12. Voglio l'amore, principessa.
Ho dedicato questo capitolo a Sam e a Matthew, voglio che li conosciate ancora un po'.
Buona lettura!
****
«No, no, no», muovo freneticamente la testa e massaggio le mie tempie.
Sono seduta su una normalissima panchina di legno, ma dentro ad una fottuta cella di una squallida prigione.
Matthew è in piedi davanti a me e cammina da un'estremità all'altra della stanza.
«No, no, no», continuo, «Questo non sta accadendo a me»
«Ma vuoi stare zitta due secondi?».
La mia testa pulsa, le gambe non riescono a smettere di tremare.
«Da quando ti conosco la mia vita va a rotoli!», adesso me la prendo con lui che mi fulmina immediatamente con lo sguardo, ma non dice una parola.
Si siede accanto a me e sbuffa, anche la sua gamba trema, «È solo per una notte, principessa. È la regola, ci hanno trovati nel bel mezzo di una rissa. Qualcuno verrà a prenderci domattina e sarà tutto come prima»
«Mio padre mi ucciderà», piagnucolo, non voglio nemmeno pensare alla sua reazione.
Posso già considerarmi morta.
Per un attimo penso solo al mio tenero papà, ma poi un altro pensiero invade la mia mente.
«Il tirocinio!», mi alzo di scatto e mi avvicino alle sbarre, «Fatemi uscire!», strillo, «Vi prego, fatemi uscire!».
Il dottore mi tappa la bocca con una mano e mi incastra contro il muro, i miei occhi verdi sono fissi nei suoi.
«Se ti comporti in questo modo non ti faranno uscire prima», borbotta, «Mantieni la calma e aspetta»
«Non posso mantenere la calma», deglutisco prima di continuare a parlare, «Domani inizia il mio tirocinio, non posso mancare»
«Non mancherai», cerca di rassicurarmi, ma il suo tono di voce non è molto d'aiuto.
«E mio padre mi rinnegherà», aggiungo, un brivido percorre la mia schiena.
Sono nella merda.
«Non lo farà», afferra la mia mano e le nostre dita si incrociano, mi trascina fino alla panchina e ci sediamo, la mia mano ancora nella sua.
«Voglio che tu respiri profondamente», sussurra, il suo pollice disegna dei cerchi sulla mia pelle, «Andrà tutto bene, okay?».
Adesso mi guarda e annuisco, anche se dentro di me muoio di ansia.
Nella stanza piomba il silenzio, si sentono solo i nostri respiri.
Appoggio la mia schiena al muro e chiudo gli occhi, immaginando di essere nel mio letto senza nessun tipo di problema.
Sento lo sguardo di Matthew addosso e poco dopo, infatti, è lui a parlare, «Non ti dà fastidio?»
«Cosa?», rispondo senza guardarlo.
«Essere così... Così bella», abbassa il tono della voce, «Essere fissata da tutti», aggiunge.
«Non mi fissano tutti»
«Si girano tutti a guardarti».
Sbuffo e scrollo le spalle, so che molte persone mi scrutano, ma non ci faccio più caso, mi sono abituata.
«Non è così fastidioso come pensi».
Si passa una mano tra i capelli castani, il suo pomo d'Adamo va su e giù.
«Scusa ancora per prima», sussurra, «Non so cosa mi è preso», si riferisce alla sua reazione esagerata per le mie domande, presumo.
Annuisco e mi sforzo di fargli un sorriso, «Può capitare a tutti un momento no».
Torna il silenzio e il panico riprende il sopravvento.
Mi mordo il labbro fino a sentire il sapore del sangue e respiro profondamente per poi lasciarmi sfuggire una lacrima che asciugo velocemente.
Ecco, come una deficiente, piango quando sono nervosa.
Un'altra lacrima sfugge dai miei occhi e mi giro per non farlo notare al dottore.
«Principessa, per favore», borbotta, «È tutto okay, non piangere».
Missione annullata.
Ripeto, missione annullata.
Tiro su col naso mentre lui appoggia la sua testa sulla mia spalla, posso sentire il suo fiato sulla mia pelle che viene invasa da piccoli brividi ad ogni suo respiro.
«Perché capitano tutte a me ultimamente?»
«Porto sfiga», dice lui, serio.
Ridacchio e annuisco, «Forse sì»
«Che stronza, dovevi dirmi che non è colpa mia»
«Certo che è colpa tua», ribatto.
Mi pizzica un fianco e scoppio a ridere, ma torno subito dopo a nuotare nella mia ansia.
