28. Sono un mostro

Taehyung's pov.

Improvvisamente mi sembrò di tornare alla mia vecchia vita e mi parve di rivivere quelle sensazioni che non solo non avrei più voluto provare ma che anche allora avrei voluto evitare; il cuore si fece pesante mentre la mia mente si svuotò quasi interamente del presente per fare così spazio a tutte le memorie che da anni conservavano nella mia testa. Avrei voluto concentrarmi solo sulla visione che i miei occhi erano stati costretti a vedere tuttavia quel semplice gesto mi riportò indietro nei miei giorni, mi ritrovai a percorrere la mia infanzia e finì per farmi navigare all'interno di quelle sensazioni che avrei invece voluto cancellare.

Mi bastò cogliere quella delicata e allo stesso tempo rivoltante movenza per farmi rammentare tutti i traumi che avevano da un lato formato la mia persona e il mio carattere e dall'altro mi avevano però reso il mostro che dicevo di essere.

Per un attimo mi tornarono in mente le stesse visioni che ebbi in auto a seguito della questione posta da Jimin, mi si formarono ancora e quella volta, a differenza della prima, non avevo neppure avuto bisogno di chiudere gli occhi. Si realizzarono dinnanzi a me, come se stessi vedendo quelle per la seconda volta nella mia vita e che fossero in qualche maniera ancora più realistiche e vive delle prime. Sapevo che in realtà fosse tutto dentro la mia testa ma quella consapevolezza non mi aiutava neppure un po' poiché sebbene ero certo che nulla di tutto quello che avevo vissuto in passato, potesse tornare, avevo timore anche di rievocare quell'archivio che credevo di aver chiuso a chiave per sempre. Tuttavia tramite quello, avevo avuto modo di confermare che non avevo ancora superato tutte le cose brutte che accaddero nel corso della mia infanzia e a seguire anche durante la mia tormentata adolescenza.

Adesso potevo dire di stare bene, le condizioni in cui vivevo erano senza dubbio dignitose e magari anche ambite da molti ma la verità era che nulla era mai si mostrava all'esterno, ero il solo a conoscere i segreti di ciò che mi avevano portato a tutta quella tranquillità di cui ora disponevo. Era solo grazie alle mie forze e anche alla mia temerarietà se potevo affermare di aver cambiato la posizione in cui mi trovavo un tempo.

Agli occhi delle persone, che siano state vicine o lontane da me e dalla mia famiglia, sarei semplicemente potuto sembrare un bambino o un ragazzino davvero tanto fortunato poiché aveva tutto nella vita tuttavia non era proprio in quella maniera che io mi sentivo. Avrei tanto voluto morire da piccolino cosicché non avessi poi potuto vivere tutto quel trambusto che mi aveva scombussolato l'anima e che ero convinto che niente e nessuno avrebbe mai potuto provare anche solo a rassettare tutto quel subbuglio che faceva ormai parte di me. Così come faceva parte di me la rabbia, la violenza, l'insensibilità, la ferocia e l'istintività di agire. Quelle erano tutte qualità che odiavo dal profondo del mio cuore e difatti portavano ad odiare anche me nel complesso, paradossalmente però mi disprezzavo ancora di più, sapevo che quella non fosse in realtà la mia vera essenza; gli episodi alla quale ero stato costretto ad assistere da bambino e solo poi a vivere sulla mia stessa pelle da più giovane, erano divenuti per me dei traumi insuperabili che mi avrebbero reso inflessibile e alle volte anche persino tanto pregevole e indegno.

Quelle parole definivano bene non solo la mia persona ma anche quello che stavo vedendo già da un tempo senza fine, non riuscii a capire quanti minuti feci scorrere dal momento in cui quella scena mi si presentò davanti al momento in cui reagii sul serio. Da un lato avrei voluto attendere qualche altro secondo, giusto per poter constatare il fine di quell'azione ma dall'altro non ne ero stato in grado. Non ero riuscito a starmene buono nella finzione che avessi visto male o peggio ancora nella speranza che alla fine non sarebbe successo ciò di cui avevo tanto timore; in passato avevo giurato di non starmene più buono di fronte alle ingiustizie o alla prevaricazione della gente, così smisi di pensare a me e al mio passato per un secondo nel tentativo di preservare almeno il presente di Jungkook.

Senza quasi accorgermene le mie gambe corsero verso la loro direzione, sorpassando come una furia la folla di persone che mi si piazzò davanti. D'un tratto mi sembrò di essermi catapultato in una bolla nella quale non riuscii più a vedere nessuno, pareva che tutti coloro che prima mi stavano attorno, ora fossero spariti nel vuoto e anche la musica che prima mi rimbombava nelle orecchie, ora sembrava l'avessero spenta. I miei occhi erano puntati solo sull'uomo vicino a Jungkook: ero smanioso di poterlo sbranare come se fossi una tigre e lui il mio pezzo di carne.

