41. Lo specchio dell'anima
Avevo spesso sentito dire che per sopravvivere bisognava mantenere le apparenze, dicevano di non mostrarsi mai realmente e di adattarsi agli stereotipi della società ma avevo anche sentito dire di non fidarsi delle apparenze perché ingannavano e illudevano le persone, era una contraddizione e non riuscivo a capire quale delle due fosse più corretta. Non mi ero mai soffermato a pensarci ma in pochi secondi capii che quella contraddizione riguardava anche me e il mio comportamento nonostante mi reputassi diverso dai miei coetanei. Io avevo sempre odiato la superficialità e coloro che si fermavano alle apparenze, che non scavavano in fondo all'anima della gente, io non ero solito farlo e ci tenevo a conoscere per davvero le persone che ritenevo importanti per me, tuttavia anch'io ero solito indossare delle maschere per nascondere le mie debolezze o semplicemente per essere accettato. Per quanto mi sforzassi a non recitare ruoli, anch'io come tutti i ragazzi della mia età preferivo mostrarmi attraverso l'atteggiamento, attraverso la moda, l'aspetto e i soldi piuttosto che mostrare la mia vera essenza, rivelando così pregi e difetti in egual modo. Era questo il motivo per cui per me era molto più facile trascorrere del tempo con i miei amici che con gli sconosciuti o con la mia famiglia, non perché preferivo i miei amici a tutti ma perché con loro riuscivo ad essere me stesso al cento per cento e dunque non dovevo fingere di essere sempre in forma, sempre forte, sempre felice e sempre cordiale e comprensivo. Mi bastava stare con loro per sentirmi libero da ogni etichetta.
Mi guardai allo specchio e accarezzai il tessuto liscio del mio abito, malgrado odiassi le maschere e le sembianze, quell'abito che non apparteneva al mio modo di essere mi faceva stare bene e avrei tanto voluto che fosse mio, lo desideravo perché mi faceva sembrare più in forma e mi sentivo più forte, più bello e più felice solo indossandolo e così anche gli altri, guardandomi, avrebbero pensato lo stesso di me.
Ero in piedi di fronte al grande specchio del camerino e continuai ad osservarmi dentro quell'abito interamente nero e lucido, il pantalone era classico così come la camicia abbottonata sino al collo per poter far passare attraverso il colletto, una lunga cravatta firmata, sopra invece una giacca nera con un decoro abbastanza lussuoso e infine delle eleganti scarpe dello stesso colore. Non indossavo mai vestiti del genere perché non ne avevo bisogno e anche perché non potevo permettermi di comprare abiti che avrei indossato una sola volta nella vita quindi per quel brevissimo instante mi sembrò di vedere un nuovo Jungkook davanti a me. In effetti ero cambiato molto in quel periodo, sentivo il cambiamento dentro e fuori di me ed ero felice di questo perché stavo maturando e l'elemento che più mi stava aiutando in quella crescita personale era sicuramente Taehyung.
Taehyung era il mio sogno ad occhi aperti, sin dal primo giorno avevo sempre avuto un debole per lui ma non mi ero mai accorto di quanto fosse importante per me prima della notte scorsa. L'assenza di sentimenti alle volte avrebbe potuto rendere il sesso sbrigativo, rimaneva sempre piacevole ma non poteva competere con fare l'amore, ed io ero certo di aver fatto l'amore con Taehyung nonostante lui si ostinasse a mettermi da parte pur di non dichiarare i suoi sentimenti e avevo avuto modo di capirlo dalla maniera frettolosa in cui si era alzato dal letto e allontanato da me dopo l'atto. Non mi ero fatto troppe paranoie per quel gesto perché ormai conoscevo bene il suo carattere e perché il feeling che si era creato tra noi prima e durante il rapporto aveva fatto la differenza, al tal punto da farmi sentire molto più legato a lui. Era stato mio per quella notte e avrei tanto voluto sentirlo mio per altre interminabili notti.
"Allora che dici?" domandò Jimin mettendo un braccio attorno alle mie spalle facendo sbucare il suo esile corpo e la sua testolina arancione sul riflesso davanti a me.
