48. Sconfitta

Non avevo voglia di aprire gli occhi, non avevo nessuna voglia di svegliarmi ma in realtà non sapevo neanche se avessi dormito quella notte, mi sentivo già stanco e stremato senza che avessi fatto nulla. Mi girai dall'altra parte e mi coprii il viso con il piumone, avrei voluto rimanere disteso per tutto il giorno, solo e al buio ma la verità era che ero persino stanco di sognare e di pensare a cose che sarebbero sicuramente rimaste sogni e pensieri e che mai si sarebbero tramutati in realtà.

Nelle ultime settimane erano successi eventi che probabilmente stavo sognando da tanto tempo e che mi avevano reso felice per qualche istante come aver fatto l'amore con Taehyung per l'ennesima volta, essermi svegliato accanto a lui per la prima volta e persino l'assunzione nella sua azienda era stato un miracolo per me pur tuttavia tendevo sempre più ad isolarmi da tutti. Non vedevo i miei amici da giorni e non riuscivo più a confidarmi con loro come invece facevo una volta, non avevo più provato a recuperare il rapporto con i miei genitori per il semplice motivo che non provavo più alcun interesse, stavo perdendo completamente la fiducia negli altri ma soprattutto la stavo perdendo in me stesso.

Mi sentivo del tutto spento eppure sapevo di dovermi alzare dal letto, pure con una certa urgenza.

Oggi era il grande giorno, quello che tanto avevo atteso. Allora perché adesso mi sembrava di dover vivere il giorno più brutto della mia vita?

La verità era che credevo di essere pronto psicologicamente, oltre che fisicamente ma non era così. Avevo tanta paura di non farcela.

Quella mattina mi bastò aprire gli occhi per capire che quella giornata sarebbe stata cupa e uggiosa, generalmente non ero un tipo meteoropatico tuttavia quella data per me era talmente importante che non volevo che il clima potesse rovinarla in qualche modo. Dunque il mio umore non tendeva a cambiare in base al tempo, non potei però negare che mi preoccupava e mi infastidiva il fatto che proprio quel giorno tirasse un vento allarmante: non volevo che il campionato potesse essere rovinato o rimandato a causa dell'imminente pioggia.

Mi stiracchiai i muscoli del corpo e solo allora trovai il coraggio di alzarmi dal mio caldo letto, la prima cosa che feci fu avvicinarmi alla finestra dove spostai le doppie tende colorate e mi affacciai per controllare meglio le condizioni climatiche: il cielo era indecifrabile ma sperai con tutto il mio cuore che le cose andassero bene. Sia all'esterno che all'interno di me.

Avevo dormito male al solo pensiero di quello che sarebbe potuto succedere in campo e davanti ad un centinai di persone che puntavano su di me e sulle mie abilità e altre che non vedevano l'ora di vedermi abbattuto e finalmente sconfitto dai fratelli Kim o da chicchessia.

Sospirai e mi stropicciai gli occhi nella speranza di svegliarmi il più in fretta possibile ma la verità era che non vedevo l'ora di ritornare a letto e dormire fino a che non ne avessi la nausea. Era un pensiero abbastanza depresso per una persona generalmente radiosa come me eppure non riuscivo a fare a meno di partorire quei pensieri angoscianti.

Avevo sempre preferito avere qualcosa per cui valeva la pena lottare, per cui valeva la pena uscire ogni mattina dal letto e per cui avrei fatto di tutto, anche se a volte comportava perdere il resto o perdere persino se stessi. Io ero dell'idea che non fosse facile avere dei sogni, degli obiettivi o semplicemente delle passioni, alle volte il solo pensiero di non poterlo raggiungere o anche solo conseguirlo faceva male al cuore. La maggior parte delle persone, che si tratti di scrivere un romanzo, di fare il cantante o di diventare il più famoso chef del mondo, finiva sempre per rinunciare e lasciare quello che riteneva il loro più grande sogno in un buio e lurido cassetto di un comodino.

Non volevo essere come coloro che avevo sempre giudicato e soprattutto non volevo sentirmi costretto a sentirmi parte di quella categoria per un qualcosa che non avevo deciso io di avere. Volevo combattere e continuare a tenermi stretto tutto quello che negli anni avevo conquistato e tutto quello che avevo in mente di raggiungere ancora. Ero solo all'inizio del mio sogno ma allora perché in quel momento sentivo di essere già arrivato al capolinea? Perché non riuscivo più a vedere alcuna strada da percorrere?

Volevo che il mio sogno restasse in vita e avrei rischiato anche la mia salute per poterlo fare.