Il mio corpo pulsava dalla collera e percepii il mio sangue, ormai rodente, corrodersi dalla rabbia e dal disprezzo. Io mi conoscevo bene e sapevo in cosa stessi andando incontro tuttavia quella volta non volevo fermarmi: l'odio e la violenza erano sempre state il mio peggior nemico ma quella sera le assecondai, le presi per mano e mi lasciai guidare da loro, non mi importava se in tutti quegli anni avevo provato disperatamente a respingere e a contenere la mia rabbia repressa, adesso l'unica cosa che volevo era lasciarmi andare alla mia vera natura.

Così quando lo afferrai per il colletto e gli sferrai il primo pugno tra l'occhio e lo zigomo destro, sentii vibrare dentro di me degli impulsi elettrici che mi spinsero subito a continuare. L'uomo sebbene fosse leggermente più alto di me ma molto più muscoloso e all'apparenza più forte di me, non ebbe neppure il tempo di reagire, forse per la sorpresa di quel gesto o forse solo per la mia innata velocità. Difatti non aspettai un contraccolpo, ero troppo nervoso per voler fare una semplice rissa, io avevo solo una gran voglia di tempestarlo di pugni sino a che non avrebbe rimpianto di essere nato.

Solo nel giro di qualche secondo spinsi Jungkook per poterlo levare sia dalla mia vista infuocata e sia dalle luride mani del suo capo; con un colpo secco delle gambe e anche con l'aiuto delle mani lo feci cadere e così ne approfittai per abbassarmi insieme a lui. Lo intrappolai con il peso del mio corpo, così proprio come avevo fatto all'interno dei bagni con uno dei compagni di Jungkook, in quella posizione avevo la possibilità di riempirlo di botte più facilmente, senza alcun intoppo e senza che potesse reagire prendendomi così alla sprovvista.

Ogni colpo che sferravo contro la sua faccia era una miriade di ricordi, di ferite dolorose, di pentimenti ma anche di compiacimento, di libertà e rivincita. La mia mente si offuscò per un attimo e mi sembrò di rivivere tutto quel sangue che non smetteva di perseguitarmi nonostante fossero passati anni tuttavia, ancora una volta cercai di non lasciarmi sopraffare dal passato poiché in quel momento ritenni più importante godermi lo strazio che stava provando quel verme sotto di me piuttosto che quello che avevo provato io anni prima.

In pochi secondi il suo sangue mi si impregnò sulle nocche della mano e prese persino a scivolare sulle mie dita lunghe e magre; era piacevole sentirmi accarezzare dal quel liquido rossastro e che fosse mio o di qualcun altro non mi importava affatto, da sempre avevo semplicemente provato una certa soddisfazione nel farlo fuoriuscire o nell'averlo addosso.

Agli occhi delle altre persone sarebbe sembrato strano, specie per quelle che avevo la fobia o che addirittura svenivano alla visione di una goccia di sangue eppure per me quel fluido che variava dal rosso rubino al rosso violaceo, causava una sensazione di benessere, di libertà e di un'euforia inspiegabile. Mi era tanto familiare forse poiché l'avevo visto così tante volte da abituarmi o peggio ancora, da averne bisogno. Alle volte sentivo il bisogno di percepirlo nelle mie mani, di vederlo scorrere sulla mia pelle o sulla pelle di chi mi stava accanto, ero malato e me ne rendevo conto ma per quanto provassi a combattere quella mia aberrante voglia, non riuscivo mai a contestarla o anche solo a sfuggirgli.

Sentivo la necessità di fare a pugni, di vedere la gente soffrire per mano mia e di riversare tutta la mia rabbia sulle persone, specie quando mi facevano incazzare, difatti poi era difficile che o qualcuno potesse calmarmi o farmi in qualche modo ragionare.

Tuttavia quella bolla nella quale inizialmente mi sentii rinchiuso e quasi protetto, esplose nello stesso momento in cui il mio pugno, molto più forte e violento di tutti gli altri, si schiantò contro il suo volto.
Quell'ennesimo colpo mi fece tornare alla realtà, mi fece comprendere appieno tutte le mie azioni e difatti neppure un minuto dopo, riuscii nuovamente a percepire tutte le persone che mi stavano attorno e che si erano a poco a poco riunite in cerchio, cosicché avessero potuto assistere o guardare meglio la solita e cruenta scena che accadeva sempre in tutte le discoteche. Nonostante quell'inconvenieza però io rimasi concentrato solo sul corpo immobile sotto di me e quando sferrai un altro colpo, incoraggiato da quegli sconosciuti che probabilmente erano in cerca di spettacolo, riuscii a sentire il suo setto nasale rompersi ma non mi provocò alcun effetto negativo, non mi fermai, al contrario mi riversai fuori come un fiume in piena.

