Lady Alicia Smallwood.


La mattina seguente il risveglio non è dei migliori, la prima cosa che mi rammento e di aver litigato con Mycroft e di conseguenza ho un buco nello stomaco per nulla piacevole. Guardo il soffitto pensando alle parole di Sherlock, lui ci vede da un altro punto di vista ed è vero che siamo entrambi pieni di paure. Papà perché non sa come rapportarsi, io che non faccio nulla per aiutarlo.

Rosie mette fine ai miei pensieri perché entra in camera e si butta sul mio letto e cerca di nascondersi sotto le coperte, mette il ditino davanti alle labbra e mi fa segno di stare zitto.

John la chiama e la cerca ovunque, sono già in ritardo per la scuola, lei ride perché lo fa girare a vuoto per tutta la casa, mormora divertita. "Non dire nulla Hayc, gli faccio uno scherzo."

"Ci sgriderà cugina." Le reggo il gioco ma John ha già capito tutto, irrompe nella stanza e ci sgrida entrambi buttando le coperte all'aria.

"Fila piccola peste. E tu non dire nulla."

Protesto bonariamente. "Sarebbe la mia camera, questa...ma sembra un porto di mare."

John mi guarda e sogghigna. "Ti ho avvertito di non darle corda." Rosie intanto scappa via felice per la sua marachella e John le corre dietro arrancando.

Non mi resta che alzarmi e accettare che la mia stanza sia frequentata da chiunque voglia entrarvi.

Mi vesto e mi preparo per fare colazione. Sherlock è uscito presto, la signora Hudson sta facendo le pulizie di casa al piano di sotto.

Così noi sopravvissuti, io, Rosie e John, ci sediamo a tavola ed è una bella sensazione: c'è un buon profumo di caffè, latte e biscotti. La cucina è sempre in totale disordine, di certo non è come quella di Mycroft a Pall Mall, ma stare con loro è impagabile. John ci osserva indulgente, mentre versa il latte nelle tazze e fa traboccare la mia. 

"Scusami, sono un disastro di mattina, ma ho mille cose da fare." Solleva lo sguardo mentre asciuga il tavolo.

"Come va Sherrinford, hai dormito? Hai le tue pillole da prendere, altrimenti mi prendo un altro calcio. Vero Rosie?" Lei annuisce con la bocca piena, i ricci biondi sulla fronte le sono quasi negli occhi.

Il buon dottore mi allunga le medicine. La piccola mi fissa, non vuole essere ingannata, le inghiotto rapido e lei approva.

"Fatto Rosie, erano buonissime." Ridiamo insieme alla frase stupida che ho detto.

Non posso fare a meno di darle un bacio sulla fronte, è l'unica piena di affetto in questa casa, tutti si amano, ma nel loro modo privo di slanci. Watson sta già riassettando, mi alzo per aiutarlo, ma è una scusa per parlare con lui.

"John, mi sento bene, mi piacerebbe uscire, potrei accompagnare Rosie a scuola? Così puoi andare al lavoro prima." Watson si volta con lo strofinaccio in mano, ci pensa un po'. Poi approva.

"Va bene ma non allontanarti troppo." Sorride sornione. "Tanto Mycroft avrà tutte le telecamere di Londra puntate su di te appena metti i piedi fuori casa!"

"Ma ha così tanto potere?" Chiedo allibito, in effetti non so nulla di lui.

"Diciamo che ha più privilegi di quanto tu possa pensare. Ma lo imparerai poco per volta." Stringo le labbra pensando alla sera prima, Watson vede che sono perplesso, mi stringe il braccio con affetto.

"Non pretendere tutto e subito da lui, e non preoccuparti se a volte il rancore ti fa sentire inadeguato, le cose si aggiusteranno."

"Forse non sono il figlio che credeva, ed essere ammalato non lo aiuta ad accettarmi."

"Queste sono solo congetture che fai tu, non sai quanto ti ha cercato per portarti da tua madre prima che morisse. Per lui è un fallimento che stenta ad accettare." La sua voce si fa dolce. "Ti parlerà di lei quando si sentirà pronto. Ora va a portare a scuola Rosie." 

Mi sorride mi spiega come arrivarci. Intanto la figlia non sta più nella pelle, si è già infilata il cappottino rosa ed è pronta con lo zainetto colorato sulle spalle minute.

Indosso la giacca elegante e funzionale che mi ha acquistato Anthea, saluto John che mi fa le ultime raccomandazioni e mi infila un blister di pillole nella tasca della giacca.

"Se resti fuori per altri motivi avvertimi, se tuo padre si fa vivo e stai con lui ricordati le medicine."