Quel giorno avrei dimostrato a me stesso che nonostante il disturbo che mi era stato appena diagnosticato, sarei potuto diventare un ottimo atleta. Contavo pienamente sulle mie abilità e sulla mia voglia di fare ma in quel periodo contavo sicuramente meno sulla mia forza fisica, motivo per cui quella mattina mi alzai e mi diressi subito in bagno dove avrei trovato quella piccola finestra piena zeppa di miracoli. Aprii la mensola dove i miei genitori tendevano a mettere il kit di soccorso ma anche delle semplici bustine o basici farmaci e cercai qualcosa che mi avrebbe fatto sentire meglio e che avrebbe potuto prevenire qualsiasi tipo di attacco, non potevo negare a me stesso che già da qualche settimana attingevo periodicamente a quei medicinali che mi davano sollievo ma che stavano anche prosciugando la mia sanità mentale, tanto da sentire sempre la necessità di assumerle.

Mi rendevo conto di quanto sbagliato fosse, stavo giocando con il fuoco ma nella mia testa sapevo di doverlo fare per un unico scopo, dopo di che avrei smesso.

Avrei solo voluto assimilare una vittoria dopo tutte le perdite che avevo subito per poter comprendere se il mio sogno fosse ancora possibile oppure avrei dovuto rinunciarci per sempre...

Mi guardai allo specchio dopo essermi imbottito di diverse pillole e solo allora mi spogliai per infilarmi in doccia, dove un flusso di acqua gelida mi colpì in pieno volto per poi scivolarmi addosso sul resto del corpo. Una volta lavato mi vestii e quando finii di preparare l'occorrente nel mio zaino sportivo, mi diressi in cucina dove lasciai quei soliti post-it per comunicare con i miei genitori e gli lasciai un messaggio, nella speranza che anche loro potessero tifare per me o anche solo che venissero a vedere le gare a cui tanto ero affezionato ma che per loro non avevano alcuna importanza. Non erano mai stati presenti in nessuno dei miei eventi sportivi eppure io continuavo ad invitarli, le questioni che riguardavano mia madre e mio padre mi rendevano sempre uno stupido e un illuso, credevo che le cose sarebbero potute cambiare da un momento all'altro con loro ma questa volta in cuor mio sapevo di non poterci rimanere male come tutte le altre volte perché ora sapevo di non essere del tutto solo: quel giorno avrei avuto Kim Taehyung al mio fianco e la sua presenza mi sarebbe bastata.

Lui era abbastanza per me.

Il giorno prima era stato a scuola dopo tantissimo tempo e il ritorno non era stato poi così traumatico come credevo, i professori mi avevano accolto come se avessi avuto un incidente o come se mi fossi appena risvegliato da un coma, erano stati tutti molto disponibili e gentili con me, persino i fratelli Kim erano venuti per informarmi del campionato senza avere altri sotterfugi in mente eppure non mi ero sentito ancora del tutto a mio agio. Non avevo ancora visto i miei migliori amici e solo dopo aver trascorso tutta la giornata senza di loro, compresi quanto la loro mancanza fosse presente nel mio stato d'animo, mi mancavano terribilmente motivo per cui anche a loro mandai un sms, in cui li pregai di venire al campionato come ai vecchi tempi ma soprattutto colsi l'occasione per potermi scusare con loro della mia inspiegata assenza.

Seppure avevo partecipato alle lezioni scolastiche però non ero stato in grado di presentarmi durante gli ultimi allenamenti, da un lato perché avevo vergogna di ripresentarmi e dall'altro perché ero già impegnato con il mio nuovo lavoro, che mi dava già delle piacevoli soddisfazioni. Il pomeriggio precedente infatti avevo saltato le attività del coach per recarmi in azienda da Taehyung, proprio come ci eravamo promessi all'entrata della scuola. Avevamo lavorato per tutto il giorno, mi stavo ambientando velocemente ed era forse una delle poche cose che mi rendeva spensierato e che mi allontanava per un breve lasso di tempo dalle mie continue preoccupazioni che mi stavano pian piano lacerando il cervello.

Purtroppo non c'era stato spazio né per le coccole e né per una semplice chiacchierata, lui aveva semplicemente lavorato per conto suo mentre io era stato affiancato da un consulente, in modo che potesse insegnarmi al meglio le mie mansioni e i compiti da svolgere in azienda. Le ore mi sembrarono minuti e in men che non si dica arrivò la sera, avrei tanto preferito andare a casa di Taehyung ma allo stesso tempo l'impegno del giorno successivo me lo impediva, così mi aveva gentilmente accompagnato a casa e solo durante il tragitto potemmo scambiarci qualche parola. Infatti solo in quel frangente trovai il coraggio di invitarlo ufficialmente a vedere quelle famose gare che anche lui sembrava attendere con tanta ansia.