"Sei solo un bastardo che merita di morire" urlai afferrando la sua maglia cosicché potessi alzarlo di poco, giusto per potermi trovare il suo viso ad un centimetro con il mio, in maniera che potesse sentirmi bene e che il mio tono superasse dunque il volume della musica. Non si oppose e non lo vidi neppure reagire alle mie parole, era inerme, come arrendevole alla sua sorte poiché non era più in grado di muoversi e né di aprire gli occhi. Avevo senza dubbio esagerato eppure mi ritrovai a ridere, risi istericamente perché d'un tratto vedere la sua faccia ricorperta di sangue e di lividi già bluastri, mi parve una visione divertente.

"Vuoi dire addio a qualcuno prima di passare all'altro mondo?" mormorai all'orecchio continuando però a ridacchiare malgrado quel mio comportamento avrebbe potuto farmi apparire agli occhi degli altri come un isterico. Io ero dell'idea che ognuno di noi fossimo destinati a morire, era scontato che tutti avessimo una fine e che fossimo governati da un solo e crudele destino ed io in quel momento ero estremamente felice di poter essere il suo.

In quell'istante avrei davvero voluto togliere la vita di quell'uomo ma mi vennero i brividi dopo aver preso coscienza di quella mia convinzione eppure non potei fingere che non fosse così; volevo che il suo ultimo ricordo fossero i miei pugni e la mia rabbia contro di lui. In quel momento non era tanto una vendetta, non ero neppure condizionato dalla gelosia che magari avrei potuto provare nei confronti di Jungkook e da un lato mi sarebbe anche piaciuto credere che stessi compiendo quell'atrocità per lui, per difenderlo da quei tocchi non desiderati ma dentro di me, io sapevo che stessi facendo tutto quello solo ed esclusivamente per me. Tutto girava intorno a me e al mio passato, era sempre stato così e sempre lo sarebbe stato poiché ero condannato da tutto il male che avevo provato da bambino e ogni qual volta che mi trovavo a viverne dell'altro, finivo per compararlo e per rendermi conto che sarei stato condizionato da quello per il resto della mia vita.

"Non ti ho sentito cazzo" urlai ancora spronandolo così a parlare, volevo che dicesse qualcosa o che addirittura cominciasse a pregare in maniera tale mi avesse potuto fare pietà. Volevo vederlo in condizione da rendermi un minimo sensibile cosicché avessi potuto risparmiarlo tuttavia l'urlo che spezzò la mia risata, mi contraddisse. Mi sentii confuso e immerso in un qualcosa più grande di me, senza che me rendessi conto un grido acuto di rabbia e di disperazione uscì dalla mia bocca e neppure un secondo dopo delle lacrime invasero le mie iridi. Le percepii scorrermi lungo le guance ma le scacciai immediatamente e mi concentrai ancora una volta su di lui, così lo afferrai per i capelli e gli feci sbattere la testa sul pavimento, più e più volte fino a quando il mio corpo non venne avvolto da un calore inaspettato.

"Taehyung basta!" sentii dietro di me la voce di Jimin e capii che quel calore fosse esterno e che provenisse da lui.

Mi si attaccò alla schiena e malgrado cercassi di dimenarmi, Jimin riuscì a infilare le braccia sotto le mie ascelle cosicché da un lato non potessi più colpire quella merda sotto di me e dall'altro per tirarmi su senza troppa fatica.

"Fermo" gridai poiché non volevo finisse in quel modo, volevo che pagasse per quello che stava facendo a Jungkook. Io era la prima persona non rispettabile e poco dignitosa, ero io stesso a dire che non meritavo più di respirare, che non ero degno di vivere a causa delle azioni che avevo compiuto da ragazzo eppure volevo che quello davanti a me facesse una brutta fine, e che la facesse prima di me.

Io ero un mostro ma lui lo era di più; odiavo profondamente tutte le persone che approfittavano delle altre, quelle che mettevano davanti sempre i loro bisogni, finendo così per calpestare tutti quelli degli altri. Mi facevano ribrezzo e avrei voluto che morissero tutti cosicché nessuno avrebbe più avuto paura di essere molestato o toccato senza neppure aver dato il consenso, ne tantomeno aver sentito un permesso.

"Lasciami Jimin voglio ucciderlo" urlai ma mi strinse ancora di più a se.

"No Taehyung ti prego torna a ragionare e fermati" mi pregò.

