Capitolo 25
"Raccontami della tua famiglia o magari dei tuoi genitori, non ne ho mai sentito parlare fino ad ora."devo ammettere che sono curiosa ed in sintesi diciamo che ho accettato l'accordo. Nessuno di loro mi ha mai raccontato dei genitori sono a conoscenza solo della morte della madre quando i gemelli erano abbastanza piccoli, ma niente di piu.
"Mia madre era figlia unica ed apparteneva ad una famiglia benestante, tutti laureti in medicina legale tranne lei che non finì gli studi per via di mio padre." così iniziano le confidenze più profonde del nostro passato mentre rivolge lo sguardo verso le onde, perdendosi nei ricordi. "Lei era una donna che amava l'idea della famiglia allargata e quando si innamorò non pensò ad altro, andò contro tutti e tutto. Si sposò contro la benedizione dei miei nonni e rimase incinta due mesi dopo il matrimonio. I nonni l'amavano troppo per abbandonarla anche se aveva fatto le scelte sbagliate, cosi gli comprarono casa, la casa che ora appartiene a noi." accendo una sigaretta e glie ne offro una che accetta volentieri.
"Dopo aver fatto tre maschi aveva perso le speranze per una femminuccia, quindi avevano deciso che una casa con quattro uomini poteva bastare e ne era entusiasta anche se avrebbe preferito avere una piccolina che ci avrebbe decisamente fatto impazzire, con il senso di protezione che avevamo noi con nostra madre, poteva benissimo immaginare come sarebbe andata a finire con nostra sorella. Poi però arrivò una bellissima sorpresa." accennò con un sorriso che rispecchiava la felicità quando pensava a Mia.
"I gemelli" sussurro mentre lui accenna ad un si.
"Esattamente. Non solo erano due bambini ma una era la bambina che aveva aspettato per anni. Passammo i primi tre o quattro anni dei gemelli molto bene, certo avevamo qualche giornata storta come succede in ogni famiglia ma eravamo...felici." E con questa pausa capisco che sta per arrivare la bomba indesiderata. "Poi successe qualcosa, un qualcosa che io tutt'ora oggi non riesco a capire cosa ha distrutto la mia famiglia. Quei genitori innamorati dopo così anni, come adolescenti iniziarono a litigare, sempre più soldi non rientravano a casa e sempre più in giro nel mondo mio padre andava. Diceva sempre che era per lavoro, ma quale lavoro facesse nessuno l'aveva mai capito, tranne lei. Io sono sicuro che lei avesse scoperto qualcosa che ogni giorno la disintegrava, passava le ore chiusa a piangere nella sua camera. Passava giornate intere a passeggiare sulla spiaggia mentre la nonna si occupava di noi. Così passò gli ultimi due anni da sola fino a che la depressione fece del suo meglio e decise che nel mese di dicembre non valeva più la pena di vivere. Così si suicidò." mi vennero i brividi al solo pensiero di sapere chi fu il più sfortunato a trovare la loro madre in quelle condizioni.
Mi girai in cerca del suo sguardo che aspettava il mio. Del resto la sincronia tra di noi era ogni giorno più forte. Allungai un dito per asciugare una lacrima solitaria che sfuggiva dal controllo ferreo che aveva sempre ostentato davanti a me. Poteva bastare, doveva bastarmi. E mentre stavo per ritrarmi e terminare qui la conversazione mi prese entrambe le mani premendole nelle sue guance. Capivo il freddo che sentiva dentro. Sapevo che cos'era il dolore, un dolore diverso sicuramente, ma qualcunque esso sia è sempre insopportabile perchè non sparisce mai. Ci vivi attraverso ma non ti lascia mai libero.
"Lola." prendendo un bel respiro, come se dovesse sputare un rospo velenoso, mi dice ciò che di più doloroso non esiste per un fratello "Fu Mia a trovare mia madre appesa nel soffitto della sua camera." e vorrei piangere. Davvero vorrei piangere e prendermi quel dolore che non lo lascia dormire tranquillo. Quella colpa che si porta dietro da anni. Quel senso di protezione che ho giudicato possessivo è solo il riflesso del debito che ha con una bambina di poco più di sei anni.
E non ho parole da dirgli per allentare quel morso nello stomaco che non lo fa respirare. C'è solo una cosa che posso fare per fargli capire che lo comprendo, che lo capisco nel profondo.
Così lo attiro a me e lo bacio.
Un bacio disperato.
Uno di quei baci che esprime perfettamente tutte le emozioni che contraddistinguono la nostra vita e il momento che stiamo vivendo è di puro dolore condiviso. Le sue mani seguono la curva della mia schiena fino a stringere i miei fianchi e spostarmi lentamente sopra le sue gambe. Accoglie la mia lingua come se fosse la sua ancora di salvezza ed io mi ci perdo. Mi perdo nel sapore delle sue odiose mentine che porta sempre dietro con un pizzico della birra e tabacco che abbiamo spartito insieme. Mi perdo nei suoi capelli che passano attraverso le mie dita sottili e fredde. E mentre le nostre bocche fanno a lotta per saziarsi le nostre lacrime fanno a gara per incontrarsi.
Lo sento.
Sento quel sentimento che sta crescendo fra di noi, quella nostagia e disperazione di avere qualcuno di compatibile per le nostre vite. Dovremmo solo accettarlo; accettare di aver trovato qualcuno che prenda quella margherita e qui, in questo momento magico e allo stesso tempo tragico, sento che dovrei rischiare.
Quante possibilità potrò mai avere se sarò sempre una fuggitiva?
Finisco per abbracciarlo ed appoggio la mia testa sopra il suo petto mentre le gambe circondano il suo bacino. Non voglio lasciarlo andare. Non potrei parlare se puntasse quei occhi oceano nei miei.