Una volta uscito di casa mi recai a scuola dove il tempo passò lentamente e in una maniera quasi soffocante, perlomeno però filarono tutte per il verso giusto e avevo anche visto Hoseok e Yoongi che mi accolsero con un abbraccio e in seguito anche un pugno su entrambe le spalle. Erano visibilmente offesi a causa del mio distacco ma soprattutto a causa della mia riservatezza, non volevo parlare dei miei problemi non perché avessi timore del loro giudizio ma per il semplice fatto che le parole non mi uscivano di bocca, non riuscivo a confidarmi con nessuno e quando compresero quella mia volontà non provarono neanche più a capirmi e questo lo apprezzai davvero molto. Durante i cambi d'aula mi stavano genuinamente accanto e ci ritrovammo a chiacchierare come avevamo sempre fatto, erano preziosi e quella fu l'ennesima dimostrazione da parte loro.

L'ultima campanella finalmente suonò e questo indicò la fine di tutte le lezioni, gli studenti corsero fuori le aule e subito i corridoi si affollarono nel tentativo di poter uscire da scuola il più presto possibile mentre io al contrario rimasi seduto fino a che non si liberarono gli spazi che avrei dovuto percorrere per poter raggiungere la palestra disposta appositamente per il campionato, dove probabilmente il coach stava già aspettando l'intera squadra per poter fare il suo discorso motivazionale pre-partita e dirci quelle quattro cazzate per poterci spronare a dare il massimo.

Proprio all'entrata della palestra però mi fermai un'attimo cosicché potessi prendere e controllare il cellulare un'ultima volta, prima che cominciassero le gare o anche prima che mi vedessero tutte quelle persone che magari avevano sperato che non mi presentassi. Tra tutte le notifiche mi focalizzai su quella di Taehyung, così ci cliccai sopra per poterla aprire.

"Mi sono preso tutto il giorno libero per te, ora sono con Jimin ma dimmi a che ora devo essere da te" lessi velocemente e ancora prima di terminare la lettura, aprii la tastiera per poter rispondere.

"Il campionato inizia alle 16 ma puoi venire quando vuoi" feci il vago poiché malgrado l'avessi invitato io, avrei preferito di gran lunga che non venisse o addirittura che mi desse buca all'improvviso.

"Allora stiamo arrivando, Jimin non vede l'ora di fare il tifo per te" mi rispose immediatamente e non potei fare a meno di sorridere a quelle parole.

"E tu?" digitai semplicemente.

"Io mi limiterò a farti le congratulazioni quando ti troverai sulla pedana del podio" era solamente un messaggio, delle parole sul display di un cellulare eppure nella mia mente riuscii a ricreare il viso e quell'espressione risoluta di Taehyung che mi infastidiva ma che allo stesso tempo mi faceva impazzire di piacere. Ruotai gli occhi e disposi il telefono nella piccola tasca dello zaino, dopo di che me lo portai alle spalle e aprii la grande porta facendo un profondo respiro nel tentativo di tranquillizzare la mia agitazione.

Mi guardai subito attorno, fortunatamente non vi erano ancora tante persone e così mi riservai del tempo per poter osservare ciò che le cheerleader o gli studenti volontari che erano interessati o appassionati alle squadre scolastiche avevano creato appositamente per noi: la palestra venne agghindata da striscioni e palloncini celebrativi, vi era anche una mascotte ma preferii non conoscere la vera identità di quel grosso peluche che continuava a camminare per tutto il campo facendo chissà quale prova generale. Riuscii a scorgere da lontano il mio capitano parlottare con due o tre uomini che probabilmente erano i giudici di quel pomeriggio o chissà chi, comunque non fui interessato così semplicemente mi diressi negli spogliatoi dove pregai di non trovare i miei compagni di squadra ma soprattutto sperai di non incrociare lo sguardo dei fratelli Kim, almeno non prima di sentire il congegno esplosivo che generalmente veniva lanciato per indicare l'inizio di una competizione.

Aprii la porta del grande stanzino dove contai di posare la mia roba ma quando mi resi conto che lì dentro non ci fosse ancora nessuno, colsi l'occasione per poter stare per conto mio, anche se rimanere solo significava solo una cosa: riflettere e rimuginare fino allo svenimento ed io non potevo permettermi di pensare e di distruggermi il cervello proprio ad un passo dalle gare.

