7. Provocazione
Il giorno seguente e persino quella notte stessa dell'inaspettato incontro con quel bizzarro biondino, avevo in cuor mio sperato di poterlo incontrare di nuovo: avevo immaginato che mi sfiorasse ancora il polso, che mi puntasse le sue iridi scure nel tentativo di scrutarmi o anche solo che io potessi guardarlo da lontano, magari in mezzo ad una folla di persone con i capelli scuri e che facevano dunque spiccare quelle ciocche luminose che parevano delle morbidi stelle di sete. Pensavo sarebbe stato arduo imbattersi nella sua figura una seconda volta, ragion per cui mi estasiava il solo pensiero di poter parlare con lui ancora e magari allora sarei stato in grado di comprendere la sua essenza e il suo modo di vedere le cose, dal momento che per me tutto di lui era rimasto un grosso enigma.
Ad ogni modo non avrei mai creduto di poterlo ritrovare proprio nella mia scuola, ad un passo da me e sebbene prima avessi avuto il desiderio di incastrare i miei occhi curiosi con i suoi indifferenti, in quell'istante non ero pronto mentalmente per poter reggere una situazione di quella portata.
La mia non era stata timidezza e neppure scarsa voglia di dire o fare quello che realmente avrei voluto, tuttavia avevo tenuto le parole dentro di me e improvvisamente non fui in grado di compiere azioni semplici e abituali come quello di alzare lo sguardo verso la figura che avevo di fronte, la stessa che mi era stata piazzata davanti dal professore.
Avevo lasciato che lui mi guidasse e allo stesso tempo avevo lasciato il biondino nella condizione di aspettare un mio gesto o anche solo un elementare "ciao, benvenuto". Inutile puntualizzare che nulla di tutto quello era accaduto. Non ne ero stato capace.
Una volta preso il coraggio di alzare lo sguardo difatti mi limitai a guardarlo negli occhi, cercando di non far trasparire però alcuna sensazione e allo stesso tempo cercai invano di comprendere ciò che invece provava lui. La sua espressione era fredda mentre io d'altro canto mi resi conto di star trattenendo il respiro solo quando il suo sguardo si posò sulle mie labbra.
"Lui è Jeon Jungkook: l'alunno più bravo della nostra scuola, ti aiuterà per qualsiasi cosa tu abbia bisogno cosicché possiate terminare il lavoro in fretta ma soprattutto nei migliori dei modi" lo informò il professore, parlando formalmente sebbene la persona di fronte a lui fosse molto più giovane della sua età; probabilmente lo stimava o forse doveva solo portargli rispetto, così come tutti attorno parevano fare. Nel frattempo tramite le sue parole aveva interrotto il nostro gioco di sguardo e avrei rischiato nel dire che avessimo appena iniziato una specie di sfida. Ci stavamo silenziosamente provocando.
Non lo vidi tentennare neppure una volta alla mia vista ma ebbi la sensazione che mi avesse riconosciuto; non parlò, si limitò ad annuire in una maniera quasi snob ma cercai di non focalizzarmi su quella mia impressione poiché c'era qualcosa nei suoi occhi che riusciva a donarmi una certezza che io generalmente non possedevo.
Avevo potuto constatare che fosse una persona lunatica anche la notte del nostro primo incontro, il suo repentino cambiamento d'umore era forse una cosa giornaliera per lui tant'è che quando il professore ci lasciò da soli, il suo sguardo e la sua intera espressione cambiarono in un modo quasi drastico che mi fece aggrottare le sopracciglia.
"Jungkook quindi?" parlò finalmente, cominciando a camminare tra i corridoi del primo piano. "Quindi dovrai fare tutto ciò che ti chiedo?" chiese conferma voltandosi verso di me, sorridente. "Penso che ne approfitterò e farò in modo di finire questi scatti il più tardi possibile" continuò con quel pizzico di ironia che alle volte poteva persino risultare fastidioso. Non riuscivo a capire a che gioco volesse giocare e questo mi irritava al punto di non rispondere neppure a tono come invece ero solito fare, mi limitai a camminare senza sapere dove andare ma la cosa che più mi metteva in imbarazzo era che non ero nemmeno convinto che si fosse ricordato di me; quelle battutine non significavano nulla.