"Mi sta bene" alzai le spalle.
"Io ti scoperei vestito così" esclamò Jimin non curandosi della gente presente al negozio.
"Jimin per favore" lo ripresi a denti stretti, sorridendo all'uomo di fianco ai nostri camerini, cercando di cancellargli la memoria con uno stupido sorriso e magari anche un paio di occhi dolci.
"Dai su scherzavo, ti scoperei anche vestito di merda" si riprese non cogliendo il motivo del mio rimprovero mentre io rassegnato abbassai lo sguardo verso il pavimento. "D'altronde conta quello che sta sotto e da quello che ho sentito lì sotto c'è tanta roba" continuò e a quel punto gli misi una mano sulla bocca per evitare che peggiorasse ancora la situazione, lo trascinai dentro il camerino e chiusi la tendina.
"Vuoi baciarmi?" chiese sporgendo le labbra verso di me ma lo bloccai afferrandolo per le spalle.
"Taehyung ti ha detto qualcosa riguardo l'altra notte?" chiesi quasi sicuro che lo sapesse, lo scrutai ma continuò imperterrito a comportarsi da scemo. "Dai dimmi cosa ti ha detto" lo implorai.
"Solo che è stata la scopata più brutta di tutta la sua vita" disse facendo il labbruccio e mi accarezzò la testa come per consolarmi da quella terribile notizia, a quel punto sbuffai sonoramente e uscii dal camerino. "Jungkookie non essere triste, dovrei esserlo io dato che Taehyung non ha proprio voluto parlarmene" disse infine serio, seguendomi.
Loro due si dicevano sempre tutto e fui sorpreso nel scoprire che Taehyung aveva preferito tenersi la cosa per se piuttosto che andare a raccontarla in giro, quella informazione per quanto all'inizio fosse stata deludente data la mia curiosità di sapere le sue impressioni attraverso il suo amico, subito dopo mi resi conto di quanto piacere mi facesse sapere che il nostro amore era rimasto solo tra di noi e impregnato nelle lenzuola della sua camera.
"Quindi vuoi prenderlo non è così?" domandò riferendosi all'abito che continuavo a guardare allo specchio. "Dai cambiati, te lo compro" disse perché conosceva perfettamente le mie condizioni economiche e probabilmente aveva intuito che neanche in due anni di ordinario stipendio sarei riuscito a pagarmi quel vestito. "Non fare storie, vado alla cassa" mi interruppe prima che potessi aprire bocca e corse dall'altra parte del negozio facendomi sorridere. Era un gesto prezioso per me e nonostante continuassi a ripetere di non avere bisogno di aiuto, sia Taehyung che Jimin facevano di tutto per aiutarmi senza però essere troppo invasivi nei miei confronti, li facevano sembrare dei semplici regali e non mi ponevano mai domande sul lavoro o sulle condizioni dei miei genitori.
Avevo avuto modo di passare tanto tempo con Jimin e malgrado la maniera scortese con la quale ci eravamo presentati il primo giorno e malgrado i pregiudizi e l'iniziale invidia che provavo nei suoi confronti, mi aveva sin da subito dato la possibilità di ricredermi così avevo potuto scoprire quanto brillante, intelligente e divertente fosse. Ci scrivevamo ogni giorno e alle volte mi chiamava anche durante la notte per disturbarmi o semplicemente per chiacchierare, avevamo trascorso un'intera settimana insieme quando Yoongi era ricoverato in ospedale e aveva fatto di tutto pur di aiutarmi senza però chiedere nulla in cambio e quella mattina mi aveva proposto di andare a fare un giro per la città. Jimin era come un fiume in piena, travolgeva tutti quelli che lo circondavano e per qualche ragione si faceva amare da tutti, era esilarante il modo in cui riusciva a passare da un argomento serio a fare battutine a sfondo sessuale e se prima avevo dei dubbi sul fatto che potesse provasse un qualche sentimento per il biondino, ora avevo capito che quelle provocazioni facevano parte della sua essenza, non riusciva mai a farne a meno.
