1. Un incontro inaspettato
L'estate era appena terminata, le vacanze erano letteralmente volate via tra le feste con gli amici e i pomeriggi trascorsi in famiglia. La quotidianità sarebbe ricominciata, così come quei lunedì che tutti gli studenti ritenevano traumatici e stressanti, tuttavia io quella volta la pensavo diversamente. Il giorno seguente sarebbe stato il mio ultimo primo giorno di liceo, stavo finalmente arrivando al termine di quei cinque anni, non potevo negare di provare felicità e orgoglio di star per concludere qualcosa ma una sensazione ancora più forte mi tormentava: la nostalgia.
Gli adolescenti trascorrono la maggior parte del loro tempo scolastico lamentandosi e a fare i conti alla rovescia per le vacanze estive, quelle natalizie e persino per quelle che durano massimo due giorni. Sono troppo impegnati ad odiare il liceo e a rispondere "non mi mancherà" alla frase "un giorno la rimpiangerai" per rendersi conto che la scuola non e poi così male. Non sono mai stato particolarmente legato alla scuola eppure quella strana emozione di angoscia non voleva lasciare il mio stomaco. Era qualcosa che succedeva a tutti coloro che si rendono conto che qualcosa stava per giungere al termine: quelle di quest'anno sarebbero state le ultime ansie, le ultime risate con i compagni, le ultime prese per il culo, le ultime corse per prendere il banco più in fondo, gli ultimi brutti voti... Insomma gli ultimi momenti da liceale, quando era ancora consentito fare lo spavaldo e lo strafottente.
Poi d'un tratto tutta la routine che ti eri costruito per anni, crolla, la vedi sbriciolarsi davanti ai tuoi occhi e non puoi fare nulla per aggiustarla. Bisognava dire addio ad una parte di vita e scalare l'ultimo gradino prima del futuro: il quinto anno di liceo.
"Stasera ci sei?" lessi sullo schermo del telefono un messaggio da parte di Hoseok, interrompendo così le mie riflessioni. "Abbiamo preparato tutto, non puoi rifiutare Jungkook" continuò senza aspettare la mia risposta.
I miei compagni di classe stavano programmando quella serata da circa una settimana ma sapevo benissimo che sarebbe finito tutto con una sbronza e del vomito. Mi sarei voluto divertire anch'io, avevo sempre amato bere sino a dimenticare ciò che mi stava attorno ed ero quasi affascinato dal contrasto che poneva un'ubriacatura: definivo quasi terapeutico il momento di completa perdita dei sensi, la mente mi ringraziava sempre quando l'alcool si avventava nelle mie vene ma al contempo sapevo quanto deleterio fosse al livello fisico. Quelle due mie visioni si opponevano tra di loro ma quella volta non fu quel contrasto a mettere un freno a quella voglia, piuttosto avrei preferito godermi il mio ultimo primo giorno e ubriacarsi significava comportarsi da zombie e stare male per le prossime 24 ore.
"Sì vengo ma non voglio esagerare" digitai sulla tastiera giusto per fare contenti gli organizzatori e dunque mi alzai dal letto. Era già tardi, non volevo arrivare in ritardo così cominciai a prepararmi per poi dirigermi al locale.
Avrei dovuto prendere un mezzo di trasporto visto che non avevo ancora studiato per la patente, avevo da poco compiuto la maggiore età tuttavia in quel periodo non mi sarei potuto permettere un costo talmente alto come un'automobile. In sostanza mi toccava andare a piedi in ogni occasione tranne quelle poche volte in cui i miei amici patentati si offrivano di scarrozzarmi o di accompagnarmi: Hoseok e Yoongi. Erano senza dubbio i miei due migliori amici, andavamo a scuola insieme ma avevamo promesso che avremmo continuato ad esserci l'uno per l'altro anche quando sarebbe terminata.
