fece qualche passo in avanti, fissando la Vertelch con durezza. Poi, si fermò, drizzandosi in atteggiamento minaccioso, e iniziò a parlarle in tono fermo e deciso, pur sapendo che lei non si sarebbe fatta certo alcuno scrupolo ad attaccarlo, considerato ciò che aveva appena fatto. Tentò di rammentarle l'importanza del ruolo affidatole e di far leva sul suo senso di responsabilità, ricordandole quante persone avevano avuto fiducia in lei, allo scopo di constatare se ci fosse anche solo una minima speranza di iniziare una conversazione.
"Non vi vergognate? Trattare così vostra sorella, abusare dei vostri poteri e mettere in pericolo l'intero genere umano, dopo che vi è stato dato il compito di proteggerlo... Dopo che Gilbert, Bre Bile, la fonte stessa si sono fidati di voi e vi è stata donata la possibilità di diventare la Vertelch: è così che ripagate tutti loro?"
Il volto di Lucynda, irritata dal fatto che quello sbarbatello mingherlino e spocchioso avesse osato farle la predica con un tono consono a un saccente vegliardo, divenne il ritratto della rabbia: i suoi occhi si dilatarono, scurendosi al punto da sembrare neri come la notte più buia, e le sue mani presero a tremare in maniera incontrollabile; in preda a un'estrema agitazione, se le portò poi alla testa, afferrandosi i lunghi capelli color ebano, come se volesse strapparseli, e facendo così scivolare il cappuccio dal capo. Ora, gli pareva ancora più giovane e fragile, tuttavia egli sapeva di non dover abbassare la guardia: non si sarebbe lasciato impietosire nemmeno dal fatto che fosse una donna, non era quello il momento di essere cavalieri. La voce di Lucynda, irata e resa stridula dal nervosismo che la dominava, echeggiò per tutta la sala, rimbalzando sulle pareti spoglie.
"Voi, piuttosto, come osate venire a disturbarmi? Vi siete inoltrati qui senza nessun titolo e nessun diritto; avete violato questo luogo e ora avete la presunzione di farmi pure la predica, come se fossi io la bambina cattiva?!"
Fremendo di sdegno, sollevò una mano, facendo apparire delle lame di ghiaccio appuntite e sottili che, fluttuando nell'aria, puntarono dritte verso il mago, a tutta velocità. Ma egli non rimase certo lì fermo ad aspettarle.
"Astrice!"
Un alto muro di fiamme si frappose tra lui e le lame; per alcuni istanti, esse rimasero sospese al suo interno, cercando di superarlo, fino a che l'incantesimo di Merlino - che, con un ulteriore lampo dorato degli occhi, intensificò il calore - ebbe il sopravvento, sciogliendole prima che riuscissero a oltrepassare e a colpirlo. Una volta neutralizzati quei proiettili glaciali, egli fece sparire le fiamme con un semplice cenno.
La Vertelch, non troppo sorpresa dal fatto che l'avversario - il quale aveva già dimostrato la sua abilità, tanto da riuscire a starle alla pari - avesse respinto quel suo attacco banale, riprese a parlare, con tono più lamentoso e stanco rispetto a prima. Non sembrava nemmeno avere voglia di combattere, anzi, pareva essere stanca di tutto e tutti; ma, per quanto essa fosse esasperata, ancora non voleva arrendersi, tornare in sé, capire e, soprattutto, ricordare. Il suo comportamento era solo un tentativo estremo di autodifendersi da un dolore che era stata incapace di accettare e che l'avrebbe consumata, se l'avesse affrontato da sola.
"Ma insomma, si può sapere, tu... Chi sei? Che cosa vuoi?"
Dietro di sé, Merlino udì Priscilla emettere un suono soffocato, a metà tra un singhiozzo e un gemito; non appena aveva sentito la voce della sorella, identica a come la ricordava, si era ripresa dallo shock e si era lentamente rialzata appoggiandosi alla parete, rianimata dalla speranza: se Lucynda aveva reagito alle parole di Merlino parlando in modo sensato, non tutto era perduto.
Il mago si presentò senza giri di parole.
"Io sono Merlino."
