6. L'alunno migliore
Quella frase ebbe un risvolto ben differente da ciò che mi sarei aspettato da me stesso: ero spesso una persona ansiosa. Uno di quei ragazzi che all'apparenza non si demordeva mai, si tirava su le maniche e andava incontro ai suoi problemi e probabilmente lo ero anche ma non lo ero mai stato senza quel pizzico di ansia che mi contraddistingueva. Mi capitava di entrare nel panico in occasioni che pensavo di non essere in grado di gestire, quando attorno a me avevo una situazione o della gente nuova oppure semplicemente quando dovevo avere a che fare con persone più rilevanti di me.
Non avevo mai avuto un attacco di panico, era un pauroso e improvviso attacco che fortunatamente non mi aveva mai colpito anche se alle volte mi sentivo predisposto nel provarlo. All'apparenza ero un ragazzo risoluto, caparbio e con un asso nella manica tuttavia capitava di distruggermi dei momenti solo attraverso la forza dei miei pensieri: alle volte potevano compiere una strage e risultare dannosi e sfavorevoli a me stesso.
Pensare troppo rendeva deboli poiché si finiva sempre per pensare male. L'ansia era sempre stata uno dei miei nemici più grandi e ancora di più lo era stata la mia stessa paranoia. Era tutto nella mia mente ragion per cui non potevo far nulla per scappare da quello che credevo un atteggiamento nocivo; non era di certo come allontanarsi da un vecchio amico con la quale non riuscivi più a conversare normalmente.
Non potevi fuggire da te stesso, dai tuoi stessi pensieri e paradossalmente quell'idea mi metteva ancora più ansia addosso.
Così proprio come aveva fatto quella breve ma concisa frase che mi aveva riferito una ragazza che neppure avevo mai visto circolare nei corridoi della nostra grande scuola.
"Allora? Ti vuoi muovere" era questa la frase che avevo sentito dalla bocca di Hoseok, accompagnata da una leggera spinta per spronarmi ad raggiungere colui che mi aveva convocato, e probabilmente anche perché come al mio solito ero rimasto impalato in attesa di un'illuminazione o ancora meglio di un qualsiasi miracolo che avrebbe potuto salvarmi.
Non ero mai stato in presidenza prima di allora e non potevo dunque nascondere che la mia ansia aumentava ad ogni gradino che salivo per arrivare al suo studio. Non avevo mai fatto a botte o litigato con un professore come invece erano soliti a fare i miei compagni di classe o i ragazzi in generale; forse non avevo neppure mai visto il preside dal vivo e sapere che voleva parlarmi faceva nascere in me delle paranoie che non avevo neppure mai provato ad immaginare.
Non pensavo che il preside potesse essere a conoscenza della mia esistenza ma il fatto che mi avesse richiamato tramite qualcun altro, valeva a dire che anche solo per un momento aveva pensato a me e di conseguenza era al corrente che frequentassi la sua scuola. Mi feci coraggio e quando mi trovai di fronte alla porta bussai aspettando una risposta che non tardò ad arrivare, dopo di ciò entrai.
Subito una sensazione di calore si diffuse su tutto il mio corpo, sentivo il mio organismo riempirsi di ansia che quasi mi paralizzò all'entrata.
Forza Jungkook, hai detto di essere grande ormai. Comportati da tale.
"Salve, mi hanno detto che voleva parlarmi" dissi un po' incerto vagando con lo sguardo, come se avessi paura anche solo di poggiare le mie iridi scure e probabilmente luccicanti sulla sua considerevole figura.
L'uomo di fronte a me era un signore molto elegante e curato, avrei detto sulla sessantina di anni ma visto che stava seduto dietro la scrivania, non potei focalizzare la mia attenzione sulla sua altezza o sulla sua formosità. La sua postura era china in maniera scorretta sulle varie pratiche poste sul grande tavolo di legno e portava addosso degli occhiali da vista leggermente calanti sul naso.
Quando alzò lo sguardo verso di me, notai un segno che mi invitava a sedermi di fronte a lui e solo allora, cominciò a parlare.
