37. Un ultimo ostacolo

"Certo che sono proprio brutti!"

"E grossi, soprattutto! Saranno alti quasi il doppio rispetto a noi! Ma davvero quei... cosi... sono vivi, Gilbert?"

"A vederli così, sembrano solo delle grandi statue!"

"E nemmeno ben fatte, tra l'altro! Che hanno in testa? Una specie di teglia?"

Artù e Sir Gillian, sussurrando, espressero le loro prime impressioni riguardo ai due bizzarri esseri seduti davanti alla grotta che, almeno secondo quanto essi sapevano, conduceva al tempio sacro. Ora che li avevano sotto agli occhi, non sembravano poi così temibili: come aveva già anticipato Gilbert, non dovevano essere molto veloci, data la loro stazza, e non parevano per nulla svegli, in tutti i sensi. I cavalieri iniziavano a credere che, in fin dei conti, non sarebbe stato così arduo sconfiggerli, nonostante quei giganti fossero certo resistenti e forti. Anche il vecchio mago, in mezzo ai due uomini di Camelot, li stava fissando in silenzio, mantenendo, però, un'aria seria e circospetta, che portò i suoi compagni a pensare di non dover abbassare la guardia sulla base di quell'apparente immobilità. Tutti e tre erano inginocchiati, sotto una violenta pioggia battente, dietro un grande masso e, così nascosti, osservavano i Menearth a distanza di sicurezza, studiando nel contempo l'esigua area circostante. Quegli esseri imponenti e grotteschi, fatti di roccia, sabbia e terra, dalle gambe tozze e sporche di fango, dai piedi enormi e squadrati, ricoperti da larghe foglie palmate, erano ancora immobili e parevano non essersi affatto accorti della loro presenza. Tenevano il grosso capo - sormontato dall'insolito copricapo che Sir Gillian aveva ironicamente paragonato a una teglia - appoggiato col mento su dei grossi scudi anch'essi di pietra, con aria annoiata. Il dettaglio più misterioso che colpì Artù era l'assenza di occhi, ma, forse, erano piccoli, oppure coperti, e, comunque, non era abbastanza vicino per esserne sicuro; nel complesso, ricordavano davvero due statue inespressive, incompiute, ma inquietanti, soprattutto per la bocca, costituita da quei sassi grigi di cui Gilbert aveva già descritto l'importanza, che, in quel momento, disegnavano una linea perfettamente orizzontale, contribuendo a dare loro un aspetto cupo e apatico. Ma, prima di giungere lì, il principe e Sir Gillian avevano dovuto vedersela con un ultimo ostacolo, che li aveva fatti, dapprima, esitare, e, in seguito, persino rischiare di essere visti subito; se non fosse stato per la prontezza del mago, sarebbero stati costretti a un attacco improvvisato, senza avere il tempo né di osservarli né, tanto meno, di elaborare un piano, come stavano facendo proprio in quel momento.

                               ***

Dopo aver salutato Merlino ed essere sceso per gli stretti gradini, Artù trovò Sir Gillian e Gilbert fermi ad attenderlo a pochi passi di distanza dalla fine della scalinata. Si scambiarono un sorriso un po' teso e, senza fare commenti, si avviarono uno dietro l'altro; percorsero in silenzio una breve galleria umida e immersa nell'oscurità, illuminata solamente dalle luci magiche di Gilbert, in testa al gruppo, fino a che non si trovarono davanti a un bivio. Senza indugio, il mago prese il sentiero a destra, che, stranamente, si rivelò essere un vicolo cieco: davanti a loro, si stagliava una parete di roccia solida e compatta e chiunque, secondo la logica comune, avrebbe pensato che non ci fosse alcun modo di proseguire. I due cavalieri si scambiarono un'occhiata perplessa. Artù si azzardò a interrogare Gilbert, mentre si avvicinavano sempre di più alla parete: non dubitava davvero di lui, ma la cosa gli sembrava veramente troppo strana.

