CAPITOLO 53
EMMA
Sistemai la tovaglia con i girasoli sul tavolo in terrazza, e tornai in cucina a prendere i piatti e i bicchieri. Era una bellissima giornata d' inizio estate, e avevo pensato che la temperatura gradevole e il panorama avrebbero reso l'atmosfera un po' più rilassata. Almeno questo era quello che speravo.
Mancavano pochi minuti alle sei quando il campanello suonò.
"Ciao mamma, non ti aspettavo così presto" la salutai facendola entrare.
"Dopo che aver letto il tuo messaggio, non sono più riuscita a fare nulla" confessò lei, sistemandosi una ciocca di capelli che era sfuggita dal suo chignon. Solo in quel momento mi resi conto che il suo sguardo di solito sereno, ora era preoccupato, e un paio rughe le erano apparse sulla fronte di solito distesa e luminosa.
"Mi dispiace averti fatto preoccupare" dissi tornando in cucina per finire di guarnire i pancakes salati con un formaggio cremoso alle erbe e fettine di salmone affumicato.
Continuai a lavorare senza riuscire a guardarla negli occhi, quasi temessi che potesse leggere i miei pensieri.
"Sei sicura di stare bene Emma?" la voce di mamma sembrava ancora preoccupata.
Tentai di fare un mezzo sorriso, smisi di cucinare e la abbracciai forte "Ora va tutto bene, stai tranquilla"
In quell'istante arrivò mio padre, precipitandosi in cucina. "Emma che cosa è successo? Sono uscito dall'ufficio prima che ho potuto!" esclamò trafelato.
"Papà! Non volevo preoccuparti così tanto, va tutto bene. Volevo solo parlare ad entrambi di una cosa" nonostante il mio tono pacato sentivo i battiti del cuore sempre più accelerati "Perché non andate a sedervi fuori sul terrazzo, mentre io finisco di cucinare?" proposi.
Quando entrambi uscirono fuori, feci un grande respiro, cercando di incamerare ossigeno e ritrovare il coraggio per riuscire a raccontare loro quanto mi era successo.
Spensi il fornello sotto il pollo al curry che avevo preparato per accompagnare il riso basmati e controllai l'arrosto nel forno, infine cercai di metter su il mio miglior sorriso e andai sul terrazzo con in mano il vassoio dei pancakes.
"Lo so che è presto per cenare, ma ormai siete qui, che ne dite di iniziare?" parlai velocemente posando il piatto sul tavolo, cercando di far finta che non ci fosse nulla di strano, nel vano tentativo di fare un po' di conversazione leggera.
"Emma, ci vuoi dire che succede?" chiese la mamma sempre più preoccupata, segno evidente che non aveva creduto per nulla alla mia finta calma.
Anche papà sembrava essere sempre più nervoso. "Emma, perché non dici nulla? Non è che centra Nick?"
Stavo per ribattere che Nick non centrava nulla, quando lui se ne uscì con "Non sarai mica incinta??"
"Ma che dici papà!" esclamai diventando rossa come un peperone. Non avevo previsto che la situazione potesse degenerare in quel modo.
"Ok, vi dirò qual è il motivo per cui ho voluto parlare con entrambi. Avevo sperato di poter aspettare ancora un po', perché per me non è facile parlarne." feci una piccola pausa "È successa una cosa, ma non adesso, due anni fa." iniziai.
"Due anni fa???" esclamò mio padre sempre più agitato.
"John, cerca di stare calmo, e lasciala parlare" disse mamma nel tentativo di tranquillizzarlo.
"Scusami Emma, non volevo interromperti" si addolcì lui "Cosa ci volevi raccontare?"
Presi un respiro profondo, e mi ripetei mentalmente come un mantra Non hai niente di cui vergognarti, non è colpa tua. Fissai il piatto con i pancakes decorati senza realmente vederli, e iniziai a raccontare "Due anni fa, sono uscita per un po' con un ragazzo, Matt, te lo ricordi papà? Era il capitano della squadra di football"
Lui annuii pensieroso. "La sera del ballo della scuola, eravamo insieme e... lui mi ha violentato" dissi tutto in botto per paura di perdere il coraggio, e contorcendo un lembo della maglietta per il nervosismo.
Per un attimo calò un silenzio quasi surreale. Alzai leggermente lo sguardo, quasi avessi timore di vedere l'espressione adirata sul viso di mio padre, ma in realtà più che rabbia vidi dipinto sul suo volto tristezza e un senso di sconfitta.
"Dopo quella sera ho iniziato a soffrire di attacchi di panico, e solo adesso sto iniziando a stare meglio, anche grazie a Nick. Da circa un mese vado da una psicoterapeuta e mi sta aiutando molto" conclusi sollevata per aver finalmente raccontato tutto.
"Avessi tra le mani quel ragazzo, probabilmente preferirebbe non essere mai nato" la voce di mio padre era calma ma era evidente che stava trattenendo la rabbia "In ogni caso è anche colpa mia Emma, avrei dovuto proteggerti"
"E anche mia John, avrei dovuto essere lì, invece ero distante migliaia di chilometri, senza sapere nulla" disse con la voce rotta, cercando di trattenere le lacrime.
"Non è colpa vostra, e non è colpa mia. Per tanto tempo mi sono vergognata e sentita colpevole, come se quello che era successo fosse colpa mia, ma ora sto comprendendo che non sono responsabile dei gesti altrui. E io non ho fatto nulla di male."