"Tu non capisci un cazzo" gridai ormai fuori di testa. "Se non mi lasci, giuro che uccido anche te porca puttana! Ho detto che..." a quel punto Jimin mi mise una mano sulla bocca come per farmi smettere di parlare, non voleva che continuassi a dire quelle idiozie e allo stesso tempo mi si avvicinò all'orecchio. Cominciò a sussurrarmi qualcosa e nonostante le musica assordante, riuscii comunque ad ascoltare attentamente ogni sua parola.

"Tae adesso devi ascoltarmi ti prego, concentrati sulle mie parole" bisbigliò sfiorandomi il lobo con le labbra per la troppa vicinanza. "Ricordi quando quella notte mi chiamasti con la voce tremante e con le lacrime agli occhi?" mi chiese riportandomi ancora una volta a quella fatidica notte. "Ricordi chi è venuto da te senza porgerti alcuna domanda? Senza nemmeno chiedere il motivo per cui avevi il bisogno di quella presenza nel cuore della notte?" continuò a parlare piano e in quel momento, tanto ero focalizzato sulle sue parole, che smisi di dimenarmi. "Sono stato io" disse a denti stretti. "Sono stato io a correre da te per starti vicino e per aiutarti e non me ne sono mai pentito quindi ti prego di non farmene pentire adesso" continuò con una serietà che mi mise angoscia, non ero abituato a quel tono da parte sua e secondo poi mi sentii di dovergli dare qualcosa, considerato tutto quello che mi aveva dato lui.

"Ricordi quando quella stessa notte ci rinchiudemmo dentro il bagno per poterci estraniare e piangere insieme? Ricordi il silenzio che mantenemmo per ore o il modo in cui ci tenemmo per mano sino all'alba, cercando di confortarci a vicenda piuttosto che trovare una soluzione a quel sbaglio per cui ancora oggi ti tormenti?" era un modo per placare la mia rabbia, sapevo che fosse tutto indirizzato nel farmi rammentare il pentimento delle mie azioni piuttosto che la mia rabbia. "Io ti conosco bene Taehyung e so che non vuoi ripetere quello sbaglio per cui ancora oggi soffri quindi per favore, respira amico mio e torna in te" mi disse e solo allora mi resi conto che non mi stesse stringendo ma che mi stesse abbracciando.

"Va tutto bene" ripeté e percepii il suo caldo respiro sulla mia pelle, oltre che le sue dolci carezze.

"Jimin" mormorai con un tono di lamentela e a quel punto mi ritrovai a piagnucolare per ciò che avevo fatto. Ancora una volta subito dopo aver compiuto quelle azioni, che credevo giuste, finii per sentirmi in colpa poiché Jimin non solo mi aveva aperto gli occhi, facendomi così smettere ma mi aveva anche fatto comprendere quanto stessi continuando a sbagliare, malgrado fossero passati anni dall'ultima volta. "Che cazzo faccio adesso?" chiesi accasciandomi sulla spalla del mio amico poiché improvvisamente mi sentii stanco, senza forze a causa delle troppe emozioni che mi assalirono il corpo.

"Non preoccuparti, ci penso io ok?" disse cercando di farmi calmare, come solo lui era in grado di fare. "Vado a chiamare aiuto e tutto si risolverà" mi accarezzò la schiena con una mano e a quel punto trovai il coraggio di guardarlo negli occhi. Jimin era in grado di tranquillizzare chiunque con le sue capacità e le sue parole terapeutiche, naturalmente l'esperienza all'ospedale l'aveva senza dubbio aiutato a migliorare quel suo aspetto, ma io sapevo quanto in realtà fosse sempre stato bravo, anche da bambino. Jimin mi era stato accanto per tutta l'infanzia e per tutta l'adolescenza, mi aveva dimostrato che nonostante gli anni passassero e noi diventassimo sempre più grandi, lui avrebbe continuato a preoccuparsi e a prendersi cura di me senza chiedere o ricevere nulla in cambio. Era normale e quasi scontato il suo comportamento nei miei confronti giacché il legame indissolubile che ci univa; la nostra amicizia sarebbe stata perennemente valida poiché non vi era alcuna anomalia nei nostri martellanti atteggiamenti, tuttavia proprio di fronte a quel ragionamento mi resi conto di quanto con Jungkook fosse tutto diverso.

Lui non era mio amico, io non mi sarei mai permesso di considerarlo solo un semplice amico ma allora perché mi preoccupavo così tanto per lui? Se non era l'amicizia a legarci, allora cos'era?

"Tu dovresti occuparti di altro in questo momento" mi disse salendo con le mani, sino a fermarsi sulle spalle e a quel punto aggrottai le sopracciglia poiché non capii a cosa si stesse riferendo. "Jungkook è sparito"

"Cosa?" dissi istintivamente, come se non credessi a quelle parole o come se sperassi di aver capito male.

"Jungkook non c'è più ed io non ho neppure avuto modo di vederlo" mi informò, facendomi dunque intendere di non averlo visto durante la rissa che avevo creato.

