Diventare il figlio bastardo.


Aspetto che torni Mycroft e nel frattempo entra un'infermiera che mi toglie il monitoraggio, finalmente posso muovermi meglio. Mi nascondo sotto il lenzuolo, ho ancora quel camicione a righe ingombrante.

"Ordini del dottor Greg!" Mi dà un pizzicotto sulla guancia ed esce sorridendo al mio imbarazzo.

Sento bussare, Anthea sbircia dalla porta, le faccio cenno di entrare.

"Sei solo?" Mi guarda attenta, lo sguardo addolcito. "Come stai? Mi hai fatto penare, lo sai vero!"

"Mycroft è andato a prendere del tè. Ma tutto sommato sto bene."

È tesa, si porta vicino al letto, senza smettere di esaminarmi. Certo, ho un buon numero di piccoli tagli in volto, ma non sono profondi, sono solo brutti da vedere. E le mani sono parzialmente fasciate, ma le dita sono libere.

"Via Anthea, sono vivo!" Allungo la mano, lei la afferra dolcemente attenta alla fasciatura. Un gesto gentile, incurante che Mycroft possa tornare improvvisamente.

"Abbiamo corso un grande pericolo e devo dire che non me lo aspettavo che fossi così coraggioso."

Ha la voce incerta e dimostra la sua parte emozionale. Le sorrido stralunato, lei che si dimostra preoccupata, è incantevole.

Muove la mano e mi regala una carezza sulla guancia, sentire il suo calore mi rimescola non poco.

Si rabbuia in volto e mormora piano. "Temevo che tuo padre mi uccidesse, invece è stato comprensivo, non ama essere scavalcato, nemmeno da me."

Sente dei passi e si scosta, ritorna impassibile e controllata come sempre.

Mycroft regge un vassoio, lei si alza per aiutarlo. Le porge il tè che sollecita appoggia sul tavolino. Papà le rimanda un sorriso gentile, ma solo per un attimo, stringe le labbra, infondo le ha disobbedito.

Ma percepisce la sua inquietudine, e allora capitola e le rivolge uno sguardo benevolo, ma di rimprovero.

"Hai sistemato tutto secondo i miei ordini?" Le chiede serio, cercando di non essere troppo duro.

"Sì, Mycroft, tutto secondo le sue direttive." Anthea non stacca gli occhi da me, papà modula la voce, sa che lei si sente in colpa.

"Si è ripreso, stai serena ha la pelle dura il piccolo Holmes!" afferma con orgoglio.

"Padre!" Protesto con veemenza, non deve darmi del "piccolo" davanti a lei!

Anthea finalmente si scioglie, ridono divertiti vedendo il calore salirmi in volto, come al solito sarò color rosso fuoco.

Si è rasserenata, aiuta Mycroft a sollevarmi sistemando i cuscini per farmi bere quel poco di tè che riesco a mandare giù.

Papà la lascia fare, ho le mani insicure e lei premurosa mi imbocca un paio di biscotti, mentre perfino le mie orecchie iniziano a sfiorare i quaranta gradi.

È così vicina da sentire il suo profumo delicato, muove i capelli, e una ciocca le invade la fronte.

Non so più come comportarmi.

Mi aiuta a tenere la tazza, le sue mani sono fresche e delicate, stringe le mie e mi fa bere lentamente. Vorrei prolungare quel momento all'infinito.

Mi guarda preoccupata. "Stai bene Hayc? Sei caldo."

Mio padre fa un ghigno beffardo, le mani nelle tasche dei pantaloni costosi, ondeggia il corpo divertito dalla scena che vede.

"Tranquilla Anthea, non ha la febbre! Quelli sono gli ormoni che non riesce a gestire. Vero figliolo?"

Mi va di traverso l'ultimo sorso di tè, tossisco e lo fulmino con lo sguardo. Anthea si schernisce, appoggia la tazzina e si allontana scuotendo la testa.

"Forse è meglio che vada capo, Hayc sta molto meglio a quanto vedo."

Mi strizza l'occhio ed esce, mentre sprofondo per la vergogna sotto le coperte.

Mycroft borbotta un mezzo saluto e rimette in ordine. Lo fa sempre, in qualsiasi posto si trovi, lui deve razionalizzare gli spazi.

"Papà, mi metti in imbarazzo con queste battute. Lei è gentile, che c'è di male?" The British Government si lascia cadere sulla poltrona, inspira, mi osserva sconcertato. Avere un figlio che inizia a corteggiare la sua segretaria è decisamente una novità inaspettata.

Porta le mani giunte sotto al mento come fa sempre quando deve riflettere. "Sherrinford, lasciala stare. È proprio perché è gentile che devi essere educato. Ha l'ordine di proteggerti, non metterla in difficoltà."

So che ha ragione, ma quando lei mi è vicina stento a comportarmi freddamente.