"Ehm... Scusate, siete certo che non ci siamo... persi, tipo?"

Gilbert si girò sorridendo verso di lui e gli rispose parlando molto rapidamente, preso, forse, dall'eccitazione o dal nervosismo, al punto che Artù e Sir Gillian non capirono un granché.

"Certo che ne sono certo! Ve l'ho già detto, niente è come sembra: seguitemi! Non dovete esitare, chiudete gli occhi se non ci riuscite! Mi rendo conto che non sia facile per chi lo fa per la prima volta: la paura di sbattere contro il muro vi frena, lo capisco benissimo! Logico, è più che naturale che sia così! Ma state a vedere!"

Senza badare ai loro sguardi vacui, fece tre passi avanti con decisione, percorrendo velocemente la distanza che lo separava dalla parete, ma, invece di andare a sbattere come i due si aspettavano, sparì al di là di essa, come se fosse diventato un fantasma in grado di attraversare i muri. Artù e Sir Gillian rimasero soli, assieme a una sola delle luci magiche che li avevano accompagnati: l'altra era scomparsa con il mago. Si guardarono allarmati senza sapere cosa dire, esterrefatti e a bocca aperta: che dovevano fare ora? Perché Gilbert non aveva fornito una spiegazione più precisa? Bastava veramente continuare a camminare come se niente fosse? Non erano sicuri di saperlo fare: senz'altro, l'istinto avrebbe impedito loro di comportarsi con la sua stessa naturalezza. E davvero sarebbe stato lo stesso anche per loro, che non avevano uno straccio di poteri magici? Si aspettavano che Gilbert, non vedendoli arrivare subito, tornasse indietro, ma, dato che egli non tornava, si decisero a provare. Tenendo ciascuno queste riflessioni per sé, discussero cordialmente su chi dovesse andare per primo. Nonostante tutto il loro coraggio, quel tipo di stranezze restava qualcosa di misterioso che li rendeva a disagio e titubanti, ancor più della battaglia stessa che li attendeva di lì a poco: alle battaglie e a combattere, almeno, erano abituati.

"Beh, prego, Artù! A voi l'onore, naturalmente!"

"Ma no, vai pure prima tu, vecchio mio! Non mi offendo mica, sai bene che non bado alle questioni di rango: e poi, non vorrei lasciarti qui al buio se anche questa sparisse!"

Così dicendo, indicò la luce magica rimasta che, tutt'a un tratto, aumentò d'intensità e prese a girare velocemente attorno a entrambi, schizzando dall'uno all'altro; subito dopo, essa si avvicinò ai loro occhi abbagliandoli, come una grossa lucciola impazzita.

"Ma cosa?! Che le prende all'improvviso?! Sembrava così innocua e tranquilla prima!"

"Ah, aiuto, non ci vedo più! Credo che voglia che ci sbrighiamo, Artù!"

"Ma sì, sì, ho capito, è solo che..."

"Cos'è tutta questa confusione?"

Improvvisamente, la testa di Gilbert spuntò fuori dal muro, rimanendo come sospesa a mezz'aria; a quell'apparizione, gli impavidi cavalieri lanciarono un unanime grido di paura. La luce, nel frattempo, si era avvicinata al mago come un cagnolino che saluta festosamente il padrone appena rientrato a casa.

"Oh, le mie umili scuse, non volevo certo spaventarvi! Spero che non abbiate pensato che io volessi abbandonarvi qui! Immaginavo che avreste esitato un po' a seguirmi e, intanto, ne ho approfittato per osservare la situazione: tutto bene, i Menearth sono tranquilli, potrete elaborare una strategia con calma restando nascosti ad osservarli!"

Si rese conto solo allora delle loro espressioni sgomente e dei loro occhi lucidi per via della luce. Intuì cosa fosse accaduto e si affrettò a scusarsi e a rassicurarli, spronandoli.

