Rosie Watson
Il forte rumore della porta che sbatte mi fa voltare: ed eccola Rosie Watson! Come un turbine attraversa la sala, dove ci troviamo noi, senza degnarci di uno sguardo, corre dritta in cucina. Il cappottino blu che indossava finisce per terra davanti ai piedi dello zio Sherlock che, con un sorrisetto ironico, lo raccoglie e se lo accomoda sulle ginocchia.
"Rosie, per favore saluta gli zii." Le ordina suo padre, rincorrendola in cucina. "Fai merenda, poi potrai giocare quanto vuoi." La piccola sembra non sentirlo neppure.
Si guarda attorno, esamina il pavimento, sposta una sedia e si china sotto il tavolo, sta cercando qualcosa, alla fine urla.
"Ciao zio Sherlock e zio Myc!" Tanto per far felice suo padre che le ha preparato dei biscotti e un bicchiere di latte sulla tavola. Sono sicuro che non li toccherà, invece, a sorpresa ne afferra uno e se lo ficca in bocca tutto intero.
"Ciao Rosie." Le urla lo zio Sherlock ridacchiando, mio padre aggiunge, "Bentornata," ha l'espressione più allegra che gli abbia visto in faccia da che lo conosco, sembra divertirsi anche lui.
Rosie deve essere un vero tornado di emozioni per riuscire a coinvolgerlo così. Il piccolo terremoto rinuncia alla ricerca in cucina e ritorna sui suoi passi, mette le manine sui fianchi, ci fissa tutti e tre con un'espressione buffissima e, puntandoci con un ditino pieno di briciole ci intima
"Dofe sono i miei libvi?" Farfuglia, sputacchiando qualche pezzetto del boccone troppo grande per la sua bocca. Lo zio fa la faccia seria:
"Perché non lo chiedi a tuo cugino?" Lei si volta e mi guarda ingoiando un altro pezzo di biscotto.
"Li hai presi tu? Non sai che sono i miei preferiti?" Tira su col naso, ha uno sguardo triste che mi smuove qualcosa dentro. Chi lo immaginava di aver toccato il suo tesoro?
Lo zio e mio padre cercano di trattenere le risate per il mio imbarazzo e mi fissano con un'aria serafica. Ho quasi l'impressione che si burlino di me.
"No... io... li ho messi solamente a posto." Le mormoro un po' spiazzato, poi le indico la mensola dove li ho riposti, lei li vede e mi regala un sorriso pieno d'affetto, quasi che, tutto d'un tratto, fossi diventato il suo eroe!
Corre subito a prenderli, ma la mensola è troppo in alto. "Uffa non ci arrivo." Si guarda attorno, vede una sedia e, prima che il padre possa intervenire la afferra e la usa come scala per arrivare a impossessarsi dei libricini, ne tiene uno in mano e gli altri rovinano sul pavimento.
"Grazie che me li hai fatti trovare! Tu devi essere il mio cugino Sher..." Guarda suo padre che cerca di farle prendere un altro biscotto.
"Sherrinford." Le suggerisce lui, prendendo il libro dalle sue piccole mani, la bambina lo guarda arricciando il naso, non riesco proprio a capire come faccia suo padre a resisterle!
"Finisci la merenda poi potrai averlo in dietro." Lei accetta il biscotto e lo infila in bocca di nuovo tutto intero. E' decisamente un vero terremoto. Si pianta con i piedini davanti a me, le mani sui fianchi, un'espressione seria sul visino delicato e mi fissa curiosa.
"Allora sei tu mio cugino Sherr sher ford?"
Sputacchia qualche briciola che mi finisce sui pantaloni, è così buffa mentre cerca d'inghiottire tutto. Suo padre le porge il bicchiere del latte e lei ne trangugia un sorso, si sporca le labbra e le pulisce con il dorso della mano, lui alza gli occhi al cielo, ma si vede che è divertito. Io non so se rispondere o scoppiare a ridere, alla fine le dico.