Io ci credevo. Credevo nella nostra amicizia e credevo anche che sarebbe durata malgrado le persone tendevano a sminuire quella nostra promessa, tenendomi al corrente che non eravamo di certo i primi migliori amici che stipulavano quel genere di accordo. La gente era solita dirmi che quel tipo di contatto sarebbe finito così come sarebbe finita l'abituale routine che per forze di cose, si veniva a creare tramite la scuola. Gli impegni cambiavano per tutti terminato quel lungo e faticoso step e di conseguenza era difficile rimanere in amicizia con le stesse persone con cui si scambiavano i compiti o con cui, per anni, ci si sedeva allo stesso banco.
La gente parlava per esperienza ma io non aspiravo a quella che avevano avuto loro, più volentieri avrei atteso per costatare io stesso.
"Torno tardi" scrissi su un bigliettino che lasciai poi sul tavolo, insieme alla penna nera che utilizzai per scrivere, con lo scopo di informare i miei genitori considerato che come ogni giorno sarebbero tornati dal lavoro dopo mezzanotte.
Infine mi guardai un ultima volta allo specchio, misi il profumo, infilai i vari orecchini e con la mano mi scompigliai i capelli ormai lunghi, dopo di ciò uscii di casa dirigendomi verso la metropolitana.
Il cielo di Busan era già buio a quell'ora e c'era un leggero vento piacevole che con passare dei minuti sarebbe diventato freddo gelido, soprattutto per me che indossavo solo una camicia. Camminai velocemente tra le vie deserte della mia zona fino a quando non mi imbattei nelle scale, che in seguito scesi per raggiungere la metro che mi avrebbe portato direttamente in centro, dove per l'appunto popolavano i vari locali e le discoteche.
Pensai che la metropolitana fosse completamente deserta, motivo per cui mi diressi subito alla cassa automatica dei biglietti dove ne comprai uno, l'unico che potevo permettermi date le mie tasche costantemente vuote e dunque per il ritorno non potei fare altro che sperare in un passaggio da parte di Hoseok, anche se sarebbe sicuramente uscito ubriaco fradicio da quella serata. Mi resi conto perciò di non avere alcuna chance di tornare a casa illeso, nonostante ciò infilai il biglietto nell'obliteratrice per poter passare e prendere la metro prima che la perdessi, tuttavia dovetti fermarmi quando sentii delle grida esagerate provenire dalla strada.
Le due barre del macchinario si aprirono per lasciarmi passare ma non potei fare a meno di voltarmi verso la direzione delle urla. Senza pensarci su, forse per l'imminente preoccupazione o forse solo spinto dalla curiosità, corsi dal lato opposto dell'apparecchiatura per poter così controllare la situazione e capire da dove provenissero quelle grida strazianti.
Mi guardai intorno fino a quando non mi imbattei in una rissa a senso unico e il sangue mi si congelò nelle vene. Due ragazzi, probabilmente della mia stessa età, avvolti nel buio della notte stavano facendo a botte, o meglio dire, uno di loro stava riempiendo di pugni un altro che non aveva neppure più la forza di reagire.
Io odiavo la violenza, forse più di qualsiasi altra cosa al mondo. Era disumano, ignobile e mi meravigliai nel sapere, ancora di più nel vedere con i miei stessi occhi, che invece altri la sceglievano come forma di esaltazione. Per puro divertimento o sfogo.
Dei deboli sussurri lasciarono le mie labbra tremolanti nella speranza che qualcuno mi sentisse e che ad un tratto quel ragazzo tanto aggressivo si fermasse.
Ci provai più volte ma la voce non mi uscì a dovere e difatti nessuno mi sentì, nessuno si fermò. Per un attimo mi parve di vedere quei pochi minuti di pura follia a rallentatore e alla vista di tutto quel sangue mi assalirono dei conati di vomito che mi fecero reagire, la voce continuò a non uscire dalle mie labbra ma le gambe si mossero da sole. Il mio cervello sembrò non mandare neppure gli impulsi giusti per potermi dirigere verso di loro, nonostante ciò però mi feci forza e andai dritto verso la loro direzione, notando con disgusto che non erano soli. Un gruppo di ragazzi probabilmente fatti e ubriachi fradici stava tranquillamente osservando e tifando per uno dei due, non cercai neppure per un secondo di farli ragionare, finsi di non vederli affatto e intervenni immediatamente mettendomi in mezzo.