Un silenzio tombale seguì a questa sua affermazione: la Vertelch rimase immobile e muta, fissandolo a lungo. Dopo un po', sul suo volto comparve un'espressione di meravigliata incredulità, ben presto sostituita dal cipiglio irritato di chi si sente preso in giro e offeso da una battuta di falsità troppo evidente per essere creduta.
"Dovrei ridere? Se è un tentativo per distrarmi e appropriarti in qualche modo dei poteri della fonte, è davvero pessimo: come pensi che possa crederti?"
Indignata, lanciò un altro incantesimo, con un cenno quasi impercettibile del capo, generando dei dardi di fuoco che si materializzarono dal nulla alle spalle di Merlino, allo scopo di coglierlo di sorpresa. Tuttavia, quest'ultimo, percependo il minaccioso flusso di magia che si dirigeva contro di lui, non si lasciò sorprendere: senza nemmeno voltarsi, mantenendo gli occhi fissi su di lei, contrattaccò all'istante.
"Merr torr sweoolhat!"
Con un ghigno appena accennato, che palesava la sua soddisfazione, ne prese il controllo e li diresse verso la loro creatrice; quest'ultima li dissolse in un battito di ciglia, poco prima che la colpissero, ma, stavolta, rimase sbalordita, visto che lei aveva fatto sul serio, ricorrendo a una quantità di potere maggiore rispetto al primo attacco: com'era possibile che quel ragazzo avesse avuto la meglio con tale facilità? Certo, sapeva di essere molto stanca e non all'apice delle proprie forze mentali e fisiche, ma non credeva che al mondo esistesse qualcuno in grado di duellare con lei in quel modo, a parte, forse, i Sette Saggi, che non erano più in vita da secoli. Pure prima di invocare i Menearth, era riuscita a impedire a Gilbert di avvicinarsi ancora a lei con estrema facilità, senza neppure essere stata costretta a fargli del male; egli aveva dovuto arrendersi di fronte all'evidenza della disparità esistente tra loro e non era certamente il primo venuto! Invece, questo giovane dall'aspetto così apparentemente fragile trasudava magia da ogni centimetro della sua pelle, da ogni penetrante occhiata che le rivolgeva, dandole una sensazione di sconcertante superiorità e autorità: com'era possibile? A meno che, davvero, egli avesse detto la verità e lei avesse veramente di fronte a sé...
Il giovane dai capelli corvini, con un sorriso di sbieco e una scrollata di spalle, interruppe le sue riflessioni.
"Finiti questi effetti speciali? L'accoglienza non è proprio il vostro forte... Se non mi credete, non è un problema mio, vi posso assicurare che Merlino è il nome che mi ha dato mia madre quando sono nato e ci sono piuttosto affezionato, se permettete, anche se alcuni mi conoscono anche come Emrys."
A quella rivelazione, Lucynda sobbalzò, con aria sempre più meravigliata; nel contempo, un pizzico di sincera curiosità e una vivida scintilla di ammirazione prese ad animare le sue iridi, segno che qualcosa, in lei, stava mutando. Merlino se ne accorse subito e sorrise alla sua reazione.
"Devo dedurre, dal vostro sguardo, che vi ricordate chi sono?"
La Vertelch aprì la bocca esterrefatta, senza emettere un suono; al vederla così genuinamente sorpresa e confusa, il mago provò verso di lei una simpatia spontanea, che gli fece acquisire ancora più sicurezza e speranza verso il buon esito della missione. Anche Priscilla notò immediatamente il cambiamento della sorella e intervenne, ponendosi a fianco del giovane compagno.
"È proprio così, Lucynda: quello che hai di fronte a te è proprio Merlino, te lo posso giurare sulla mia sfera."
"Come io, Merlino in persona, posso giurare su me stesso che questa al mio fianco è vostra sorella Priscilla. Se vi ricordate di me, sono certo che non possiate esservi dimenticata di lei, considerato quanto siete affezionate e legate l'una all'altra."
La giovane boccheggiò, seguitando a fissarli con espressione decisamente più confusa che adirata.
"Ma... ma..."