Feci un giro su me stesso nel tentativo di trovarlo nei paraggi ma non lo vidi da nessuna parte; ero così impegnato a pestare quel maiale che si stava approfittando del suo stato che non mi resi neppure conto che Jungkook se ne fosse andato. Subito pensai che avrei dovuto agire diversamente ma come sempre fu troppo tardi per poter rimediare, così non mi rimase altro che mettere da parte i miei soliti rimorsi pur di ritrovarlo sano e salvo. Quella sarebbe stata l'unica cosa a cui avrei dovuto pensare.

Ero profondamente preoccupato e mi odiai per essere riuscito a provare quel tipo di sensazione per un'altra persona che non fossi io; solitamente tutte le questioni che riuscivano a mettermi in agitazione riguardavano me stesso poiché non avevo mai considerato qualcuno al di fuori di me, del mio lavoro o del mio migliore amico. Per una volta nella mia vita, senza neppure rendermene conto e tantomeno volerlo, avevo messo al primo posto un'altra persona che non fossi io e quel semplice e spontaneo gesto mi aveva fatto comprendere quanto straziante fosse tenere a qualcuno. Prima di allora non credevo fosse possibile preoccuparsi realmente per un altro essere umano, non pensavo si potesse provare il batticuore a causa dell'ansia o che il respiro potesse farsi più affannato eppure provare quelle sensazioni per Jungkook mi pareva la cosa più naturale e giusta del mondo.

Lasciai che Jimin si occupasse della cura di quell'uomo, così come mi aveva detto lui, e prima di incamminarmi fuori da quel cerchio di persone, vidi il mio amico inginocchiarsi per terra malgrado la causa del suo male fossi stato io. Non avevo tempo per occuparmi di entrambi le questioni così ovviamente scelsi di seguire il mio cuore, avevo bisogno di vedere Jungkook e di sapere che stesse bene: lui era la mia sola e unica priorità.

Mi trovai a sgomitare tra la folla pur di cercarlo nella pista da ballo, sulla pedana e persino in bagno ma era come sparito nel nulla, lo cercai letteralmente ovunque e così ormai scoraggiato e quasi disperato, tentai con l'ultima tappa. Mi diedi un'ultima possibilità e correndo, uscii fuori dal locale sperando che fosse uscito per prendere una boccata d'aria o per fare qualsiasi altra cosa. Quando aprii la grande porta di vetro e mi guardai intorno, trovai alcuni ragazzi intenti a fumarsi una sigaretta o a baciarsi sulla parete dura e increspata di quell'edificio, tuttavia non vidi quella testolina castana da nessuna parte.

"Dove diamine ti sei cacciato?" sussurrai infilandomi le mani tra i capelli ma quando percepii quella sensazione di rugoso, mi portai le mani sotto gli occhi e mi resi conto di quanto fossero sporche e insanguinati, da una parte perché le mie nocchie si erano aperte a causa della brutalità che usai e dall'altra perché il sangue della mia vittima mi si era incollato sulla pelle. "Che cazzo ho fatto?" parlai da solo, avvilito dalla persona che ero e dal convincimento che fosse impossibile cambiare. "Sono un fottuto mostro e questo non cambierà mai" mi ritrovai a sussurrare sotto il mio insignificante tremolio.

"Perché lo dici?" udì e mi voltai verso quella voce che malgrado fosse più bassa e gracile del normale, riconobbi immediatamente. Quando mi girai mi si presentarono davanti quei soliti occhioni grandi che mi facevano impazzire, quel visino pallido ma curioso e quel corpo robusto che sembrava essere immune al freddo di quella notte.

"Jungkook" esclamai sorpreso ma nello stesso tempo felice. Cercai di abbracciarlo, gesto che non ero solito a fare tuttavia quella volta mi venne istintivo, ragion per cui ci rimasi male quando lui mi respinse, mettendomi le mani sul petto.

"Ciao Taehyung" disse con uno sguardo sorpreso, come se non si aspettasse di vedermi. "È da molto tempo che sei qui?" mi chiese, facendomi confondere.

Non mi aveva già visto?

"Te lo chiedo perché non ti ho visto arrivare sai..." continuò pensieroso. "Pensavo che non saresti più venuto a prendermi" quasi potei cogliere nel tono della sua voce un pizzico di tristezza, come un'amara malinconia mischiata però al timore di essere rivelata. Subito intuii che quella frase fosse collegata alla mia settimana di assenza e realizzai solo in quel momento che con lui mi ero davvero comportato da stronzo e che con quella mia inaspettata scomparsa, lo avevo portato a soffrire. Non lo avevo fatto con cattiveria o perché non avessi voglia di vederlo, al contrario avevo deciso di intraprendere quella mossa per il semplice motivo che era quello che sentivo di fare dopo che lui aveva rifiutato tutti i miei tentativi di avvicinamento, dunque non mi pentii di ciò che feci anzi probabilmente l'avrei persino rifatto. Gli avevo spiegato che non l'avevo fatto con cattive intenzioni, avrei voluto solo che aprisse gli occhi e che capisse i suoi sentimenti per me, non volevo che ci rimanesse male ne tantomeno che fosse triste per colpa mia.

