Il secondo caso (1)



"Zac!Zac. Ehii Zaaaac! ZAC!" Il diretto interessato si alzò di scatto, con gli occhi sgranati e l'adrenalina in corpo. Solo per ritrovarsi  un esemplare di Alex selvatico sul proprio letto, con un sorriso che arrivava da un orecchio all'altro. "Ho scoperto un po' di cose!" Aveva delle foglie tra i capelli, il naso sanguinante ed i vestiti stropicciati, ma non sembrava dargli così tanto fastidio. Zac imprecò mentalmente, portandosi una mano al viso. 

Si trovavano in uno squallido hotel di Dreymont, una città tutt'altro che piccola. Avevano letto (o meglio, Alex aveva letto) sul giornale di tre omicidi in un solo mese. Il problema era che tutti e tre si erano verificati all'interno di un abitazione, con finestre e porte serrate, nessun segno di effrazione, nessun segno di lotta o ferite  e soprattutto le vittime al momento dell'omicidio erano apparentemente sole in casa. Aveva delegato il lavoro di ricerca delle informazioni e tutte le altre cose noiose al corvino, dato che aveva un bisogno impellente di una bella dormita in pace e tranquillità. Di certo non si aspettava che riuscisse a mettersi nei guai. L'unica cosa che voleva era sdraiarsi di nuovo sul soffice e fantastico materasso, ma al contrario, si alzò.

"Che cavolo hai fatto?" Domandò, mentre andava avanti e indietro alla ricerca di un panno. Vide con la coda dell'occhio un movimento del minore, così alzando la voce disse: "E non sdraiarti! Rischi di soffocare."  Quando ritornò lo vide intento a sistemarsi i capelli, cercando di togliere foglie secche e rametti. Gli poggiò il panno bagnato sotto il naso, facendogli segno con la testa di reggerlo lui stesso. "Io non ho fatto assolutamente niente di niente!"  A Zac bastò lanciargli un occhiataccia per farlo confessare.  "Ho solo cercato informazioni...ma ad un certo punto ho visto un gattino e non potevo non seguirlo, non credi? Allora l'ho fatto, ma credo di essermi trovato nel luogo sbagliato al momento sbagliato." Venne fermato da un sospiro esasperato.

"Ti hanno picchiato." Alex rise un po', agitando la mano con noncuranza. "Mon cher, dovresti vedere come erano conciati gli altri prima di giudicare." Per un oretta buona  parlarono  delle informazioni raccolte. Il principale collegamento tra le vittime era che conoscevano tutti un certo William Blaine. Era morto più o meno tre anni prima in un modo inspiegabile e senza senso, il caso venne  archiviato esattamente un mese prima. Il corpo era stato cremato, ragione per cui avevano bisogno dello spirito stesso in modo da esorcizzarlo frontalmente."Spirito impazzito?" "Hm...no, non credo." Rispose Alex, con uno sguardo perso nel vuoto. "Perché avrebbe dovuto farlo dopo tre anni...e se fosse uno spirito vendicativo?"

Era un caso strano rispetto al solito, Zac lo ammetteva.  Aveva mille domande che gli frullavano ripetutamente nel cervello. "Hai controllato tu stesso,  erano puliti. E anche se in realtà non fosse così ora non possiamo di certo saperlo. " Il ragazzino si illuminò, scendendo con agilità dal grande comodino su cui era seduto dall'inizio della loro conversazione. "In realtà si. Allora ti spiego, lo erano una specie di gruppo sempre insieme, capisci? Si conoscevano dalle elementari e altre cose simili...ma non erano in quattro..." Zac prese la propria giacca, avviandosi verso l'uscita. "Credo sia arrivato il momento di parlare con questa persona."



"Quindi? Cosa sappiamo di lei?" Domandò mentre camminavano in velocità tra la folla del pomeriggio. Il freddo arrivava fin dentro le ossa, scavando con prepotenza la carne. Di certo le nuvole grigie non aiutavano. "Allora, lavora in una biblioteca, ha due figli ed è sposata da poco più di due mesi. Due volte alla settimana va a lavorare in una mensa per senza tetto."  Zac buttò un occhiata ai dintorni, un po' al cielo ed un po' agli alti palazzi. "In pratica una persona model-" quando si girò Alex non c'era più. "Oh, andiamo!"  Si guardò intorno, ma non lo vedeva da nessuna parte. Tirò fuori il telefono per chiamarlo, ma si ricordò di non avere il suo numero. 