Non volevo essere come quei ragazzi. Volevo fare la differenza e l'unico modo era non accodarmi al resto della gente, aiutare il prossimo e cercare di cambiare le cose nel mio piccolo.
Fare la differenza però poteva far male e poteva creare danni.
Presi un paio di pugni nonostante io non fossi coinvolto in quella rissa ma mi ritenni fortunato comunque poiché pensai di doverne prendere molti di più, eppure una sirena della polizia mi salvò ma soprattutto salvò quel ragazzo parecchio malmenato, considerato che fece spaventare tutti. Quella macchina sfrecciò per la via vicino la metropolitana, facendomi così credere che fosse un miraggio dacché avesse messo fine a quella aggressione. A quel suono infatti corsero tutti via a gambe levate, tutti fuorché il carnefice.
Rimanemmo solo io e lui, faccia a faccia.
Avrei dovuto correre anch'io. Sarei dovuto scappare come tutti gli altri, ma non lo feci.
Perché?
Improvvisamente quel ragazzo con una mossa veloce mi bloccò entrambi i polsi, facendomi così sbattere contro il muro, probabilmente per paura che scapassi anch'io. Sussultai a quel gesto e non potei negare di aver provato una paura immensa, tuttavia allo stesso tempo colsi un dettaglio che mi addolcì e che mi fece battere il cuore ancora più forte di prima.
Stava piangendo.
Le sue guance erano completamente zuppe di lacrime ma nonostante ciò non distolse mai lo sguardo dal mio. Ci guardammo negli occhi e in quel preciso istante percepii un'improvvisa ansia immotivata che mi portò a sgranare gli occhi in contrasto con la sua impassibilità e compostezza, eppure malgrado i brividi lungo la schiena riuscii a reggere quel miscuglio di freddezza e padronanza nell'attesa che mi colpisse proprio come stava facendo con quell'altro ragazzo.
Non capii il motivo della mia convinzione ma ero sicuro di dovermi aspettare un pugno.
"Io non voglio farti del male" sussurrò lasciandomi i polsi e crollando per terra come senza forze, lo sentii singhiozzare ai miei piedi mentre io rimasi completamente immobile e disorientato.
Non lo conoscevo e se inizialmente mi aveva spaventato, in quel momento mi faceva solo tanta pena, motivo per cui anch'io mi inginocchiai in modo da raggiungere la sua stessa altezza. Mossi la mia mano verso di lui e gli spostai un ciuffo di capelli, così ebbe di nuovo il coraggio di guardarmi negli occhi: aveva una pelle liscia e talmente dorata che si abbinava perfettamente ai suoi capelli biondo cenere, degli occhi profondi e taglienti che avrebbero messo timore a chiunque e delle labbra carnose e rosee, anch'esse bagnate dalla sue lacrime.
Non sembrava un cattivo ragazzo, anzi alla vista appariva come un angelo e mi sarei incantato volentieri a guardarlo se non fosse stato per il gesto commesso minuti prima.
Lui mi parve una persona da amare, proprio come si faceva in un bellissimo sogno.
Le sue azioni tuttavia mi ero ritrovato ad odiarle, poiché mi ricordarono solo un terribile incubo.
In quel preciso istante la mia vita venne invasa da ossimori e caratterizzata da continui contrasti.
Amore e odio.
Sogni e incubi.
Paradiso e inferno.
Senza alcuna intenzione e senza neppure accorgermene quel ragazzo ancora a me sconosciuto, sarebbe ben presto diventato un sogno infernale.
Sarebbe diventato il mio paradiso di incubi.
"Vattene" mi disse con un tono autoritario, cacciando via le sue lacrime amare. "Vattene ti prego" aggiunse dopo e mi resi conto che il tono della sua voce cambiò, come se volesse più darmi un consiglio che un ordine. Così mentre lui cercò di farmi alzare da terra, io cercavo invano di comprendere il suo atteggiamento e le sue parole.
"Va via prima che quel dannato mostro prenda ancora il sopravvento di me"
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