Capitolo 3
<Perché fissi in modo insistente la casa?> domanda Aron per l'ennesima volta. Dopo ore e ore di controlli il dottore Adams, alias Lukylu mi ha dimessa, lasciandomi nelle mani di questa bellissima creatura che mi ha fatto salire in macchina, portandomi fino a qui. Davanti a me si trava una dimora enorme ma la cosa che mi ha sconvolta sono stati i cancelli che abbiamo superato con la macchina. Lungo la strada ho visto tante abitazioni con cancelli diversi ma forse non ho mai visto in vista mia un cancello in oro.
<Noi abitiamo qui?> domando titubante.
<No>
<Grazie a dio> rispondo mentre sospiro sollevata.
<Però ci abitano i tuoi> si affretta a rispondere, facendomi venire un colpo.
<Lo so che magari ho sbagliato a non parlarti praticamente di tutto però non sapevo come gestire questa situazione. Tutti sanno cosa ti è successo ma nessuno della famiglia ha avuto il coraggio di affrontarti ma infondo sono delle brave persone che non vedono l'ora di vederti>
<Va bene> rispondo con la voce fioca, cercando di convincere anche me stessa di quello che ho appena detto. Perché in tutto questo tempo nessuno si è fatto sentire? Insomma, tralasciando quello che Aron ha pensato di me e di aver chiesto ai dottori di non dirmi niente, perché quelle persone che in questo momento sono fermi sul portico di casa non si sono interessati a me?
<Senti Kim, possiamo entrare e vedere come va e se per te è troppo basta dirmelo che c'è ne andiamo subito, va bene?> propone Aron mentre si affretta a prendere la mia mano e stringerla con la sua, cercando forse di incoraggiarmi.
<Io non, io...> inizio a balbettare, incapace di formulare una frase concreta.
<Quando pensi che sia troppo ti prometto che ti porterò via> dice nuovamente mentre incastra i nostri sguardi.
<Andiamo a prendere il gelato?> domando speranzosa e al solo pensiero sorrido come un ebete.
<Da quando sei fissata con il gelato?> domanda curioso mentre mi fa segno di seguirlo fuori dalla macchina.
<A questa domanda solo tu potresti rispondermi>
<Cosa vuoi dire?>
<Se sei mio marito devi sapere certe cosa su di me, no?>
<La cosa strana è che non ti è mai piaciuto il gelato e quindi mi fa strano sentire da parte tua una richiesta del genere>
<Dici davvero?> domando incredula mentre faccio il giro della macchina e raggiungerlo.
<Davvero Kim> risponde, usando questo stupido nomignolo che non mi piace.
<Perché storici il naso?>
<Non mi piace quando mi chiami Kim>
<Preferisci Kimberly?>
<No, solo, ecco, mi fa strano sentire chiamarmi con questo nome. Non fraintendermi, non è che non mi piace ma non lo so, io, per me è tutto così confuso che persino il mio nome mi fa strano> mormoro piano mentre guardo di sfuggita le persone che si trovano a pochi passi da me, da noi.
<Vedrai che pian piano tutto si risolverà> dice speranzoso mentre mi sorprende quando mi prende nuovamente per mano.
<Se guardi da sinistra a destra trovi per prima i tuoi genitori, Clarice e Brian, poi si sono i miei, mio cugino Collin e poi c'è Melody, mia sorella.
<I tuoi non hanno un nome?> domando ridacchiando mentre lentamente ci avviciniamo al portico di casa.
<Mia madre si chiama Dakota e mio padre Cameron> risponde mentre ridacchia a sua volta.
<Kimberly, cucciolata>
<Avete pure un cane?> domando a bassa voce, facendo scoppiare a ridere Aron.
<Tu sei strano>
<Quella strana sei tu. Tua madre ti ha sempre chiamato in quel modo>
<Non sono un cane> mormoro piano, ricevendo da parte di Aron una gomitata dato che probabilmente non sono stata così silenziosa visto che tutti mi guardano sconvolti.
<Tesoro, che bello rivederti> dice un signore sulla cinquantina mentre fa un passo in avanti, annullando la poca distanza che ci separava quando mi circonda con le sue braccia, incastrandomi in un forte abbraccio.
<Anche per me, penso> sussurro appena mentre cerco di allontanarmi da questo signore che dovrebbe essere Brian, mio padre.
<Falla respirare Brian> si affretta a dire colei che Aron mi ha indicato come mia madre. Una bella signora, elegante, forse fin troppo dato che non ha fuori luoghi neanche un capello e devo ammettere che tanta perfezione mi mette a disagio, soprattutto se prendo in considerazione il fatto che io sembro l'unica vestita in modo casual.
<Bentornata Kimy> dice l'attimo dopo quel ragazzo dagli occhi marroni mentre si avvicina a me, abbracciandomi proprio come ha fatto Brian ma anche a lui cerco di allontanarlo subito, ricevendo da parte del ragazzo uno strano sguardo.