Merlino la esortò gentilmente a continuare, con aria vagamente divertita, mentre lei spostava lo sguardo sempre più smarrito a turno su entrambi.
"Sì? Dite pure."
Lucynda scosse la testa, diffidente e quasi dimentica del duello tra di loro.
"Questo è impossibile: ora come ora, Merlino - sempre che sia ancora vivo - dovrebbe essere un vecchio bacucco, ancor più di Gilbert e di Priscilla. E poi, che sarebbe venuto a fare qui?!"
"Beh, è merito vostro, o meglio, colpa vostra, se mi trovo qui. Comunque, io sono Merlino, ma in realtà sono il Merlino del passato, non quello del futuro. Voglio dire, non quello del presente, di questo vostro presente, per intenderci... Ma del passato, perciò non sono ancora un vecchio bacucco, come certo diventerò... O, meglio, lo sono già, in effetti! Cioè, sono arrivato qui assieme ad Artù che stava per fare il bagno, perché Gilbert ha aperto un portale nella tinozza... Buffo, vero? Cioè, Lynn ci ha spiegato dopo che era stato lui. Comunque, io e Gaius avevamo capito che quella povera ragazza nella stalla non c'entrava un fico secco e che un mago aveva aperto il portale per giungere a Camelot, ma è Lynn che mi ha spiegato quasi tutto... Per poco Artù non la strozzava, poveretta, ma..."
Merlino interruppe il suo sproloquio confusionario notando che Lucynda lo stava fissando con gli occhi praticamente fuori dalle orbite; Priscilla sospirò scuotendo forte la testa e alzando gli occhi al cielo con evidente aria di disapprovazione.
"Per tutti i satelliti di Giove! Le tue spiegazioni sono inutili e servono solo a confondere, sono persino peggiori delle mie previsioni più oscure! Non sai essere più chiaro e meno logorroico?"
"È che parlo molto se sono nervoso, me l'hanno già fatto notare anche Gaius e Artù. Comunque, stavo solo cercando di puntualizzare che non sono ancora il Merlino leggendario che vostra sorella..."
"Tu parli SEMPRE troppo! Potevi semplicemente dirle che sei Merlino da giovane, senza ingarbugliare la questione con un monologo senza capo né coda!"
"Era solo un modo per fare conoscenza e ottenere la sua fiducia: è un buon segno che ricordi chi sono, no?"
"Certo, ma non occorre che tu le faccia il lavaggio del cervello! Non vedi che si trova in stato confusionario già da sola, poverina?"
"Oh beh, scusate tanto se non sono di poche parole come voi!"
"Meglio poche, ma buone che tante inutili e..."
"O per Mercurio! STATE ZITTI!"
Entrambi, abbandonando all'istante la vivace discussione intrapresa, si voltarono verso Lucynda, la quale, dopo aver gridato loro di tacere, si stava coprendo le orecchie con le mani, a occhi chiusi; trovava intollerabile e incredibile che si fossero messi a parlare di lei come se non fosse presente. Priscilla percepì distintamente le sue emozioni - la confusione, la sorpresa, la paura e un accenno di sollievo -, ma, in quel momento, non c'era traccia di rabbia o collera; era sull'orlo di cedere e lasciarsi avvicinare: era l'occasione giusta per ritentare di parlarle e avrebbe riversato tutti i suoi sentimenti e tutto il suo cuore nel farlo. Prese ad avanzare cauta, tallonata da Merlino.
"Cara, scusaci, non volevamo turbarti. Ricordi quando la mamma ci raccontava delle imprese di Merlino? Come attendevamo con ansia che arrivasse la sera perché ce le narrasse?"
Lucynda riaprì gli occhi per metà, guardandola atterrita e scuotendo piano la testa.
"No, no, non voglio ricordare..."
Priscilla, tuttavia, avvertendo che le difese della gemella si stavano abbassando, non demorse e continuò ad andarle incontro.
"Ci piaceva tantissimo ascoltarle, anche se ormai le avevamo imparate a memoria. Papà ci chiedeva se non eravamo ancora stufe di 'Merlino di qua, Merlino di là' e noi rispondevamo in coro..."
