La resa dei conti


La notte passa lenta e affannosa, quando mi sveglio so di aver dormito solo un paio d'ore.

Sento le voci che invadono la casa, è il risveglio della famiglia che tanto ho cercato: Sherlock che sgrida bonariamente Rosie, John che parla con la signora Hudson. Le auto lungo Baker Street che sfrecciano veloci. Tutto normale, tutto così calmo.

Dentro di me c'è un'ansia crescente. Mi vesto, mi preparo meticolosamente, indosso il giubbetto leggero antiproiettile. Non deve essere troppo visibile, non mi proteggerà al cento per cento, ma piuttosto che niente va bene così.

Quando esco dalla camera, Rosie mi corre incontro. 

"Ciao Sherrinford, vado a scuola nel pomeriggio. Oggi sto a casa con papà, rimani anche tu?" La prendo in braccio. "Solo per poco, poi devo uscire, se vuoi leggiamo le tue fiabe." Sorride felice e corre a dirlo a John.

Lo zio mi osserva dalla sua poltrona preferita. "Tutto bene, Hayc? Ci sono anch'io oggi. Hai il cellulare con te, chiama se ti trovi in pericolo. Saremo lì in pochi minuti."

"Sì zio, è la formuletta della distanza e del tempo di intervento." Rido, ma non troppo convinto. "Speriamo funzioni, non so dove mi porterà Serge." Sospiro mentre Sherlock afferra il violino e lo pizzica pensieroso. 

"Credo a casa di Auberton," sentenzia, "è così stupido che non sospetta nulla."

Affermo convinto che questo lo renda una mina vagante. "Stupido, sì, è proprio per questo pericoloso." 

 Scuote la testa riccia, ghignando. "È prevedibile nelle sue scelte irragionevoli." Rosie corre verso di noi ci tira le maniche per portarci a fare colazione.

Non parliamo più della mattinata impegnativa che mi aspetta, per amore della piccola scherziamo e ridiamo.

Ma le dieci arrivano in fretta. Mando un messaggio in codice a papà, bacio la piccola peste e saluto John.

"Bada a te Hayc, non fare lo stupido." Accenno un sì con la testa, ma non lo guardo in volto, perché non voglio che veda che ho gli occhi lucidi.

Lo zio Sherlock mi ha preceduto dopo avermi dato una botta affettuosa sulla spalla, che è il massimo che può concedermi, c'è un'intesa tra noi che ci ha in parte riavvicinati. 

Scendo le scale lentamente. Ho avuto tutto l'affetto possibile in poco tempo, ora sta a me fare la mia parte.

Raggiungo Serge due strade dopo, ho in tasca le password fasulle copiate dentro una usb, se la inseriscono in un computer ho giusto il tempo che scoprano che non valgono nulla, al massimo quindici minuti. Il tempo di reazione lo calcolo in base alla distanza percorsa, devo solo dargli il tempo di trovarmi con il chip che mi hanno inserito.

Serge è già arrivato, indossa un cappotto costoso e ha l'aria sospettosa di chi è spesso in pericolo.  Sembra un cane che fiutato la preda, io. Al solo vederlo mi prende la nausea.

"Eccoti mastino, vedo che sei arrivato presto." Mi guarda con disprezzo, le mani nelle tasche, ma zoppica un po' e questo mi rende felice.

"Ciao, piccolo farabutto. Spero che ti abbia fatto bene lo schiaffone che ti ho rifilato. Tuo padre dovrebbe dartene a raffica visto quello che stai per fargli."

Gli restituisco uno sguardo gelido, ma devo recitare senza nessun tentennamento. Faccio l'annoiato, il viziato arrogante.

"Tu non sai quanto è pesante quell'uomo! Ama solo il potere. Non si gode la vita! Con tutti i soldi che ha accumulato, mi tratta come un pezzente." Grugnisco arrabbiato. "Voglio tutto, mi ha abbandonato! Ora cerco la mia vendetta."