"Credo di sì. Anzi sì, certo."
Mi correggo un po' imbarazzato e le sorrido. Ha gli occhi chiari, vivaci e pronti che sono puri come una sorgente. Si avvicina a me. La fisso spaesato mentre mi afferra le ginocchia e cerca di arrampicarsi, vuole che la prenda in braccio. Alla fine mi tende le braccine, io mi arrendo e la sollevo, facendola sedere. Mi fissa seria studiandomi, mi sta valutando. Cerco di mantenere un'espressione seria, ma è difficile con lo zio che mi ride accanto.
"Lascialo respirare, tuo cugino non è ancora abituato ad avere a che fare con un piccolo terremoto come te." John la sgrida e si sporge per prenderla, ma lei non sembra affatto d'accordo.
"Faccio piano papà, non gli faccio male." Mormora con una vocina rassicurante senza neppure girarsi a guardarlo, perché il suo interesse ora è tutto rivolto a me.
Prende il mio viso con le manine e lo volta da una parte e dall'altra, la lascio fare perché è delicata e leggera, ed è bello sentire il suo tocco lieve, eppure sicuro. Deve aver deciso che le piaccio perché mi sorride e si stringe a me. Mi manca il respiro, ed è una sensazione incredibilmente intensa percepire il dono della sua fiducia incondizionata. Mi sento bene con Rosie stretta fra le mie braccia, tanto che vorrei rimanere così a lungo, almeno fino a quando lei me lo concede. Un colpo di tosse mi tradisce.
"Stai bene?" Mycroft mi osserva dubbioso, conosce bene l'esuberanza della nipote.
"Sì, papà va tutto bene." Mi affretto a rassicurarlo. L'ultima cosa che voglio è che la bambina si spaventi e si allontani da me. Ma lei, lesta, avvicina l'orecchio al mio torace e si mette ad ascoltare. Imbarazzato da quel gesto improvviso vacillo, anche se sono seduto.
"È qui che sei ammalato?" Ha il faccino serio, le labbra socchiuse, si scosta e mi punta il ditino al centro del petto.
"Rosie! " La sgridano tutti in coro. Si preoccupano per me, quasi non mi sembra vero, mi fanno sentire protetto ed è... bello. Rido, passando la mano insicura fra i riccioli biondi. Lei accetta la carezza senza ritrarsi.
"Solo un pochino, ma starò bene." Mi guarda rasserenata, mi sento impacciato dalla sua schiettezza. Approva e sentenzia decisa.
"Papà ti guarirà. Lui è il più bravo di tutti."
Prendo un lungo respiro, è stata una giornata densa di emozioni e ora la vicinanza di questa marmocchia mi rimescola tutto. Ho bisogno di una piccola tregua, un momento per riprendere il controllo delle emozioni, ma lei invece mi stampa improvvisamente un bacio pieno di briciole sulla guancia.
"Ora sei il mio cugino preferito, mi puoi leggere le favole." Sentenzia convinta. In quel momento capitolo, arrossisco come uno scolaretto e so di appartenere a Rosie per sempre.
La stringo forte al mio petto e lei si accoccola fra le mie braccia.
Il dottore mi fa un cenno per chiedermi se va tutto bene, pensa che sia troppo stressante l'irruenza della figlia, ma non mi sono mai sentito tanto bene come in quel momento. Annuisco appena, per non disturbare la piccola che sfoglia il suo libricino sulle mie ginocchia, mi sta indicando una figura, ma mi sono distratto e non capisco cosa mi ha chiesto.
"Devi stare attento, però. Papà, puoi lasciarci stare, per favore? Io e Sherr..." Incespica ancora sul mio nome.
"Sher-rin-ford!" Sillaba suo padre, lei lo guarda come per dire che non ha capito proprio niente.