"Cosa hai intenzione di fare?" chiesi evidentemente preoccupato.
"Per chi mi hai preso? Non sono il cattivo di una serie tv, rilassati" rispose per poi continuare subito dopo. "Ti vedo molto teso"
Mi sembrò completamente cambiato dall'ultima volta, non sembrava neppure lo stesso di prima. Quel ragazzo mi mandava fuori di testa poiché il suo comportamento era fin troppo complicato e non riuscivo in nessun modo ad inquadrarlo o a stare dietro a tutti i suoi ragionamenti.
La notte in cui lo vidi per la prima volta si era chiaramente definito un mostro eppure sebbene alcune azioni non da me condivise, non mi sarei mai permesso di definirlo in quella maniera poiché ai miei occhi non lo era affatto, di seguito quella notte aveva poi mostrato il suo lato peggiore ma neppure un secondo dopo anche un immediato pentimento, che mi dave speranza di un suo possibile lato bello e sensibile contrapposto a quello che mi aveva già mostrato: audace e spensierato. Aveva mostrato tante sue forme, una dopo l'altra e mi aveva coinvolto in ognuna di quelle, mettendomi così in confusione. In un baleno mi aveva mostrato tante sue sfaccettature e ora, ancora una volta sembrava un altro.
"Sono teso perché non sono abituato a tutto questo" sussurrai, indicando tutti gli studenti che, senza ritegno, continuavano a fissare verso la nostra direzione.
Avevamo preso a passeggiare tra i lunghi corridoi del mio liceo, non vi era una motivazione precisa per la quale cominciammo a camminare ma mi sembrava la cosa più giusta da fare nel tentativo di scappare da tutti quegli occhi indiscreti, gli stessi che parevano non volerci lasciare e addirittura parevano moltiplicarsi ad ogni nostro passo.
"Puoi stare più che tranquillo perché non guardano te, ma guardano me" esclamò saccente. "Se mi hai accanto, ai loro occhi non esisti più" disse e sospirai rassegnato più che mai considerato che ogni volta che apriva bocca confermava di essere un caso più unico che raro, nonostante ciò non riuscii a trattenere una piccola risata.
"Vieni con me" gli dissi ad un certo punto forse troppo preso dalla voglia di dover fuggire da quell'invadenza che cominciavo a percepire sulla pelle, proprio come se gli occhi dei miei compagni di scuola mi toccassero senza ricevere un mio consenso.
Fortunatamente il biondo mi seguii senza fare troppe storie, così come io feci con lui qualche giorno prima. In men che non si dica mi ritrovai a ragionare sui vantaggi che avrei potuto avere se avessi accettato l'incarico che mi aveva affidato il preside: improvvisamente pensai che non sarebbe stato poi così male come invece avevo creduto, forse preso dalla sprovvista e anche un po' dalla paura di doverlo rivedere. Nel giro di qualche secondo, nella mia testa immaginai di doverlo seguirlo passo per passo, aiutarlo nel suo lavoro, rendermi utile per lui e il fatto che in quell'occasione mi avesse dato ascolto e mi fosse venuto dietro senza neppure chiedermi spiegazioni, mi fece sperare che nonostante la sua presunzione non fosse quel tipo da impartire ordini. Ovviamente le mie erano solo delle semplici supposizioni, considerato che non potevo essere sicuro di una persona che non conoscevo tuttavia in quel momento, l'unica cosa che mi sembrava importante era rifugiarmi in altro luogo in suo compagnia e così presi le scale per il piano inferiore.