In quell'ultimo periodo ci comportavamo proprio come due migliori amici e avevo un po' trascurato i miei veri amici ma sapevo che il nostro rapporto non sarebbe cambiato per nessun motivo al mondo, ero abbastanza sicuro di loro, forse erano le uniche costanti della mia vita tuttavia in quel momento ero davvero preso da un'altra tipologia di vita ed era quella di Taehyung e Jimin. Erano così differenti da me, avevano un modo tutto loro di vivere e mi attraeva al punto che entrambi mi risultavano irresistibili, avrei tanto voluto essere come loro e se non ci fossi riuscito mi sarebbe bastato avere loro al mio fianco, tuttavia se da una parte era stimolante stare con persone come loro dall'altra non riuscivo più ad immaginare un futuro senza loro due e questo mi spaventava parecchio. Mi sentivo ormai parte della loro quotidianità.
"Almeno prendi il sacchetto, già comincia a farmi male la mano" si lamentò una volta fuori il negozio.
"Grazie Jimin"
"Non me ne faccio niente dei ringraziamenti, piuttosto dimmi chi ha dovuto prenderlo in culo ieri" riprese a parlare in modo scurrile ma questa volta non riuscii a non ridere. "Ti prego non riesco ad immaginarvi, quando siete insieme nessuno dei due vuole mai sottomettersi all'altro" continuò dando voce ai suoi pensieri. "Siete una strana coppia"
"Non siamo una coppia" mi precipitai a dire.
"Si e io e te siamo alti uguali" disse sarcastico sfilando dalla tasca le chiavi della macchina. Si era gentilmente fatto trovare sotto il mio portone e di nuovo avrebbe dovuto percorrere la stessa strada per potermi lasciare a casa.
"Jungkook" mi richiamò dopo aver allacciato la cintura e abbassato lo stereo che all'andata stavamo ascoltando a tutto volume.
"A parte gli scherzi, sono io a doverti ringraziare, sono davvero grato che Taehyung abbia una persona come te nella sua vita" sussurrò con la voce quasi spezzata, era davvero evidente il bene che provava per il suo amico. "Sin dall'infanzia mi sono sempre preoccupato per lui, per la sua salute, per ciò che potesse fare e per i pensieri e le mancanza che lo tormentavano sin da piccolo" si prese un secondo per mandare giù la saliva e probabilmente anche per pensare accuratamente alle parole da usare. "Ma ero piccolo anch'io e non sapevo come aiutarlo così ogni notte, prima di andare a dormire, mi mettevo a pregare per lui in modo che trovasse finalmente il suo equilibrio, che si sentisse bene e che incontrasse la persona giusta che gli avrebbe fatto dimenticare tutti i suoi rimpianti e tutti i suoi sensi di colpa" spiegò alzando lo sguardo e incontrando i miei occhi. "E guardando te, adesso so che posso anche smettere di pregare"
Semplicemente annuii alle sue parole non sapendo come rispondere, avevo una profonda paura di non essere giusto per Taehyung o all'altezza di tutti i suoi segreti, non sapevo quanto fossero importanti e non sapevo quando avrebbe trovato il coraggio di raccontarmi della sua infanzia o di tutti quei problemi che in realtà sembrava non avere ma soprattutto non sapevo se ero davvero pronto per scoprire le sue verità.
Il tragitto parve breve e quando aprii la portiera per uscire dall'auto e salutarlo, Jimin mi fermò per pormi una domanda inaspettata.
"Quindi accetterai di lavorare per Taehyung?" alternai lo sguardo tra lui e il sacchetto in cui era riposto il mio nuovo abito e improvvisamente sorrisi capendo il motivo per cui mi aveva portato fuori e il motivo per cui mi aveva comprato quel vestito talmente elegante. "Ci tiene molto"
"Non ho ancora deciso" dissi solamente uscendo dall'auto e salutandolo con un gesto della mano. "In ogni caso userò questo bel vestito per quando farò gli allenamenti o per quando laverò il cesso di casa mia" urlai infine e prima che andasse via definitivamente lo sentii piagnucolare e lamentarsi di tutti i soldi inutili che aveva speso. Entrai in casa ridendo a causa di quell'idiota ma la felicità durò ben poco perché alla vista del nostro salone sottosopra cominciai a pensare ai peggio scenari tuttavia quando sentii la voce dei miei genitori mi tranquillizzai e andai in cucina per controllare meglio la situazione.
