Capitolo 21
Non so quanto tempo sia passato, che cosa sia successo e precisamente dove mi trovo.
Ho la testa che è un macigno ma quello che pesa di più sono due oceani che mi guardano, mi studiano.
Sembrano sollevati.
"Stai bene?"
Dovrebbe essere semplice rispondere ad una piccola ed innocente domanda come questa ma non è propriamente così.
Bene? Star bene è una parola grossa ma esserlo è eccezionale se ci riesci. Star bene non è essere propriamente felice ma nemmeno significa stare male.
Se sono stata felice? Penso di sì. In fondo sono stata felice tanto tempo fa, forse molto tempo fa. Con la testa spensierata, il cuore a mille e la gioia negli occhi ma ora? Sono a pezzi.
No che non sto bene, neanche mi ci avvicino allo stare bene; sono nel filo sbagliato, quel filo che barcolla a più non posso, che ti lascia con l'incertezza di rimanere lì a patire l'ansia che un giorno cadrai e saprai che ti farai del male e con la consapevolezza che, non sai quando, andrai in fondo. Scivolerai dal lungo filo e andrai dritto in quel buco enorme dove non saprai cosa ti aspetta. Ma non belle cose sicuro.
Vorrei dirgli a questo bellissimo ed egocentrico ragazzo qui davanti a me che stare bene non è il massimo ma è una piccola percentuale di leggerezza che io non ho più.
Vorrei dirgli che perde tempo a preoccuparsi perché l'angoscia mi accompagna ovunque. Dirgli che sarà difficile cogliere il momento giusto o poter vedere davvero dentro i miei occhi camuffati dal quel odioso inchiostro che non permette a nessuno di svelare anche la minima emozione.
"Si sto bene. Dove siamo?" si vorrei dirti tante cose ma in questo momento dovresti stare alla larga da me.
"Nella mia camera. Sono due giorni che dormi, iniziavamo a preoccuparci. Io mi stavo preoccupando Lola. Che ti è successo?" mi da fastidio il suo tramutare dal preoccupato all'arrabbiato. Non riuscire davvero a capire cosa gli passi per la testa. Di non vedere la sua agonia limpida ma avere dentro quello sguardo un misto di emozioni coperte da non so cosa.
È come un cubo di rubik, per un secondo riesci a collegare tanti colori e quando pensi di aver capito come completarlo, rimane sempre quel piccolo quadratino fuori posto.
"Perché ti sei preoccupato?" alzo un sopracciglio, provocandolo.
"Non lo fare." si alza improvvisamente dalla sedia vicino al letto con un dito puntatomi contro.
"Cosa non dovrei fare?" dico sorridendo.
"Non rigirare la situazione come se non fosse successo nulla. Non puntare il dito su qualcun altro per non essere la protagonista dell'argomento."
Mi alzo con calma dal letto e la testa inizia a girarmi ma non ci faccio tanto caso.
"Adesso dimmi Cole, cosa ti da più fastidio il fatto che io punti il discorso su qualcun altro o che risponda esplicitamente che non dovrebbe interessarti minimamente il mio stato d'animo?!"
Mi alzo dal letto e mi avvio verso la porta, ignorando il forte mal di testa che si propaga ovunque e gli lancio un piccolo sorrisino amaro, come l'amarezza che mi ha lasciato lui qualche mattina fa.
Vedo la porta sbattere con irruenza davanti ai miei occhi e le sue mani incastrarsi ai lati del mio viso.
"Non abbiamo finito." i suoi occhi si incastrano perfettamente ai miei e per un momento penso che siano fatti apposta per questo.
Che forse tutto questo casino sia giusto, ma non può essere così facile, niente nella mia vita è così facile.
"Si che abbiamo finito e questo è già stato deciso. Da me. Quindi con o senza il tuo permesso tolgo il mio amatissimo culo da questa stanza."
"Perché non possiamo parlare come due persone mature e fare un discorso reale e sensato senza aggrapparci agli specchi?" inizio a vedere la sua stanchezza, sembra sfinito e lo capisco perché nessuno riuscirebbe a stare dietro ai miei sbalzi d'umore, al mio umorismo di merda, ai miei pensieri turbolenti ed alla mia vita incasinata. Ma soprattutto chi è quel fottuto pazzo che perderebbe tempo a cercare di capire e comprendere una completa folle?
