La cura non è un vantaggio.
Mio padre ascolta attento tutte le direttive del suo amico medico. Io invece non riesco a concentrarmi, non faccio che guardare fuori dalla finestra, c'è un pallido sole invernale che illumina la stanza e vorrei uscire e camminare per non pensare a nulla.
Lascio che si occupi di tutto Holmes. Prima di andarcene, Greg mi rassicura ancora, mi dà la mano stringendola con forza, cercando d'infondermi un conforto che non avverto.
Gli regalo un sorriso tirato, senza aggiungere nulla di più. Usciamo silenziosi, lui ci accompagna fino alla scala esterna, raccomandandosi con papà di seguirmi con discrezione e con una buona dose di pazienza.
Mio padre gli sorride guardandomi con indulgenza. Ce ne andiamo fianco a fianco con una nuova consapevolezza, stare insieme e comprenderci.
Albert ci aspetta con l'auto già pronta. Salgo e mi stringo nell'angolo con la sciarpa di Mycroft che mi dà un po' di calore. Guardo fuori dal finestrino la strada scorrere veloce. Non voglio pensare a nulla, Holmes invece parla del posto dove andrò a stare. Capisco solo l'indirizzo: Baker Street.
"Sarà un cosa temporanea." Mi assicura mentre accarezza l'impugnatura del suo amato ombrello. Sono stordito e non gli presto molta attenzione.
Visto il mio scarso interesse, chiama il fratello, mio zio Sherlock, e si perde in una lunga conversazione. Non lo ascolto perché la mia mente non fa che pensare a quell'iniezione fatta prima di uscire dalla clinica, che sa tanto d'infermità seria. Ne dovrò fare delle altre, ci penserà il dottore che vive con mio zio.
Senza preavviso, perché possa controllarlo e gestirlo, mi prende un attacco di panico. Fatico a respirare, comincio ad ansimare. Papà, se ne accorge, mantiene la calma, smette di parlare al cellulare, ordina ad Albert di fermarsi e mi fa scendere.
Non faccio in tempo a uscire dall'auto che mi sono vicini entrambi.
"Forza Sherrinford! Facciamo due passi. È una bella giornata."
Ma prima mi trattiene per il braccio e mi fa appoggiare alla fiancata della berlina nera. Sono talmente in panico che non reagisco, lo guardo spaventato.
Si apre il cappotto, prende la mia mano e la porta sotto al suo diaframma.
"Segui il mio respiro, segui il mio ritmo."
Annuisco quasi soffocato, mentre con la mano sotto al suo Crombie scuro, sento il suo respiro calmo e ritmico. Mi concentro e lo seguo. I suoi occhi grigi non si staccano un solo secondo dai miei. Sa che è la paura provocata da quella diagnosi inaspettata del dottor Greg e non c'entra il mio cuore malandato.
Comincio a stare meglio, mi rilasso perché mi sento protetto. Lui si lascia andare a un sorriso comprensivo, ora posso togliere la mano.
"Meglio figliolo? Passata la paura?" Accenno un debole sì e arrossisco fino alle orecchie.
Si abbottona il cappotto, senza distogliere gli occhi.
"Andiamo, passeggiamo un po'."
Mi prende sottobraccio e iniziamo a camminare, un passo dietro l'altro.
"Non pensare a nulla, allarga la mente e concentrati su quello che vedi. Qualsiasi cosa." Sussurra con gentilezza.
Cerco di rilassarmi, e seguo i suoi consigli, mi metto a osservare gli alberi con le foglie ingiallite, le sterpaglie avvolte dal muschio, qualche nido di uccello migratore. Poche case in lontananza avvolte nella foschia.
Tutto è così sereno, così calmo... Le foglie secche scricchiolano sotto i nostri passi e quel suono particolare ci accompagna come una sinfonia. Mycroft sorride soddisfatto e rallenta il passo. Si mette a roteare il suo amato ombrello. Vedo le sue scarpe costose infangate, penso che non me lo perdonerà mai.
"Il mondo è pieno di cose semplici e belle, ma proprio per questo non le vediamo." Lo dice con una strana convinzione e mi sorprendo per questa sua apertura.
"Ti ho giudicato una persona fredda e insensibile e adesso ti riscopro poeta." Rido, sono stranamente sereno, lo so che mi aspettano giorni difficili, ma ora è tutto così bello per rovinarlo con dei pensieri bui.
Mycroft aggrotta la fronte e parla con convinzione.
"Te lo leggevo in faccia il tuo risentimento, ma ne avevi ampiamente ragione. Avremo tempo per parlare di tutto e anche di tua madre." Si adombra appena, ma si riprende subito, ha un notevole autocontrollo. Accetto che lui si prenda il suo tempo, che sia pronto per raccontarmi quello che è stato.
Mi lascia procedere da solo, siamo affiancati, camminiamo senza fretta. Improvvisamente mette un piede male e inciampa. L'ombrello non lo regge, ma sono veloce, lo afferro per il braccio e lo tengo stretto.
Lui si gira, mi guarda divertito.
"Ecco a cosa serve, avere una persona vicina, figliolo. A sorreggerti quando stai per cadere. La cura non è un vantaggio, ma è necessaria." Mi domando se l'abbia fatto di proposito per darmi una lezione. Lascio la presa delicatamente, vedo che non si è fatto nulla.
"Sei troppo scaltro per me. Tu mi stai manipolando, papà." Un mezzo sorriso ironico si stampa sul mio volto. Lui annuisce divertito.
"So farlo e molto bene anche, ma sicuramente non con te." Mi stringo nella giacca tremando.
"Torniamo, meglio che tu non prenda freddo." Camminiamo lesti, mi sento bene come non mi succedeva da tempo.
Albert accende il motore quando ci vede arrivare, ha un sorriso soddisfatto. L'auto è calda, ora devo conoscere il resto della famiglia Holmes.
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