2. La corsa
In certe occasioni era naturale sentirsi trasportare dalla fiocca luce che si intravedeva al termine di un tunnel ma allora perché in altre si finiva inghiottiti da un vortice di oscurità? Perché alle volte eravamo più attratti dal buio che dal docile chiarore che contrastava l'ombra nella quale alla fine ci spingevamo?
In quel momento mi sembrava di vedere solo una grande ombra davanti a me e la cosa più preoccupante era che sentivo il bisogno di immergermici.
"Lasciami solo per favore" parlò ancora come una cantilena. Mi sforzai di capirlo e mi ritrovai a pensare che probabilmente cominciava a sentirsi in colpa per ciò che aveva fatto e più lo guardavo e più mi rendevo conto di come la paura che provavo nei suoi confronti fosse completamente sparita. Non ebbi il coraggio di andarmene, nonostante per me fosse un perfetto sconosciuto non riuscii a lasciarlo solo nel suo possibile pentimento nell'aver creato dolore ad un'altra persona.
Cercai di capire se anche lui fosse ubriaco come quel gruppo di teppisti che se l'era data a gambe ma mi parve del tutto sobrio, motivo per cui non potei giustificare le sue azioni o capire il perché del suo comportamento.
Gli presi una mano nel tentativo di farlo alzare ma quel semplice gesto mi fece entrare in contatto con un liquido rossastro che si stava quasi solidificando sulle sue nocche, motivo per cui sussultai e mi ritrassi velocemente. La mia espressione si tramutò in una smorfia e istintivamente dalla mia bocca uscì un gemito di disgusto, dunque mi misi in piedi e feci qualche passo indietro.
"Non posso lasciarti qui" sussurrai contrapponendo così le mie parole alle mie azioni e solo in quel momento mi resi conto di aver davvero dato voce ai miei pensieri. Non me ne vergognai considerato che era contro la mia etica abbandonare qualcuno in difficoltà, di conseguenza ero pronto a mettere da parte il suo sbaglio pur di aiutarlo. Non aveva fatto nulla di male se non l'essere coinvolto in una litigata: una di quelle stupide e banali risse che puntualmente scoppiavano tra gli adolescenti e che alla fine risultavano anche essere del tutto inutili e senza senso.
"Devi fare come tutti gli altri" sussurrò cambiando tono della voce e alzando lentamente lo sguardo verso la mia figura. Usava frasi troncare e non mi dava modo di afferrare ciò che realmente cercava di dirmi. "Scappa da me" continuò e finalmente si alzò anche lui. "E se posso darti un consiglio, la prossima volta non metterti in mezzo a situazioni più grandi di te" disse rilassando il viso e solo dopo con superiorità mi voltò le spalle.
Aggrottai le sopracciglia e quasi mi offesi per quelle parole, non ero rimasto lì con lui per ricevere critiche o stupidi consigli non richiesti, al contrario avrei solo voluto dargli una mano. Avevo aiutato il ragazzo che si trovava sotto le sue grinfie ma la verità era che volevo aiutare anche lui tuttavia il suo essere prepotente e il suo comportamento da ingrato mi fecero quasi passare la voglia.
"Potresti farti male..." esclamò infine.
Odiavo quando la gente parlava con quell'aria da so tutto io, mi dava sui nervi ma allo stesso tempo capii che, nonostante il minimo lasso di tempo, era già uscito dalla sua bolla di pentimento.
"Chi ti credi di essere? Dovresti solo ringraziarmi per averti fermato e per non averti lasciato da solo" dissi prendendo coraggio. Di certo non mi ero messo in mezzo a quella lite solamente per ricevere un vano e insincero grazie da parte di uno sconosciuto ma almeno una minima riconoscenza da parte sua, sarebbe stata apprezzata. "Sappi che non mi metti paura se parli male di te stesso e poi..." provai a continuare ma mi bloccai, le parole mi morirono in gola.
All'improvviso un calore inaspettato invase il mio corpo, facendomi zittire di colpo e rimanere così avvolto in un silenzio catacombale che mi fece sentire in imbarazzo per qualche secondo. Quando percepii le sue braccia avvolgermi il bacino il respiro mi si fermò, in contrasto con il cuore che invece prese a battere in un modo fin troppo eccessivo. Non riuscii a reagire, chiusi gli occhi e rimasi completamente immobile, lasciandomi abbracciare da colui che minuti prima si era definito un mostro, ma che in quel momento mi sembrava tutto all'infuori di quello.