"Allora signorino Jeon sa perché è qui?" disse e immediatamente iniziai a viaggiare con la mia solita immaginazione e mi ritrovai persino a riflettere su ciò che avevo fatto di irrispettoso negli ultimi quattro anni di scuola.
Perché diamine ero finito il presidenza?
Il mio silenzio gli fece intuire che non ne avevo la minima idea così continuò, ma questa volta con un sorriso sulle labbra.
"Allora glielo spiegherò io" esclamò incrociando le dita come quando si era in procinto di fare una preghiera. "Lei studia in questa scuola da anni ormai e si trova finalmente al quinto, pronto e formato abbastanza per affrontare l'università" iniziò facendomi aggrottare le sopracciglia per lo stupore della piega che quel discorso stava per prendere. "In verità però, è dal suo arrivo che continua a sbalordire ogni professore" mi lusingò facendomi così abbassare lo sguardo. "Già all'età di quindici anni era un vero e proprio talento e adesso che si trova all'ultimo anno posso informarla che è sempre stato il mio alunno migliore" disse lasciandomi completamente senza parole. Non era proprio quello che mi sarei aspettato e difatti l'incredulità e la sorpresa che mi diedero le sue lusinghe mi fecero passare tutta l'ansia che precedentemente avevo pensato di provare.
"Jungkook lei è l'orgoglio di questa scuola ed e per questo che devo chiederle un favore" disse infine sostenuto facendomi sgranare gli occhi, le mie pupille si dilatarono ma non capii se fosse per in maniera negativa o in maniera positiva. Ero grato delle parole che aveva usato nei miei riguardi tuttavia improvvisamente ebbi paura di non poter soddisfare le sue pretese e di conseguenza non poter eseguire quel favore a cui voleva sottopormi.
Io amavo ogni genere di sport, ragion per cui avevo deciso di frequentare il liceo sportivo, ero abbastanza bravo ancora prima di poter imparare dai miei professori e difatti dopo ben quattro anni di continui allenamenti e sacrifici, eccellevo in tutte le materie pratiche senza il minimo sforzo. In realtà andavo bene in ogni materia, non che fossi un secchione ma mi bastava davvero poco per capire e memorizzare, dunque non avevo mai avuto troppi problemi.
A scuola avevo imparato la lotta, la corsa, il basket e la pallavolo, in passato avevo anche fatto un corso di tiro con l'arco ma avendo imparato in fretta, l'abbandonai e mi limitai a giocare a calcio con i miei amici.
I miei genitori ritenevano che fosse una perdita di tempo perché avrei dovuto studiare le materie più concrete per assicurarmi un futuro più certo e più brillante, almeno questo era quello che loro dicevano. Fortunatamente però mi lasciarono andare per la mia strada malgrado non fossero d'accordo con la mia decisione, li avevo convinti prendendo il corso di biologia avanzata, difatti quella dannata materia era il mio unico punto debole che finiva dunque per rovinare tutta la mia media tuttavia non mi pentii di quella scelta, considerato che allora aveva reso i miei genitori felici e più rilassati. Nonostante quel mio gesto per loro però non riuscirono mai a supportarmi come invece avrei voluto: né in una partita, né in una gara di corsa e neppure ai campionati che si svolgevano ogni quadrimestre dell'anno.
In quel periodo di sconforto, quelle parole mi fecero sorridere, mi diedero quel coraggio che cominciavo a sentire meno e maggiore forza per continuare a lottare per le mie ambizioni. Anche se la mia famiglia non credeva in me, io avrei dimostrato loro che si sbagliavano, potevo diplomarmi, entrare all'università e lavorare contemporaneamente.
"Mi dica pure" esclamai deciso.
"Ha saputo che verrà il figlio dei Kim..." cominciò e imprecai mentalmente perché odiavo il fatto che tutto girasse attorno alla sua figura. "È l'occasione più importante che mi sia capitata per poter sponsorizzare la scuola, avere migliaia di iscrizioni l'anno prossimo e ricavare dei soldi per migliorare la struttura" la mia espressione si fece vaga poiché non riuscii a comprendere cosa avrei potuto fare ma soprattutto non avrei mai voluto avere a che fare con il biondino in quella maniera. "Quel fanciullo è un ispirazione per tutti i ragazzi della vostra età, ha fatto carriera ed è diventato famoso nonostante la sua giovinezza, deve fare degli scatti sportivi per un magazine e ha scelto la palestra del nostro liceo" disse più fiero che mai e forzai un sorriso malgrado non fossi davvero contento di ciò.