Aumento il passo, siamo affiancati, lui è un bastardo ed è senza pietà,  se non gli servissi mi avrebbe già ucciso.

Arrivati al parcheggio, un'auto scura ci aspetta. È simile a quella di Mycroft, quindi è probabile che mi porti a casa di Auberton.

Fortunatamente abita appena fuori Londra, così i tempi di intervento si accorciano ed è un vantaggio per me.

Non scambiamo una sola parola durante il tragitto, ma la villa dove entriamo ha un parco enorme ed è delimitato da mura e siepi. Un punto a sfavore, difficile scappare da lì.

"Forza Holmes, scendi, sir Auberton ci aspetta." Serge mi precede e io lo seguo, fingendo una sicurezza che non ho.

Ostenta ricchezza Auberton, una villa vittoriana tenuta con un'emorragia di soldi infinita. Curata e restaurata con dedizione. Saliamo delle scale di marmo lisce e sbiancate, un'apoteosi di spreco di denaro. Lui è nell'atrio, la persona più infida che abbia mai conosciuto. Mi viene incontro con fare strafottente. Sorrido abbassando la testa, non avrà mai l'eleganza austera di papà.

"Allora ci rivediamo, giovane Holmes, vediamo se sei stato di parola." Ride sgarbato, avvicinandosi troppo. "Altrimenti al tuo vecchio gli restituirò le tue ossa con la carne attaccata." Mi sento fremere dalla rabbia.

"Divertente Sir! Speriamo che non sia mio padre a fare la festa a lei e il culo a me se ci scopre durante l'intrusione nel database." Lui ammicca enigmatico.

"Sei simpatico piccolo ladro di polli! O forse dovrei chiamarti serpente?" Lo avvicino e gli punto il dito al centro del petto. "Attento Sir, potrei averti già avvelenato, mai fidarsi di un serpente..."

Mi guarda dubbioso, Serge mi allontana. "Ora basta, dacci quello che ci hai promesso e avrai tuoi soldi e il tuo potere."

Mi stacco da lui rapido, meglio non averlo vicino. "Bene, andiamo, ora vi mostro come fare, mio padre ha inserito delle scadenze a tempo. Quindi muoviamoci."

Auberton sorride ghignando. "Tranquillo, non avrà tempo per guardare il suo computer, non durante la sorpresa che gli abbiamo preparato."

Sento un brivido percorrermi la schiena. Il maledetto si è coperto le spalle e ha tramato qualcosa di pericoloso. Mi stampo in faccia la maschera più bastarda che posso gestire e lo fisso divertito.

"E perché mai? È sempre in ufficio e non si muove da lì." Lui guarda Serge a cui rivolge uno sguardo d'intesa. L'altro gli mostra un sorriso maligno.

"Non quando dovrà correre a raccogliere i resti di suo fratello a Baker Street."

Ridono entrambi, mentre tremo devastato. Hanno sistemato dell'esplosivo! Uno stramaledetto ordigno letale.

Il cuore va a mille, non devo cedere, non adesso! Perché mi si squarcia la mente e mi sento soffocare... A casa c'è Rosie e John, loro che sono le persone più innocenti di tutti.

Fingo indifferenza e cerco di mantenere la voce senza alcuna inflessione.

"Una bella sorpresa per il vecchio Holmes! Dove l'avete piazzato il fuoco d'artificio?" Sghignazzo, Auberton non riesce a trattenere il suo orgoglio malato.

"Una anonima city car parcheggiata lì sotto, piccola, ma letale. Tra circa una mezzora, mentre noi ci occupiamo delle password.... Booom!"  Mima lo scoppio, mi sento morire dentro. Lui mi osserva, è attento a ogni muscolo della mi faccia, ma non tradisco nessuna emozione. 

"Il tuo caro padre correrà trafelato a soccorrere i parenti ridotti a brandelli, e noi avremo tutto il tempo necessario."

Rido e agito le mani divertito, ma intanto penso rapidamente come fare per avvertirli.  Devo avere il tempo di chiamare Sherlock al cellulare.