"Noi dobbiamo concentrarci! Tu ci distrai, puoi andare in cucina per favore?" Sbatte le ciglia e sorride, sembra un angioletto, suo padre per poco non scoppia a ridere.
"Mi spiace molto! Non sapevo di essere una tale fonte di distrazione."
Si schernisce divertito. Mio padre si lascia scappare un paio di colpi di tosse, per mascherare le risate, lo zio Sherlock ha la faccia girata di lato e finge di occuparsi del camino e si copre la bocca con una mano. Dobbiamo sembrare proprio molto buffi.
"Allora Sher... Sher...ford, questa qui è la mia favola preferita."
Non posso fare a meno di ascoltarla rapito. "Questa principessa è tanto triste, perché deve sposare questo brutto ranocchio." Mi spiega, indicando le figure una a una. I fratelli Holmes e il dottor Watson sembrano capire che è un momento molto privato e si trasferiscono in cucina per lasciarci più spazio.
"Vuoi che te la legga?" Mi offro e lei mi gratifica con uno dei suoi sorrisi che sembrano illuminare tutta la stanza. Inizio a leggere e Rosie mi appoggia la testolina sulla spalla ed è un altro piccolo miracolo che mi regala. Il suo profumo di bambina mi riempie le narici, sa di biscotti di latte e di semplicità ed è la prima cosa buona che mi capita da molto tempo: nulla che valga di più.
"Leggi qui, è dove la principessa si accorge che il ranocchio è diventato un principe." Mi indica un passaggio della favola e io l'accontento.
Quello che c'è intorno a noi scompare, nella stanza ci siamo solo noi due. Quelle favole che nessuno mi ha mai letto, sanno di un'infanzia che non ho mai vissuto e mi sento investito del ruolo di cugino maggiore che non credevo mi appartenesse.
Cerco di darle tutto l'amore che non ho avuto da bambino, perché anche lei ha perso la madre, e attraverso i suoi occhi mi riapproprio della mia fanciullezza negata.
Leggo piano, cercando di dare espressività alla lettura e lei mi ascolta assorta e taciturna, con le piccole dita inizia a stropicciare la maglia e si lascia andare fra le mie braccia. Fino a l'altro ieri ero completamente solo e ora... anche se è così piccola, Rosie ha il potere di farmi sentire al sicuro. Le voglio già un mare di bene.
Le voci soffuse dei fratelli Holmes arrivano dalla cucina, sento brandelli di conversazione e capisco che si stanno provocando in modo bonario. Watson discute della cena con la signora Hudson che si lamenta del disordine.
Allora la consapevolezza mi investe e quasi mi spaventa: ho una famiglia.
Complicata, insolita, strana forse, ma c'è! Mio padre, lo zio Sherlock, il dottor Watson e la piccola Rosie sono tutti lì per me.
Mi zittisco e fatico deglutire, mi aspetto che la mia cuginetta mi riprenda, invece sento che, pian piano, si arrende fra le mie braccia. Ha avuto una giornata piena e si sta addormentando. La devo tenere stretta se non voglio che mi scivoli via. Appoggio il libro e chiudo gli occhi, sto per cedere anch'io. Watson è l'unico che ci vede ciondolare assonnati, si avvicina e la prende in braccio.
"Sherrinford, riposa, è stata una giornata piuttosto lunga. Dormi un po' anche tu." Non ho la forza di rispondergli, annuisco e lui si allontana con Rosie in braccio, un piedino nudo e l'altro con addosso la scarpina e la porta nella sua cameretta. Quando torna indietro ha una coperta fra le mani, me la stende sopra, questa sua gentilezza mi fa piacere.
Vorrei alzarmi e fare l'uomo sano e vigoroso, ma sono stanco e accetto di buon grado borbottando: "Solo pochi minuti, dottor Watson."
"Chiamami John." Mi sussurra piano e mi sente delicatamente il polso. "Benvenuto in famiglia, giovane Holmes"
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top