16. Amici

Il fine settimana passò velocemente e come avevo immaginato non era stato proprio una passeggiata: i miei genitori continuano a comportarsi come due bambini, non parlavano e per qualche strano motivo avevano deciso di evitare anche me. Io d'altro canto, anche a causa della situazione con Yoongi non riuscii a confessare loro che avrei cominciato a lavorare in uno strip club.

Stranamente non mi ero ancora fatto alcuna paranoia a riguardo, ero semplicemente euforico di cominciare qualcosa di nuovo e che mi avrebbe permesso di ricavare degli spicci. Non avevo bisogno del loro appoggio e tanto meno del loro consenso, motivo per cui prima di dirigermi a scuola li salutai con disinvoltura ma con la consapevolezza che quella sera non sarei tornato a casa e che avrei mentito ai miei genitori, forse per la prima volta.

Quando arrivai dinnanzi all'edificio, aspettai il suono della campanella per poter entrare e una volta in auto, con lo sguardo cercai i miei amici nella speranza che si fossero ripresi: Yoongi dalla litigata con il padre e Hoseok dalla delusione ma anche dalla tristezza che la riservatezza del menta gli avevano causato. Purtroppo però mi ritrovai a dover stare da solo per circa due ore di lezione.

Non erano venuti a scuola e quando accadeva, io mi sentivo come se non avessi nessuno con cui parlare o anche solo qualcuno con cui scambiare un'occhiata, quando qualcosa di imbarazzante accadeva o quando un pettegolezzo veniva fuori dalla bocca di una compagna fin troppo loquace. Mi sentivo abbandonato in un luogo in cui non avrei mai voluto esserlo; Yoongi e Hoseok non erano solo i miei due compagni di banco. Erano i miei migliori amici e se fosse stato per me avrei trascorso tutta le ore della mia giornata insieme a loro.

Io e Hobi il giorno precedente eravamo riusciti a tirar su il morale di Yoongi ma allo stesso tempo eravamo rimasti turbati dal suo silenzio e dalla sua diffidenza, però qual era il motivo per cui assentarsi a scuola?

Improvvisamente provai un brivido di paura; la mia famiglia si era sgretolata ancora prima che potessi rendermene conto e non volevo che anche il rapporto con i miei amici cadesse a pezzi. Io volevo far qualcosa per aiutare Yoongi, non solo perché volevo risollevare il suo umore e rassettare la sua situazione familiare ma soprattutto perché da perfetto egoista volevo che tutto ritornasse come prima che il padre di Yoongi tornasse in città.

Non mi piacevano le separazioni, le discussioni o gli allontanamenti, forse era quella la ragion per cui cercavo di aggiustare sempre tutto anche quando non spettava farlo a me.

Io mi sentivo come se fossi su un filo sottilissimo, continuavo a camminarci sopra ma non ero solo; con me vi erano anche i miei due amici, mano nella mano e quello era il luogo dove avremmo dovuto decidere se cadere o rimanere saldi su quel filo.

Io ero disposto a trovare un equilibrio pur di rimanere con i piedi per terra, ma loro avrebbero fatto lo stesso o si sarebbero fatti trascinare da quel vortice che avrebbe potuto rovinare tutto?

Anch'io da un lato avrei preferito lasciarmi andare, sarebbe stato più semplice poiché dopotutto ero stanco di combattere delle battaglie da solo e di ricercare quella luce che stavo perdendo. Fingevo tanto di essere forte ma la verità era che avevo bisogno di un appoggio o anche di un semplice posto più rassicurante in cui stare per ritrovare l'energia per andare avanti. Mi accasciai sul banco e infilai le mani tra i capelli, li tirai per la frustrazione ma non provai dolore, forse ero troppo preso a trovare una soluzione, una fuga o anche solo una distrazione da tutta la merda che mi circondava.

"Jungkook puoi uscire?" sentii all'improvviso e alzai la testa con la stessa velocità con la quale riconobbi la sua voce. All'inizio credetti di averlo immaginato ma poi lo vidi in tutta la sua bellezza: poggiato nello stipite della porta a braccia conserte mentre mi guardava non curandosi dei miei compagni di classe o della professoressa.

Kim Taehyung era venuto da me personalmente, con le sue stesse gambe e senza il bisogno di uno dei suoi uomini. In quel preciso istante mi accorsi di quanto la sua sola presenza mi avesse fatto battere forte il cuore; mi batteva all'impazzata e forse il mio respiro si era anche velocizzato in una maniera del tutto irregolare; quel suo gesto mi aveva senza dubbio reso eccessivamente felice.

