Capitolo 23


<Qualcuno vuole parlare?> domando irritata dopo un lungo momento di silenzio. Un silenzio che è calato all'improvviso da quando mio padre ha pronunciato quelle parole.

<È complicato> la mamma inizia a sussurrare ed io senza riuscire a contenermi scoppio a ridere, ripensando al fatto che questa frase l'ho sentita molte volte, forse fin troppe volte da quando ho preso il posto di Kimberly Baker, la stessa donna che in questo momento è ferma a qualche passo da me e che continua a guardarmi in modo strano. Sicuramente penserà che sono pazza per come sto reagendo.

<Cosa ci fa lei con voi?> domando curiosa dopo essermi ripresa.

<L'abbiamo aiutata a riprendersi> confessa mia madre mentre prende posto accanto a me nel divano. Avrei tanto voluto restare all'impiedi ma Aron ha insistito così tanto che io mi sedessi che non ho potuto non rifiutare.

<Riprendersi da cosa esattamente?> domando confusa mentre punto nuovamente lo sguardo su Kim e devo confessare che all'apparenza sembra più in forma di me.

<Quando lei ha cercato di salvarti ha rischiato di rimetterci la sua di vita>

<Eh?> domando incredula mentre strabuzzo gli occhi.

<Penso che sarebbe meglio raccontarle tutta la verità. Solo così potrà capire> dice mio padre deciso più che mai.

<Quale verità?> domando curiosa mentre mi alzo all'istante. Per quanto vorrei restare buona e calma non c'è la faccio per via dell'ansia.

<Quando hai scoperto chi eri in realtà non ti sei mai domandata del perché Kimberly ti assomigliava così tanto?>

<Parli del fatto che si è trasformata nella mia stessa fotocopia?>

<Lei ti assomigliava già da prima Lale> puntualizza mio padre mentre si ferma a pochissimi passi da me. Da quando è entrato da quella porta si è mantenuto sempre a debita distanza e non riesco a comprendere il motivo. Insomma, non dovrebbe essere felice di vedere sua figlia dopo così tanto tempo?

<E con questo?> domando solamente, aspettando che sia lui a parlare. Infondo merito una spiegazione da loro e non una banale supposizione che io potrei fare in questo momento.

<Devi sapere che tempo fa io e Brian eravamo amici, anzi, eravamo migliori amici tant'è che avevamo deciso di seguire gli stessi corsi universitari dato che entrambi eravamo affascinati della medicina, anche se per Brian era più di una passione. Sembrava come se lui fosse nato per fare il dottore e mentre io diventai un ginecologo lui aveva incrinato la sua carriera sulla genetica, studiando a fondo tutto quello che comprendevano le malattie ma poi un giorno decise di non dedicarsi più alla medicina e nonostante io fossi il suo migliore amico non riuscivo a comprendere quella sua scelta. Inutile furono le innumerevoli domande che gli posi lui non mi raccontò mai il motivo di quella sua scelta>

<E con questo?> domando confusa mentre guardo attentamente mio padre.

<Lui aveva solo finto. Il suo scopo era quello di far credere altri altri di non essere più interessato alla medicina ma bensì alla politica. Solo così avrebbe potuto continuare a fare i suoi esperimenti senza dare troppo all'occhio>

<Ma di cosa diamine stai parlando?> chiedo sconvolta mentre aggrotto le sopracciglia.

<Tua madre all'epoca non riusciva a restare incinta nonostante nessuno dei due scontrava alcun problema così di comune accordo avevamo deciso di provare con la fecondazione in vitro. La cosa era alquanto facile per me dato che ero un ginecologo. Bastava procurare i nostri, insomma...>

<Ho capito papà, vai avanti>

<Tutto sembrava andare per il verso giusto e così decisi di traferire l'embrione, cosa che ho anche fatto e poi sei nata tu e sia io che tua madre eravamo felici del tuo arrivo ma quella felicità non durò molto. Ricordo che quando avevi due mesi ti sentisti male e dovetti fare delle analisi e già da lì capii che c'era qualcosa che non andava. Il tuo dna era diverso dal nostro e non riuscivo a spiegarmi come fosse possibile>

<Brian> sussurra Kimberly attirando tutta la mia attenzione su di lei.

<Cosa c'entra lui?> domando confusa.

<Brian non aveva mai rinunciato a studiare la genetica e da quello che so il suo sogno in realtà è sempre stato quello di cambiare la medicina ma per fare ciò anni addietro aveva deciso di fare un passo in dietro e di svolgere il suo lavoro stando nell'ombra>

<Io continuo a non capire. Cosa avrebbe potuto fare lui per cambiare la medicina?> domando sconvolta mentre guardo ogni persona presente qui nel salone.

<Brian aveva trovato un modo malsano per salvare le persone malate, i suoi cari. Devi sapere che lui aveva scelto questo percorso in medicina perché quando era piccolo i dottori non avevano saputo dare un nome alla malattia che aveva suo padre e lui aveva giurato che da grande sarebbe diventato il dottore più bravo del mondo. Per questo ha iniziato a studiare le malattie, trovando un modo tutto suo di salvare le persone e il suo primo sperimento lo feci su di te. Su quel embrione che ancora doveva prendere vita> confessa mio padre con la voce fioca.

<Cos, in che senso?>

<Il suo intento era quello di creare un clone, se così si può chiamare. Pensava che se avesse creato una persona geneticamente uguale a quella malata, in modo automatico la prima sarebbe stata la donatorice della seconda persona qualora ne avessi avuto di bisogno > confessa mio padre a bassa voce al che io scoppio a ridere in modo nervoso.