Il piano prende un piega diversa, va tutto a puttane e devo correre dei rischi, ma devo salvare la mia piccola Rosie, la mia principessa e il suo papà.

Siamo arrivati nella biblioteca, Serge è alle mie spalle, Auberton va al portatile. Devo prendere tempo, bisogna disinnescare la bomba in fretta.

Mentre Auberton si adopera al computer devo colpire Serge, scappare e avere il tempo per chiamare lo zio. Lui è già in attesa in caso di bisogno.

Non ho scelta, devo uscire dalla copertura, devo restituire a Rosie e a tutti loro, il mio amore. Loro che sono la mia unica famiglia.

So che papà è in buone mani. Sherlock penserà a lui e forse se sono rapido posso cavarmela.

Serge è al mio fianco, è occupato a guardare il portatile, mi chino annoiato ad allacciarmi la scarpa, mentre Auberton maneggia sulla tastiera del  computer, sfilo il serramanico che porto sempre con me, infilato nell'elastico del calzino.

Devo essere rapido e avere fortuna.

Serge non sospetta nulla, prendo velocità e gli pianto il coltello sulla gamba, ma manco di un soffio l'arteria. Urla impazzito dal dolore e tenta di afferrarmi, ma cade a terra. Allungo un fendente sulla spalla di Auberton, che grida e prende a bestemmiare furioso. Corro via  è questione di secondi e Serge avrà l'arma in mano e sparerà. Ansimo per la pura e la fretta.

Raggiungo la porta con il cellulare in mano, chiamo trafelato lo zio, quando sento partire lo sparo e un urto sulla schiena all'altezza della spalla, mi fa barcollare e sbattere contro la porta.

Resto in piedi, stringo i denti per il dolore, fa male, ma il giubbotto sembra aver limitato il danno.

Urlo al cellulare.

"Zio c'è una bomba a Baker, una city car, fa presto! Salvali. Non pensare a me."

"Sei ferito? Ho sentito uno sparo?" Lo sento urlare degli ordini.

"Sì, zio, credo di sì. Quanto tempo mi rimane?" Sono in apnea e lui lo sente.

"Sette minuti, ora cerca di nasconderti. Pensiamo noi a tutto." Non lo sento, poi riprende. "Sherrinford stai tranquillo. Sai che ti vogliamo bene."

"Anch' io." Mi esce fiacco, ma la sua voce mi fa stare bene e mi dà la forza.

Metto in tasca il cellulare, mi sono allontanato un bel po'. Serge non può correre e Auberton è fuori gioco. La casa è grande, mi infilo in una stanza cercando di evitare le telecamere interne. Sento Serge che bestemmia e urla.

Devo nascondermi, almeno fino all'arrivo dei soccorsi. Rompo la finestra che dà sul giardino, devo fargli credere di essere uscito. Rimango nascosto dietro una porta senza respirare e mi accorgo di un calore umido che mi bagna i calzoni dietro alla schiena. Allungo la mano e la trovo insanguinata. Sono ferito, la spalla morde, la pallottola deve essere passata attraverso il giubbotto, sento la debolezza salire e questo non è un bene.

Serge arriva imprecando e zoppicando, vede la finestra rotta ed esce fuori, io sospiro di sollievo.

Sanguino, sono passati solo due minuti. Se Serge mi ritrova sono morto. Se continuo a perdere sangue sono morto lo stesso. Spero solo che Rosie sia salva, la mia principessa innocente.

Auberton grida a Serge di andare via. Questo non va bene, se torna dentro vede le tracce del sangue e mi trova.

Decido di scivolare fuori e mi trascino verso la biblioteca, non mi cercheranno di certo da dove sono scappato. E con tutto quel sangue per terra, Serge si confonderà.

Manca poco, forse un paio di minuti e sento la stanchezza farsi più densa. Scivolo sotto alla scrivania, lì non mi cercheranno. Solo i bambini nei peggiori film thriller si nascondono lì sotto. 