Lucynda la guardò aprendo del tutto gli occhi, che ora apparivano lucidi, come se da essi stessero per spuntare delle lacrime, trattenute da lungo tempo. Poi, concluse la frase, in tono nostalgico e tranquillo, sussurrando così dolcemente da sembrare quasi un'altra persona.
"Non ci stancheremo mai di sentirle: era questo che rispondevamo felici... E io proclamavo che Merlino era il mio eroe e che avrei tanto voluto conoscerlo."
Le sue labbra accennarono un sorriso tremulo, che, però, fu cancellato subito da una smorfia di dolore.
"Quel passato non esiste più, io non esisto più... e nemmeno lui e la colpa è solo mia. Dovete andarvene! Vi farò del male... anche a voi, se restate qui!"
A quel punto, con scarsa convinzione, tentò di colpirli con due piccoli fulmini, due saette di debole intensità che partirono dalle sue mani levate verso l'alto; Merlino le parò abilmente, creando uno scudo invisibile contro cui esse urtarono, rimbalzando all'indietro, sopra allo specchio, che, nonostante fosse stato colpito, non si ruppe: esso si illuminò di un'abbagliante luce bianca, assorbendo le scariche elettriche.
Lui e Priscilla continuarono ad avvicinarsi, mentre Lucynda li fissava con lo sguardo sempre più terrorizzato, ma anche incerto, fino a che essa fece un passo indietro, andando ad urtare la fonte e appoggiandosi al bordo. Presa dal panico, con la fronte imperlata di sudore freddo, tuonò un ultimo avvertimento con voce soffocata.
"State fermi, non osate avvicinarvi o..."
Priscilla si fermò a un paio di metri da lei, tendendole di nuovo una mano con un sorriso gentile, serena nonostante la precedente esperienza.
"Voglio solo capire, Lucy, ed aiutarti! A chi ti riferivi prima? A chi hai fatto del male? Dobbiamo capire, devi liberarti di quello che ti pesa sul cuore, perché tu possa andartene da qui e rifarti la vita che meriti."
Lucynda scosse la testa con decisione.
"Nessuno può aiutarmi, non merito l'aiuto di nessuno! Che devo fare per convincervi? Dovreste odiarmi per tutto quello che ho fatto! Odiarmi quanto io odio me stessa! LASCIATEMI IN PACE!"
Urlando con foga queste ultime parole con volto supplichevole ed estremamente turbato, la Vertelch mise una mano all'interno della fonte; da essa cominciarono a fuoriuscire delle piccole bolle grigiastre, che ben presto si trasformarono in pericolose e veloci...
"SASSATE!"
Stavolta, Priscilla fu in grado di prevedere le sue intenzioni e, con un grido allarmato, avvertì Merlino, che era appena dietro di lei, giusto un attimo prima che all'incirca metà dei sassi - alcuni dei quali erano grandi quanto un pugno - venissero scagliati contro di loro.
"Prosm Tohweorf!"
Con un impetuoso e preciso soffio di vento, il mago deviò le singole sassate dirette contro la compagna una per una, gettandole lontane; ma, nel frattempo, una pietra particolarmente affilata lo colpì di striscio a uno zigomo, lasciandogli un graffio ben visibile vicino all'occhio destro e facendogli emettere un grido di dolore.
"AHI!"
Il graffio non era poi così profondo e il sasso nemmeno troppo grande, tuttavia gli bruciava terribilmente, come se qualcuno lo avesse toccato in quel punto con una lama infuocata. Poco dopo, fu scosso da brividi in tutto il corpo, come se avesse la febbre alta: era quella la forza devastante dei poteri della fonte? Non poteva finire fuori combattimento per così poco! Dopotutto, aveva avuto la meglio su un grosso drago di fuoco ed era arrivato fino a lì... Eppure, le sue gambe vacillarono, la sua vista si oscurò di colpo e, preso da un'improvvisa debolezza, fu costretto ad appoggiare un ginocchio a terra. Priscilla, allarmata, gli mise una mano su una spalla, esortandolo a rialzarsi, mentre altri sassi, minacciosi, galleggiavano in aria sospesi sopra la fonte, pronti ad essere scagliati non appena la Vertelch l'avesse deciso.
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