"Sarà fatto, farò il bravo." Afferro letteralmente la piccola peste per la mano e scendiamo le scale di casa. La tengo ben stretta, assicurandomi che non scappi in strada.

"Ti sta bene la giacca nuova, Hayc, sembri proprio lo zio Myc." Esordisce con il faccino sorridente. "Ti faccio conoscere le mie amiche, non lo sanno che sei mio cugino." Tituba un po' in apprensione. "Sei contento se dico che lo sei, vero?"

Le sistemo il cappellino con il fiocco di lato. "Certo Rosamund Watson, sono al tuo servizio."

Faccio un inchino pomposo e lei cinguetta come un passerotto. Seguo le indicazioni di John e scorgo la scuola che dista pochi isolati da Baker street, presto siamo al portone di ingresso.

La accompagno dentro, dove mi presenta a tutti quelli che vede. Alla fine esco stordito, rosso in faccia, ma decisamente felice.

Mi abbottono la giacca nuova, e cammino lungo la strada che porta a casa. Non voglio attardarmi anche se passeggiare un po' mi distende. Non devo più correre per lavorare, non devo preoccuparmi per il cibo, ma non mi piace rimanere a non far nulla anche se sono convalescente. Stare così mi fa sentire inutile.

Memorizzo la parte di Londra dove mi sono trasferito quando improvvisamente mi passa affianco un'auto come quella di Mycroft e sembra seguirmi. Infatti si ferma poco più avanti, da dietro scende una signora elegante, non più giovane, che si incammina verso di me.

Non so il motivo ma sembra abbia voglia di parlarmi, infatti fatti i pochi passi che ci separano si mette davanti e mi blocca la strada.

"Buongiorno, tu devi essere Sherrinford Holmes. Ho visto una tua foto, e devo dire che di persona assomigli tutto a Mycroft." Sorride educatamente, ha una certa classe acquisita.

Indietreggio, so che il lavoro di mio padre è complicato e non capisco che parte lei abbia nella sua vita, rimango silenzioso, accenno solo un movimento con il capo, le mani in tasca strette a pugno.

"Vedo che hai imparato in fretta Sherrinford, ma di me non devi avere paura. Sono Alicia Smallwood e lavoro alla governance con tuo padre."

"Mi scusi ma questa sua apparizione improvvisa mi lascia perplesso, so poco di mio padre. Mi dispiace." 

Ho risposto educatamente visto che non so chi sia e intanto la osservo. Non è più giovane, ma è una donna abituata al potere. È elegante, ricercata nel modo di porsi. Non ha l'aria minacciosa, sembra più che altro stupita, curiosa.

"Sei così diffidente, giovane Holmes, e fai bene a esserlo, ma non sono una nemica. Forse avrei dovuto aspettare il permesso di tuo padre, ma la curiosità è tanta!" Emette un risolino forbito. "Lavoro con lui da sempre, e che lui abbia acquisito la tua paternità mi risulta singolare."

Mantiene le distanze, non vuole intimorirmi e quasi mi lascio andare alle sue confidenze se non fosse che la macchina di mio padre arriva inaspettata.

"Quando nomini il lupo..." mormora divertita Alicia. "vedo che Mycroft è già in modalità protezione filiale."

Il Bmw che ben conosco si inchioda sulla strada e non esce lui, ma Anthea, che viene con passo elegante in mio soccorso.

"Lady Smallwood." La saluta inchinando la testa di lato.

"Anthea, qual buon vento?" Risponde per nulla impressionata la collega di mio padre.

"Solo dovere, lady Smallwood, Mycroft è attento su certe cose."

"Capisco, ma era pura curiosità Anthea."

"Certo Alicia, mi perdoni, ma abbiamo un appuntamento con Mycroft, lui non tollera ritardi."

Osservo le due donne che si fronteggiano, mentre inizio a innervosirmi. Anthea si volta verso di me con un sorriso falso mentre i suoi occhi mi chiedono di stare al gioco.

"Spero saremo puntuali, lo sai che tuo padre è rigoroso." Annuisco e partecipo alla sua recita, assumendo un atteggiamento svogliato, da ragazzetto superficiale.

"Sherrinford, ora dobbiamo andare." Aggiunge lei afferrandomi per il braccio.

Mi trascina via senza che Alicia abbia il tempo di congedarsi, riesco appena ha inclinare il capo in un saluto imbarazzato.

Intanto mi spinge letteralmente nell'auto, Albert che è alla guida mi sorride compiaciuto, forse perché ho capito al volo l'imbeccata di Anthea.

"Ma cos'è? Mi rapisci adesso?" Le sussurro mentre Alicia ci guarda sparire dietro le portiere nere e lucide. "Ma insomma, cosa succede? Devo tornare a casa, si preoccuperanno."