Il corridoio era semi buio poiché quel giorno non erano previste lezioni e dunque quel piano rimase inaccessibile per gli studenti e fu proprio questa la motivazione per la quale scelsi quel posto. Volevo rimanere da solo con lui e avere la possibilità di parlargli per mettere in chiaro quella situazione insensata che si era creata.
Aprii la porta di una delle palestre interne cercando di non far rumore, mi fermai sull'uscio aspettando che il biondino entrasse e una volta dentro richiusi l'ingresso alle mie spalle e accesi tutte le luci. Le pareti che delineavano quella sala erano parecchio ampie e non era neppure la palestra più grande che il nostro liceo ospitasse: il parquet di legno massiccio era sempre ben curato e pulito sebbene in alcuni strati fossero presenti delle macchie, dovute agli allenamenti troppo duri che avevano lasciato dei segni sul rivestimento, mentre l'aria che si respirava era ancora più gelida del fuori, tuttavia bastavano dei semplici esercizi per riscaldarsi e percepire dei gradi superiori, che non corrispondevano dunque al meteo esterno.
Il biondo si guardò intorno curioso e nel mentre io mi sedetti sulle gradinate degli spettatori, ammirando così ogni suo passo attorno a tutte quelle attrezzature che avrebbe dovuto usare per posare, le stesse che usavo io per pura passione. Sospirai, non potevo credere di averlo davvero davanti ai miei occhi e nonostante tra noi si fosse appena creato un silenzio tombale, l'ansia e l'imbarazzo non presero stranamente il sopravvento e così cominciai a parlare.
"Quindi per quale magazine farai gli scatti?" domandai realmente interessato.
"È una rivista sportiva internazionale" rispose scrollando le spalle. "In realtà avrei dovuto scattare in una palestra professionale come tutti i miei collegi ma volevo fare qualcosa di originale, così ho scelto un liceo" continuò incurante maneggiando gli strumenti del boxing.
Dunque era solo una coincidenza quella di averlo incontrato nuovamente e per caso, quell'ipotesi mi fece sorrisi senza accorgermene.
"Quindi fai il modello?" continuai con l'interrogatorio e finché non mi avesse risposto in modo scorbutico avrei continuato nella speranza di capirci qualcosa.
"Tutt'altro" rispose vago e rimettendo a posto tutto ciò che aveva preso. "Le agenzie mi chiamano per posare per alcuni giornali o scoop televisivi a causa della mia fama e dei miei soldi ed io ovviamente accetto per ottenere maggiore notorietà ma non lavoro come modello, anche se il mio bel faccino lo permetterebbe" disse avvicinandosi alle gradinate. "Non credi?" mi chiese con un tono malizioso, continuando a camminare verso di me.
Il respiro mi sì mozzò automaticamente.
"Sono oggettivamente incantevole e irresistibile agli occhi degli altri" sussurrò poggiando le mani sulle mie cosce e sporgendosi verso la mia figura, arrivando ad annullare ogni forma di distanza.
Il suo profumo mi investì in pieno e percepii il suo respiro accarezzarmi il viso mentre i suoi occhi si sposarono insistentemente sulle mie labbra e ciò fece quasi chiudere i miei per l'inaspettato piacere. Cercai di resistere a quella tentazione del tutto strana; non stava facendo nulla di particolare se non essere troppo vicino al mio corpo eppure improvvisamente sentii una vampata di calore.
"Provi qualcosa nell'avermi così vicino?" mi chiese con un tono provocatorio e senza rendermene conto mandai visibilmente giù la saliva, la mia espressione era probabilmente dipinta dal terrore ma anche da una scintilla di esaltazione che mi stimolava in maniera positiva. Il capo del biondino però ad'un tratto si abbassò, privandomi così dei suoi occhi e a quel punto lo sentii ridacchiare di gusto, dopo di ciò si spostò definitivamente e si sedette di fianco a me. "Vedi? Mi è bastato davvero poco per farti perdere la testa" esclamò fiero del suo lavoro mentre io lo guardai storto.