Mi passai le mani tra i capelli e chiusi gli occhi, rimanendo semplicemente seduto per terra accanto al mio armadietto. Lo stesso armadietto che nei primi giorni di scuola mi ritrovai a dover condividere con il celebre figlio dei Kim, quello che inizialmente credevo solamente uno stimato e allo stesso tempo indisponente modello ma che con il passare dei giorni si rivelò essere tutt'altro, finendo per diventare il centro delle mie misere giornate. Il tempo era passato così velocemente con lui che quasi mi scordai tutto quello che avevamo dovuto trascorrere prima che ci fidassimo l'un dell'altro. Sorrisi al pensiero dei primi momenti trascorsi con lui ma quello stesso sorriso si spense nell'istante in cui le mie orecchie percepirono lo scricchiolo della porta, segno che qualcuno stava per entrare quasi di soppiatto e per qualche strano motivo mi allarmai, così cercai di mettermi in piedi senza però fare alcun tipo di rumore.

Volevo uscire senza che quel qualcuno mi vedesse eppure quando inalai quel determinato profumo i miei muscoli si bloccarono. Sentivo di conoscere abbastanza bene quel profumo, mi era familiare ma prima che potessi rifletterci su una mano si avvinghiò al mio polso cosicché lui potesse tirarmi verso il suo corpo. Con una mossa veloce scivolai tra le sue grinfie e quando fui abbastanza vicino, con una mano mi prese per entrambi i polsi e me li portò dietro la schiena, bloccandomeli con una facilità innata che quasi mi stupì. Le sue mani erano eleganti e le sue dita, così come le sue unghie, erano lunghe, sottili e ben curate tanto che a volte sembravano essere quelle di una donna eppure erano anche terribilmente grandi da poter soddisfare sicuramente tutte le mie incresciose fantasie.

Il mio ragazzo: Kim Taehyung.

"Ho sentito dire che bisogna dare il bacio del vero amore se vuoi che un'occasione importante vada per il verso giusto" mi informò con una certa serietà.

Annuii con fare interessato, assecondando così il suo gioco. "Questa cosa l'hai scoperta grazie alla favola che hai letto ieri prima di andare a dormire oppure te la sei appena inventata?" continuai convinto mentre lui si avvicinò alla mia bocca come se non stesse realmente ascoltando, come se fosse semplicemente interessato al movimento delle mie labbra piuttosto che alle parole che ne stavano fuoriuscendo. Le sue labbra schiuse si posarono delicatamente sulle mie ma si scostò subito, ancora prima che potessi sentire il suo sapore su di me.

"La seconda" sorrise, rispondendo alla mia domanda. "Ma meglio non rischiare giusto?" enfatizzò e a quel punto la sua testolina bionda si inclinò di lato e mi baciò ancora.

La sua lingua scivolò nella mia bocca dove lo accolsi nel migliore dei modi, in men che non si dica mi persi nelle sensazioni che solo lui e i suoi tocchi erano in grado di provocarmi. Quel familiare calore si diffuse velocemente in ogni cellula del mio corpo ma soprattutto, come capiva ogni volta che mi stava accanto, si accumulò nel basso ventre e più specificamente tra le mie gambe. Avrei voluto sfiorare la sua candida pelle o accarezzare i suoi morbidi capelli ma le sue mani non smisero di tenere bloccate le mie ed io d'altro canto non ebbi la forza di oppormi a quella semplice ma anche tanto eccitante mossa: era in grado di avvicinare i nostri corpi in una maniera del tutto naturale. I nostri petti si toccavano al punto da riuscire a percepire i respiri irregolari che caratterizzavano sempre i nostri infiniti baci e in più notai che quel suo gesto non era affatto dispotico o aggressivo, al contrario mi resi conto che non smise neppure per secondo di accarezzarmi i polsi.

Non avevo mai sentito tanta premura e dolcezza da parte di una persona nei miei confronti, mai nessuno mi aveva riguardato o dedicato tutte quelle attenzioni e probabilmente per lui era lo stesso. Taehyung non aveva mai trovato una persona a cui poter donare tutto quell'affetto e tutta quella sua purezza che continuava a non voler ostentare, anzi preferiva nasconderla e fingere che non esistesse affatto. Avrei voluto dirgli che era la parte più bella di lui ma mai avrei interrotto quel bacio per una frase che sicuramente non sarei stato in grado di pronunciare.

Solo quando lui si ritrasse, ripresi a parlare.