Il laptop non c'è più, in compenso c'è il sangue di Auberton sulla sedia e sorrido.

Guardo dall'ampia vetrata che dà sul giardino e finalmente vedo l'elicottero arrivare.

E' quasi finita, non mi resta che resistere. Mi lascio andare, chiudo gli occhi, mi sale tutto il dolore alla spalla e alla schiena.

C'è un gran movimento di persone, urla, fumo, spari.

Il mio nome viene urlato più e più volte, finché vedo le scarpe degli agenti da una fessura dove sono nascosto e decido di scivolare fuori. Mi prendono con delicatezza e mi stendono sul pavimento sopra al tappeto costoso di Auberton.

Mi esaminano, mi parlano, mi fanno girare sul fianco e gridano ordini secchi. 

"Va tutto bene Holmes. Rimanga immobile. È stato bravo, suo padre è già qui." Si allontanano di pochi metri e vedo arrivare papà, seguito da Anthea. Ora respiro meglio, guardarlo mi fa sentire al sicuro, allungo le mani verso di lui, ma non riesco a parlare.

"Sherrinford, ragazzo mio, stanno arrivando i soccorsi." Si inginocchia vicino, ha il volto contratto ed è spaventato come non l'ho mai visto, cerca di afferrarmi, ma Anthea al suo fianco lo ferma.

"Mycroft, non muoverlo." È più ricettiva, si mette dietro e mi spoglia delicatamente, mentre mi lamento e mi agito, mi toglie il giubbotto e trova la ferita sotto alla scapola. Il volto di papà si fa teso, ma solo per pochi secondi, mi accarezza la testa, e mi tiene vicino.

Anthea cerca di essere rassicurante, ma sento che non sarà così. "Sherrinford ti farò male, ma devo tamponare."

"Papà..." Mormoro impaurito e lo guardo sconvolto, il dolore non l'ho mai sopportato.

"Tranquillo, figlio, aggrappati a me." Mi prende la testa e la tiene stretta sul suo petto, sento il suo cuore battere impazzito.

Anthea tampona decisa e il dolore improvviso mi fa urlare senza ritegno. Mycroft mi accarezza la testa, e mi tiene con forza. "Cerca di stare fermo, tra poco starai meglio." Riprendo fiato e penso a Baker Street.

"Papà?" Biascico incerto." Rosie e John?" Mi scosta  e mi tiene il volto, vedo l'orgoglio nei suoi  occhi lucidi. "Rosie è salva, sono tutti salvi ragazzo mio, sono salvi grazie a te."

Piango sollevato, ce l'ho fatta e mi sento felice.

La mia vita è servita a qualcosa, ma gioisco poco perchè la tregua è breve, il dolore è insopportabile.

Anthea continua a spingere sulla ferita, cercando di fermare il sangue.

Urlo. "Fa male, basta!" Piagnucolo, grido di nuovo, sento il dolore salire, mentre premo il volto sul petto di Mycroft e lui mi stringe più forte.

Anthea mi parla dolcemente, ma decisa.

"Forza Sherrinford, lo so che fa male, ha intaccato l'osso, ma non ti ha trapassato. Hai perso molto sangue." Sento la sua voce tremare. "Sono orgogliosa di te, giovane Holmes."

Cerco conforto nell'abbraccio di papà, distolgo la mente dal dolore pensando che Rosie è salva. "Serge? e Auberton?" Mormoro incuriosito appena riesco a rifiatare.

"Non faranno più del male a nessuno, Serge è morto e Auberton, beh, si è fatto sparare ed è grave."

La voce di papà si fa improvvisamente lontana, le forze mi mancano, il cuore rallenta, mi aggrappo a lui disperatamente. Non so cosa mi sta succedendo, mi sembra di vedere una luce intensa sulla porta della biblioteca, come se fosse una forma umana e ne fosse avvolta. Si avvicina e la riconosco, mentre non avverto più nulla....

"Mamma..." Mormoro stupito.    

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