Una parte del mio subconscio sapeva che tra me e lui cominciava ad esserci qualcosa di serio ma l'altra, forse quella che più odiavo di me stesso, continuava a ripetermi che era solo qualcosa di fisico e che avrei dovuto solamente usarlo per curarmi dai miei demoni più grandi, dal momento che credevo ne fosse capace, tuttavia una volta raggiunto il mio scopo l'avrei scaricato e mi sarei dimenticato di lui e di tutti i momenti che avevamo passato insieme.

"Sei stato tu a dirmi di non venire" mormorai sentendomi in colpa.

"Quindi mi hai disobbedito" disse sorridendo debolmente. Averlo così vicino mi permise di scrutarlo con attenzione e mi resi conto che oltre a sembrare totalmente assente, mostrava degli effetti abbastanza visibili e risaputi: aveva la bocca secca e le sue pupille erano così dilatate da rendere i suoi occhi ancora più scuri del solito. Diedi per scontato che fosse sotto l'effetto di qualche droga che gli avevano fatto assumere, pensai subito all'ecstasy ma in ogni caso sapevo che gli sarebbe passato presto, magari con l'aiuto con una bevanda fresca e tante ore di sonno.

"Ma allora sei davvero un mostro" mi mormorò ad un centimetro dal mio viso, come se fosse una battutina a cui avrei potuto ridere tuttavia quando lo sentii pronunciare quelle parole, mi si agghiacciò il sangue nelle vene. Era quello che aveva sentito dire dalla mia bocca, dunque sapevo di esserlo tuttavia mi fece male comunque poiché io avevo bisogno che almeno lui non lo credesse, che fosse dalla mia parte ma dopo quello che avevo fatto, era il minimo che mi potesse dire. Avrei solo voluto difenderlo da quelle mani che si stavano approfittando della sua debole condizione fisica e probabilmente anche mentale ma malgrado quella mia consapevolezza non potei non pensare che avesse ragione.

"Però sei davvero bello per essere un mostro" mi disse sporgendosi ancora verso di me e accarezzandomi con delicatezza quei ciuffi che mi ricadevano in fronte, nonostante la bandana. "Ricordi quando mi hai picchiato?" continuò a parlare con un tono sempre più basso e ogni sua parola mi lasciava una ferita nel petto.

"Jungkook..."

"Non te lo sto rinfacciando" si affettò a dire. "Non ti ho mai giudicato per quello che mi hai fatto, anche mentre i tuoi pugni si scontravano contro il mio viso cercavo di capirti, cercavo di capire cosa provavi e perché lo facevi" mi spiegò scendendo con le dita per accarezzarmi anche il viso. "Forse sono troppo cieco per vedere ciò che sei realmente o forse mi sto solo innamorando di te..."

Ancora una volta sentii male al petto, ma quella volta percepii anche un tocco di piacevolezza, era un bruciore positivo che si coinvolse velocemente tutto il mio corpo.

"Jungkook non dire così..." lo interruppi afferrandolo per un braccio. "Non sei in te in questo momento" cercai di farlo ragionare.

"Non mi toccare per favore" sussurrò con un tono di voce calmo ma con le lacrime agli occhi. "Ti prego Taehyung almeno tu non toccarmi" continuò facendomi sussultare poiché le sue parole apparirono più come una supplica, come se non avesse potuto sopportare altri tocchi su di lui, così istintivamente indietreggiai per potermi allontanarmi da lui, tuttavia neppure un secondo dopo da quando mi spostai, lo vidi chiudere gli occhi.

"Taehyung..." pronunciò debole e senza forze tuttavia non ebbi il tempo di rispondere poiché il mio nome fu l'ultima cosa che disse, prima di cadere per terra tramortito.

"Jungkook" esclamai preoccupato. "Cazzo" imprecai inginocchiandomi accanto a lui e richiamandolo più volte, nella speranza che riaprisse gli occhi o che perlomeno mi desse una risposta. "Mi farai venire un'infarto con tutti questi spaventi" sospirai ammirando il suo bel viso angelico e calmandomi quando capii che fosse solo svenuto, probabilmente per il semplice fatto che non fosse abituato ad ingerire sostanze talmente forti. Presi il cellulare dalla tasca e chiamai Jimin per ricevere ancora una volta il suo aiuto, sapendo già che non si sarebbe mai sottratto, per dirgli di venire fuori e di darmi una mano con un altro tipo di cadavere.