<L'erba cattiva non muore mai> sento qualcuno mentre pronuncia queste parole e quando sposto lo sguardo l'unica a guardarmi in modo perfido è colei che Aron mi ha descritto come sua sorella.
<Così dicono> rispondo indifferente mentre faccio spallucce.
<Melody> la richiama Aron con fare di rimprovero, facendola sbuffare.
<Cucciolota!> strilla nuovamente la signora di prima per poi strapazzarmi con i suoi soffocanti abbracci.
<Non respiro> mormoro piano ed è solo allora che Aron viene in mio aiuto, liberandomi dalle grinfie di questa graziosa donna che guarda il mio outfit forse indignata.
<Venite, entrate> dice l'attimo dopo colei che dovrebbe essere mia madre.
<C'è qualcosa che non va?> chiede Aron a bassa voce mentre ci accomodiamo all'interno di questa immensa abitazione.
<Chi soffre di protagonismo?> domando seria facendolo ridacchiare nuovamente e non posso non pensare al fatto che la sua risata è davvero un bel suono per le mie orecchie.
<Praticamente tutti in famiglia ed è strano perché tu prima eri così>
<Cosa vuoi dire?> domando sconvolta mentre mi guardo intorno, sconvolgendomi ancora di più.
<Che eri un tipo perfettina e non uscivi mai di casa in questo modo> dice abbozzando un sorriso mentre mi guarda, o forse guarda il mio outfit per niente elegante ma decisamente comodo.
<Quando tornerai a lavorare?> domanda Brian mentre fa segno a tutti di prendere posto a tavola e non mi serve molto per capire che lui è quel tipo di persona che comanda, così, mentre tutti seguono i suoi ordini io resto all'impiedi.
<Non prendi posto?> domanda Brian mentre mi rivolge uno sguardo serio, quasi glaciale potrei dire.
<Sinceramente sono stanca di stare seduta. In ospedale ho passato giorni, forse fin troppi giorni seduta perciò preferisco stare all'impiedi> rispondo sincera ma forse la mia risposta non è così gradita visto che tutti mi guardano allibiti.
<È successo qualcosa?> domando curiosa puntando lo sguardo su di Aron però, in cerca di una risposta da parte sua dato che da quando ho aperto bocca non ha fatto altro che pizzicarmi il braccio.
<Siediti> mormora tra i denti ma quando sto per aprire bocca nuovamente colei che ancora non mi ha neanche salutato afferra dolcemente la mia mano, facendomi girare di poco verso di lei e quando incontro i suoi occhi capisco la silenziosa preghiera che cela nel suo sguardo e dato che non voglio sembrare maleducata prendo posto accanto a lei che si trovo alla mia sinistra mentre Aron si trova alla mia destra.
<Quando pensi che tornerai a lavorare?> domanda nuovamente Brian mentre mi guarda nuovamente in modo serio.
<Al momento non lo so. Insomma, prima dovrei rimprendermi del tutto e poi sinceramente non ricordo...>
<Gwenda, puoi iniziare a portare le portate> dice Brian interrompendomi ma quando riprovo a finire di dire quello che avrei voluto confessare lui mi interrompe nuovamente, dando a parlare al padre di Aron.
<Non te la prendere sul personale, tuo padre è così> sussurra Aron vicino al mio orecchio.
<Ma certo, fingiamo che sia tutto normale> mormoro piano mentre appoggio la schiena allo schienale della sedia, ricevendo nuovamente da parte di Brian una strana occhiataccia.
<Hai dimenticato le buone maniere?> chiede in modo aspro facendomi aggrottare le sopracciglia.
<Tra tante altre cose> rispondo semplicemente facendo ridacchiare Melody che si trova dall'altra parte del tavolo, davanti a me.
<Come scusa?> domanda incredulo mio padre.
<Signorina, gradisce la pasta al caviale?> domanda una graziosa signora mentre mi affianca con un carrello che contiene il mangiare, ricordandomi molto quello dell'ospedale.
<Ma certo> rispondo in modo gentile, senza sapere realmente come sia fatta quella pasta.
<Che tipo di pasta è?> domando a bassa voce, rivolgendomi a Dakota, l'unica che mi è sembrata sincera con la sua dolcezza.
<Chiamiamole uova di pesce> risponde sussurrando ma quando davanti a me viene appoggiato il piatto con la pasta contenente mi assale lo sdegno.
<Perché a me sembrano le feci di un coniglio?> domando seria facendo ridere a crepapelle Aron e anche Melody, capendo di non essere stata proprio silenziosa nel parlare.
<Dati una calmata Kimberly!> mi sgrida Brian, facendo sussultare la moglie che si trova accanto a lui.
<Chiedo perdono signore> dico a voce alta mentre abbasso lo sguardo ma non per lui ma per guardare nuovamente quel piatto di pasta con quelle piccole palline nere in mezzo.
<Tu adori il caviale> mormora Aron al mio orecchio.
<Io non mangio quella mer...>
<Da quello che io so tu andavi pazza per questo tipo di portata> sussurra Dakota e non posso non domandarmi mentalmente perché tutti sussurrano quando parlano.