"Farò come dici, non la forzerei mai perché sono tuo figlio, ma lei è così...così"

"Così come? Ragazzino smanioso, cerca di controllarti." Ride appoggiando le testa alla poltrona.

"Ma papà come hai potuto non notarla?" SI volta a guardarmi, alza le sopracciglia, inclina la testa di lato. "Perché sono un gentiluomo, che altro ragazzo mio!"

Si allunga e mi batte la mano sulla gamba che è rimasta mezza scoperta, e chiude l'argomento.

"Stasera andiamo a casa, stiamo insieme a Pall Mall ma domani torni dallo zio."

Non me lo aspettavo che mi mandassero a casa così presto, ma le ferite non sono gravi e poi ci penserà John ad aiutarmi. È stato il cuore, come al solito, a giocarmi un brutto scherzo.

Mycroft vede la mia faccia perplessa. "Hai il benestare di Greg, stai tranquillo. Vuoi rimanere qua dentro?"

"Nemmeno per sogno papà. Ho voglia di rivedere i miei parenti e Rosie." Ed è alla piccola che penso e al mio ritorno a Baker street.

"Rosie sa cosa mi è successo? Perché se mi vede conciato così si spaventerà."

Papà annuisce, ma sembra incerto. "Glielo diranno quando tornerai a Baker Street." Afferma con malcelata sicurezza, perché sa che non sono gradevole da vedere in queste condizioni e per la piccola cugina potrebbe essere un trauma.

Mycroft tentenna, lo vedo distante forse qualcosa lo preoccupa.

"Che c'è, sei pensieroso, cosa ti succede?" Stringe le mani ai braccioli della poltrona e si schiarisce la voce. Credo debba dirmi qualcosa che potrebbe irritarmi.

"Sherrinford, dovrai essere scortato dopo quello che è successo, la tua libertà sarà limitata. A Baker Street sarai protetto, ma non potrai uscire senza dire qual è la tua meta. E Rosie è meglio tenerla al sicuro."

Lo immaginavo, mi lasciò cadere sui cuscini avvilito.

"Quindi ora sono pericoloso se esco con Rosie? Pensare che lei ci teneva così tanto che la portassi a scuola."

Aggrotta la fronte e si massaggia il mento, non voleva trascinarmi nelle beghe del suo lavoro e invece deve proteggermi molto più di quanto pensasse.

"Cercherò di mettere fine a queste spiacevoli ingerenze, farò il possibile per chiudere in fretta questo sgradevole caso."

Lo incalzo perché voglio capire in che mondo si muove e cosa vogliono da lui per ricattarlo in questo modo. "Perché non mi dici la verità? È Auberton quello che ti sta col fiato sul collo, vero? È viscido e ti osservava velenoso negli uffici governativi, e non appena mi hai presentato sono finito nelle sue mire."

Papà si passa due dita dentro il collo della camicia, che gli è diventato improvvisamente stretto, tira appena la cravatta. Devo insistere, voglio ottenere una spiegazione.

"Cosa vuole da te? Non credi che dopo tutto quello che ho passato, tu possa dirmelo? Perché non vuoi fidarti di me?" La mia voce è alterata, ma mi fermo, non voglio farlo soffrire, non dopo quello che so di lui.

"Sherrinford, ritengo che meno sai e meglio è. Quella gente sa ottenere quello che vuole con qualsiasi mezzo." Si alza di scatto e cammina nervoso per la stanza.

Lo vedo indeciso se mettermi al corrente dei suoi problemi e allora continua a incalzarlo.

"Basta che sappia il minimo, quello che vuole da te e perché!" Si ferma, ora le mani infilate nelle tasche della giacca sono macigni.

Ci pensa guardandomi, sta valutando cosa deve fare, poi si addolcisce, e mi cede la sua fiducia. È al centro della stanza, in piedi di fronte al mio letto.

"E da molto che tenta di scalzarmi dalla dirigenza, ma fino a ora non aveva avuto successo. Non era un grosso problema da gestire, le sue macchinazioni erano stupide, finivo per scoprirle ed eliminarle in fretta."

Si ferma e prende fiato. "Ora tu se il mio "pressure point", sa esattamente dove colpirmi, sa che non posso proteggerti sempre." Abbassa il capo, la mascella è serrata e le spalle si fanno improvvisamente pesanti.

"Se fosse riuscito a prenderti mi avrebbe avuto in pugno, ho tutte le password della rete di sicurezza interna e del paese." Gli si smorza la voce. "La tua vita per il mio tradimento." Smette di respirare e con lui anch'io.

"Il suo odio viscerale, mi costa la tua vita Sherrinford. E non la mia purtroppo."

"Papà ma che dici? Sarebbe la stessa cosa, come potrei vivere tranquillo sapendoti così esposto." Sbotto irritato afferrando il lenzuolo così forte che la coperta scivola a terra.