Come sempre mi incantai nel guardarlo e non mi vergognai nel farlo poiché non me rendevo davvero conto finché qualche rumore non mi smuoveva dal mio stato di trance; lo osservai probabilmente con aria sognante ma mi consessi quei secondi con una totale serenità che quasi mi parvero delle ore intere.

Non lo avevo visto entrare poiché come sempre tenevo la testa china sul banco ma quando le mie orecchie udirono la sua voce roca e singolare, al punto che sarebbe stata riconoscibile tra altre mille voci,  scattai sull'attenti come una cane quando sentiva arrivare il proprio padrone. La sua testa era comodamente poggiata sul telaio della porta di legno e la sua attenzione era completamente rivolta verso di me. I suoi capelli biondi era perfettamente in ordine ma alcuni ciuffi, quelli più ribelli degli altri, finivano sempre per ricadergli sugli occhi e difatti mi ero accorto di quante volte al giorno compiesse un determinato gesto che lo rendeva tenero e simile ad un bambino: con il dorso della mano cercava di riportare in alto la frangia cosicché riuscisse a vedere senza che i capelli gli andassero sugli occhi. Gli stessi che in quel preciso istante aveva puntato sulla mia figura sebbene in quella stanza, ce ne fossero tantissime altre.

Da quella prospettiva pareva essere ancora più alto di quanto in realtà fosse, le sue gambe era leggermente incrociate come per stare più comodo mentre le braccia erano conserte ed era evidente, dalla sua posizione, che stesse aspettando una mia risposta o anche solo un mio cenno. Dunque senza consenso e senza pensarci due volte, mi alzai da quella scomoda sedia e mi diressi verso l'uscita.

Dentro di me non potevo che essere entusiasta di rivederlo però allo stesso tempo mi resi conto che esternamente ero rimasto immobile, inespressivo e probabilmente qualcuno dinnanzi a quella scena avrebbe creduto che fossi stato forzato nell'andare o di lavorare con la persona più ricca e importante del paese. Ovviamente non era così: semplicemente quel giorno ero io il principale problema di me stesso, che però fingeva di non accorgersene e piuttosto cercava di crearseli attorno.

Quando chiusi la porta alle mie spalle, sospirai. Per l'ennesima volta mi ritrovai fuori le aule scolastiche però quella volta, a differenza delle altre, ne fui quasi sollevato poiché non stavo affatto seguendo la lezione del professore e dunque sarebbe stato meglio per me, uscire e cercare di liberare la mente da tutte le preoccupazioni che mi tormentavano già da qualche giorno.

Evitai di guardarlo negli occhi, così sorpassai la sua figura e cominciai a camminare lungo il corridoio, seguito a ruota dal biondino che però non si limitò a rimanere dietro. Al contrario si attaccò a me e mi mise il braccio sulle spalle.

"Ho ufficialmente finito di lavorare" disse con il suo solito sorriso quadrato che puntualmente faceva solo quando era estremamente sincero.

"Mi fa piacere" sussurrai quasi imbarazzato da quel contatto improvviso.

"Non mi hanno ancora fatto vedere il risultato o gli scatti in generale ma sono sicuro che sia venuto fuori un ottimo lavoro e tutto questo ovviamente grazie al mio fisico divino e il mio viso angelico" parlò tutto d'un fiato e con una scintilla di felicità che esprimeva orgoglio del suo prodotto.

"Ne sono sicuro anch'io" continuai con il mio tono basso e quasi irritante tant'è che si spostò in modo brusco e mi scrutò dalla testa ai piedi.

"Ma che hai?" chiese come se fosse disturbato nel vedermi in quella maniera, che neppure io riuscivo a descrivere. Era come se fossi in una bolla piena di emozioni, ero talmente sovraccarico di sensazioni sia positive che negative, da non riuscire né a capire il mio stato d'animo né a trasmetterle e farle uscire fuori. Avevo paura di esplodere da un momento all'altro ma fino ad all'ora mi sarei tenuto tutti i miei casini per me, non volevo pesare su qualcun altro malgrado tutti pesassero su di me.

"Ho capito, sei triste perché vado via e hai paura di non rivedermi più" esclamò convinto che quella fosse la risposta giusta.

"Quindi questo è il tuo ultimo giorno qui?" chiesi fermando i miei passi e guardandolo negli occhi per la prima volta da quando avevo lasciato la classe e come sempre trattenni il fiato a causa della sua innata bellezza.

"Si" disse semplicemente ricambiando lo sguardo per qualche secondo, poi riprese a camminare. "Sai sono un po' nostalgico anch'io. Mi ero abituato a stare in questa scuola dato che ho abbandonato gli studi tempo fa" raccontò facendo un leggero sospiro. "Ma soprattutto mi ero abituato a te" continuò con un sorrisino che era tutto fuorché innocente.