"Quindi se perdo significa che non sei il mio vero amore?" domandai nonostante il fiato corto.

"Vedi di vincere allora" mi disse semplicemente, alzando le spalle come se fosse la riposta più ovvia da dare tuttavia non era esattamente quella che mi aspettavo da lui.

Ridussi gli occhi in due fessure perché al posto di godermi quel momento con lui mi ritrovai immerso nei miei soliti pensieri che riguardavano la mia lampante irresolutezza e le mie mille incertezze che spesso rovinavano persino gli attimi belli della mia vita. Cercai di capire dove volesse arrivare con quel suo gesto improvviso perché tendevo sempre a credere che quando le cose si facevano inspiegabilmente belle da un momento all'altro potesse arrivare una fregatura e dal momento che Taehyung era sempre stato per me un fiume in piena, mi aspettavo che anche lui potesse far qualcosa per rovinare quello che ritenevo ormai un porto sicuro.

Il giorno prima mi aveva dimostrato tanto, forse tutto quello che avevo sempre desiderato che mi dimostrasse, avevo sempre richiesto una dichiarazione da parte sua e ora che l'avevo ottenuta per davvero continuavo a comportarmi come avevo sempre fatto e non come credevo che un fidanzato avrebbe potuto fare. Sebbene quella sua esposizione mi aveva reso la persona più felice del pianeta terra, adesso mi rendevo conto che non era poi così necessaria come invece credevo. Con Taehyung non era solo amore o trasporto fisico, era anche passione, amicizia, a suo modo sapeva essere un ottimo confidente e soprattutto una persona di cui fidarmi e a cui avrei messo in mano la mia stessa vita. In cuor mio sapevo che da sempre fosse stato così, motivo per cui l'etichetta da fidanzato non rendeva la nostra relazione differente da quella che avevamo avuto fino a quel momento: io ero semplicemente stato uno stupido a non capirlo prima a differenza di Taehyung che aveva fin da subito compreso quel nostro legame speciale.

Forse era tutto così bello da apparire un sogno, una specie di miracolo che a Jeon Jungkook non sarebbe mai capitato. Sorrisi per i miei stessi pensieri e dopo di che mi liberai dalla sua presa e cercai di sbuffare, facendo il finto infastidito ma l'unica cosa che partorì la mia faccia fu una smorfia buffa che fece sorridere anche Taehyung.

"Alza lo sguardo verso di me durante le gare" sussurrò tornando serio. "Guardami" continuò rubandomi un altro bacio. "Guardami perché io sarò li per te" un altro bacio ancora.

Era così dolce con me, più di quanto potessi mai immaginare e soprattutto più di quanto io potessi mai esserlo con lui.

"E ora vai" esclamò dandomi una pacca sulla chiappa, così io presi in una direzione e Taehyung dall'altra dal momento che io sarei dovuto entrare in campo mentre Taehyung sarebbe dovuto andare in tribuna, insieme a tutti gli altri spettatori.

Improvvisamente l'ansia e il nervosismo si placarono lasciando spazio solo all'eccitazione e alla voglia di dare il massimo o anche solo alla voglia di divertirmi. Avrei dovuto ritrovare quella mia innata spensieratezza che aveva da sempre caratterizzato la mia essenza ma che mi stava a poco a poco abbandonando senza che neanche me ne rendessi conto, mi sarebbe piaciuto ritornare alle origini però non riuscivo più a trovare la forza e neppure la serenità per poter ricucire quelle debolezze che mi rattristavano e che mi buttavano giù in una maniera irragionevole. In quel momento riuscii a percepire una volontà elettrizzante che da tempo non percepivo, e sapevo che non fosse per l'imminente gara ma sapevo che fosse grazie a quella testolina calda che mi riempieva il cuore come mai niente e nessuno era stato in grado di fare. Se c'era una persona che poteva aiutarmi su quella mia strana sensazione era proprio Taehyung, nonostante i suoi tormenti interiori e il suo passato per me ancora appannato.

Decisi di darmi una mossa e rientrando in palestra notai con piacere ma anche con stupore che si era popolata nel giro di pochi minuti. Salutai i miei compagni con un gesto della mano e dopo di che mi avvicinai alla panca dove cominciai il riscaldamento per evitare infortuni, così proprio come mi aveva insegnato il mio allenatore e persino durante quel minimo sforzo fisico mi ritrovai a pensare.