"Deve rimanere a sua disposizione, mi fido di lei Jungkook. È il migliore e mi aspetto il meglio da lei" affermò serio, questa volta stringendo i pugni, mentre io rimasi fermo a contemplare le parole che mi erano appena state dette.
Purtroppo non potrei che fare a meno di fingere che mi andasse bene e così mi alzai dalla sedia.
"Mi impegnerò affinché tutto sia perfetto" dissi prima di fare un leggero inchino verso la sua figura e dopo aver gentilmente ringraziato, uscii dallo studio del preside.
Mi ritrovai a camminare con la testa per aria: quello era un impegno serio e avevo paura che non fossi sufficientemente all'altezza per poter rendere fiero il preside ma soprattutto per poter stare accanto a quella persona che si era dimostrata completamente differente da come l'avevo conosciuta giorni fa. Non mi piaceva l'idea di essere il servo di qualcuno, specialmente se quel qualcuno era quel biondino superbo ed egocentrico.
Era successo tutto così velocemente che non stavo capendo nulla, le mie idee erano confuse e non riuscivo neppure a mettere in chiaro ciò che provavo in quel momento: avrei voluto rivedere i suoi occhi dolci in contrasto con la sua arrogante personalità, non potevo negare che morivo dalla voglia di incontrarlo di nuovo ma nello stesso tempo ero un po' deluso. Mi aveva fatto credere che fosse una persona normale, simile a me e l'ultima cosa che avrei immaginato su di lui era che fosse ricco, famoso e realizzato.
Mentre cercavo una risposta su quale sarebbe stata la scelta migliore da fare, degli uomini intimarono a tutti di fare spazio e di lasciar passare il famoso Kim.
Improvvisamente il cuore mi salì in gola e rimasi impalato nella mia postazione, ovvero nelle scale di fronte a lui. Deglutii quando lo vidi camminare verso la mia direzione ma per fortuna non mi notò e disperatamente mi nascosti dietro un pilastro proprio come una fighetta, non sapevo cosa mi stesse prendendo ma non volevo che mi vedesse dopo quello che avevo scoperto, per di più avevo una paura folle che non mi riconoscesse e di fare l'ennesima figura di merda.
La sua camminata era lenta ma provocante, guardava solo dinanzi a se con uno sguardo sicuro e quasi di sfida. Aveva una mano in tasca e con l'altra continuava ad accarezzare quei suoi capelli biondi, indossava una camicia bianca, un pantalone nero e una cravatta dello stesso colore, abbastanza allentata che dava un leggero tocco di eleganza e che faceva apparire la sua figura meno seria e composta.
Ci sapeva davvero fare e solo in quel preciso momento pensai che avrei dovuto capire immediatamente che fosse un modello o che facesse comunque qualcosa legato al mondo dello spettacolo. La verità era che non avevo ancora ben compreso cosa facesse... Ma d'altronde era evidente che fosse perfetto per qualsiasi cosa.
D'un tratto mi sentii tirare dalla felpa e strattonare per qualche passo.
"Cosa sta facendo professore? Mi lasci andare" dissi quasi urlando e cercando di frenare la svelta andatura dell'uomo dinnanzi a me, che di conseguenza trascinava anche me in quella camminata veloce.
Quando ci fermammo il professore sorrise di fronte a sé ed io alzai lo sguardo impaurito, sapendo già chi mi sarei ritrovato davanti.
Spazio Autrice
Ciao amici, io sono paranoica proprio come Jungkook quindi fatemi sapere se la storia vi sta piacendo o no. Come avrete capito nel prossimo capitolo avremo finalmente un faccia a faccia tra i due e lo so che mi sono dilungata tantissimo but what can I do about it? Mi farò perdonare.
Se siete arrivati fino a qui potete tranquillamente tirare qualche parolaccia rivolta ai grammy e agli americani, un salutoo.
-Federica
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