"Perché hai lasciato la scuola?"

"E tu perché stai cambiando argomento?" assottigliò quegli occhietti furbi.

"Non mi piacciono gli addii" sussurrai e lo sentì ridacchiare a quella mia confessione, che era solo una maniera per poter camuffare la mia reale sofferenza.

Quando quella mattina mi ritrovai davanti alla visione mozzafiato di Taehyung, intuii subito che avesse intenzione di salutarmi definitivamente; io non gli servivo più in alcun modo e dunque non avrebbe avuto nessun altro motivo se non quello, per interrompere la mia lezione. L'unica scusa che aveva per vedermi era quella di dirmi addio o di ringraziarmi per quello che avevo fatto: non potevo dire di conoscere Taehyung ma se c'era una cosa che sapevo non avrebbe mai fatto, era sicuramente quella di ringraziare qualcuno.

"Non mi dire che ti sei già affezionato a me?" disse continuando a ridacchiare, procurandomi così fastidio e difatti la mia espressione si tramutò in una smorfia. Non risposi a quella domanda e così lui si schiarì la gola e poi fu tutto troppo veloce ma soprattutto inaspettato.

Taehyung mi mise entrambe le mani sul petto e mi spinse fino a farmi toccare il muro con la schiena; io non riuscii a reagire probabilmente a causa delle azioni rapide, come già premeditate o forse solo perché la mia mente andava in black out ogni qual volta che le sue mani mi sfioravano o semplicemente mi stava accanto. Poggiò una mano sul muro, proprio ad un centimetro dal mio viso mentre con l'altra mi afferrò delicatamente il polso e lo portò all'altezza della mia testa.

Io ero impalato, accondiscendente e quasi non mi resi conto di essere completamente schiacciato dal suo corpo e dal suo respiro, fino a quando non parlò ancora.

"Perché sai..." si prese un secondo per inumidirsi le labbra. "Io ammetto di essermi un po' legato a te" sussurrò senza farsi problemi.

Sbattei le palpebre come se non credessi realmente a ciò che avevo appena sentito; cominciai a riflettere sul motivo per cui una persona come Taehyung avrebbe dovuto dire una cosa del genere proprio in quel momento. Lui era quello enigmatico, quello a cui non riuscivi a stare dietro per quanto andasse veloce, quello difficile da comprendere e quello che doveva avere a tutti i costi l'ultima parola. Allora perché confessò di essersi affezionato a me proprio quel giorno che invece doveva essere più un addio?

Dovetti riconoscere che quelle parole non mi furono indifferenti, al contrario avrei voluto sorridergli, tuttavia ero convinto che non fosse sincero al cento per cento. Avevo paura che si prendesse gioco di me ed ero certo che non vedesse l'ora di ritrovarsi nella situazione in cui ci trovammo l'ultima volta, nel suo studio. Taehyung stava semplicemente fremendo dalla voglia di continuare quello che io avevo fermato ed era quello il motivo per cui mi aveva chiamato e il motivo per cui era più carino e gentile del solito.

"Se a te non piacciono gli addii e a me piace stare con te, allora potremmo risolvere la questione continuando a vederci" disse semplificando quella questione come se fosse un ovvio ragionamento di matematica e non distogliendo mai il suo sguardo risoluto da quello mio esitante.

Dovevo stare al suo gioco prima che si stufasse di quella situazione.

"Vuoi diventare mio amico?" chiesi con un finta ingenuità solo per sentire la sua risposta, che non tardò ad arrivare.

"Amico mh?" ripeté alzando un sopracciglio e leccandosi nuovamente le labbra. "Perché no?" aggiunse poi avvicinandosi ancora di più e sussultai quando sentii le sue dita fredde intrufolarsi dentro la mia felpa. "Sono sicuro che diventeremo grandi amici" sorrise beffardo mentre la sua mano saliva sempre di più e percorreva la linea degli addominali, che tenevo come sempre nascosti sotto i maglioni più grandi delle mie effettive misure.

"Allora potrò avere la rivista gratis?" chiesi cercando di smorzare la tensione che si era creata nell'aria e anche quella che cresceva sempre più all'interno dei miei pantaloni.

"Perché stai pensando alle foto quando hai il modello proprio davanti a te?" mi chiese indicandosi e non potei che dargli ragione, tuttavia tramite quelle parole stavo semplicemente cercando una fuga dalle sue mani e dal suo buon profumo. Non mi sarei voluto ritrovare nella stessa situazione che creammo nel suo studio qualche giorno prima, sebbene però dovetti ammettere a me stesso che il mio stato d'animo fosse di gran lunga migliorato; quello era un dato di fatto e perciò mi ritrovai a ringraziarlo mentalmente.