Senza alcun ritegno aveva giocato con le mie emozioni, mi aveva trattato come se fossi il suo nuovo giocattolino personale e percepii una strana stretta al petto poiché improvvisamente mi sentii ridicolo. Non volevo che mi trattasse come era solito a fare con gli altri e se io fossi stato costretto ad accettare l'offerta del preside, lui avrebbe dovuto capire fin da subito che con me si sarebbe dovuto relazionare in modo differente. Ero pronto a farmi valere.
Non importava se lo faceva per stuzzicare o solo per alzare il suo ego; con me non poteva scherzare in quella maniera e poi prendermi per il culo. Acquisita quella consapevolezza mi alzai, mi voltai verso di lui e mi misi in una posizione simile a quella assunta poco prima da lui stesso, solo che misi le mani sui gradini piuttosto che sulle sue gambe. A differenza sua mi avvicinai molto di più e se solo uno dei due si fosse proteso anche di mezzo centimetro probabilmente ci saremmo baciati.
"Ti sbagli, semplicemente stavo aspettando che succedesse qualcosa tra di noi" sussurrai inclinando il mio viso verso destra come se da un momento all'altro avrei potuto poggiare le mie labbra sulle sue.
"Qualcosa?" ripeté sorpreso, sgranando gli occhi generalmente socchiusi in due fessure. "Tipo cosa?" balbettò sembrano quasi un bimbo e subito sorrisi felice del mio risultato. Non si mosse minimamente, rimase a fissare i miei occhi che brillavano vispi nel vederlo docile e sottomesso a me, senza quella sua solita espressione irritante. Era già la seconda volta in quella giornata che mi rendevo conto di quanto fosse appagante avere il controllo della situazione e anche sugli altri, così con un sorriso stampato sulle labbra scesi dalla scalinata ma senza togliergli lo sguardo di dosso.
"Grazie per l'insegnamento, ho notato con piacere che anche tu stavi per perdere la testa" lo sentii sbuffare ma allo stesso tempo sorridere, non sembrava molto infastidito, anzi dava impressione di essere compiaciuto, appagato dal mio atteggiamento.
"I miei complimenti allora" esclamò, scendendo dopo di me con un leggero salto.
Eravamo appena usciti da un episodio insolito e del tutto imbarazzante eppure tra di noi era rimasto tutto come in precedenza; come se fosse abitudine e come se l'avessimo già fatto parecchie volte prima di quella. Non mi era mai successo di avere una tale complicità con una persona in così poco tempo ma soprattutto non mi era mai successo di avvicinarmi sino a quel punto e di provare attrazione fisica per un ragazzo. Per me era una cosa del tutto nuova, mi faceva paura ma allo stesso tempo era piacevole.
"Mi hai sfidato e hai vinto in una delle cose che so fare meglio: sedurre. Così adesso ti sfiderò in ciò che tu sai fare meglio" disse prendendo una palla da basket cominciando a fare dei palleggi liberi. "Prova a prenderla ragazzino" esclamò ridendo e cominciando a correre sul campo; non era una vera e propria competizione, più che altro ci stavamo divertendo tuttavia mi resi conto che non era per nulla un principiante, al contrario ero abbastanza bravo da sfuggirmi ogni volta che mi avvicinavo.
Quando però ebbi la possibilità di togliergli quella dannata palla dalle mani, presi una storta e quasi caddi per terra dal dolore.
Il biondino però evitò quell'inconveniente e subito mi afferrò dalla vita, stringendomi a sé.
"Questa è già la seconda volta che ti abbraccio..."
Spazio Autrice
Eccomi!! Vi sono mancata?? Dai... almeno fingete che sia così.
Come vi è sembrato il loro approccio? Fatemi sapere se vi è piaciuto questo capitolo e grazie di tutto, sappiate che mi commuovo ad ogni vostro commento.
-Federica
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