Il ricevimento. Prima parte.

Martedì, il giorno del ricevimento all'ambasciata, mi preparo mentalmente, mi riposo e prendo accordi telefonici con Anthea.  John mi scruta con attenzione, mi chiede se sto bene. Sono nervoso, ma determinato.

"Sherrinford, metti le medicine in tasca mi sento più sicuro se le porti con te." Annuisco silenzioso. 

"Va bene Doc, dà un bacino a Rosie quando torna." 

Vado nella mia camera, mi infilo sotto la doccia, mi sbarbo e indosso lo smoking.

Quando torno in soggiorno, John sorridendo mi guarda e mi sistema il papillon.

"Sei elegante Sherrinford, Mycroft sarà orgoglioso di te." 

Ma le mani sono insicure, è preoccupato. Essere nei suoi pensieri mi fa piacere, nonostante il disagio che gli provoco.

"Oggi sarà tutto, tranne che orgoglioso, visto come mi devo comportare!" Distendo le spalle, mi do un contegno e lui approva soddisfatto. "Sembri tuo padre ringiovanito." 

 Ridacchia e io mi sento il fuoco sulle guance.

Mi sento parte della famiglia e ne sono fiero.

Anche lo zio Sherlock approva.

"Sii prudente Hayc, Auberton è un traditore ed è pericoloso." Lo rassicuro al meglio che posso. "Starò attento ma devo dare una mano a papà." 

Lui approva e si gira per prendere il violino, suona un pezzo allegro che mi rasserena. Indosso il cappotto costoso come quello di Mycroft.

Anthea arriva puntuale e dopo un breve saluto ci avviamo alla porta.

"Mi raccomando, bada a mio nipote." Gli ordina lo zio che sembra perennemente distratto.

Lei mi prende per il braccio. "Sarà fatto, è lo stesso avvertimento che mi ha fatto Mycroft." Ride ma si sente responsabile da quanto mi sento stringere.

La berlina nera ci aspetta, alla guida c'è Albert che mi saluta con un cenno del capo.

Lei non apre bocca, ma la tensione è tra noi, ci sprofondiamo sul sedile e ci osserviamo brevemente.

"Va bene, sono pronto." Mormoro sicuro e ritorno a guardare la strada, mentre l'auto scivola via lenta.

Londra è, come sempre, bellissima e mentre la osservo passare dal finestrino mi rilasso. Sto per fare qualcosa per la governance, per questa città che amo.

L'ambasciata ci compare davanti in tutta la sua maestosità, illuminata a giorno.

Scendiamo, Anthea mi aspetta, io indugio con l'aria insofferente. Poi l'avvicino e la seguo annoiato, dentro mantengo la calma, ma è solo apparente.

Nella hall consegniamo i cappotti al guardaroba, mi aggiusto la manica e tiro il polsino, mentre osservo con finta indifferenza il lusso che trasuda ovunque.

Anthea è bellissima, fasciata in un abito nero con una scollatura generosa sulla schiena, non devo sforzarmi di fingere mentre la ammiro strafottente, allungo una mano che lei evita decisa. Borbotto qualcosa e la seguo.

Lo smoking mi rende giustizia, sono elegante e bastardo al punto giusto. Ho accorciato i capelli, con un taglio sobrio. Magro e alto come mio padre, di cui ho acquisito un alone di potere essendo suo figlio, imito il suo portamento e mi riesce bene.

Entriamo nella sala, mentre altezzoso vado subito al tavolo per prendermi da bere, ma Anthea è come un'ombra, è attenta e un abile attrice.

Mi scosta il bicchiere, me lo fa posare, mi redarguisce e io fingo la noia, le mando un grugnito mentre tento di liberarmi di lei.

Entra Mycroft, ci osserviamo e ci studiamo mantenendo le distanze, lo saluto con un sorriso beffardo, lui stringe la mascella con l'aria ostile.

Prima che Anthea possa fermarmi lo raggiungo e lo affronto con aria di sfida.

"Padre! Fingi di non riconoscermi?" Lo apostrofo ghignando. "Non sei contento di vedermi? Eppure sono il tuo amato figlio." Rido troppo forte, in modo maleducato.

"Contieniti Sherrinford." Sibila entrando nella parte e cercando di evitarmi.

Mycroft è falsamente imbarazzato, sorpreso dalla mia piazzata. Auberton entrato poco prima, assiste alla scena. Un cenno di intesa passa tra noi. Papà mi urta e si scosta, lo ostacolo ridendo, Anthea mi trascina via, per mettere fine all'alterco.

Le lancio un'occhiata velenosa. "Che c'è? Non vuoi che disturbi il tuo capo?" Allungo la mano sul retro della scollatura scivolando in basso. "Sei carina." Le mormoro all'orecchio tra gli sguardi allibiti degli ospiti.

É brava a dribblare, mi lascia da parte seccata, devo darmi da fare per avvicinare Auberton. Inizio a girare annoiato, mi fermo in un gruppo di gente che chiacchiera e infastidisco chi mi capita sotto.