<Se devo essere sincera neanche a me piace tanto ma è difficile rifiutare il signor presidente e le sue preferenze> dice Dakota a bassa voce un qualcosa che forse non avrebbe voluto dire dato che l'attimo dopo si copre la bocca con le mani.
<Presidente? Ma chi?> domando confusa.
<Tuo padre> confessa Aron sempre a bassa voce facendomi sgranare gli occhi.
<Per questo sembrate dei soldati davanti a lui?> domando seria dopo lunghi attimi di silenzio, tempo in cui ho pensato allo strano comportamento di ogni componente presente qui a tavola.
<Vedi che anche tu eri così> mormora Aron.
<Allora grazie a dio che non me lo ricordo> rispondo seria. Per carità, va bene che la mia memoria al momento non funziona ma non penso che mi piacerebbe essere un soldatino che abbassa lo sguardo davanti a qualcuno. Magari la mente non vuole ricordare ma dentro di me sento che questa non sono io. Insomma, quella che Aron mi descrive.
<Non mangi?>
<Lo faccio solo perché non mi piace sprecare il mangiare> rispondo borbottando mentre mi faccio coraggio, portando alla bocca una forchettata di pasta che sputo l'attimo dopo dentro un travagliolo.
<Kimberly, ma che modi sono?> urla Brian, mio padre.
<Con tutto il rispetto signore ma questa pasta non si può mangiare> rispondo sincera mentre mi affretto a riempirmi un bicchiere con l'acqua e berla più velocemente possibile, sperando che questo sgradevole sapore se ne vada.
<Ma quando sei diventata così impertinente?> domanda urlando mentre si alza dalla sedia, provocando un grande rumore nella sala da pranzo.
<Senta, ho cercato di essere educata e ragionevole ma la mia pazienza ha un limite. Dopo tanti giorni che ho passato in ospedale ho scoperto di avere un marito e una famiglia. Una famiglia che non si è presentata da me neanche mezza volta per interessarsi della mia salute e poi arrivo qui e invece di avere una conversazione con voi vengo snobbata come se niente fosse successo e se proprio devo rispondere alla sua domanda non lo so. Ed è questo il problema, io non ricordo un bel niente eppure lei si preoccupa di più per il fatto che non mi piace la pasta ma non per me e sinceramente non mi sembra tanto normale> dico seria per poi alzarmi a mia volta e dopo aver porto le mie scuse agli altri mi allontano, dirigendomi fuori da questa casa.
<Chi sei Kimberly?> domando tra me e me mentre in modo nervoso inizio a nuovamente davanti al portico di casa. Che tipo di persona ero prima di quel incidente? Perché nessuno sembra preoccuparsi più di tanto di me?
<Ero davvero una brutta persona?> continuo a domandarmi, ripensando alle parole di Luke ma soprattutto alle parole di Aron.
<Non eri una brutta persona ma ti comportavi come ti è sempre stato insegnato> la voce di Aron mi fa bloccare all'istante mentre alzo lo sguardo su lui.
<Da stronza?>
<Diciamo solo che con il tempo ho capito che tuo padre esigeva che tu fosse più come lui davanti altri e per te ormai erano normale fare la stronza>
<Ti rendi conto che non è una cosa normale?> domando seria, facendolo ridacchiare.
<Eppure per la Kimberly di prima era una cosa normale>
<Per questo a nessuno interessa di me?>
<Non è così> si affretta a rispondere mentre si avvicina a me.
<A me sembra proprio di si. Non è per giudicarti ma anche tu hai preferito non vedermi pensando che io stessi...>
<Ho sbagliato Kim>
<E perché? Infondo hai detto che non andavamo d'accordo>
<È diverso> risponde sussurrando.
<Diverso? Cosa vuoi dire?> domando confusa.
<Non lo so. So solo che è diverso. Tu lo sei. Senti, so di aver sbagliato ma io volevo solo assicurarmi che tu non stessi mentendo per questo ti ho osservata di nascosto mentre tu eri in ospedale e ho visto in te una persona diversa. Io non so se è per il fatto che tu non ricorda ma sei, non lo so, non sei tu. Cioè, dio, non so come spiegartelo>
<Vuoi dire che sono meno stronza?> domando seria facendolo ridacchiare nuovamente.
<Decisamente> risponde sorridendo mentre afferra la mia mano.
<Andiamo a prendere il gelato?> domanda ed io solo nel sentire quella parola inizio a saltellare come una bambina, buttandomi fra le sue braccia e abbracciarlo.
<Mi devo ricordare che il gelato ti mette di buon umore>
<Quella che deve iniziare a ricordarsi le cose sono io Ron> dico ridacchiando mentre mi allontano di poco da lui ma quando vedo la sua espressione imbronciata mi rattristisco.
<Scusami, io, mi viene spontaneo chiamarti in quel modo> confesso mentre faccio un passo all'indietro, ponendo una minima distanza tra di noi. Ed è strano come io, come il mio corpo inizia a rabbrividire appena non sono più vicina a lui.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top