"Comunque se ci tieni tanto, te la faccio avere prima che esca così puoi masturbarti quando vuoi sul mio bel visino" mi disse sorridendo e mi domandai come facesse a dire quelle cose sconce con quegli occhi talmente puri che trasmettevano ingenuità, quando tutti in verità avrebbero capito in un paio di secondi che lui si fosse dimenticato, già da un bel pezzo, il significato della parola verginità.

"Ti ringrazio" dissi e fuggì dalla trappola in cui mi ero ritrovato; tirai un sospiro di sollievo quando mi trovai libero dalla sua presa e dalla sua figura prestante.

"Oggi sei strano, mi dici cosa c'è che non va?" chiese tornando a camminare per chissà dove, dato che non potevo uscire da scuola, stavamo solo facendo una passeggiata nei corridoi.

"Ah allora ti sei reso conto che oltre a te stesso, esiste anche il resto del mondo e che quindi non sei tu la causa di tutto" dissi scherzando ma lui invece si fece serio e si fermò di nuovo.

"Stai male?" chiese genuino. "Jungkook tu mi hai aiutato davvero tanto in questi giorni e adesso se permetti vorrei poter ricambiare, quindi sputa il rospo prima che ti mostro cosa mi ha insegnato un famoso maestro di boxing"

"Famoso maestro di boxing?" ripetei ciò che disse e scoppiai a ridere per quanto fosse serio.

"Si e non ti conviene sfidarmi" continuò e lo vidi quasi appagato dal fatto che mi avesse fatto ridere; probabilmente voleva davvero aiutarmi e capire cosa avessi, il problema però era che io non fossi affatto abituato a parlare di ciò che mi turbava con gli altri e dunque non seppi da dove iniziare.

Non avevo intenzione di raccontargli tutti i litigi della mia famiglia; gli avevo già accennato qualcosa giorni prima e non avrei voluto sembrare una lagna, dunque scartai quell'ipotesi. Pensai a tutte le mie preoccupazioni nel tentativo di scegliere una da condividere con lui ma non volevo neanche dirgli di Yoongi, considerato che non avrei neppure saputo spiegare cosa non andasse in lui e di certo non potevo parlare con Taehyung del mio stato d'animo: avrebbe evidenziato quel mio lato da fighetta impaurita e non era affatto un bella cosa da mostrare.

Alzai le braccia in segno di resa e senza accorgercene ci ritrovammo nella piccola palestra che ormai consideravo il nostro piccolo posto confidenziale, motivo per cui mi sedetti comodo in uno di quei tappetini morbidi che servivano per fare ginnastica.

"Ecco" esclamai con il mio solito imbarazzo. "Non ho niente in realtà..." prima bugia. "Sono solo un po' preoccupato perché stasera comincio a lavorare ed è la mia prima esperienza" avrei potuto confessargli altre mille cose ma avevo deciso di parlare con lui del lavoro poiché d'altronde lui se ne intendeva bene.

"E perché dovresti lavorare?" si allarmò all'improvviso.

"Perché no? Sono un adulto ormai e voglio provare ad essere indipendente" seconda bugia; mi servivano dei soldi per provare a non morire di fame ma non avrei mai detto la verità ad uno come lui, mi sarei poi dovuto scavare la fossa per la vergogna e l'umiliazione.

"È il tuo ultimo anno di scuola, dovresti diplomarti prima di pensare di essere autonomo, e poi il lavoro potrebbe influire negativamente sul tuo rendimento scolastico lo sai?"

"Senti, non ti sto dicendo queste cose per provare a farmi cambiare idea o per essere trattato come un bambino quindi smettila" lo rimproverai perché se avessi voluto quel tipo di conversazione, sarei andato a parlarne direttamente con mia madre.

Sospirò pesantemente ma non replicò, così neppure un attimo dopo si sdraiò sulle mie gambe senza chiedermi il permesso. La sua testa si poggiò delicatamente sulle mie cosce e dovetti sforzarmi per non cadere alla tentazione di accarezzargli quei capelli biondi che tanto mi piacevano mente lui istintivamente cominciò a giocare con i lacci della mia felpa e solo dopo parlò.

"Allora se sei preoccupato vengo con te"

Spazio Autrice

Ehi gente, mi sono accorta che per la prima volta in tutta la mia vita aspetto il lunedì con felicità (e non con ansia) solo perché è il giorno dell'aggiornamento!

Comunque io amo tantissimo questo Taehyung perché a volte è un po' stronzetto ma allo stesso tempo con Jungkook è così carino che mi fa venir voglia di piangere^ VADO CIAO

Ah ma giusto per curiosità: chi è il vostro bias nei BTS? 

-Federica

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