In men che non si dica la porta del locale si aprii nuovamente e anche con una certa veemenza, come se fosse appena uscito un uragano e quando Jimin mi vide accasciato per terra, mi urlò contro. "Ti ho detto mille volte che odio quando scherzi su queste cose, non sono battute che ti si addicono" mi rimproverò severo puntandomi il dito contro. "Che gli hai fatto?" chiese allarmato quando si avvicinò verso di me.

"Sei cretino?" dissi semplicemente, lanciandogli un'occhiata di fuoco poiché mi irritò il fatto che avesse potuto credere che avessi potuto fare qualcosa anche a lui. "È solo svenuto" spiegai. "Aiutami a portarlo in macchina" continuai cercando di tirarlo su mentre Jimin si tirò su le maniche. "Non sembra ma è dannatamente pesante" mi lamentai mentre trascinammo Jungkook verso la mia auto, parcheggiata leggermente lontana dall'edificio in cui lavorava.

Una volta dentro la macchina, Jimin si offrì di guidare e di portare Jungkook a casa sua, che era molto più vicina di quella mia e persino della mia azienda così semplicemente annuii, lasciando che fosse lui a prendere le decisioni, come d'altronde aveva sempre fatto in quelle situazioni. Dunque approfittai di quell'occasione per potermi sedere sui sedili posteriori e stare vicino a Jungkook; mi sentii impotente nel vederlo in quelle condizioni e sebbene fossi stato nel posto giusto e al momento giusto, non sentivo di aver fatto abbastanza.

Mi chiesi come si potesse fare una cosa del genere ad una persona buona come lui o in generale a qualsiasi altro essere umano, allo stesso tempo però mi ritrovai a pensare a che cosa sarebbe accaduto se io non fossi stato presente, mi chiesi se quella persona stesse davvero provando a molestarlo o era stato tutto frutto della mia immaginazione. Non ci stavo capendo nulla, mi sentivo dispiaciuto, confuso e scosso da quell'avvenimento ma soprattutto da tutto che quello aveva scaturito.

Per un attimo cercai di mettere la mia persona e le mie emozioni da parte per concentrarmi su Jungkook; non era nelle sue condizioni migliori motivo per cui giurai di prendermi cura di lui finché non si fosse ripreso del tutto. Prendendo coscienza di quel principio, mi levai la felpa e con cautela gliela feci indossare per poter coprire, per quanto possibile, il suo corpo ancora nudo e dopodiché mi persi a guardarlo per tutto il tragitto. Perdermi in quella meravigliosa vista mi fece apparire quel percorso veloce e rasserenante; Jungkook aveva avuto la testa poggiata sulla mia spalla per tutto il tempo e il suo corpo non accennava neppure ad un minimo miglioramento, era privo di sensi e così anche quando arrivammo a destinazione, dovemmo trascinarlo di peso dentro l'abitazione di Jimin.


Jungkook's pov.

Aprii gli occhi lentamente e con una certa fatica, subito una sensazione di malessere mi colpì in pieno e mi sentii come se avessi dormito per giorni interi così mi lamentai, facendo uscire dalla bocca solo versi incomprensibili. Attorno a me vi era un buio sottile, mi era dunque impossibile non intendere dove mi trovassi o distinguere qualcosa all'interno di quella camera, tuttavia riuscii a comprendere che non fossi in casa mia. Non aleggiava quel solito senso di familiarità, gli odori erano differenti ed ero persino certo non averli mai sentiti prima; cercai di fare mente locale e provai a ricordare qualcosa del giorno prima tuttavia riuscivo a rammentare solo quanto stanco e debole mi sentisse.

Provai ad alzarmi per comprendere dove mi trovassi ma il forte dolore che provai alle tempie e alla cute non me lo permise, sentii come una scossa che mi costrinse a rimanere a letto ancora un po' e difatti così feci, non volevo aggravare la mia condizione. Avevo completamente perso la cognizione del tempo e persino dello spazio: non sapevo dove fossi o come ero finito in quella quattro mura che mi parvero abbastanza grandi e semplici, sembrava una stanza di un giovane ragazzo considerati gli innumerevoli poster, videogames e soprattutto il disordine di quella camera. Non l'avevo mai vista prima, motivo per cui cominciai anche a preoccuparmi, la mia mente era una specie di foglio bianco sulla quale non riuscivo a scrivere nulla, nonostante mi sforzassi di scrivere qualcosa.

Com'ero finito li dentro? Che mi era successo la notte precedente? Quelle domande mi portarono a sopportare il dolore, così mi feci forza e mi sollevai, tuttavia quando i miei piedi toccarono il suolo, le mie gambe cominciarono a tremare e percepii un prurito insolito in tutto il corpo.

