33. Nel capanno
"Prego, Artù, entrate pure. Non fate caso al disordine."
Gilbert invitò il principe ad entrare in quello che, a prima vista, sembrava davvero essere solamente un piccolo capanno di legno per gli attrezzi agricoli, isolato al margine di un terreno che doveva essere stato zappato di recente. C'era soltanto qualche albero a delimitare il campo e le zolle emanavano l'odore caratteristico della terra appena smossa. Il capanno, visto dall'esterno, era talmente piccolo che pareva in grado di contenere a stento una persona e, per di più, tutti e quattro, chi più e chi meno, avrebbero dovuto abbassare la testa per entrare. I tre giovani si chiesero come avrebbero mai fatto a starci tutti; per giunta, esso era in uno stato abbastanza fatiscente: le assi di legno erano sconnesse in alcuni punti e la porticina, quasi sgangherata, senza alcuna serratura né chiavistelli, cigolò un po' sinistramente quando Gilbert la spalancò e li esortò ad entrare con una solennità eccessiva e persino comica per quanto era fuori luogo, come se stessero per varcare la soglia di una sala reale. All'interno, c'era solo qualche zappa e delle ragnatele penzolavano dall'alto, come se fosse parecchio tempo che qualcuno non entrava lì dentro. Merlino vide Artù scambiare un'occhiata scettica con Sir Gillian sulla soglia; lì per lì, anche lui era rimasto sorpreso, ma poi gli era venuto in mente ciò che Lynn gli aveva raccontato riguardo agli incantesimi di spaziamento: anche quel capanno doveva essere più grande di quanto appariva e, se Gilbert li invitava ad entrare con aria così convinta, sicuramente ci sarebbero stati tutti senza troppi problemi. Tuttavia, di fronte allo sguardo interrogativo ed esitante di Artù, si limitò ad alzare le spalle, come per dire che bisognava fidarsi e non farsi domande. Il principe emise un debole sospiro rassegnato e si decise ad entrare, abbassando la testa e limitandosi a un debole mormorio.
"Ormai non dovremmo stupirci più di nulla, no?"
Gilbert gli sorrise con aria misteriosa.
"Qui niente è come sembra... Prego, tocca a voi, Sir Gillian, io vi seguirò."
A quelle parole, Merlino pensò immediatamente all'illusione di Clarius che i due compagni ignoravano, per non parlare della Vertelch: essi davvero non sapevano fino a che punto la realtà fosse diversa dall'apparenza e ciò non si riferiva certo solo a quel capanno. Appena Artù e Sir Gillian entrarono, scomparvero come per magia; abbassando a sua volta la testa e strizzando un occhio a Merlino con aria complice, anche Gilbert sparì all'interno. Infine, pure lui si affrettò a seguirlo.
Il capanno visto da fuori e la stanza in cui ora tutti loro si trovavano avevano, dopotutto, delle cose in comune: anch'essa era piuttosto buia e polverosa e c'era qualche zappa qua e là appoggiata alle pareti; non c'erano finestre e la poca luce presente entrava quindi dalla porta, che Merlino aveva lasciato aperta. Ma, incredibilmente, era grande almeno cinquanta volte tanto e conteneva un po' di tutto alla rinfusa: rastrelli, secchi, bottiglie e vasi di vetro vuoti, diversi teli sul pavimento e una marea di altre cianfrusaglie di natura varia e non ben identificabile che parevano trovarsi lì per puro caso. Insomma, c'era una gran confusione e anche tanta polvere che, sollevandosi ai loro movimenti, fece emettere un forte starnuto ad Artù. Pure Gilbert tossicchiò un paio di volte.
"Mi spiace; tutto questo è voluto, ovviamente, affinché nessuno sospetti della presenza del passaggio riducente."
Sir Gillian afferrò una zappa, rendendosi conto che essa sarebbe servita a ben poco, dato che la lama sembrava essere sul punto di staccarsi dal manico da un momento all'altro.
"Quindi, tutte queste cose... Non le usate davvero, no? Del resto, a voi non servono..."
"Beh, qui non c'è quasi nulla... Qualche ascia per tagliare la legna forse... Anche a noi piace il contatto con la natura e non crediate che ricorriamo sempre alla magia. Però, quasi tutto quel che vedete sta qui per... bellezza, diciamo."
