Un cuore malandato
Mi tremano le gambe mentre cerco di rivestirmi, aggiusto la camicia, infilo la maglia mezza storta. Guardo un'ultima volta quell'ambulatorio freddo e incolore, mi auguro di non tornarci mai più. Alla fine mi faccio forza e rientro nello studio lussuoso di Greg. I miei occhi corrono verso il volto di Holmes, cercando un sostegno, ma lui è impassibile. L'odioso ombrello appoggiato al bordo della scrivania.
Non si gira nemmeno, rassegnato mi lascio cadere nella fredda poltrona di pelle. Ne ho fatte di cose sbagliate, adesso è troppo tardi per pentirsene e poi, a cosa servirebbe? Le mani nelle tasche iniziano a tremare per la paura di essere ammalato.
Greg entra e mi scruta, mi chiede se sto bene. Forse sono troppo pallido. Mi riempie un bicchiere d'acqua e me lo porge. Solo allora mio padre si gira e mi osserva, lo vedo aggrottare la fronte e stringere la mascella.
"Non voglio nascondervi nulla." Il dottore si rivolge a Holmes.
"Mycroft, tuo figlio non ha avuto una vita facile e lo si vede dalle sue condizioni fisiche, a quanto ho potuto vedere ha diversi lividi e cicatrici, segno di maltrattamenti. Potrei azzardare che il suo stile di vita poco regolare, gli abusi di alcool e droghe, siano frutto di una mancanza di riferimenti e di un affetto stabile. Le sue cattive abitudini hanno minato la sua salute, ma soprattutto hanno compromesso il suo cuore. Il tracciato dell'ECG non è soddisfacente e mi preoccupa."
Vacillo, mi guarda e cerca di essere gentile. "Sherrinford ti ho detto che si può rimediare e te lo confermo, anzi mi impegno ad aiutarti concretamente."
Smetto di respirare, sposto lo sguardo su Mycroft, che non dimostra alcuna emozione, appare freddo e distaccato. Mi stringo le ginocchia con le mani gelide. Mi sento sprofondare, se cerco un sostegno da lui, questo è decisamente inesistente.
"Come possiamo aiutarlo, Greg?" Holmes sembra aver riacquistato la parola. Impugna il suo ombrello talmente forte che vedo le sue nocchie diventare bianche. Parla come se io non fossi presente e mi infastidisce parecchio.
"Ho preparato una terapia Mycroft, che spero Sherrinford si impegnerà a seguire scrupolosamente."
Si gira e cerca il mio consenso. Non faccio una piega e lo lascio continuare.
"Bene; dovrà seguire tutte le istruzioni che ho scritto, ma è necessario che sia seguito da un medico e visto che deve stare in famiglia ho pensato a Watson. Lui è il più adatto."
Holmes annuisce, sembra consapevole di un'amara realtà. Non sono il figlio perfetto che cercava e sono anche ammalato. Il dottore gli allunga una lettera.
"Qui c'è scritto tutto. Lo devo rivedere tra un mese. Assicurati che tuo figlio segua tutte le mie indicazioni. E niente colpi di testa." Si rivolge a me, ma annaspo come se stessi annegando.
Li guardo entrambi decidere della mia vita. Mi sale la rabbia, il volto in fiamme, barcollo mentre mi alzo di scatto.
"State parlando di me, Gesù Cristo! Non mi chiedete nemmeno se sono d'accordo?" Poi mi volto verso Holmes. "E tu, nemmeno mi chiedi come sto!"
Inquadro il dottore, il caro amico di mio padre, pieno di livore. E alzo la voce ansimando. "Posso scegliere io quello che voglio fare? O non ho nessuna possibilità?"
"Non sei in grado di decidere!" Holmes scatta tagliente, fissa un punto oltre Greg, come fossi un'entità trasparente.
"Sì, che lo sono! Almeno abbi il buongusto di guardarmi o ti faccio così ribrezzo? Ti ho forse dato il mio consenso?"
La rabbia mi monta dentro, soprattutto per nascondere il fatto che sono pieno di paura. Mi rivolgo al dottore, sapendo benissimo quello che mi risponderà.
"Voglio sapere quanto mi resta se continuo a fare la mia vita di sempre." La mia voce è stretta nella morsa dell'angoscia.
Sposta di nuovo lo sguardo su Holmes. Lui gli fa un cenno.
"Non arriverai a ventitré anni Sherrinford, anche meno se riprendi a utilizzare sostanze stupefacenti.
Poi continua con voce pacata.
"Devi fare una vita tranquilla ragazzo. Pasti regolari, e soprattutto niente droga, alcool o fumo. E' importante che tu cerchi di essere il più possibile sereno. lo so che non è facile ma un atteggiamento positivo può fare veramente la differenza."
Non ci credo nel sentire snocciolare questa serie d'idiozie! Mi metto a camminare per la stanza nervosamente. Basta guardare che padre mi sono ritrovato, privo di emozioni e di affetto. Cristo! Un estraneo spocchioso.
Holmes lo percepisce, ha la testa china, ma è come se sentisse quello che penso di lui e quindi glielo butto in faccia senza tanti complimenti.
"Ho vissuto fino a ora come ho voluto, quindi perché dovrei cambiare? Per chi lo dovrei fare?" Alzo la voce, ma sento mancarmi le forze.
