5. Sei tu lo stalker.
Sono le sette del mattino e la mia sveglia si è già attivata tre volte.
Josh, accanto a me, affonda la testa nel cuscino borbottando parole senza senso. Disattivo quel dannato aggeggio infernale e chiudo gli occhi, il profumo dolce della sua pelle mi invade le narici ed è lui ad avvicinarsi a me sotto le lenzuola.
Circonda la mia vita con il braccio e mi lascia un tenero bacio tra i capelli.
Dopo la festa ha deciso di non lasciarmi da sola e di restare a dormire.
Mi ha abbracciata tutto il tempo, ma non abbiamo ancora parlato di quello che è successo tra lui e Drake.
«Buongiorno», biascica, la voce impastata dal sonno, «Come stai?»
«Mi fa ancora male la testa», mormoro.
Sul suo viso prende forma un'espressione dispiaciuta, «Adesso ti preparo un tè».
Sta per alzarsi, ma afferro la sua mano e lo attiro a me, «Dopo», sussurro, quindi sorride e mi abbraccia.
Un forte tuono mi fa capire che fuori non c'è un bel tempo e subito dopo, infatti, sento il rumore della pioggia.
«Dovremmo alzarci. Io ho un lavoro e tu le lezioni»
«Lo so»
«Non voglio uscire da questo letto», mi bacia la spalla e lo sento sorridere sulla mia pelle, «Senti, fanculo il lavoro. Voglio stare con te per tutta la mattinata almeno», si gira a cercare il suo cellulare sul comodino e subito dopo lo spegne.
Wow.
Lo ha fatto davvero?
Torna ad abbracciarmi e appoggia la sua testa sul mio seno, «Torniamo a dormire, piccola»
«Torniamo a dormire», rispondo con un enorme sorriso stampato sulle labbra.
Chiude gli occhi, ha i capelli biondi scompigliati e un'espressione così tranquilla che sembra un bambino.
Gli lascio un bacio sulla fronte, ma ormai sono troppo sveglia per tornare tra le braccia di Morfeo.
«Senti», comincio, stranamente i battiti del mio cuore aumentano, «Per quale motivo hai dato un pugno a Drake?».
Lui apre un occhio solo e scrolla le spalle, «È capitato».
È capitato?
Davvero?
«Ma perché?», adesso la mia domanda lo fa sbuffare, scioglie l'abbraccio e si alza dal letto.
La sua pelle chiara è messa in risalto dai boxer neri che indossa. Si abbassa a prendere i pantaloni che giacevano sul pavimento e li mette senza degnarmi di uno sguardo, «È successo, okay? Fatti un po' gli affari tuoi»
«Ma-»
«Niente "ma"», mi interrompe e punta i suoi occhi azzurri nei miei, «Vado a lavoro, ci sentiamo dopo».
Ma tu guarda che idiota.
Nel pomeriggio, dopo le lezioni, decido di andare a fare un po' di puro e sano shopping. Vago per i negozi da sola perché ho bisogno di schiarire le mie idee e di rilassarmi un po'. Mi sento confusa e non capisco nemmeno perché.
Forse è l'ansia per il tirocinio o per questa situazione che si è creata con Josh.
La confusione nella mia testa si spegne non appena vedo un abito lungo firmato Versace.
Mio Dio.
È un miraggio.
Lo accarezzo per sentire il suo tessuto morbido, le eleganti cuciture e la scollatura a forma di cuore.
Deve essere mio.
Mentre sfioro quella meraviglia la mia mano ne incontra un'altra.
Uccido con lo sguardo la ragazza che ha osato toccare ciò che è mio e capisco che sarà una lotta all'ultimo sangue quando vedo che davanti a me c'è Alison York.
Punta i suoi occhi blu nei miei e con un colpo secco della mano butta una ciocca di capelli biondi alle sue spalle.
Sbatte le palpebre più volte, «Samantha, tesoro», sorride malefica.
Non osare pensare di prenderlo.
Ti taglio la mano.
«Alison, cara», arriccio le labbra e afferro il vestito di scatto sotto la sua espressione scioccata.
«Tesoro», dice ancora, sta quasi ringhiando, «Lo stavo prendendo io»
«C'ero prima io», stringo ancora il vestito tra le mie braccia.
Ti tratterò come un figlio, non temere.
«Lascia che io lo provi, il nero sta meglio alle bionde»
«A me sta bene tutto», sibilo, cerco di incenerirla con lo sguardo.