Si aggirò per la zona come un anima in pena, chiedendo in giro se qualcuno lo avesse visto. Finalmente ad un certo punto un vecchio signore gli indicò con un cenno del capo un negozio  di videogiochi. Alex fissava la vetrina con gli occhi spalancati, leggendo i nomi e le descrizioni di qualsiasi cosa esposta in vetrina. Gli si avvicinò con le mani strette a pugno ed il passo pesante, quando gli fu abbastanza vicino lo prese per il colletto, alzandolo da terra di diversi centimetri. "Hai dieci secondi per spiegarmi." Ringhiò tra i denti stretti. Lui lo guardò  con gli occhi sgranati, iniziando a muovere le mani con frenesia. "D-dai, Zac,  calmati! Non sono stato tutto il tempo qui, è solo che avevo visto una cosa eh..."  "Cosa?" Alex fece segno di metterlo giù e nonostante la furia ceca, lo accontentò.

"Ho incontrato Jane, la donna con cui dovevamo parlare. Ha detto che stava andando a lavoro e che ci potevamo incontrare oggi pomeriggio alle quattro al Windy Gardens."   Andarono ad un bar lì vicino, in modo che Alex potesse raccontargli l'intero resoconto. Quando vide che ordinò di nuovo del caffè freddo alzò un sopracciglio. Si erano seduti ad un piccolo e grazioso tavolino vicino alla finestra, il corvino continuava a distrarsi per guardare le persone fuori che camminavano indaffarate. "Di nuovo caffè?" l'altro si girò di scatto, uno sguardo infuocato. "Si. Qualche problema?" Stranamente non obbiettò. "Quindi mi stai dicendo che lei crede che tu sappia il suo misterioso segreto?" "Esatto. E l'istinto mi dice che il nostro fantasmino centra qualcosa." Attese qualche secondo, non sembrava sullo stesso pianeta del maggiore, ma piuttosto in un mondo a parte, tutto suo. Non aveva lo sguardo spento, ma allo stesso tempo sembrava che non lo stesse veramente vedendo.

"E noi che dovremmo fare nel mentre secondo te ?" Disse, cercando di richiamare la sua attenzione. Alex scrollò le spalle con noncuranza, per poi sporgersi in avanti, finché non rimasero che ben pochi centimetri a dividere i loro nasi. "Vuoi uscire con me, Zac?" Lui diventò immediatamente rosso e spinse il povero ragazzo all'indietro sulla sedia. Non passarono neanche alcuni secondi, che Zac venne preso per mano e malamente trascinato fuori dal piccolo locale. "Chi tace acconsente!" Non oppose alcuna resistenza, lasciando che lo portasse ovunque voleva. Almeno aveva recuperato il suo solito ed infantile modo di essere. Per Zac era più che abbastanza. Ma nonostante lo sapesse quando si accorse di star facendo pensieri del genere  e allo stesso tempo di avere un sorriso bonario in viso, sbiancò. Cosa diavolo gli stava succedendo? Lui lavorava sempre da solo, non parlava mai, allontanava chiunque....non poteva succedergli una cosa del genere, giusto?

"Oh e poi si dovrebbe fare swish e poi BANG! Capito?" Alex stava cercando di illustrargli  come giocare ad uno dei suoi videogiochi preferiti, di cui però gli sfuggiva completamente il nome. "Si, ho capito..." Pur non sapendo bene  il perché, lo osservò: sembrava così felice ed emozionato, non riusciva a stare fermo (più del solito). "....poi, invece, cosa dovrei fare per sconfiggere  il boss finale?"  E Alex partì con un altro dei suoi discorsi contorti e senza senso, di cui però Zac ascoltò ogni singola parola. Non gli dispiacque passare tutta la mattinata così. Ma solamente perché non aveva nient'altro da fare, chiariamoci.