"Certo che non è colpa tua bambina mia" mi strinse a sé mia madre "Ma noi come genitori avevamo il dovere di proteggerti e non ci siamo riusciti" sospirò "Però una cosa la dobbiamo fare: credo che dovremmo denunciare questo ragazzo, tu cosa ne pensi John?"
"Sono assolutamente d'accordo con te Daisy" concordò lui serio.
"Ma sono passati due anni, e da allora non l'ho mai più rivisto" protestai. L'idea di dover rivangare quanto era successo allora davanti ad una giuria non mi piaceva per nulla.
"Lo so tesoro, ma quello che quel ragazzo ha fatto a te potrebbe farlo anche ad altre ragazze. Per questo credo che la cosa più giusta." concluse lei.
"Tua madre ha ragione" asserì mio padre "E poi non posso accettare che quell'essere spregevole rimanga impunito"
"D'accordo. Ci penserò" acconsentii "Adesso però che ne dite di mangiare?" proposi cercando di alleggerire il clima teso.
"Certo, direi che è un'ottima idea" acconsentì mia madre con un sorriso rassicurante, prendendo i pancakes dal vassoio.
La serata proseguì in modo tranquillo. Mio padre era diventato particolarmente silenzioso, mentre mia madre cercò di mantenere viva la conversazione con argomenti leggeri.
"Sei diventata bravissima a cucinare" si complimentò assaggiando la torta "Se dovesse andarti male nel mondo dell'editoria potresti sempre fare la chef"
"Grazie. Non ci avevo mai pensato in realtà. Di solito cucino perché rilassa" le confessai.
"Pensaci, perché hai davvero un dono" confermò finendo di mangiare l'ultimo boccone di torta "Ora devo andare, si è fatto tardi" si alzò e venne verso di me per abbracciarmi. Mi strinse forte a sé "Sei una ragazza forte Emma, non dimenticarlo mai. E di qualunque cosa tu abbia bisogno, ricordati che io ci sono sempre per te"
Rimasi per qualche minuto avvolta tra le sue braccia. Mi era mancata quella sensazione di protezione e sicurezza.
Rimasti soli, in casa piombò uno strano silenzio. Mio padre rimase seduto fuori immerso nei suoi pensieri, mentre io finii di riordinare la cucina per tenermi occupata.
Quando tutto fu perfettamente in ordine, andai nella mia stanza. Sul cellulare c'erano un paio di messaggi di Nick. Uno mi chiedeva com'era andata la serata con i miei genitori, nell'altro se potevamo vederci il giorno dopo perché gli era venuta in mente un'idea.
Gli feci un breve resoconto della serata e accettai l'invito per il giorno successivo, curiosa di scoprire cosa aveva in mente. Infine scrissi a Liz per chiederle di fare colazione insieme il giorno dopo. Volevo raccontare tutto anche a lei.
"Emma posso entrare?" mio padre bussò leggermente, prima di aprire la porta. Aveva il viso ancora più stravolto di prima.
"Non riesco a darmi pace per quello che è successo, e ancora di più per non essermi accorto di quanto stavi male" affondò il viso tra le mani, con le lacrime che iniziavano a spuntare dagli occhi. Poi continuò a parlare quasi fosse un monologo "Certo avevo notato che eri chiusa in te stessa e avevi poche amicizie, ma pensavo che fosse una cosa legata all'adolescenza..."
"Papà" lo fermai "Tu sei stato il miglior padre che potessi avere, non ti devi sentire in colpa per quello che è successo e nemmeno per non esserti accorto di nulla. Mi sono resa conto che ho sbagliato anche io a non parlarne con nessuno, perché mi ha fatto stare ancora più male. Ora che ho trovato il coraggio di raccontare quello che è successo mi sento molto meglio."
Mi abbracciò forte a lui. "Prometti che d'ora in avanti se avrai qualche problema me ne parlerai" io annuii rimanendo stretta a lui, che continuò "E promettimi che denuncerai quel viscido bastardo"
Sospirai. "Lo farò papà" promisi "Anche se l'idea di dover rivangare quella brutta storia mi spaventa ancora un po', ma avete ragione, devo evitare che qualche altra ragazza possa vivere quello che ho vissuto io"
"Sei una ragazza straordinaria e molto forte Emma, e io sono fiero di te" mi diede un bacio sulla fronte e tornò nel suo studio.
Mi coricai nel letto ma non riuscivo a prendere sonno. Le emozioni e l'adrenalina della giornata mi rendevano irrequieta.
Alla fine mi alzai e scrissi a Nick sperando che fosse ancora sveglio.
Sono curiosa, mi dici qualcosa sulla sorpresa di domani?
Pochi istanti dopo arrivò la sua risposta.
Stellina, cosa fai ancora sveglia? Sei troppo curiosa... per domani ti posso solo dirti di vestirti comoda
Sbuffai. Dopo un istante arrivò un altro messaggio.
Mi sei mancata oggi. Buonanotte😘
Mi scappò un sorriso.
Anche tu mi sei mancato tanto oggi. Buonanotte e a domani😘😘😘
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NOTA AUTRICE:
Eccomi tornata con nuovo capitolo, totalmente dal punto di vista di Emma perché pensavo fosse importante questo momento in cui racconta tutto ai suoi genitori.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto,
Alle
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