«Quello no», prova a strapparmelo via dalle mani e la fisso in cagnesco.
La commessa si avvicina a noi e sorride, «Qualcosa non va, ragazze?».
È Alison a parlare, «Questa poveraccia mi ha praticamente tolto il vestito dalle mani. Certi soggetti non dovrebbero nemmeno entrare in negozi come questo».
Poveraccia a me?
Ma io ti gonfio.
Okay, non la gonfio.
Non risulterebbe elegante.
Sorrido alla commessa, «Cara, portalo alla cassa. Lo prendo. È anche della mia taglia. Lei non ha le tette, non le starebbe bene».
Alison apre la bocca e poi la richiude, la sento sibilare un "Che stronza" mentre pago il mio abito ed esco dalla boutique.
Goduria.
Una borsa Prada e due paia di Jimmy Choo dopo, mi ritrovo con le mani piene di sacchetti e un sorriso compiaciuto sulle labbra.
La soddisfazione di aver vinto la sfida per l'abito non è ancora andata via.
Sento il mio cellulare squillare e lo cerco con non poca fatica nella borsa. Trovo di tutto tranne ciò che mi serve.
Deodorante, salviettine struccanti, rossetto, mascara, ancora salviettine struccanti, chiavi, uno specchietto e alla fine il mio IPhone.
Sullo schermo lampeggia il nome di Matthew Jackson.
Mi schiarisco la voce prima di rispondere, «Ciao, dottore», sorrido leggermente.
Lo sento ridere, «Ehi, principessa, cosa stai facendo?».
Mi fermo davanti allo store Gucci e ne osservo la vetrina, «Sei tu lo stalker, dovresti saperlo»
«Non sono uno stalker», borbotta, «Sei impegnata in questo momento?».
Fisso un foulard e penso che deve essere mio.
«Un po'»
«Quando ti liberi potresti fare un salto al Carolina Hospital? Voglio farti vedere una cosa»
«Non puoi farmela vedere in un posto meno infetto? Ci sono i malati lì».
Sbuffa e trattengo una risata, «Vieni o no? »
«Arrivo appena posso»
«Il prima possibile», mi corregge.
Ruoto gli occhi al cielo ed entro nel negozio, «Prendo una cosa e sono da te».
Lascio cadere il cellulare nella borsa e fisso in modo intenso il foulard.
«Lo prendo».
Con le mani piene di meraviglie ed il sorriso di chi ha vinto una guerra, attraverso i corridoi dell'ospedale alla ricerca del dottor Jackson.
Lo trovo al terzo piano, intento a sgridare un povero ragazzo.
Lui non si accorge di me, dunque lo osservo mentre sbraita come un pazzo e le vene del suo collo si gonfiano. Indossa un camice blu, mentre quello del giovane malcapitato è verde.
Sembra una brutta discussione, dunque rimango ferma fino a quando non è lui a posare i suoi occhi neri su di me.
Adesso smette di parlare, poi a passo spedito viene verso di me e afferra il mio braccio.
«Ehi, piano!», borbotto mentre lui mi spinge dentro ad uno stanzino.
Sbatte la porta alle sue spalle e deglutisco quando chiude a chiave e accende la luce.
Lascia scorrere il suo sguardo su tutto il mio corpo e mi sento completamente nuda davanti a lui.
«Posso sapere perché hai quella faccia?», corruga la fronte e appoggia la schiena alla porta.
Ma che diavolo di domanda è?
«Ho solo questa», spiego.
Arriccia le labbra e trattiene una risata, «Hai la faccia di una che ha appena vinto alla lotteria»
«Oh», sollevo i sacchetti, «Ho preso un abito Versace dopo uno scontro all'ultimo sangue contro Alison York. Guarda», gli mostro il mio braccio sul quale si trova un piccolo graffio, «Guarda cosa mi ha fatto con i suoi artigli malefici».
Inarca un sopracciglio e gonfia un po' le guancie prima di scoppiare a ridere di gusto. Mi ritrovo a pensare che la sua risata è piacevole. Una bella risata.
«Ma cosa ridi?», appoggio i miei sacchetti sul lettino che si trova alla mia destra e torno a guardarlo.
«Ti ha ferita gravemente», mi prende in giro.
Decido di non rispondere e ruoto gli occhi al cielo, «Allora? Cosa c'è da vedere qui dentro?», allargo le braccia e scrollo le spalle.
La stanza contiene solo un lettino e non c'è neanche un piccolo quadretto sulle mura completamente bianche.