Il vento sembrò calmarsi e il freddo sembrò sparire completamente. Non sentivo più nulla, solo un caldo dentro di me che non avevo mai provato prima di allora, come se all'interno del mio stomaco si fosse appena accesa una piccola fiamma che diede il via ad una vampata di calore che si espanse poi in tutto il corpo, finendo anche per colorare le guance di un rosso scialbo, quasi timido e insicuro di mostrarsi.
"Vieni con me" si affrettò a dire una volta allontanatosi. Mi prese per il polso e così, forse a causa di quella improvvisa emozione, mista ad uno smanioso turbamento interiore, mi lasciai trascinare dentro la metropolitana.
E ora che gli prendeva?
Il biondo con una mossa veloce scavalcò il macchinario blu come se fosse una cosa abituale per lui e immediatamente mi incoraggiò a fare lo stesso, non mi piaceva fare quel genere di cose ma d'altronde il biglietto lo avevo pagato in precedenza e malgrado non conoscessi le sue intenzioni, quella sembrava l'unica soluzione per raggiungere i miei amici, così al suo "sbrigati e salta prima che ci veda qualcuno" poggiai una mano sul sostegno e oltrepassai anch'io.
Non potei fare a meno di pensare a quanto quel ragazzo fosse strano: sembrava essere cambiato da aggressivo ad espansivo nel giro di pochi minuti e sebbene al primo impatto l'avessi giudicato come un teppista da quattro soldi, in quel momento mi ispirava fiducia nonostante il suo comportamento anormale.
Che mi succedeva?
"Ehi voi due" sentimmo urlare da un uomo con la divisa in nero, ancora distante da noi e dunque ancora una volta dovetti mettere da parte le mie riflessioni. Subito intuii che ci vide dalle telecamere di sorveglianza e allarmato mi voltai di scatto verso il biondo, come per chiedere aiuto ma senza bisogno di aprire bocca. Mi afferrò nuovamente il polso e cominciò a correre, costringendomi così a seguirlo.
"Che cazzo fai?" gridai in contrasto con la sua risata genuina. Sembrava che si stesse divertendo e questo fece crescere dentro di me una strana energia, che non fui in grado di definire. Probabilmente era solo adrenalina mischiata con l'ansia di essere beccato, in ogni modo cominciava ad essere gradevole e quasi esilarante.
"Sta zitto e corri se non sei in cerca di guai" disse fermandosi un secondo per guardarmi negli occhi. "Anche se ne sembri proprio attratto" alzò un sopracciglio, probabilmente riferendosi a se stesso e poi riprese a correre senza aspettarmi.
Quel bastardo era a conoscenza di essere attraente e affascinante, era sicuramente uno di quei ragazzi che riusciva a sedurre tutti con un solo sguardo, che ti bloccava il respiro con dei piccoli gesti e... no, non lo pensai perché era ciò che fece provare a me, la mia era solo una semplice impressione da perfetto sconosciuto.
Cercai di stare al suo passo e una volta scese le scale, con l'uomo che ci stava ancora alle calcagna, si fermò aspettando che mi trovassi proprio di fianco a lui.
"E ora?" domandai preoccupato, mentre il biondo si guardò intorno cercando di trovare una soluzione, eravamo in una metropolitana sotterranea, non c'erano altre vie d'uscita tuttavia sorrise quando vide il mezzo di trasporto arrivare dal tunnel.
"E ora la nostra corsa è giunta al termine" disse trascinandomi all'interno di quella linea. Non me lo feci ripetere due volte, salii al bordo nonostante quella non fosse la metro giusta per raggiungere il locale e i miei amici, fu tutto così veloce e coinvolgente che non mi fermai a pensare a cosa stessi facendo o se fosse giusto. Mi gustai semplicemente quel sapore di eccitazione che mi fece provare e non riuscii a trattenere le risate quando si avvicinò al vetro appannato, per poter alzare il dito medio a quell'uomo.
La metro di Busan non aveva nulla di particolare rispetto alle altre, era uguale e banale proprio come tutte le metropolitane sparse nel mondo. Le trovavo leggermente anonime e quasi prive di personalità: i colori andavano sempre sul grigio e sull'azzurrino che ricordavano vagamente i colori chiari delle pareti di un ospedale ma in compenso quella struttura era sempre pulita, non vi era neppure un granello di polvere e quelle irritanti scritte con il pennarello nero che i ragazzi si ostinavano a lasciare sui muri pur di avere un ricordo indelebile. In poche parole i mezzi della nostra città sembravano essere sempre immacolati.
"Quindi dov'è che dovevi andare?" chiese spavaldo quando la metro ripartì.