«Mio padre mi ucciderà»
«Chiedi alla polizia di chiamare tua madre, quando ti verrà a prendere dille di non dire nulla a tuo padre e il gioco è fatto. Le mamme sono più buone».
Già.
Sento una piccola stretta a livello del cuore e sospiro, «Mia madre è morta, sai?», lo dico così, senza accorgermene.
Se prima Matthew Jackson stava sorridendo, adesso la sua espressione cambia di colpo: le sue labbra sono serrate, gli occhi neri leggermente spalancati.
«Che figura», bisbiglia, «Scusa, i-io non sapevo che-che», si passa nervosamente una mano tra i capelli.
Il modo in cui reagisce mi fa venire immediatamente voglia di tranquillizzarlo.
«Tranquillo, è tutto okay»
«Mi dispiace davvero tanto», continua lui a bassa voce.
«Va tutto bene, l'ho superata».
Mi sono abituata, avrei dovuto dire.
Ci si abitua a vivere con un pezzo in meno.
«Posso sapere quando è successo?»
«Due anni fa, un incidente stradale», l'argomento si chiude lì.
Il dottore si alza e deglutisce più volte, «Senti, pensa a tutto mio padre, okay?», lo dice di getto, quindi inarca le labbra in un sorrisetto soddisfatto mentre io soffoco con la mia stessa saliva.
Non sia mai, ancora peggio.
«Non è necessario, grazie»
«In questo modo tuo padre non saprà nulla»
«Tranquillo, supererò questo tragico momento».
Sì, come no.
Samantha Jersey, sei nella merda.
Merdissima.
Cala il silenzio e Matthew si sdraia sulla panchina, poggiando la sua testa sulle mie gambe. Chiude gli occhi e ne approfitto per scrutare i suoi lineamenti perfetti, il suo naso sottile, la sua pelle olivastra.
È così bello.
Bellino, mi correggo.
Nella media, insomma.
«Perchè tu sei così tranquillo?»
«Sono qui dentro per aver difeso Charlie, mio padre capirà»
«Hai idea di cosa sia successo?», mi schiarisco la voce, «Tra Charlie e quei tipi».
Apre un solo occhio e mi fissa in silenzio per qualche istante, poi parla, «Charlie riesce sempre a mettersi nei guai, tutto qui»
«Tutto qui? Lo stavano picchiando», ribatto scettica.
«Fatti un po' gli affari tuoi», mi fulmina con lo sguardo e chiude gli occhi.
Decido di non rivolgergli più la parola.
È troppo sgarbato, troppo stronzo.
Non si fa così.
Dopo un bel po' di minuti in silenzio, è lui a parlare, «Mi addormenterei qui, sulle tue gambe», la sua voce è bassa, rauca.
Sento qualcosa smuoversi nel mio stomaco, ma ignoro la sensazione.
Vede che non rispondo, dunque torna a parlare, «Mia madre mi odia», dice di getto.
Questa rivelazione mi confonde parecchio, perché lo sta dicendo a me?
«Lei è una neurologa, sai?», sorride leggermente, «È la migliore neurologa del North Carolina, ma la peggiore madre del mondo», i suoi occhi scuri brillano.
Ascolto in religioso silenzio, una parte di me è davvero felice.
Matthew Jackson sta raccontando qualcosa della sua vita a me.
La cosa che mi fa preoccupare, però, è la mia insana curiosità nei suoi confronti.
Voglio sapere tutto.
«Mi ascolti?»
«Certo»
«Vuole che io diventi un neurologo, il migliore ovviamente. Vuole che io segua le sue orme»
«Beh, studi medicina, in realtà lo stai già facendo».
«Già», ridacchia, «Ma non diventerò mai un neurologo».
La mia mano si muove in fretta e accarezza i suoi capelli castani, sfugge completamente al mio controllo.
«Non è felice lo stesso?»
«No», sospira, «Suo figlio deve essere un eccellente neurologo, proprio come lei. Quando le ho detto di voler diventare un cardiologo si è messa a ridere. Per lei sono già un fallito».
I miei battiti accelerano, è strano avere una conversazione del genere con lui e mi piace da impazzire sentire la sua voce.
Samantha Jersey, non combinare casini, ti prego.
«Non sei un fallito»
«Lo so», risponde, allora scoppiamo a ridere.
«Anche la mia futura moglie dovrà essere geniale e stupenda, magari una neurologa strabiliante. Almeno è questo quello che vuole. Bellissima e intelligente», imita una voce femminile e sorrido istintivamente.