Anche io se non fossi me stessa mi allontanerei immediatamente.
Riordino i miei pensieri ed esco di fretta e furia, non voglio andare oltre; ho bisogno di tempo per tutto quello che sta succedendo.
"Sei insopportabile." afferma convinto seguendo i miei passi.
"Tu non sei da meno." rispondo incrociando le braccia sotto il seno dopo aver bevuto un bel bicchiere di succo di mirtillo. Non mi ero accorta di aver avuto la gola secca fino ad un secondo fa.
Continua a guardarmi senza distogliere, neanche per un secondo, lo sguardo dai miei occhi neri.
"Sei cocciuta e questa cosa non mi piace."
"Non ti piace perché non puoi infilarti nelle mie mutande quando ti pare e piace." affermo deridendolo.
"Oh piccola, non è per quello. Sai bene quanto me che succederà." sussurra mentre le sue labbra si tirano all'insù, accennando un sorrisino perverso.
"Oh caro mio, non succederà. Semplicemente perché non ho un particolare interesse verso il cosino che si nasconde lì sotto." lancio un'occhiata verso i suoi pantaloni.
Sciolgo le mie braccia dandogli le spalle ed esco dalla cucina. Tolgo le infradito ed inizio a camminare sopra la sabbia fino a quando non mi sento afferrare dal braccio.
"Non ci provare. Non funziona questo giochetto con me, stronza." continua, mentre nei suoi occhi vedo passare una piccola scintilla infuocata.
"Funziona a quanto pare, perché se sei venuto solo per dirmi questo, vuol dire che ho ferito il tuo ego, tesoruccio." ritraggo il braccio dalla sua presa e gli faccio un occhiolino. Mi volto di nuovo e mi sdraio su un lettino, pronta per perdermi tra i mille pensieri.
"Sei fuori strada, Marisol." Maledizione, non deve parlarmi così. Non né ha il diritto.
"Stai cercando di farmi incazzare? Perché se continui, sei nella strada giusta." affermo mettendomi seduta.
"Se continuo, mi sculaccerai?" domanda soffocando una risata.
Non aspetto altro, punto il mio sguardo nel suo e scatto verso di lui chiudendo una mano attorno alla sua gola. Di risposta sposta la mia mano e mette la sua dietro il mio collo attirandomi a sé.
Mi vuole mettere alle strette, maledetto.
Gli pizzico un fianco e gli assesto un pugno allo stomaco. Non ottengo il risultato che volevo perché, prima ancora che tocchi il suo sterno, sono praticamente per terra con Cole che sghignazza davanti alla mia faccia. Non so come ci siamo finiti sulla sabbia, ma questa situazione non mi piace per niente.
"Ti odio." sputo acida.
"L'odio è reciproco, mia piccola donna forte." risponde sorridendomi.
Mi muovo cercando di trovare una piccola uscita da questa fottuta posizione ma Cole, capendo le mie intenzioni, la capovolge. Ora si che questa situazione diventa ingestibile. Con me sopra di lui mentre afferra i miei fianchi, stringendoli.
Cazzo, mica molla.
"Cosa vuoi, Cole?" sbuffo, cercando di liberarmi dalla sua presa ferrea.
"Cosa ti fa pensare che io voglia qualcosa?" domanda, alzando un sopracciglio.
"Ripeto. Cosa vuoi?" ha proprio ragione. Non riusciremo mai a parlare come due persone normali, perché noi esseri speciali abbiamo bisogno di innovazione, noi creature diverse non siamo fatti per la banalità, siamo complicati si ma siamo complici, in qualche modo contorto, ma lo siamo.
"Tu sai cosa voglio." sento le sue dita formare dei piccoli cerchi sui miei fianchi, la mia mente si rilassa mentre il mio corpo si immobilizza.
Fisso i suoi occhi color oceano e prendo fiato prima di rispondere.
"No. Non lo so. Ora dimmi cosa vuoi."
"Te." sussurra.. "Voglio proprio te."
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