Vedendo lo sguardo attonito dei tre, si accorse di essersi espresso impropriamente e si corresse.
"Cioè, per rendere l'ambiente più... rustico e..."
Ci pensò Sir Gillian a trovare un aggettivo più adatto al caso.
"E più caotico, se posso dirlo... Ma capisco perfettamente! Geniale! Io non penserei affatto che qui si nasconda qualcosa di tanto importante, voi che ne dite, Artù?"
"Già! Eppure, non sembrava più grande di un ripostiglio per le scope!"
Gilbert spiegò che si trattava di un incantesimo di spaziamento, confermando così l'intuizione di Merlino, che, nel frattempo, si guardò attorno, alla ricerca di Priscilla e Clarius: davvero si trovavano lì dentro? Certo, l'ambiente era scarsamente illuminato, ma, se ci fossero stati, li avrebbero già visti. Che si stessero nascondendo o che Priscilla stesse per sbucare da qualche angolo, come da sua abitudine? Di Clarius nessuna traccia, ma, ad un tratto, con sua enorme sorpresa, egli colse un movimento: da un angolo vuoto della stanza, emerse all'improvviso, come se fosse comparsa dal nulla, la piccola figura scura che gli era familiare. La osservò avvicinarsi furtivamente ad Artù, che era girato dalla parte opposta e non poteva averla vista; non fece il minimo rumore e Merlino decise di non dire nulla, dato che Priscilla non costituiva un pericolo. Rimase a godersi la scena, pensando a come l'amico avrebbe potuto reagire. Aveva, però, sottovalutato i suoi acuti sensi da combattente: perciò, fu molto meravigliato quando egli, mentre fingeva di ascoltare assorto il resto delle spiegazioni, tutt'a un tratto, con un unico e repentino movimento, sguainò la spada e si girò verso Priscilla, puntandogliela dritta alla gola. A quella vista, Merlino e Gilbert gridarono allo stesso momento, per fermarlo e impedirgli di fare un'enorme sciocchezza.
"No, Artù, fermatevi!"
Il giovane mago si tappò immediatamente la bocca, lasciando che fosse il vecchio a rivelare che si trattava di Priscilla: lui non avrebbe dovuto conoscerla già e, se Artù avesse chiesto spiegazioni, avrebbe dovuto inventarsi un'altra panzana per giustificare il fatto che l'avesse incontrata in precedenza. Il principe, il cui gesto era stato subito imitato da Sir Gillian, per fortuna sembrò non aver sentito il suo grido. Gilbert si parò con fare protettivo davanti a Priscilla, chiedendo cortesemente ai due di riporre le armi; tra lui e la strega, paradossalmente sembrava proprio lui il più spaventato. Lei, al contrario, era rimasta immobile, senza né indietreggiare né emettere il minimo sussulto: nessuno poteva vedere la sua espressione, dato che era ancora incappucciata.
"È solo Priscilla, non avete nulla da temere! Per tutti gli strigoli! Ho appena perso qualche anno di vita."
I due cavalieri si affrettarono a riporre le spade nei foderi. Il biondo si scusò giustificandosi.
"Sono mortificato, ma non potevo saperlo: ho avvertito una presenza improvvisa alle spalle e ho reagito d'impulso. Ho creduto che volesse tenderci un agguato."
"Certo, Artù, la vostra reazione è del tutto comprensibile, anzi: è lei a doversi scusare, ha fatto una delle sue solite apparizioni ad effetto... È una sua abitudine avvicinarsi quando meno te lo aspetti, spesso sorprende anche me! Che ti serva da lezione, Priscilla! Avanti, di' qualcosa! Dovresti come minimo scusarti con i nostri ospiti per averli allarmati tanto! E togliti il cappuccio, almeno!"
Dato che quella non rispondeva, Gilbert lo abbassò al posto suo; la strega stava sorridendo in modo un po' inquietante, fissando Artù che, intimorito dal suo sguardo penetrante, fece un passo indietro, andando a scontrarsi con Sir Gillian. Poi, la strega se ne uscì con una bassa risata e un'affermazione sorprendente.
"Eheheh... Mi piace il ragazzo."
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