28. Restitutio memoriae
"Non sarà doloroso, vero?"
Sir Gillian, dimentico del suo intrepido coraggio, era decisamente inquieto all'idea che Bertha, una strega di mezza età magra e dal volto cavallino, fosse sul punto di praticargli l'incantesimo di "Restitutio memoriae". Come gli avevano appena spiegato con calma la donna stessa e Gilbert, non avrebbe sentito quasi nulla, o meglio, avrebbe percepito solo una vaga scossa alla testa, ma sarebbe durata ben poco, giusto il tempo di contare fino a cinque; a sentir loro, dunque, non c'era proprio alcun motivo di agitarsi. Nonostante le confortanti rassicurazioni, ripetute nuovamente alla sua domanda, chiese il permesso di sedersi per stare più comodo e soprattutto per non mostrare che, in realtà, le gambe gli stavano leggermente tremando a causa dell'ansia. Trasse un respiro profondo per calmarsi e cercò di farsi coraggio e di non far trapelare la sua inquietudine: era o non era un uomo? Un cavaliere della gloriosa e illustre Camelot, per di più? Non godeva forse anche dell'ammirazione e del sostegno del principe in persona, ora in piedi al suo fianco? Per tutti i draghi - come aveva sentito dire a Gherda - , c'era una battaglia da combattere! E l'avrebbe combattuta con onore e al meglio solo se armato anche della sua memoria e della sua esperienza di cavaliere. Del resto, se in precedenza aveva rimosso i suoi ricordi, senza dubbio ora quella strega sarebbe stata in grado di restituirglieli. Ripresosi, alzò il mento, fiero ed orgoglioso, vergognandosi del momento di debolezza che aveva avuto e pronto all'incantesimo.
Durante le spiegazioni di Bertha e Gilbert, di cui, a dire il vero, non aveva compreso un granché, essendo tanto turbato, i tavoli erano stati portati via dal resto dei maghi, che si erano allontanati per dare a Bertha la possibilità di concentrarsi meglio: era un incantesimo di breve durata, che però richiedeva silenzio e immensa concentrazione, perché tutti i ricordi tornassero ognuno al proprio posto, come le minuscole tessere di un mosaico, senza provocare confusione o vuoti di memoria. Attorno a lui, erano rimasti solo Artù, che aveva insistito per stare al suo fianco, sostenendo che fosse suo dovere, Merlino, un po' in disparte, dietro al principe, Bertha ovviamente, seduta proprio di fronte a Sir Gillian, e Gilbert, in piedi accanto alla strega, immobile al punto da sembrare una statua. Il cavaliere, con i suoi occhi color nocciola dalle sfumature ambrate, fissò il volto della donna, che aveva già gli occhi chiusi e aveva inspirato ed espirato profondamente per tre volte; a quel punto, ella sollevò le mani verso di lui e gli toccò con delicatezza entrambe le tempie con gli indici, eseguendo dei lievi e piccoli movimenti concentrici.
Ed ecco, tutto accadde così velocemente che l'uomo riuscì a cogliere solo alcune delle molteplici immagini che gli affollarono la mente: come dei lampi di luce difficili da distinguere l'uno dall'altro... Frammenti nei quali era racchiusa tutta la storia della sua giovane vita... Eccola, la scossa di cui gli avevano parlato: avevano ragione loro dopotutto, era davvero sopportabile, non c'era nulla da temere; era stato uno sciocco ad avere paura. Rassicurato e fiducioso, chiuse gli occhi a sua volta e cominciò a contare lentamente: pagina dopo pagina, frammento dopo frammento, tessera dopo tessera. Uno: il sorriso di suo padre mentre gli consegnava orgoglioso la sua prima spada, prezioso cimelio di famiglia. Due: l'agognata investitura a Camelot, dopo grandi sforzi e sacrifici, sotto il giuramento di essere sempre fedele al re e al regno. Tre: le emozioni provate al suo primo torneo, tra la gioia delle vittorie e l'amarezza della sconfitta. Quattro: la luce bianca che l'aveva avvolto nelle scuderie, sorprendendolo e spaventandolo al punto da non riuscire a mantenere la presa salda sull'elsa della sua spada. Cinque: la confusione e la paura, che l'avevano dapprima paralizzato, provate davanti agli abitanti di Bre Bile, portandolo subito dopo a comportarsi "come un cavallo imbizzarrito", proprio come aveva affermato Gherda. Eppure - adesso lo sapeva -, non tutti i maghi e le streghe erano pericolosi e malvagi come li dipingeva Uther: stando con loro, anche se per poco tempo, aveva conosciuto la loro ospitalità e la loro gentilezza, apprezzandole ancora di più ora che conosceva la situazione. Non li biasimava per avere rimosso i suoi ricordi: era stato troppo precipitoso nel giudicarli e li aveva considerati nemici senza nemmeno ascoltarli; lui stesso, con il suo atteggiamento ostile, li aveva costretti a farlo.
Riaprì gli occhi e incontrò lo sguardo preoccupato di Bertha; già, aveva spiegato che non ricorreva spesso alla sua abilità e probabilmente temeva che qualcosa fosse andato storto, dal momento che egli, scosso dall'incredibile esperienza appena vissuta, non si decideva a parlare. Le sorrise dolcemente per rassicurarla.
"Va tutto bene, vi ringrazio."
La strega tirò un sospiro di sollievo e annuì soddisfatta.
Sir Gillian si alzò e si scusò con Gilbert per il suo comportamento all'arrivo: li aveva praticamente aggrediti, senza nemmeno conoscere le loro intenzioni. L'uomo gli sorrise bonariamente.
"Nessun problema, Sir Gillian, è comprensibile. Siamo lieti di aver avuto un cavaliere di Camelot come nostro ospite, anche se si può dire che vi abbiamo forzato. Ma, forse, era destino che io sbagliassi col mio portale, portando qui voi, oltre che Artù: sono certo che il vostro contributo sarà essenziale."
Artù, ma certo! Per un attimo, travolto dall'emozione di aver recuperato la memoria, si era totalmente dimenticato della presenza del principe. Si girò di scatto e lo vide mentre scambiava un cenno soddisfatto con Merlino; poi, egli si accorse che lo stava osservando e gli rivolse un gran sorriso: il sorriso leale di chi trattava tutti i cavalieri di Camelot alla pari, senza fare distinzioni... Il sorriso sollevato e radioso di chi aveva ritrovato un compagno, come se tutti i cavalieri appartenessero a un'unica grande famiglia. Una famiglia da proteggere, in quel frangente più che mai.
"Bentornato, Sir Gillian!"
L'uomo, in silenzio, si inchinò solennemente di fronte al suo principe, sentendosi come se stesse per essere di nuovo nominato cavaliere. Artù, intuendo per lui l'importanza di quel momento, stavolta non protestò. Con lo sguardo rivolto umilmente a terra, Sir Gillian offrì fedeltà eterna ad Artù: non alla corona, non a una dinastia, non a un ideale astratto, ma a qualcuno che ammirava e rispettava, del quale aveva appena conosciuto un lato inedito proprio lì, a Bre Bile; non un principe, ma un ragazzo, un fratello, uno per cui si è disposti a combattere senza esitazioni.
"Sì, sono tornato, Artù: pronto a servirvi."
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