"Oh, scusate, la luce deve aver reagito alle mie emozioni, sono un po' nervoso: non era certo mia intenzione abbagliarvi, non l'ho fatto di proposito! Su, lo vedete che questa parete non esiste? È solo un'illusione! Dovete soltanto camminare con decisione e vi troverete dall'altra parte senza problemi!"

A quella rivelazione, dapprima i due si guardarono l'un l'altro sconcertati, poi annuirono lentamente e, di tacito accordo, decisero di fingere di averlo già capito, senza confessare tutti i dubbi che li avevano assaliti.

"Oh, certo, l'avevamo capito!"

"Ma sicuro! L'ho immaginato subito!"

"Non poteva essere altrimenti, vedi? Te lo dicevo io!"

"Stavamo solo decidendo chi dovesse andare per primo, non dubitavamo certo che..."

"Ora arriviamo, non preoccupatevi!"

Gilbert, senza fare ulteriori commenti per non metterli in imbarazzo, rivolse loro un gran sorriso con aria complice.

"Bene, vi aspetto! Mi raccomando: con decisione, o potrebbe anche non funzionare!"

La sua testa sparì, rapida com'era apparsa, lasciandoli di nuovo da soli, ma molto più sollevati.

"Voi l'avevate capito, Artù, vero?"

Artù alzò le spalle, come per dire che chiunque avrebbe intuito una cosa così scontata.

"Ormai lo sappiamo: non possiamo fidarci dei nostri occhi da queste parti, no?"

"Già."

"Speriamo solo che questa sia l'ultima stranezza! Ci sono passaggi segreti dappertutto, o riduttori o..."

"Riducenti, Artù... Credo che si dica..."

"Ma sì, quello che è! Non mi entra proprio in testa... Bene, andiamo!"

Prima che Gilbert tornasse indietro ad esortarli di nuovo o che la luce li accecasse un'altra volta, Artù si decise ad andare: non era poi una cosa così difficile da farsi, ora che sapeva che quella solida parete, all'apparenza invalicabile, era solo un'illusione. Se si faceva fermare da un ostacolo così semplice, come poteva pretendere di affrontare i Menearth? Già immaginava nella sua mente la voce provocatoria di Merlino, che l'avrebbe certo canzonato se lo avesse visto lì impalato come un spaventapasseri. Con sguardo fiero e risoluto, raddrizzando le spalle, indossò l'elmo che aveva tenuto in mano fino a poco prima, fece velocemente i tre passi che lo separavano dalla parete, ripetendo di continuo "con decisione" dentro di sé, ma, proprio all'ultimo momento, si inchiodò bruscamente, arrivando a sfiorare la roccia con la visiera.

"Maledizione!"

Sir Gillian lo incoraggiò in tono rassicurante.

"È solo una questione di istinto, Artù! Riprovate! Forse, è davvero meglio che noi due chiudiamo gli occhi, come ha consigliato Gilbert, non trovate?"

Artù lo guardò con rassegnazione: avrebbe voluto riuscirci al primo colpo, non gli piaceva fallire, in qualunque circostanza, ma doveva ammettere che quella era la soluzione migliore per non perdere altro tempo. La luce gli si avvicinò diminuendo d'intensità e svolazzando lentamente, come se desiderasse sostenerlo con la sua presenza.

"Sì, forse è meglio."