"Si può sapere che diamine state combinando?"
"Stiamo mettendo all'asta i pochi beni che abbiamo" disse mia madre fiera probabilmente di aver avuto quell'idea ma delusa dal fatto che fosse necessario arrivare a tanto per avere qualche soldo in più per sopravvivere. "Tu vuoi mettere qualcos'altro? Abbiamo solo trovato la playstation nella tua camera"
"Cosa?" bisbigliai solamente non riuscendo né ad oppormi né ad arrabbiarmi. Un improvviso dolore al petto non mi permise di parlare e corsi in bagno lasciando che i miei genitori facessero con le mie cose ciò che volevano. Il respiro cominciò ad essere irregolare ma cercai di fare il meno rumore possibile in modo che nessuno mi sentisse, avevo paura di avere l'ennesimo attacco che mi avrebbe procurato dolori a cui non avevo rimedi o medicine. Chiusi a chiave la porta e mi avvicinai al lavandino, dove mi sporsi e tossii rumorosamente un paio di volte, coprendo quel rumore rimbombante con il flusso dell'acqua. In quel momento tossire mi faceva male e come se non bastasse dalla gola mi uscì un effetto schiumoso e delle macchie di sangue che mi fecero indietreggiare per lo spavento, mi resi conto di stare peggio giorno dopo giorno e che i sintomi erano sempre più evidenti anche se io facevo di tutto pur di non vederli.
Mi poggiai al muro e presi il telefono tra le mani, mi accorsi di avere due messaggi non letti così cliccai sul primo, aprendo la chat di gruppo con i miei amici.
"Io e Yoongi stavamo pensando di ubriacarci in camera mia, proprio come i vecchi tempi. Ti aspettiamo"
Tuttavia lo ignorai per leggere il secondo messaggio, proveniente dalla clinica privata del mio medico.
"Se non ti presenti entro domani sarò costretto a chiamare e fare rapporto ai tuoi genitori. A te la scelta Jungkook, a presto" lessi tutto d'un fiato e mi portai una mano tra i capelli, ormai docile al volere del dottor. Sin e consapevole che avrei dovuto affrontare quel tanto temuto dubbio. Non avevo paura di scoprire cosa avesse il mio corpo ma avevo paura delle conseguenze e di sapere dove questo disturbo mi avrebbe portato...
Taehyung's pov.
Cominciavo a sentire dolore alle braccia e alle nocchie delle mani ma non riuscivo a fermarmi, sentivo di dovermi sfogare e sentivo di meritare quel male che mi stavo infiggendo minuto dopo minuto. Mi mancava l'aria ma questo non mi bastò per fermarmi, continuai a tirare un colpo dietro l'altro, percependo i muscoli tendersi ad ogni mio movimento e le gocce di sudore scorrermi lungo tutto il corpo. Mi sentivo esplodere, stavo crollando, avrei voluto urlare, distruggere tutto ciò che mi circondava, volevo soffrire perché era quello che più mi meritavo. Sentivo il bisogno di rimanere da solo e di procurami del male o di ferirmi in qualche modo, conoscevo benissimo quella sensazione, era così familiare da farmi quasi paura.
Credevo di aver superato la fase in cui usavo me stesso come valvola di sfogo, la fase in cui le giacche costose coprivano i tagli sui polsi e in cui gli accendini non avevano il solo scopo di accendermi la sigaretta eppure ogni volta che credevo di averla superata, la mia mente mi istigava a riprovare, mi tornava quella bellissima sensazione di controllo a cui non riuscivo a resistere.
Se qualcuno avesse scoperto i miei pensieri e la mia infinita lotta interna probabilmente avrebbe creduto che volessi morire ma in verità volevo solo smettere di soffrire e paradossalmente l'unica soluzione era farmi del male, tuttavia col tempo e senza accorgermene finii per diventare una dipendenza. Mi rendevo conto di quanto fosse sbagliato, il mio psicologo e soprattutto Jimin mi avevano aiutato ad uscirne ma quando sentivo di essere di nuovo in trappola, quando mi abbandonavo alla tentazione, non c'era mai nessuno che potesse realmente fermarmi.