Sono infastidito da questa situazione, Anthea non mi risponde e non smette di scrivere al cellulare. Io sbuffo, incrocio le braccia e mi appoggio sul sedile aspettando una spiegazione.

Si decide a parlarmi dopo che ci siamo avviati. Appoggia il cellulare e mi guarda con un sorriso disarmante, come se non fosse successo niente.

"Sherrinford tuo padre voleva avere più tempo per presentarti ufficialmente, teme che questa notizia improvvisa influisca nel suo lavoro." La fisso con un sorrisetto ironico e mi sento avvampare.

"Cos'è, si vergogna di me? Non sono pronto per entrare nella sua vita? Evidentemente sono troppo rozzo per lui." La incalzo irritato. "E quella chi era? Che praticamente mi hai portato via di peso! Scusa, ma come sapevi che ero lì?"

Stringe le labbra colpita dalle mie parole, mi fissa dolcemente come se cercasse di consolarmi.

"Eseguo gli ordini di Mycroft, il mio compito è di proteggerti, lui non vuole che ti importunino visto che non stai ancora bene." Allunga la mano, e sfiora la mia, il suo contatto mi tranquillizza. Sa tutto di me è per questo che papà si fida di lei.

"Per quanto riguarda come ti abbiamo trovato ci sono telecamere ovunque a Londra, e tuo padre lavora alla sicurezza del paese, quindi..." Sorride nuovamente, mi dà un buffetto affettuoso sulla mano e si riprende il cellulare. "Ho avvisato tutti che sei con me, ti porto da tuo padre."

Alzo il bavero e mi volto a guardare la strada, non mi piace essere preso come un pacco e portato dove vuole lui, Anthea percepisce il mio disagio, cerca di spiegarmi fin dove le è concesso.

"Alicia Smallwood collabora con tuo padre da anni, ma la notizia della tua esistenza deve essere trapelata e lei è parecchio curiosa, tuo padre voleva tenerti fuori da inutili stress, cerca di capire che il suo lavoro non è semplice e sta facendo di tutto per tutelarti."

 Inspiro aria e mi stringo nelle spalle, rivederlo però non mi dispiace almeno vedrò dov'è questo posto misterioso dove lavora.

Ho una curiosità che mi frulla nella testa da quella sera che lei e papà mi hanno ritrovato nella mia vecchia casa. Inizio un discorso banale, per poi arrivare a quello che mi interessa sapere.

"Grazie per i vestiti, Anthea, hai gusto. E le misure sono perfette."

"Sono contenta che ti siano piaciuti, ti stanno bene." Ha alzato la testa dal cellulare, mi guarda ma credo abbia capito che devo chiederle qualcosa che mi imbarazza.

"Cosa è successo nel mio appartamento quando mi avete ritrovato? Chi mi ha aiutato?"

Anthea è indecisa, ma poi si scioglie e mi racconta la verità, quella sera Mycroft aveva intuito di potermi ritrovare lì, non c'era altro posto dove potessi andare, quando sono saliti ero in pessime condizioni, incosciente e febbricitante, e visto che non era il caso di muovermi, lui ha intimato al proprietario di accendere il riscaldamento.

John mi ha dato le prime cure, c'era anche Sherlock con loro.

Anthea mi sorride, mi allunga una carezza sulla guancia.

"Ti siamo stati tutti vicini, sai che ti vogliamo bene, testone." Mille pensieri mi rotolano addosso, adesso mi rendo conto di quanto si erano preoccupati.

"Chi mi ha spogliato e messo sotto le coperte?" La vedo sorpresa dalla mia domanda.

"I primi ad arrivare siamo stati io e tuo padre, abbiamo provveduto a sistemarti." Probabilmente cambio colore in volto, dal bianco al rosso vivo e lei se ne accorge.

Rovescia la testa all'indietro ridendo. "Tranquillo ho due fratelli maschi, poi a infilarti il pigiama ci ha pensato Mycroft."

Mi stringe con la mano il ginocchio. "Devi mangiare di più Hayc."

"Sono troppo magro?" Le chiedo avvilito non sono certo un tipo muscoloso e prestante come quelli che probabilmente piacciono a lei.

"Sei perfetto così Sherrinford, e vuoi sapere una cosa?" Mi guarda con gli occhi lucenti. "Diventerai perfetto quando avrai cura di te."

"Sempre se guarirò!" Aggiungo mesto.

"Certo che guarirai, sei seguito dal migliore primario di Londra e da un competente medico qual è John Watson, combatti Hayc ci siamo tutti per te." 

Mi giro a guardare la strada, per non farle vedere quanto sono fragile dentro perché ho gli occhi umidi e me ne vergogno.

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