Indietreggiò, emise un gran sospiro, chiuse gli occhi e si concentrò. Attorno a sé, avvertiva solo la presenza di Sir Gillian e il fioco rumore di una goccia d'acqua che cadeva ritmicamente da qualche parte della galleria sotterranea. Approfittò di quel suono regolare per contare nella sua mente cercando di non pensare più a nulla: uno, due, tre, quattro, cinque! A quel punto, percorse con tre falcate decise lo spazio che lo separava dalla parete, pensando solo ad andare avanti, a nient'altro se non ad avanzare: uno, due, tre... quattro, cinque... Per una frazione di secondo non avvertì nulla; si era concentrato talmente tanto da isolarsi del tutto dall'ambiente circostante: un'abilità che aveva appreso grazie ad anni di esperienza di duelli individuali, vista la necessità di concentrarsi solo sul proprio avversario, senza badare a niente che potesse essere fonte di distrazione. Teneva ancora gli occhi chiusi e si apprestava a fare un altro passo, quando, inaspettatamente, Gilbert lo fermò afferrandolo per un braccio.

"Bene, ce l'avete fatta!"

I suoi sensi ripresero a funzionare all'istante, rendendosi conto, con immenso stupore e tutt'a un tratto, del cambiamento attorno a sé: stava piovendo, anzi, infuriava una violenta tempesta e una folata di vento freddo gli fece battere i denti, nonostante la spessa corazza. Il cielo era piuttosto scuro, ma veniva spesso rischiarato da fulmini che avevano un che di innaturale. Come accidenti era riuscito a isolarsi dall'esterno talmente tanto da non accorgersi subito di essere giunto a destinazione? Si stupì delle proprie capacità mentali e si sentì piuttosto fiducioso, pur trovandosi in un simile frangente. Gilbert gli fece segno di abbassarsi e di mettersi al riparo vicino a lui, dietro a un grosso masso; mentre aspettavano Sir Gillian, Artù si guardò attorno, anche se da vedere non c'era davvero un granché, a parte il cielo, i monti e le rocce: erano davvero in alto, come se si fossero veramente inerpicati in cima a un'alta montagna. Pochi passi oltre lo stretto sentiero sassoso e dirupato che vedeva al loro fianco - sicuramente poco sicuro: solo un pazzo o un aspirante suicida si sarebbe arrischiato a salire per quella via impraticabile senza far uso della magia - e sarebbero caduti da un altissimo strapiombo. Le avverse condizioni meteorologiche, ostacolando notevolmente la vista, non gli permettevano di capire a quale altezza precisa si trovassero, e, forse, era meglio così. Sembrava che fossero giunti letteralmente in cima al mondo; ricordandosi del monte che Gilbert gli aveva indicato al villaggio, stentava ancora a credere di essere lassù per davvero, soprattutto per il modo incredibile in cui erano arrivati: scendendo, invece di salire! Fortunatamente, non aveva mai sofferto di vertigini, ma il freddo pungente gli penetrava nelle ossa e non era per nulla piacevole: la sua mente si trovò a desiderare più che mai di essere nella sua bella tinozza piena d'acqua calda a Camelot. Alzò la testa per guardare di fronte a sé: il sentiero non proseguiva molto oltre rispetto a dove si trovavano; si incurvava verso destra, fino ad arrivare dritto all'entrata della grotta, dove si allargava in modo da formare un piccolo spiazzo. Fu allora che egli li vide: i Menearth stavano seduti lì davanti, completamente inerti e incuranti della tempesta. Non li avevano visti arrivare? Sembrava proprio di no, anche se non erano molto distanti. Stava per rivolgersi a Gilbert per ricevere conferma alla propria supposizione, quando quest'ultimo si alzò con uno scatto talmente fulmineo da sorprenderlo, data la sua età. Capì subito che cosa aveva visto: Sir Gillian si era appena materializzato vicino a loro, ma, come lui stesso prima, era rimasto con gli occhi chiusi, pertanto non li aveva visti. Il peggio era che non accennava a fermarsi: stava correndo proprio verso la grotta e, soprattutto, verso i Menearth; a differenza del principe, doveva aver preso una bella rincorsa per superare la parete e anche lui non si era reso conto subito di averla superata. Alla faccia di poter elaborare una strategia osservando il nemico a distanza! Sembrava che le cose sarebbero andate piuttosto diversamente.

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