Era da tempo che non mi sentivo più in quel modo, che non facevo più quel tipo di pensieri in cui mi sentivo solo una sagoma che per inerzia continuava a vivere la sua vita. Per un periodo avevo creduto che mi fossi liberato di quella parte e che avessi sconfitto il vecchio Taehyung, avevo anche creduto che fosse stato merito di Jungkook perché ero consapevole di quanto lui mi avesse aiutato a smussare alcuni lati del mio carattere nocivi e invalidanti sia per me che per gli altri eppure quel giorno, mi ritrovai a prendere a pugni il muro e a riversare la colpa della mia ricaduta interamente su Jungkook. Avrei voluto prendere a pugni la sua faccia, la sua bellissima faccia...
In quel preciso istante mi bloccai, guardai di fronte a me e poi guardai le mie mani distrutte, avevo il respiro pesante e probabilmente oltre al sudore anche delle lacrime mi percorsero le guance. Era come rivivere il passato, improvvisamente mi sentii fragile, emotivo e completamente vulnerabile, come se qualsiasi cosa mi avrebbe potuto distruggere da un momento all'altro e quello che mi stava più distruggendo era proprio il sentimento che provavo verso Jungkook. Avrei voluto dirgli che era solo un passatempo, un semplice giocattolo di cui mi sarei presto liberato e che non provavo nulla per lui ma le parole che pensavo si contrapponevano ai miei gesti, gli avevo raccontato cose che non avrei mai pensato di dire a nessuno, ero andato a letto con lui e percepivo qualcosa di indecifrabile nel petto ogni volta che trascorrevo del tempo insieme a lui. Non avrei voluto provare quelle cose, motivo per cui non riuscivo ad ammettere i miei sentimenti ogni qual volta che mi domandava o insisteva di sapere qualcosa sulla nostra relazione, era molto più facile depistare o rimanere in silenzio in modo che pensasse che stessi giocando o che non mi importasse di lui. Non potevo permettermi di affezionarmi ad una persona eppure sentivo di aver già commesso quell'errore, mi ero già affezionato e fare l'amore con lui aveva peggiorato tutto, rendendomi così facilmente attaccabile, indifeso e soprattutto esposto a lui.
Mi sfregai il viso e portai all'indietro i capelli bagnati di sudore, avevo bisogno di un po' d'acqua così mi recai nel bagno della palestra. Ero solo da un bel po' di tempo, avevo mandato a casa tutti i dipendenti dell'azienda per chiudermi nella mia palestra dove contavo di rimanere ancora qualche ora, il tempo di riprendermi e tornare in me stesso. Mi poggiai sul lavandino con entrambe le mani e aspettando che l'acqua diventasse tiepida, alzai lo sguardo verso il grande specchio di fronte a me, improvvisamente la mia figura mi fece ribrezzo.
Scossi la testa nel tentativo di cacciare quel pensiero ma più guardavo il mio ammaliante riflesso e più si trasformava in un raccapricciante demone. Mi apparteneva, faceva parte di me ed era stato il mio migliore amico, il mio vicino, il mio consigliere, mio fratello, era tutto per me come io ero tutto per lui, io gli appartengo e non potevo correre via da lui, neanche la terapia o i farmaci erano riusciti ad allontanarlo.
"Non puoi fare nulla per cacciarmi, io vivo dentro di te" era questo che mi diceva quando cercavo di contrastarlo o quando lottavo contro di lui.
La mia mente non si stancava mai di tormentami, mi giudicava, mi limitava, rimuginava sul passato e mi riportava problemi e ricordi che avrei voluto dimenticare. Non riuscivo a non dare peso alla voce dentro la mia testa, al contrario le davo ascolto lasciando che mi influenzasse e che mi rovinasse la vita. Ero ancora colpevole, un disonesto, un bugiardo, un bastardo che non aveva pagato per le proprie colpe, ero un criminale e nessuno lo sapeva. Era tutta colpa mia e meritavo di soffrire, meritavo di sentire le voci di coloro che non c'erano più, meritavo di vedere i loro volti nel sonno e meritavo di sentirmi più morto che vivo perché probabilmente era proprio l'inferno il posto giusto per me.