"Ormai hai rovinato i miei piani, che importa" alzai le spalle offeso pur di non fargli capire che in fondo mi ero divertito. Ero ancora infastidito per la maniera con la quale si era rivolto a me.
"Se non ti fossi impicciato adesso staresti proprio dove dovresti essere" rispose giustamente mentre io alzai gli occhi al cielo rassegnato, dopo di che presi il mio cellulare. Aprii la chat di Hobi per informarlo che non sarei più andato alla festa, ricevendo così delle imprecazioni e mille domande alla quale non risposi.
Alzai la testa e guardai il ragazzo accanto a me, ad un tratto mi venne voglia di sapere cosa gli passasse per la testa tuttavia quando si mosse, mi voltai subito per non farmi beccare e digitai sulla tastiera un "scusami, ho avuto un imprevisto"
Posai il telefono e sbuffai.
Già. Solo un imprevisto.
Il silenzio attorno a me mi fece riflettere per un attimo, che cosa stavo combinando?
Ero con uno sconosciuto piuttosto che con i miei amici e se lo avessero scoperto i miei genitori mi avrebbero fatto una ramanzina lunga minimo due ore, anche se al dir la verità non mi stavano molto addosso dato che erano sempre impegnati a causa del lavoro. Malgrado ciò rimanevano comunque protettivi riguardo il loro unico figlio e proprio per questa ragione facevo di tutto per non farli preoccupare. Eppure quel giorno avevo appena infranto una delle cose che i genitori ripetevano fino allo sfinimento: "non seguire e non fidarti delle persone che non conosci"
"Dove scendiamo?" gli chiesi a quel punto per paura di finire in una zona fin troppo lontana da casa, dove appunto sarei voluto tornare il più presto possibile. Sarei sceso dalla metro e poi non avrei mai più rivisto quel biondino fuori dal comune.
"Possiamo scendere anche qua" rispose menefreghista e senza aspettare il mio consenso, premette con un dito il pulsante rosso per poter prenotare la fermata, così neppure un minuto dopo scendemmo dalla metro.
"Dove siamo?" domandai ancora.
"Non lo so, smettila di assillarmi" disse salendo le scale per ritornare finalmente a contatto con l'aria fresca e con la città, che nonostante l'orario rimaneva caotica come sempre.
"Non penso di essere mai stato qui" continuai tralasciando il suo modo scorbutico di relazionarsi.
"Neanch'io, ma ormai siamo qui no? Tanto vale trovare qualcosa da fare"
"Si, e cosa vuoi fare? Stendere un velo bianco e guardare le stelle?" dissi ironico ma lui si girò di scatto verso di me con una strana scintilla negli occhi, prima che potessi continuare però abbassò lo sguardo e deglutì. "Ho detto qualcosa di sbagliato?" chiesi poiché percepii tensione nell'aria ma soprattutto dispiacere nei suoi occhi.
"No, è solo che non me l'aspettavo. Non ammiro le stelle da anni ormai" parlò con la testa china e cominciò a camminare sul marciapiede, seguito a ruota da me.
Cosa significa che non guardava più le stelle? Era davvero possibile evitare di osservare un tale spettacolo notturno?
"Quand'ero più piccolo mi bastava guardare il cielo e le stelle per sentirmi improvvisamente a casa però..." si fermò così ripetei la sua ultima parola per invogliarlo a continuare ma ridacchiò, incrociando le braccia sopra la testa. "Però in qualche modo riuscii a distruggere anche quella sensazione" disse e mi rivolse uno sguardo sorridente. "Ti starai sicuramente annoiando, meglio cambiare argomento" esclamò ritornando ad essere la persona che era in precedenza.
"Ti va di bere qualcosa?" propose con un sorriso forzato, probabilmente solo per cambiare argomento.
Decisi di non insistere perché d'altronde quelli non erano affari miei però non potei nascondere a me stesso che quel ragazzo mi aveva terribilmente incuriosito, c'era qualcosa che mi intrigava e mi affascinava allo stesso tempo, era una sensazione del tutto nuova per me e avrei voluto scoprirne di più.
Quel biondino era come una fossa nera che però teneva nascosto un tesoro, bisognava solo scavare in fondo per trovare quelle sfumature di colore. Non lo conoscevo, non sapevo nemmeno il suo nome così come lui non conosceva il mio, eppure mi sembrava di averlo compreso fin del primo instante.
Spazio Autrice
Vi sta piacendo la storia? Tengo davvero molto alle stelline ma soprattutto ai commenti quindi se vi piace o vi fa cagare fatemelo sapere in qualsiasi modo.
-Federica.
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