«E tu cosa vuoi, Matthew Jackson?».
Punta i suoi occhi nei miei e sembra pensarci un po' su, «Voglio l'amore, Samantha Jersey, mi basta quello»
«Hai Cinthia, no? Hai già l'amore».
Si morde il labbro e annuisce, «E tu hai Josh»
«Sì».
Come se fosse stato punto da un'ape, adesso si alza e affonda le mani nelle tasche dei suoi pantaloni neri.
Mi dà le spalle e osserva il corridoio al di là delle sbarre.
«Comunque non volevo annoiarti con la faccenda di mia madre», mormora, «Volevo solo dirti che a volte una madre può mancare anche da viva».
Ancora una volta, sento una fitta allo stomaco.
Conosco davvero poco della vita di questo ragazzo e adesso voglio solo sapere di più.
Parla ancora con me, dottore.
Ti ascolto.
Schiudo le labbra per rispondere, ma davanti ai miei occhi si presenta una scena sconcertante.
Mio padre, con il suo solito completo elegante, è proprio davanti a me, accompagnato da un agente e da un altro uomo, elegante quasi quanto lui.
Non impiego molto tempo per capire che si tratta del padre di Matthew.
La mia pelle viene invasa dai brividi quando punta i suoi occhi scuri su di me.
Aveva ragione mio padre, è uguale a suo figlio.
Mi guarda per istanti che sembrano interminabili, mi studia a fondo senza nessuna espressione sul volto.
«Samantha», adesso è il mio tenero papà ad attirare la mia attenzione.
Lancia un'occhiata a Matthew e poi comunica attraverso il suo sguardo che sono nei guai.
La cella viene aperta e sia io che il dottore usciamo senza dire una parola.
Il mio braccio sfiora quello di Matthew mentre attraversiamo il lungo corridoio che porta fino all'uscita.
Proprio davanti alla porta, il dottore stringe la mia mano e mi rivolge un dolce sorriso, «Buona fortuna per il tuo tirocinio», sussurra al mio orecchio, «Sta tranquilla», poi saluta mio padre e finalmente lui è libero.
Quando anch'io esco dalla prigione, la luce del mattino mi fa assottigliare gli occhi.
Se mi sbrigo, posso fare una doccia, prendere un caffè e andare direttamente alla banca.
Dormirò dopo.
«Samantha Jersey», quello che esce fuori dalle labbra di mio padre è un ringhio, «Non ho mai provato una simile vergogna. MIA FIGLIA che passa la notte in cella!», alza la voce e sale in macchina, io lo seguo.
«Papà, non è come sembra, sono innocente»
«MIA FIGLIA», urla ancora, «In cella con il figlio di George Jackson!», non l'ho mai visto così furioso.
Anche il mio cuore sta tremando.
«Ti ho detto di stare alla larga da quel ragazzo, Samantha. Ti ho avvisata, Samantha. Hai superato il limite, Samantha. Tua madre si starà rivoltando nella tomba. Sua figlia in carcere. Vergognati».
Una lacrima sfugge e attraversa il mio viso, mi sento così umiliata.
Stare in quella cella, insieme a Matthew, non sembrava poi una cosa così terribile.
«Sei arrabbiato solo perché ero con Matthew», sussurro.
Questo sembra farlo arrabbiare ancora di più, «Tu non lo sai cosa è successo, Samantha, non sai chi sono quelli»
«Allora spiegamelo!», urlo, «Dimmelo tu chi sono!»
«Lo scoprirai da sola, se continui a stare con lui. Lo scoprirai».
Il mio IPhone vibra e sblocco lo schermo, dunque entro su WhatsApp e sgrano gli occhi quando vedo i messaggi di Drake.
Ci sono delle foto di me e Matthew che balliamo.
Sotto c'è scritto: "Dobbiamo parlare".
Lo ripeto ancora una volta, sono nella merda.
HI GUYS!
COME STATE?
STO AGGIORNANDO DOPO UNA GIORNATA DAVVERO STRESSANTE E DOPO UN VIAGGIO DI 4 ORE, MA SONO QUI.
SPERO CHE IL CAPITOLO VI PIACCIA.
SOOOO, LE DOMANDE:
1) Cosa dite della conversazione di Matthew con Samantha?
2) Cosa pensate del nostro Mattie e del rapporto con sua madre? 😀😀😀
3) E della reazione del padre di Sam?
Mi dileguo.
Grazie per aver votato e commentato, un bacione enorme.
Ps, vorrei aprire uno scambio di lettura, voi cosa ne pensate?
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top