Volevo davvero vincere ma anche se avessi perso, avrei voluto perdere a testa alta. Volevo mettercela tutta e con quella determinazione, una volta terminata la sessione di distensione, mi misi in fila insieme ai miei compagni, aspettando quindi il mio turno che sarebbe sicuramente arrivato dopo i discorsi iniziali da parte degli allenatori e subito dopo le raccomandazioni da parte dei giudici che ci incitavano ad essere competitivi ma mai violenti. A quelle parole, mi venne automaticamente di voltare il viso verso Seokjin e Namjoon che negli anni precedenti non si erano mai tirati indietro nel svolgere azioni riprovevoli nei miei confronti, erano stati meschini in precedenza ma quella volta sembravano avere depositato le armi da guerra e dunque non mi sentii allarmato o intimorito come negli anni scorsi. Mi ritrovai ad essere leggermente più tranquillo e alleggerito sotto quel punto di vista.

Credevo che tornare in palestra mi avrebbe suscitato una marea di emozioni negative a causa di quel malessere interiore che provavo eppure mi era capitato l'esatto opposto: sentivo una passione travolgente che mi fece sentire vivo dopo tantissimo tempo. Quel posto era ciò che mi rendeva più felice e che fosse stato come passione oppure come lavoro non aveva per me nessuna importanza perché ero certo che avrei voluto farlo a vita. La corsa, la lotta e tutti gli sport che avevo avuto modo di imparare erano per me preziosi, mi facevano sentire libero di poter esprimere me stesso al cento per cento e avrei tanto voluto continuare quel percorso nel tentativo di diventare qualcuno, eppure davanti a me non vedevo più solo una semplice pista: ora era più un sentiero buio che non aveva via d'uscita, che sembrava non avere alcuno spiraglio di luce e che mi metteva una paura tremenda addosso.

Le mie impressioni si stopparono dal momento che lo starter puntò la pistola sul soffitto della palestra, segno che stava per dare inizio alle varie partite pertanto presi un'ultima volta un profondo respiro e cercai di bloccare una volta per tutte il flusso dei miei pensieri. Il tappo della canna scattò in alto quando il giudice di gara cliccò il grilletto, facendo così fumare la pistola al momento dello sparo.

Le gare di lotta erano come un antipasto, era una degustazione in modo che i più bravi potessero eliminare immediatamente quelli più piccoli, più fragili o semplicemente quelli più sfortunati.

Feci una serie di stretching prima che l'arbitro potesse chiamare il numero che ci avevano affibbiato e che avevamo anche dovuto indossare sia sul davanti che sul retro della felpa e quando venne il mio turno mi incamminai per recarmi sul piccolo e percoscritto palchetto a cuscino e di conseguenza morbido al tatto cosicché non potessimo farci male durante la gara di forza. Il mio avversario era leggermente più minuto di me ma non lo conoscevo abilmente, motivo per cui rimasi sull'attenti e diedi il massimo nel tentativo di rimanere all'interno del percorso tracciato ma soprattutto nel tentativo di non cadere o lasciarmi sopraffare da lui. Mi ci vollero solamente qualche minuto per comprendere i suoi punti deboli e a quel punto, mi impuntai per colpire proprio quelli così con una mossa veloce lo afferrai dalle spalle e con un colpo di ginocchio lo feci crollare per terra. Le gambe gli cedettero e a quel punto dovette arrendersi al fallimento mentre io mi godei la folla di persone, che come ogni anno avevano aperto le scommesse e date le urla e gli applausi, potei intuire che la maggioranza avesse puntato su di me.

Ero sempre stato un amante delle competizioni e vincere mi dava una carica assurda, probabilmente era proprio dalle vittorie che ricavavo quella energia che un tempo avevo e che ora pian piano stava svanendo ma era il momento di riportare quella carica nelle mie vene, motivo per cui mi rimboccai le maniche e mi preparai per lo stadio successivo: ovvero la gara di velocità.

La corsa era sicuramente la gara principale poiché riusciva a coinvolgere il maggior numero di atleti e di conseguenza ad eliminarne tantissimi e tutti in una volta, cosicché potessimo passare alle selezioni più importanti come il tiro con l'arco o il pugilato.

Nel breve lasso di tempo che distanziò le due competizioni ebbi modo di guardarmi intorno: c'erano più persone di quanto immaginassi e malgrado la confusione mi sentii totalmente a mio agio perché sentivo di stare nel posto giusto al momento giusto. I miei occhi vagarono tra le scalinate, notai con piacere che vi erano molte ragazzine che probabilmente frequentavano il primo o al massimo il secondo anno di liceo o magari non erano neppure iscritti a questo liceo. Ovviamente il campionato era aperto a tutti cosicché potessero prendere parte anche familiari, amici o chiunque abbia avuto una minima passione per lo sport, forse erano solamente delle ragazze che avevano sentito parlare del grande evento e dunque avevano deciso di partecipare per fare il tifo alle loro crush o per chissà quale altro motivo. Arrossii visibilmente quando un gruppo di ragazze urlò il mio nome ma non potei fare a meno di alzare la mano e scuoterla impacciatamente pur di salutarle e ringraziarle in qualche modo per quel loro inspiegato sostegno.