Le mie battute sono il peggio che posso dare.

 Anthea è vicino a mio padre che parla, il mio comportamento ha sconvolto gli ospiti e rivolgono a papà occhiate solidali. Intanto seguo Auberton e tento il primo approccio con lui.

Con il bicchiere in mano lo urto. "Mi scusi." Lo guardo e biascico due parole per lusingarlo. "Mi sembra di conoscerla. È forse un collega di mio padre?"

Cerco di pulirlo e faccio di peggio. È furioso e non lo nasconde, stringe i denti e mi gracchia contro. "Ragazzo dovresti tornare tra le braccia di Holmes o si preoccuperà." E quasi fatta, devo essere convincente.

"Chi? Il pezzo di marmo? Quello che vuole lo chiami padre, dopo che mi ha buttato in un istituto? O avanti! Se lo conosce sa che non ha un cuore." Ammicco. " Meglio restare orfano che con lui, ha sposato il lavoro e la governance." Appoggio il bicchiere e mentre non guarda ne prendo un altro, non ho bevuto nemmeno un goccio, ma sono l'ubriaco perfetto.

"Lo sa che per colpa del vecchio Holmes, qualcuno ha tentato di rapirmi? Guardi che bei ricordi mi hanno lasciato in faccia." Fingo un passo falso e lo urto. Mi faccio serio. " Scusi come ha detto che si chiama?"

Mi guarda perplesso. "Ci siamo incontrati nell'ufficio di Alicia Smallwood." 

Si chiede dove voglio arrivare. "Sono sir Auberton." 

Rido e lui arretra. " O guarda! Ora mi ricordo, l'ha nominata il pezzo di marmo!"

 Lui non respira. "E per quale motivo?"  Chiede sprezzante.

"Abbiamo in comune più di quanto sembri." Sghignazzo e gli pianto il viso troppo vicino, si scosta. 

"So, chi è stato a farmi questo," mi tocco l'ultima ferita rimasta sulla fronte, " diciamo che desidero non succeda più. Non voglio entrare nelle beghe di potere del mio amato padre."

Rimane muto e mi studia. Allora inietto il dubbio e gli sibilo secco.

"È di lei che sospetta Sir Auberton! Per quel maledetto portatile pieno di password che tanto desidera." Ora il gioco è partito, mi scruta, la mascella talmente stretta che posso sentire i denti stridere. Fa segno di seguirlo.

Andiamo in un posto appartato, mentre mi dà di spalle metto giù il bicchiere e rapido ne prendo uno vuoto. Siamo sulla porta della terrazza, ha il volto tirato nero di rabbia.

"Non sei chiaro, ragazzo! Come sai queste cose?" Ha la voce incolore come se trattasse con un bambino viziato.

"Perché le ho sentite dal vecchio." Ora ho la sua attenzione, lo osservo arrogante.

"Via, Sir Auberton non faccia torto alla sua intelligenza! Se sospetta di lei ed è  ancora libero, è perché non può incastrarla. Lo conosce bene il vecchio Holmes, sa aspettare."

Assumo l'aria sfrontata e lo prendo sottobraccio, una confidenza che mi concede nonostante tutto l'odio che non riesce a nascondere.

"Mycroft sa che è stato lei, vuole la sua testa. Non gli si tocca il figlio, sopprattutto se perde il prestigio perché si è fatto sorprendere come un allocco." 

Rido mezzo ubriaco. "Non gli importa di me ma della sua poltrona da dirigente, ed è per questo che voglio entrare nel gioco. Se lei se ne starà tranquillo, io le porterò i salvataggi del laptop, ma voglio tutte le chiavi di accesso ai conti Holmes. Il resto se lo può tenere." 

Mi avvicino al suo orecchio. "Non parlerà del mio tradimento, è troppo orgoglioso per ammettere che suo figlio lo ha giocato."

Vedo Anthea arrivare con il giusto tempismo.

"Eccolo il cane da guardia di papà! Ci sentiamo più tardi appena me ne libero."

Auberton accenna un sì con la testa, ho la sua attenzione. Si scosta sorridendo ironico, mentre Anthea mi afferra per la manica e mi trascina via.

"Mi spiace sir, spero Sherrinford non l'abbia infastidita, è bravo a dire stupidaggini, è pieno di fantasie." Gli fa credere di essere preoccupata per qualcosa che posso avergli detto.

Le metto la mano nel fianco e scendo più sotto, devo dare al bastardo il motivo di credere che sono arrabbiato e stupido.

"Che dice della solerzia di Anthea? E così obbediente." Si toglie la mano dalla schiena, mentre ridacchio e lei finge imbarazzo.

"Vede come sono devoti i servitori di mio padre? Farebbero di tutto per lui! Vero cara?" Lei arretra e mi spinge via.

"Fa solo il suo dovere giovane Holmes, è il braccio destro di suo padre." Risponde con garbo per non destare sospetti.
"Lo perdoni Anthea ha bevuto un po' troppo." Lei accetta le scuse e mi trascina via.