"Quando ero una bambina amavo ballare ma ancora di più amavo le bambole, mi piaceva costruire spettacoli con queste enormi ballerine e sognavo di diventare come loro un giorno." un sorriso amaro sbuca dalle mie labbra per il modo in cui ho deciso di iniziare a scoprirmi. "Ma ti posso assicurare che successivamente fu l'errore più grande amare queste due cose perchè finii con l'odiarle. Purtroppo la vita aveva deciso di riservarmi una vita del tutto l'opposto di ciò che credevo di meritarmi e portò sul mio cammino un uomo, amico di mia madre da anni che conquistò anche mio padre e iniziò a vivere, per mia sfortuna, un periodo con noi. Così diventò il mio baby sitter. Doveva essere come un fratello maggiore che doveva educarmi o almeno istruirmi ma l'unica cosa che voleva insegnarmi era come diventare una prostituta elegante per poter andare con i miglior clienti perché secondo lui io dovevo diventare la migliore essendo che aveva passato la maggior parte della mia vita con me, crescendomi ormai ero diventata la sua preferita. Ma non si era fermato solo a questo. Per fare la prostituta era una di quelle cose che si imparano nel momento giusto e all'età giusta ed io ero troppo piccola. Come poteva una bambina di quattro anni capire cose del genere." respiro ma senza spostare neanche di un centimetro il mio corpo stretto a lui, praticamente come una cozza. Sento i suoi muscoli tesi sotto le mie braccia e la sua rabbia accentuarsi ad ogni mia parola come se lo stessi distruggendo con un sol sussurro.
Vorrei proteggerlo da ciò che gli sto raccontando ma non ho abbastanza coraggio perchè io sono consapevole di essere distruttiva per me stessa e che sarò altrettando per lui.
"Così all'età di nove anni iniziarono le lezioni di Lap dance; non si giocava più con le bambole perchè quello era il premio di un ballo fatto bene. Non si ballava più per divertimento con le canzoncine dello zecchino d'oro ma si faceva lo spogliarello giusto, con la canzone giusta e con il vestito giusto. Così passarono gli anni come passarono le volte che riferivo alla mamma ciò che non potevo più sopportare, ma non ci fu nemmeno una volta che mi credette e finii con il lasciar perdere." mi bruciavano gli occhi talmente tanto che dovetti chiuderli, potevo risparmiarmi qualche lacrima per qualcosa di peggio di questo.
"Lola puoi fermarti se vuoi." la sua voce a pezzi spezzò un po' anche me ma continuai. Avevo preso il via e se non lo facevo adesso non l'avrei più fatto.
"Poi arrivò un periodo della mia vita dove non c'era più spazio per niente. Niente scuola, niente amici, niente libertà, niente privacy, niente di niente. Un vita inutile. E capii che era stato abbastanza, dovevo pur cambiare qualcosa. Così all'età di tredici anni mi rifiutai di farmi toccare, di provare a spogiarmi. Rifiutai di ballare, rifiutai quei schifosi vestiti striminziti che neanche un'escort se li sarebbe mai provati, figuriamoci metterli e mi ribbellai. Con quel no superai il limite e fu la mia distruzione." a questo punto respiravo a fatica, i ricordi facevano ancora più male quando li confidavi a qualcuno. E così dopo svariati anni, scoppiai a piangere per non so quanto tempo; rimasi lì accucciata tra le sue braccia che mi proteggevano anche dall'aria, fino a quando le mie lacrime finirono. Anche quando i singhiozzi cessarono le sue braccia non mi lasciarono.
Ero sfinita, finalmente ero riuscita a dire un pezzo della mia storia a qualcuno che davvero mi credeva. Lo capivo dai suoi gesti premurosi che si alternavano tra baci sui miei capelli e carezze nella mia schiena. Lo capivo dalla rabbia e l'impotenza che emanava il suo corpo al contrasto con il mio distrutto.
"Andiamo a casa, ok?" accenno un si e mi alzo aspettando che faccia la stessa cosa e ci incamminiamo verso la sua moto.
Montiamo in sella senza parlare perchè in questi momenti di parole non ce ne sono.
Dopo più o meno dieci minuti siamo già di fronte al portone di casa dove entriamo con Cole ancora attaccato al mio corpo e con un braccio che circonda il mio collo, come se stesse cercando di proteggere la mia vulnerabilità da qualcuno.
"Cole. Rilassati, qui non c'è nessuno che potrebbe farmi del male." sussurro al suo orecchio così che possa sentirmi solo lui.
"Lo so, ma non posso ancora lasciarti andare. Potresti sopportare qualche altro minuto la mia presenza?" ribatte con un sorriso che per un attimo mi scioglie. Ma solo un attimo perchè il tempo che ci resta potrebbe finire da un momento all'altro avendo il branco di leoni davanti, non vedo vie di scampo se non farmi sbranare.
"Non credo ai miei occhi. Da quando siete diventati amici per la pelle e per pelle intendo quella che avete spiacciata addosso l'un l'altro?'" in un secondo Clay scoppia a ridere mentre tutti noi lo fissiamo. "Che bella battuta eh?" cioè sta ridendo davvero della sua stessa battuta o vuole semplicemente essere preso scemo per natura?
"Talmente intelligente da sfiorare l'idiozia, no?" sbuffo spostando il braccio di Cole mentre vado a sedermi nella mia poltrona preferita; lascio a lui il bombardamento delle domande, per oggi io passo. E' stata una giornata terrificcante, vorrei solo sprofondare in un sonno tranquillo e mentre lo penso le mie palpebre prendono il sopravvento, l'ultima cosa che sento di sfuggita è la sua voce che mi riscalda e mi calma meglio di una camomilla.
"Riposa, piccola donna forte."
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