<Voi siete tutti pazzi non è vero? Magari non capisco una virgola di medicina ma sperimentare su un embrione mi sembra alquanto impossibile>

<Il suo intento era proprio quello Lale, di far diventare una cosa impossibile possibile>

<Vuoi dirmi che io sono cosa, un maledetto sperimento per salvare questa qui? Salvarla da cosa precisamente? Brian era così intelligente da dedurre che la figlia trent'anni più tardi avrebbe riscontro una grave malattia? E cosa avrebbe preso da me? Un dente? Il mio sangue, cosa papà? Avrebbe preso la mia pelle per darla a lei?> domando urlando. Da quando ho apertogli occhi in quel maledetto ospedale non ho fatto altro che sentire cose assurde ma questa, questa supera di gran lunga durata ogni mia aspettativa.

<Calmati> sussurra Aron alle mie spalle mentre appoggia le mani sulle mie spalle.

<Calmarmi? Qui mi vengono a dire che sono stata concepita per essere carne da macello e tu mi chiedi di calmarmi?> sbotto in modo duro mentre alzo le spalle, cercando di scrollarmi di dosso le sue mani.

<Secondo te perché sono scappato insieme a tua madre? Perché pensi che siamo tornati in Turchia? Io non avrei mai permesso a Brian di farti del male. Inizialmente non riuscivo a darmi una spiegazione ma poi mi resi conto che forse lui c'entrava in qualche modo m, anche se non avevo le prove. Non all'epoca perlomeno. Quando ho visto Kimberly per la prima volta mesi fa mi sono tolto ogni dubbio>

<Cosa c'entra lei? Cosa ci fa con voi?>

<È stata lei a salvarti da Collin, non te lo ricordi?> domanda mia madre fra le lacrime.

<Cosa vuoi dire?> domando incredula mentre punto lo sguardo sulla ragazza.

<Ho scoperto di avere una mezza sorella per caso>

<Io non sono tua sorella!>

<Brian ha usato le mie cellule staminali per sperimentare su di te quindi che ti piace o no in qualche modo siamo legate> puntualizza in modo irritante, facendomi sbuffare.

<Ricordo che qualche giorno dopo aver scoperto di essere malata ho sentito mio padre parlare con Collin di una certa Lale e del fatto che lei sarebbe stata la mia salvezza e se sul momento non diedi importanza in seguito quelle parole mi incuriosirono così tanto che iniziai a fare delle ricerche solo perché i due iniziarono a comportarsi in modo strano, soprattutto Collin. Per questo mi avvicinai di più a lui ed è stato allora che mi confessò di essere innamorato di me. Collin si è sempre comportato bene con me, trattandomi con dolcezza, riempiendomi di attenzione, la stessa attenzione che negai da parte di Aron. Prima di tutto perché ero ossessionata del mio lavoro e poi quanto scoprii di essere malata non volevo essere vista come una persona debole per questo non confessai a nessun altro della mia malattia. I giorni passarono e Collin continuò a sostenermi per poi propormi una sua idea. Un giorno mi disse che facendo dei ritocchi alla pelle, soprattutto al viso tutto sarebbe migliorato e ci ho creduto davvero. Chiamami ingenua ma in quel momento ero così vulnerabile che mi affidai a lui fino a quando un giorno non trovai a casa sua una cartella con il nome Lale ma la cosa che più mi sorprese era il fatto che attaccato ad esso c'era anche una foto, un ritratto uguale al mio e così iniziai a chiedere spiegazioni a Collin e penso che in quel momento si è sentito così tanto con le spalle al muro e per farmi stare zitta mi diede uno schiaffo. Uno solo, in grado di farmi cadere per terra e farmi perdere i sensi dato che già di mio ero priva di forze>

<Tu, sei stata tu a farmi scappare dal seminterrato> sussurro sconvolta quando finalmente inizio a ricordare quel giorno, lo stesso in cui scappai da casa di Collin.

<Quando ho ripreso coscienza davanti a me c'eri tu che mi fissavi sconvolta, proprio come ero io nel vedere te, nel vedere me uguale a te e solo allora cappi quanto fosse in realtà malato Collin> Kimberly confessa con la voce rotta dal piano mentre lentamente si siede nel divano accanto a mia madre che prontamente abbraccia calorosamente. Quel tipo di abbraccio materno che magari avrebbe dovuto riservare a me.

<Kimberly è riuscita a farti scappare ed entrambe siete finite sul traghetto. Lei pensava che portandomi più lontanamente possibile ti avrebbe messa in sicurezza ma c'è stata l'esplosione e tu...>

<E io sono diventata lei. Perché? Se eravamo tutte due su quel traghetto perché lei non è stata trovata insieme a me?> domando confusa.

<Penso proprio che l'espressione è stato un modo per fare fuori Kimberly. Mentre tu eri sotto la sua identità a me avevano chiamato, informandomi che mia figlia fosse in fin di vita> risponde mio padre.

<Chi, come...> inizio a balbettare, fermandomi all'improvviso quando mi rendo conto di non aver più neanche la forza di formulare una frase sensata.

<Collin> risponde mio padre serio più che mai.

<Quello è uno psicopatico!> sbotta Miranda in modo duro, usando però le stesse parole che avrei usato anche io.

<Ron> sussurro a malapena mentre con lo sguardo cerco i suoi occhi.

<Viene, siediti>

<Me ne voglio andare> sussurro nuovamente mentre continuo a guardarlo. Non penso di poter restare un altro minuto qui davanti ai miei genitori che cercano di far calmare Kimberly.

<Andiamo> dice solamente per poi avvicinarsi a me e prendermi fra le sue braccia, uscendo l'attimo dopo fuori da quella casa e solo allora prendo a respirare nuovamente.

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