Strizzo l'occhio al serpente mentre me ne vado.

Sono un po' in difficoltà, il respiro è troppo rapido e corto, le emozioni sono forti. Lei lo sente, mi porta vicino ai bagni fingendo di chiacchierare amabilmente e mi spinge in un ripostiglio.

Mi scruta mentre riprendo fiato appoggiato al muro. "Stai bene? Devi prendere le pillole?"

"No, tranquilla, va tutto bene, devo solo calmarmi." Le mani in tasca stropicciano il blister delle medicine.

"Sei sicuro? Vuoi che fermiamo tutto?" È preoccupata mi accarezza la guancia.

Non ho bisogno delle pillole, non ora. Così mi faccio coraggio respiro a tempo e le racconto come è andata, lei si tranquillizza.
"È parecchio sospettoso, ma sembra che stia abboccando, ora devo vedere se ci accordiamo."

"Vorrà qualcosa in cambio, Hayc,  una prova che dici il vero, devi essere bravo a fingere. E a prendere tempo."

Mi sorride e mi sfiora la mano. "Hai messo tutti in allarme, sono andati da Mycroft a lamentarsi del tuo comportamento oltraggioso."

"Mi dispiace per quello che deve sopportare. Spero di consegnargli Auberton in breve tempo."

"Già." Sospira increspando le labbra, "lo sapevamo che sarebbe stato complicato. Ora vediamo di portare a casa la partita."

Usciamo guardinghi, ma appena vedo Auberton alla fine del corridoio, la stringo e cerco di baciarla. Anthea è scaltra, dapprima si divincola, poi cede, la tengo con forza e avvicina le sue labbra alle mie. Ho promesso a papà di essere un gentleman, è così vicina da sentire il suo sapore.

Auberton controlla, sghignazza, alza il bicchiere verso di me approvando la violenza che sto facendo ad una donna.

Maledetto bastardo! Anthea sente che mi irrigidisco, mi sussurra all'orecchio. "Non farti prendere dalla rabbia, lasciala fuori dalla tua testa. Avrai tempo per vendicarti."

Ci stacchiamo mentre lei torna da Mycroft. Io seguo Auberton, entra nella stanza degli Arazzi e lo trovo con un uomo al seguito. Un tipo tozzo e muscoloso, calvo e antipatico, la sua guardia del corpo.

"Lui è Serge, è fidato." Lo sguardo cade sul vestito scuro e costoso che indossa, non è armato, di certo non stasera. Va subito al sodo si avvicina e mi scruta, poi sembra accettare la sfida, sogghigna beffardo.

"Holmes, se riesci a portarmi quello che contiene quel laptop, avrai quello che vuoi, e intanto starai al sicuro da brutte sorprese, visto il tuo impegno è il minimo che posso garantirti."

Alzo platealmente lo sguardo al cielo.

"Finalmente qualcuno di intelligente in mezzo a questo parco di mummie! Mi sta bene, Sir Auberton, mi farò sentire presto, mio padre è piuttosto stupido quando si rapporta con me."

Rido sforzandomi di apparire soddisfatto dell'accordo, poi improvvisamente lui si ferma, socchiude gli occhi e puntualizza.

"Però c'è una condizione Holmes, devi dimostrarmi che non stai facendo un triste giochetto a favore di tuo padre." Ecco quello che Anthea aveva preannunciato, vuole una prova.

Io annuisco annoiato, non voglio insospettirlo sembrando  nervoso.

"Nella biblioteca c'è una telecamera di sicurezza, trova una scusa e portaci tuo padre. Gli piazzerai un bel pugno in faccia. Rompigli le labbra o il naso, vedi tu, ma deve sanguinare e bene."

Stringe le labbra, osserva ogni mio movimento. "Se fai la cosa per bene lo vedrò dall'assistenza a circuito visivo. Che ne dici giovane Holmes, o sei troppo codardo per farlo?

Vorrei saltargli al collo, ma devo digerire l'offesa e devo continuare la recita.

"Codardo?" Gli rido in faccia. "Si merita una lezione quello spocchioso taccagno! Ma questo allungherà i tempi, dovrò farmi perdonare prima di sottrargli i dati del laptop."

Auberton abbocca, è soddisfatto di avermi al guinzaglio. "Ti contatterà Serge, e vedremo di essere tutti contenti." La conversazione finisce, raggiungo la porta, mentre stringo la maniglia mi volto.

Maschero la rabbia per quello che mi impone di fare, per come lo devo fare. Non riesco a trattenermi, la voce mi esce aspra.  

 "Sir Auberton, non sono uno stupido bamboccio, ho vissuto in un istituto per molto tempo e so quello che voglio. Non provi a fare il doppio gioco con me, il vecchio Holmes è cosa mia, lo rammenti bene." 

Lui socchiude gli occhi, storce la bocca. "Va bene, non metterò becco nella tua vendetta."

Esco, mi sento leggero, non voglio che papà corra dei rischi inutili. 

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