Sospirai e cercai di non pensare al peggio, avevo il solito cerchio alla testa e la gola secca, erano semplicemente dolori causati da una sbronza quindi non mi allarmai più del dovuto, probabilmente era stata solo una delle peggiori serate della mia vita. Accesii la luce e quando alzai lo sguardo, vidi il mio riflesso allo specchio e notai di non avere più indosso l'outfit dello strip club, avevo dei pantaloni di una comoda tuta grigia e una felpa dello stesso colore. Mi misi le mani ai capelli pensando di aver fatto qualcosa di sbagliato come cedere alle voglie di un cliente o peggio ancora del mio capo.

E se avessi davvero accettato l'invito di Lee? E se avessi davvero fatto cose sporche con lui? Improvvisamente trovai angosciante il fatto di trovarmi in un luogo con uno sconosciuto e mi venne quasi un conato di vomito.

"Oh no ti prego Jungkook cosa hai combinato?" dissi rimproverandomi da solo e ormai disperato, decisi di uscire da quella stanza e percorsi un lungo corridoio che mi portò a delle scale. Illustrai quella casa attentamente e mi misi a camminare in punta di piedi come se fossi un ladro. Non volevo far alcun tipo di rumore, mi sentii un intruso e non vedevo semplicemente l'ora di potermene tornare a casa mia.

Una volta arrivato in cucina avvertii delle voci prevenire dalla stanza accanto, in un primo momento sussultai per la paura nel sapere che non ero da solo in quell'abitazione tanto grande, ma neppure un secondo dopo mi avvicinai per spiare e vedere a chi appartasse quella casa e magari anche per poter chiedere spiegazioni su come fossi finito lì dentro, tuttavia granai gli occhi alla vista di Taehyung.

Avrei potuto domandarmi tante cose in quel momento ma non riuscii a pensare a nulla a causa della scena che mi si presentò davanti: Taehyung era in piedi ma leggermente chinato verso il divano, in cui si trovava comodamente seduto un altro ragazzo che non avevo mai visto prima e che secondo i miei gusti era anche troppo vicino al viso del biondino. Le mani di Taehyung erano poggiate sulla spalliera cosicché gli venisse facile intrappolare quella figura dai capelli arancioni, che improvvisamente non mi fece una bella impressione.

Un forte bruciore iniziò a farsi strada dentro di me e provai un indesiderato fastidio proprio alla bocca dello stomaco; non volevo fare il finto ingenuo e capii subito che fosse un misto tra rabbia e gelosia poiché irrazionalmente mi disturbò vedere Taehyung approcciare in quel modo con qualcuno che non fossi io.

Avrei dovuto capire che non fossi speciale per lui ma allora perché stavo dormendo sul suo letto? Quella era davvero la casa del biondino?

Mi stava scoppiando la testa con tutte quelle domande a cui non sapevo dare una risposta, così semplicemente sospirai cercando di trovare il giusto coraggio per potermi introdurre in quella stanza nella quale d'un tratto, calò un imbarazzante silenzio tra di loro, che si voltarono verso di me.

"Oh guarda si è svegliato il dormiglione" esclamò quel ragazzo a me finora sconosciuto e senza che me ne rendessi conto, gli lanciai subito un'occhiataccia, forse a causa di quel nomignolo che mi aveva affibbiato o forse per il semplice fatto che un secondo prima stesse ricevendo e si stesse godendo di quelle attenzioni che credevo riservate solo ed esclusivamente a me. A quel punto Taehyung raddrizzò la schiena e felice di vedermi, scattò come un razzo verso la mia direzione.

"Jungkook come stai?" chiese di fretta e furia scrutandomi attentamente. "Stai bene? Come ti senti?" continuò poggiando le sue mani fredde sulle mie spalle ancora calde grazie al sonno di cui mi ero beato, tuttavia non mi fecero effetto così come non mi fece alcun effetto lui. Lo ignorai completamente poiché in quel momento credevo di avere una questione molto più importante da risolvere; puntai un dito verso quella testa colorata di arancione e solo allora parlai.

"E lui chi diamine è?"

Spazio Autrice

Buonasera amici come va? Siete in vacanza? Come state passando l'estate? Raccontatemi qualcosa vi prego io non sto facendo nulla di speciale in questo periodo.

Comunque spero vi sia piaciuto il capitolo, tengo particolarmente a questa parte della storia e soprattutto vi invito a stare attenti ai dettagli, come alcune parole di Jimin che potrebbero essere utili per comprendere il passato tormentato di Taehyung.
Poi siete d'accordo su ciò che ha fatto Taehyung al proprietario del locale?

Vi lascio dicendo che i taekook litigheranno a breve, un bacio^

-Federica

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