Mio padre si tira in piedi, pieno di collera contenuta. "Perché morirai, imbecille! È questo che vuoi Sherrinford? Allora fa pure!"
"Mycroft!" Il dottore lo riprende severo. "Cerca di avere più testa di tuo figlio! È solo spaventato, chiunque al suo posto lo sarebbe, vuole essere sicuro di averti vicino. Vuole il tuo sostegno, Holmes!"
Lui accusa il colpo. Rimane immobile, si gira lentamente e si lascia andare nella poltrona, porta le mani sulle tempie e preme con forza.
"Scusami Greg, e anche tu, ragazzo." La voce è bassa, si distende con fatica, poi mi guarda con un mezzo sorriso rassegnato. "Farò quello che desideri Sherrinford. Anche se non lo approverò."
Sono già abbastanza scosso, e vederlo cedere mi disturba. Non sa fare il padre e io non so essere figlio. Sento l'impulso di parlargli, modulo la voce.
"Voglio del tempo per pensare dottore. Posso restare con mio padre? Solo per poco."
Greg non cerca il permesso da Holmes, annuisce ed esce lasciandoci soli.
Mycroft afferra l'ombrello meccanicamente, inizia a girare l'impugnatura senza sosta, aspetta che io dica qualcosa.
Mi siedo avvilito al suo fianco e gli dico quello che sento. "Non so se voglio affrontare tutto questo, non me lo aspettavo proprio ora che ti ho ritrovato." Sono senza difese, lo guardo in volto, cerco qualcosa che stenta ad arrivare. "Potrebbe non funzionare e avrei sprecato il mio tempo. È vero che non ho una grande aspettativa di vita, ma passarla a curarmi e in clinica, non mi sembra una grande prospettiva. Mi dispiace di deluderti e soprattutto di darti tanti problemi."
Tiro le somme, cercando di capire cosa devo e cosa posso fare, ora che ho quasi una famiglia. Mi sembra una beffa del destino.
Lui non risponde, fissa il suo amato ombrello e improvvisamente smette di torturarlo. Fa un lungo sospiro.
"Senti, Sherrinford, vorrei che tu ci provassi. Forse ti costerà, ma possiamo stare insieme e conoscerci per il tempo che ci verrà concesso." Si volta e mi osserva attento. "Non sei solo tu a rischio. Il mio lavoro a volte è complicato... e pericoloso." Non mi lascia il tempo di replicare. Si alza con fatica, china leggermente il capo, poi mi prende per il braccio e mi tira su, ma stavolta è delicato.
"Dammi una possibilità. Non sono un gran padre, non sapevo nemmeno di esserlo. Ma potrei imparare."
Mi sento svuotato, ho paura. Vorrei disperatamente piangere. È tutto così assurdo. Dopo tanto trovo le mie radici e ho così poco tempo per conoscere questo padre che vuole esserlo a tutti i costi. Con tutti i limiti che si porta appresso.
Le gambe non mi reggono, mi ritrovo stretto a lui.
"Piangi figliolo, ne hai tutto il diritto." Mi prende la testa e la porta sulla sua spalla. Sento il suo calore, il suo odore e cedo come uno stupido bambino. Piango senza ritegno, soffocando i gemiti di anni di dolore e di abbandono. Mi lascia sfogare, mi parla piano con voce gentile.
"Ce la farai Sherrinford, ce la faremo insieme. Avrai tutta la tua famiglia con te. Ci sarò ragazzo, in ogni passo che farai." Mi tiene stretto da soffocarmi, lui che non abbraccia nessuno. Che non lo fa da anni. Lo sento sussultare. "Mi dispiace di essere così anaffettivo, non sono capace di darti di più."
"Impareremo insieme, ma tu non lasciarmi, non voglio restare solo. Non voglio morire da solo." Ho un filo di voce, tutta quella che mi è rimasta.
Si stacca fremendo, mi prende il volto fra le mani, mi fissa adirato.
"Tu non morirai, se farai come ti dicono vivrai la tua vita." Mi allunga il fazzoletto ricamato con le sue iniziali.
"Rimettiti in sesto, forza, abbiamo una battaglia da affrontare. E un bel po' di persone che devi conoscere." Si è ripreso, torna serio e controllato. " Devi entrare in famiglia, ne devi essere parte, concentriamoci su questo."
Lo sguardo si fa compiaciuto, ha una faccia strana. "Mentre eri con Greg, Anthea mi ha comunicato l'esito del tampone." Sorride orgoglioso." Sherrinford, sei mio figlio, un Holmes a tutti gli effetti. Nel bene e nel male!
Mi guarda sornione, mentre mi asciugo il volto sconcertato e comincio a piangere di nuovo.
Si passa la mano sulla fronte tremando.
"Andiamo, ragazzo, smettila di piangere non sai nemmeno che padre sarò e che famiglia strampalata ti aspetta. Calmati." Annuisco stordito dalla notizia.
Riempie due bicchieri d'acqua e beviamo insieme, mi tocca la spalla e la stringe per confermare la scelta.
"Faremo come dice Greg. Watson ti seguirà e starai con mio fratello Sherlock per un po' di tempo."
Si rattrista quel tanto che riesco a percepirlo. " Il mio lavoro non mi permette ti starti sempre vicino. Ma anche se non ci sarò, avrai una famiglia. E sai che potrai contarci sempre..."
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