Lui continua con la voce aspra. "Colpire Albert era la loro priorità, sapevano che ferito gravemente per salvarvi avrebbe inserito la guida automatica e la berlina si sarebbe fermata. Quello che non avevano previsto è il tuo coraggio."

Mi alzo e mi siedo sul bordo del letto, il camicione è di una scomodità estrema.

"Allora, che farai adesso? Quel bastardo ci riproverà e non potrai tenermi costantemente in sicurezza."

Si avvicina e si siede al mio fianco, mi copre le gambe pericolosamente scoperte fino a sopra.

"Più volte ha cercato d'impossessarsi del laptop, che contiene le chiavi di accesso. E per un po' è stata un'esca perfetta." Sorride mentre mi accarezza il ginocchio.

"Anche tu, ti eri scandalizzato per come lo sbandierassi ovunque. Ma ora quella trappola è sfumata, ora si è concentrato su di te."

Quindi non era così stupido da tenere tutta la sicurezza nazionale in quel portatile, e io sono stato un emerito idiota a pensarlo.

Gli stringo la mano che tiene appoggiata sulla mia gamba, lui sussulta sorpreso.

"Non cederai papà, non per colpa mia!"

Mi raddrizzo e cerco di rassicurarlo, non sono propriamente autorevole vestito così, ma conosco la sua fedeltà al Governo e vederlo turbato mi destabilizza. Sono il suo punto debole, cerco di elaborare un piano che ci porti fuori da quella situazione di stallo. E forse potrei trovare una soluzione....

Perché non fingere di essere un figlio irresponsabile e vendicativo per l'abbandono che ho subito? Invece dell'arrendevole e debole ragazzino obbediente. Non sanno che sono ammalato, quindi perché non inscenare una recita?

Mi volto verso di lui che se ne sta con la testa china al mio fianco.

"Papà ascoltami." Gli stringo forte la mano e cominciò a sciorinargli il mio piano. Ottengo la sua attenzione in breve tempo, anche se sembra fremere di rabbia per quella situazione assurda in cui ci troviamo.

Cerco di essere convincente, mentre gli espongo la mia idea.

"Papà, perché non trasformarmi in un piccolo figlio bastardo? Che mira al tuo patrimonio per farmi risarcire degli anni dell'abbandono? Voglio tutto e subito, di certo ti odio come padre e come uomo."

Lui mi guarda torvo, è già pieno di dubbi.

"Mi devi aiutare ad avvicinare Auberton, e la mia recita avrà inizio, gli parlerò e gli farò capire che non voglio diventare un bersaglio per la gloria della nazione e per un padre che non mi ha voluto." Ritrae la mano sbuffando. E io continuo imperterrito.

"Gli insinuerò il dubbio che sospetti di lui, gli metterò fretta e il laptop diverrà merce di scambio. Farò un patto con Auberton che dovrà starsene buono, niente attentati finché gioco con lui. Avrò una specie di tregua e alla fine vorrò il mio tornaconto: i soldi, la casa e la punizione che meriti come padre inetto. Lo scandalo ti rovinerà e sapere che centro anch'io ti costringerà a dimetterti per la vergogna."

Mycroft non crede a quello che sente. Ma resta seduto al mio fianco.

"Gli tenderemo una trappola. Lo incastreremo con password fasulle, su questo ci lavorerai tu. Certo correrò qualche rischio, ma è il prezzo da pagare per toglierselo di torno. Sono un bravo attore, lo hai detto anche tu, non mi sarà difficile fare il bastardo fino in fondo." Rido mentre lui respira come fosse un mantice. Gli tocco la spalla per cercare di calmarlo. "Lo saprà Anthea, lo zio, John e nessun altro."

Mycroft non resiste più, si alza di scatto e gira a vuoto per la stanza. Sono suo figlio e adesso ha paura, la vedo nei suoi occhi, teme di perdermi, in più sa che sono ammalato. Quasi mi urla contro con il volto incupito.

"È pericoloso per Dio! Sei impazzito?" Si avvicina, mi guarda dritto negli occhi e trema lasciando ogni controllo. "Quella è gente che non scherza! Una sola, unica, mossa falsa e sei morto, figlio mio."

"Perché papà? Che scelta avrei? Non faccio il coniglio, non mi nascondo aspettando che ci facciano del male." Lui smette di respirare. Mi alzo e gli sono vicino, il camicione svolazza mettendo a nudo le mie gambe magre, sarei comico se non fossimo tesi come corde di violino!

"Lasciami fare papà, dammi la possibilità di farti capire chi sono."

Sento la sua rabbia palpabile e il rimpianto di avermi trascinato fin qui. Non distolgo lo sguardo dai sui occhi grigi in tempesta. Dovrà accettare, volano pochi secondi: abbassa la testa e annuisce silenzioso.

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