"Comincio ad essere geloso" urlò qualcun altro riuscendo a sovrastare tutte i cori e gli schiamazzi della gente, mi voltai verso il suono di quella voce che continuò a lamentarsi. "Anch'io pretendo un saluto dal mitico e splendido Jeon Jungkook" continuò e solo allora mi resi conto che a parlare era quel pazzoide di Jimin che non aveva neppure un briciolo di vergogna. Ruotai gli occhi al cielo e provai a replicare tuttavia quando incrociai lo sguardo di Taehyung mi incantai e non riuscii più a muovere neppure un muscolo.

Era dannatamente bello pure da lontano e il solo vederlo li esclusivamente per me mi fece rimanere come un pesce lesso, tant'è che non risposi mai alle provocazioni del suo migliore amico. Mi ritrovai incastrato nei suoi occhi che seppur distanti, rimanevano luccicanti e profondi come un pozzo senza fine. Non fece nulla se non alzare una pollice in su verso di me, come per dirmi che ero stato bravo e per il resto aveva la sua solita espressione indeterminata, che se non conoscessi bene come il palmo della mia mano, l'avrei scambiata di sicuro per noia o addirittura irritazione. Ora che avevo imparato a conoscerlo però sapevo perfettamente quando pacato fosse in quel momento e avrei anche osato dire, felice.

Dovetti distogliere lo sguardo quando sentii richiamare il mio numero di maglia e così ispirai ed espirai prima di mettermi in posizione di partenza.

Al fischio dell'arbitro i miei piedi scattarono come se il suolo sotto di me si fosse appena trasformato in lava ed io avrei dovuto correre il più veloce possibile in modo che non mi bruciassi. Quell'idea mi fece diventare magicamente più veloce, i miei piedi si muovevano in modo automatico e nel giro di pochi secondi superai un paio di studenti che neppure riconobbi e a quel punto davanti a me vidi solamente altre due figure, del tutto altre e muscolose. Mi concentrai sul numero che portavano dietro la schiena e solo tramite quello mi resi conto che davanti a me vi erano proprio i fratelli Kim.

Era la mia occasione per potermi vendicare di tutte le cose che mi avevano fatto passare durante quegli anni scolastici ma in cuor mio non volevo ridurre una delle più grandi e importanti vittorie in una stupida vendetta contro di loro eppure il solo immaginare le loro facce mi fece godere come mai prima di allora così come un fulmine cercai di raggiungerli e quando mi ritrovai al loro fianco, scambiammo uno sguardo colmo di rivalità e rivincita.

Dovevo essere io a tagliare quel traguardo, io e nessun altro sebbene quella determinazione le cose cominciarono ad andare diversamente.

L'orizzonte mi parve frastagliato e caotico e in men che non si dica la paura si fece strada in me ma per impulso non mi fermai, anzi cercai di andare sempre più veloce. Mi allarmai immediatamente quando sentii nascere dentro di me una sensazione che purtroppo diveniva con i giorni sempre più familiare. I muscoli delle mie gambe divennero d'un tratto meno tonici, come se avessi appena fatto una discesa o una lunga salita di scale, le mie ginocchia cominciarono a tremare e se da una parte vi era la determinazione e la voglia di fregarmene dall'altra vi era la paura, il terrore di ciò che stava per accedere.

Lo sentivo, stavo per riavere uno di quei terribili attacchi, prevedibilmente dovuto dalla fatica e dallo stress a cui avevo sottoposto il mio corpo ormai debole. Il respiro si fece sempre più corto e la mia bocca, sebbene avessi voluto urlare aiuto, ne fui impossibilitato a causa di quella sensazione di asciutto che navigò tra le mie labbra, prosciugando interamente la mia saliva e facendo si che avessi difficoltà ad articolare qualunque genere di frase.

Dovetti fermarmi. Mi fermai proprio nel mezzo della gara e proprio al centro del campo, lasciando così che gli altri atleti mi sorpassassero e soprattutto lasciai che dei versi delusi e sorpresi fuoriuscissero dalla bocca dei tifosi, dalla quale mi sentivo fortemente osservato e soprattutto giudicato.