Invece, per il pranzo si diressero al CraftCore: una delle catene di ristoranti più diffusa negli Stati Uniti. Mangiarono cibo spazzatura a volontà e nel mentre chiacchierarono animatamente, tanto che ad un certo punto una ragazza del tavolo di fianco buttò gli occhi al cielo, esasperata. Alex dopo l'accaduto si fermò, smettendo totalmente di parlare e guardandosi intorno con uno sguardo estremamente cupo e assente. Zac si preoccupò leggermente. Cosa gli era successo? Non si sentiva bene? Una delle tante ferite si era riaperta? "Scusa, Zac, mi dispiace se ti metto in imbarazzo. So che la maggior parte delle volte sono strano e mi comporto come se avessi cinque anni e...e so anche che da molto da fastidio a tutti. Sono semplicemente troppo." Nonostante non la conoscesse, iniziò ad odiare quella ragazza.

"Senti, non scusarti per qualcosa che non è colpa tua, chiaro? E non dai fastidio a tutti, per esempio anche se certe volte sono un po' stronzo, tu ecco...sei una persona molto decente. Quindi basta fare il cane bastonato e sii te stesso." Non era mai stato bravo a consolare le persone, ma nonostante avesse detto il tutto guardando dalla parte completamente opposta al ragazzo, ottenne il risultato sperato. Alex gli si buttò addosso in un dolcissimo abbraccio, sprofondando nella sua giacca morbida e calda. Zac rimase completamente immobilizzato, non sapendo cosa fare. Uccidere un lupo mannaro? Chiamate lui. Fare fuori un po' di vampiri? due secondi e risolto. Ma un abbraccio, cosa avrebbe dovuto fare? Ecco, diciamo che la sua famiglia non è mai stata molto affettiva, mettiamola così.



Oramai erano le quattro meno cinque ed Alex si trovava al parco indicato dalla donna. Lui e Zac avevano deciso di comune accordo che sarebbe andato solo lui, in modo da non intimorire Jane. Lo  stesso, però rimasero in chiamata tutto il tempo (alla fine si scambiarono i numeri in modo da non far prendere più infarti a Zac), con il cellulare nascosto in una tasca segreta all'interno di un manica.  Jane appariva impaurita ed ansiosa, si guardava costantemente intorno, addirittura le tremavano le mani. Si sedettero ad un tavolo da picnic, ben lontani dai bambini urlanti e dai vecchietti che leggevano il giornale. Alex sembrava estremamente serio, sapeva che la questione era molto delicata e che doveva essere trattata con estrema cura.

"Jane, calmati. Non dirò niente a nessuno, lo giuro. Ma prima voglio sentire la tua parte della storia in modo da vederci chiaro, capisci?" Ella era sul punto di piangere, ma dopo le sue parole si ricompose leggermente. "Noi non volevamo ucciderlo, non volevamo! E-eravamo nella nostra solita settimana di vacanza estiva, al mare. Non c'era nessun altro solo noi cinque." Quindi il moro ci aveva visto giusto:  William Blaine centrava. "William ci aveva detto di non stare bene quel giorno, ma lo costringemmo lo stesso ad andare. Eravamo sulla scogliera per fare buttarci in acqua. Per tutto il giorno era stato scorbutico: decidemmo di fargli uno scherzo, tutti insieme..." Non riuscì a terminare la frase, perché scoppiò in un pianto isterico, ma ci pensò Alex. "Lo spingeste giù dalla scogliera, in acqua, ma non risalì. Avevate paura e per questo diceste alla polizia che non lo avevate visto, che non sapevate cos'era successo, o mi sbaglio?"  La donna non lo contraddì. 

La rassicurò, dicendole che non sarebbe successo niente e che nessuno sarebbe mai venuto a sapere di quella orribile tragedia oscura. Non appena la vide allontanarsi abbastanza, con la sua camminata veloce prese il telefono. "Hai sentito?" Zac aveva appuntato tutti i dettagli più importanti, finalmente le cose iniziavano ad avere un senso. "Ogni singola parola. " Rimasero  qualche secondo immersi in  un silenzio pieno di pensieri, finché Alex non si illuminò. "Zac, ho capito! Le vittime sono tutte morte annegate, per questo non c'erano tagli o cose simili. E so anche quando colpirà. Ognuno di loro è morto di Lunedì, ma non è una casualità: era il primo giorno della loro settimana di vacanza..." Anche Zac riuscì a compiere il suo stesso ragionamento. "Il giorno in cui William è morto. E non ha agito per tutti questi anni perché la polizia stava ancora indagando, ma quando hanno archiviato il caso è completamente uscito di senno.  Questo significa che..." " Domani ucciderà Jane " 

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