In passato mi ero sporcato le mani di sangue e per quanto mi sforzassi di lavarle e di strofinarle, quella macchia continuava a rimanere impressa sulla mia pelle e i miei occhi, non importa se fossero rimasti chiusi o aperti, avrebbero visto per sempre un solo colore: quel dannato rosso fuoco... lo stesso che adesso portavo sulle nocchie. Sentivo le mie mani bruciare dal dolore così le portai sotto l'acqua corrente, provai un immediato sollievo e mi bagnai anche le altre parti del corpo come i polsi, il viso e il collo, sperando che potesse allievare tutto il male che provavo.
"Oh Jungkook" sussurrai indietreggiando e poggiandomi con le spalle al muro. In quei momenti avrei tanto voluto chiamarlo e confessare, avrei voluto dirgli tutto e levarmi quel macigno dalle spalle, dal cuore e dalla mia mente, avrei voluto raccontargli tutti gli accaduti che mi avevano spinto ad essere un assassino e magari avrei anche preteso il suo perdono. Ero un egoista che pensava solo a se stesso quindi avrei preteso che ci passasse sopra e che continuasse a guardarmi con ammirazione e con amore nonostante i miei errori e il mio passato però poi ritornavo al mio presente, riprendevo il controllo dei miei pensieri e mi ricordavo di potermi fidare solo di Jimin, promettendo così di non dirlo mai a nessun'altro. Per quanto Jungkook potesse piacermi, non avrei mai potuto dirgli la verità su me stesso.
Io potevo convivere con il dolore e con il tormento di ciò che avevo fatto ma Jungkook non avrebbe mai sopportato tale peso, era troppo debole ed emotivo per poterlo fare.
"Mi dispiace Jungkook" dissi chiudendo gli occhi come se lui avesse in qualche modo potuto sentire le mie scuse, non le scuse di un pentito ma delle scuse derivate dalla consapevolezza di non essere quello giusto per lui. "Mi dispiace Jimin" continuai sapendo quanto per lui fossi stato una preoccupazione costante e alle volte anche un fastidio. "Mi dispiace mamma" sussurrai infine, sapendo di essere stato una delusione per lei. Mi sentivo vuoto, mi sentivo intrappolato in una vita che non volevo, in una vita che non mi apparteneva, era come se vivessi in una visione ed era la visione che gli altri avevano di me.
Eppure sentivo che nulla fosse realmente giusto, non era corretta la visione che io avevo di me stesso ma non era neppure corretta la visione che la società aveva di me: perché non ero solo bello, ricco e famoso e non ero neppure cattivo, non ero pazzo e non ero un mostro... ero solo un giovane che cercava vendetta, volevo semplicemente risolvere il pericolo da cui mi sentivo minacciato ma con il tempo imparai a comprendere che non avevo solo interrotto delle vite ma avevo anche distrutto la mia. Crescendo capii che il genere umano non poteva arrogarsi il diritto di togliere la vita degli altri tuttavia se tornassi indietro e mi ritrovassi nella stessa situazione, farei di nuovo tutto daccapo.
Spazio Autrice
Sono super soddisfatta di questo capitolo e sto letteralmente tremando per la felicità. Finalmente la verità è venuta fuori ma questa verità è vicino a Jungkook oppure ancora no? E soprattutto come reagirà quando verrà a conoscenza di questo terribile passato?
Ve lo aspettavate? Alcuni di voi nei commenti precedenti avevano azzeccato le "colpe" di Taehyung ma non sappiamo ancora come sono andate precisamente le cose. Lo scopriremo dei prossimi capitoli.
Ma concentriamoci su questo: allora se da un lato abbiamo Jungkook che grazie all'amore che prova per il biondino, si vede come una persona nuova, dall'altro abbiamo Taehyung che continua a vedersi come un mostro e proprio per questa sua visione di se stesso crede di non meritare l'amore di Jungkook. Cosa accadrà dunque?
Nel dubbio preparatevi al peggio^
-Federica
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