Il mio cuore accelerò velocemente e quasi scoppiai a piangere per il dolore che cominciai a provare proprio su tutto il corpo o forse era un dolore che cominciai a percepire sulla pelle a causa della brutta figura che stavo vivendo davanti a tutti. Le persone cominciarono a ridere, a porsi delle domande e a inventarsi chissà quale assurda fantasia mentre io mi lasciai cadere per terra. Riuscivo ad avvertire le palpitazioni farsi sempre più forti e diventano sempre più fastidiose dal momento che non erano percepibili solamente al petto ma persino alla gola e ai polsi.

Tossii ripetutamente e solo quando collassai definitivamente sul gelido pavimento della palestra, sentii un'agitazione generale e solo in seguito un allarme da parte dell'arbitro che aveva chiaramente dovuto interrompere la gara.

Non ero lucido e quella volta, a differenza di tutte le altre nella quale avevo avuto un minimo di autocontrollo, non riuscii a nascondere il mio malessere. Quel dolore che precedentemente era in qualche modo gestibile adesso mi parve una tortura, stavo troppo male e non mi preoccupai neanche più né di dove mi trovassi né che le persone potessero assistere alla mia volubilità. Spensi il cervello fino a quando non udii un suono che mi fece vibrare il cuore, l'unica sensazione che non mi inflisse sofferenza.

"Spostatevi, lasciatemi passare" urlò una voce tra tutte le altre, era come se il brusio delle gradinate fosse passato in secondo piano e le mie orecchie si fossero focalizzate solo sulla voce di Taehyung. Riuscii a captare il suo tono di voce, era senza dubbio preoccupato e forse lo era più di quanto lo fossi io dal momento che a differenza sua, io sapevo da cosa fosse causato mentre gli altri ma specialmente lui tra tutti, ne era rimasto all'oscuro, motivo per cui il suo atteggiamento era più che giustificabile.

Chiusi gli occhi sapendo a cosa stavo per andare in contro ma nonostante il buio attorno a me, intuii una folla di persone che circondarono il mio corpo ma tra tutte riconobbi il passo di Taehyung e il suo fiato irregolare su di me. Probabilmente si era inginocchiato accanto a me e riuscii anche a percepire le sue mani sul mio corpo ma il dolore e il frastuono era talmente immenso da non riuscire più a comprendere cosa stesse succedendo nella realtà e neppure dentro di me: l'unica cosa che sentivo erano le contrazioni muscolari e il male che questi causavano.

Era il mio dolore ma nel giro di pochi secondi ebbi la certezza che divenne anche il dolore di Taehyung, dal momento che sembrava aver appena assistito alla scena peggiore della sua vita. Era come se fosse stata la notizia più brutta che abbia mai ricevuto o forse ero semplicemente troppo stordito per poter riconoscere o valutare le sue sensazioni, tuttavia se prima provavo vergogna alla sola idea che potesse vedermi fragile o ammalato, in quel momento e in una situazione come quella mi ritenni fortunato ad averlo vicino.

Percepii una lacrima scivolare lungo la mia guancia ma subito dopo riuscii a percepire anche la mano calda di Taehyung che prontamente cacciò via quella goccia amara e con lei anche il resto delle mie preoccupazioni. All'improvviso crollai definitivamente, tutta la mia fermezza e tutte le mie forze mi abbandonarono tuttavia prima di lasciarmi andare completamente ebbi finalmente la certezza di cui avevo bisogno:

Il mio sogno si era appena frantumato in mille pezzettini, non ne rimaneva più niente. Tutto quello che potevo fare adesso era sognare ad occhi aperti...

Spazio Autrice

Inaspettato ma vero, ho aggiornato perché questo capitolo mi sembra un po' di passaggio e ho la sensazione che sia noioso quindi sono tornata prima del previsto, spero sempre di non deludere le vostre aspettative. 

Alcuni di voi non vedevano l'ora di sapere come Jungkook avrebbe detto a Taehyung della sua malattia ma come avrete capito, non sarà lui a dirglielo bensì ha dovuto scoprirlo da solo e in una maniera non proprio bella...

Jungkook ci ha provato in tutti i modi a rendere il suo sogno in realtà e per me è stato davvero coraggioso tuttavia anche un po' stupido e irresponsabile tanto che adesso ne deve pagare le conseguenze, quali saranno? E come reagirà Taehyung?

IN TUTTO QUESTO VOLEVO RINGRAZIARVI PER LE 18K VISUALIZZAZIONI!!!

-Federica

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