Si passa una mano tra i capelli castani e sorride, «Ci sono io da vedere, qui dentro».
Mio Dio, sento la necessità di strapparmi i capelli perché è troppo simpatico.
Boh.
Vede che non rispondo, dunque si morde il labbro e abbassa la voce, «Ci sei tu da vedere, qui dentro».
Mi sento avvampare e fingo di tossire, sono lusingata e in imbarazzo al tempo stesso.
«Puoi andare dritto al punto, per favore?».
Incrocia le braccia al petto, «Mi serve un favore», dice serio.
Porta le mani dietro la schiena e solleva di poco la maglietta, riesco a vedere uno strato della sua pelle olivastra.
Tira fuori dai pantaloni una cartella clinica gialla sotto il mio sguardo sconvolto.
Ho visto bene?
Teneva davvero una cartella attaccata alla schiena grazie all'elastico dei pantaloni?
Mi costa un po' ammetterlo, ma devo dire che c'è qualcosa di geniale in lui.
«Allora», i suoi occhi scuri adesso sono puntati nei miei, «Devi fotocopiare tutto quello che si trova qui dentro», dice piano.
Inarco un sopracciglio, «Stai scherzando? Ti sembro per caso una segretaria?»
«Stammi a sentire», borbotta, «Uscendo da questa stanza, in fondo al corridoio e poi a destra c'è una fotocopiatrice. Aspetta che non ci sia nessuno, poi stampa tutto e torna qui a portarmi la cartella».
Ma che cavolo?
«Puoi spiegarmi perché dovrei andare a farti delle fotocopie?»
«Perchè io non posso», sussurra, uccidendomi con lo sguardo, «Non posso fare una cosa del genere, rischio il posto e mi gioco la carriera».
Sbatto le palpebre più volte, «Chiami me per sbrigare i tuoi affari illegali? Non se ne parla».
Mi avvicino al letto per prendere i miei sacchetti, ma lui afferra la mia mano e con uno scatto veloce mi fa girare verso di lui. È serio, la sua mascella è contratta e lo trovo terribilmente bello.
Carino.
Brutto, insomma.
Brutto.
«Lo faccio per te, principessa. Fidati»
«Cosa c'entro io con tutto questo?».
Qualcuno bussa alla porta e Matthew mette una mano sulla mia bocca, sento il suo fiato sul mio viso.
«Dottor Jackson? È qui dentro?», è un ragazzo a parlare. Osservo la maniglia fare su e giù. Fortunatamente lui aveva già pensato di chiudere a chiave.
«Cazzo, Will, che vuoi ancora?», sussulto quando Matthew risponde ad alta voce.
«Mi-mi dispiace interromperla, ma- ma la sua fidanzata chiede di lei insistentemente e non so cosa dire. Mi fa paura, lo sa».
Ah.
Ma tu guarda Matthew Jackson.
Sei fidanzato, eh?
Lo fisso con un sorrisetto stampato sulle labbra, lui ruota gli occhi al cielo e si passa una mano tra i capelli, «Sto arrivando», urla, poi punta un dito verso il mio volto, «Fa come ti dico».
Detto questo, apre la porta e se ne va di corsa.
Aspetto qualche minuto prima di uscire, mi sento una criminale.
Infilo la cartella dentro la mia borsa e arrivo alla fotocopiatrice in modo circospetto.
Carina e coccolosa, Sam, nessuno si accorgerà di te.
Sorrido ad un'infermiera e quando non è più nei paraggi apro la cartella.
Corrugo la fronte quando vedo che al suo interno ci sono diverse informazioni, cliniche e non, su una persona che io conosco fin troppo bene: Micheal Jonathan Jersey.
Mio padre.
Ma che diavolo?
Zan Zan Zan zaaaan.
Perdono, volevo fare un'entrata teatrale.
Come state? Avete cominciato con la scuola/le lezioni?
Io comincio la settimana prossima 😢 quindi cercherò di aggiornare ancora due volte a settimana, ma se non riesco aggiornerò solo una volta.
Perdonatemi.
ALLORA, MICHAEL JONATHAN JERSEY? Ditemi cosa pensate stia architettando il nostro Matthew.
POOOI... È FIDANZATO? 😰😰
VI ASPETTO CON I VOSTRI COMMENTI, DITEMI COSA NE PENSATE E RISPONDETE ALLE MIE DOMANDE 😂
BUONA GIORNATA.
UN BACIO.
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