Epilogo
"Etiam, vulnere sanato,
cicatrix manet".
Tre mesi dopo
È un tiepido venerdì pomeriggio a Chicago.
I raggi del sole, ormai in procinto di tramontare, squarciano l'aria dell'ufficio, facendo rilucere minuscole particelle di polvere.
Questo è senza dubbio il momento della giornata che preferisco: quando, finalmente, posso abbandonare i fogli sulla scrivania, levare gli occhi al cielo e ammirarne l'indomita maestosità, al di là della gigantesca vetrata.
Oggi, però, il tramonto mi incastona nel petto uno strano senso di malinconia. E la consapevolezza di essere giunta al termine del mio tirocinio alla Clarks, in qualche modo, mi rattrista.
Per arrivare fin qui, non nego di aver dovuto percorrere un percorso estremamente periglioso: dimenticare ciò che ho lasciato alle spalle e ricominciare da capo è stato come strapparmi il cuore dal petto. Mi sono ferocemente obbligata a nasconderlo nell'oceano, in un forziere, a metri e metri di profondità, per non rivederlo mai più.
È stato necessario.
Puro e primordiale istinto di sopravvivenza: per continuare a vivere, era fondamentale non avere più nulla a che fare con gli antichi sentimenti, con i vecchi e ormai logori pensieri.
E, soprattutto, con il passato.
Ho lavorato instancabilmente. Ho colmato i vuoti, riempiendo la mia vita di impegni, di libri e di canzoni che non mi riportassero alla memoria i giorni passati. Ho fatto nuove conoscenze, pur mantenendo sempre una sorta di freddo distacco.
Durante questi tre mesi, non sono più tornata a casa.
Non ho più visto Andrew, né Eleanor o i nonni.
L'ultima volta che ho incontrato Alex, ero ancora bloccata in ospedale.
Amareggiata dopo aver scoperto della sua riconciliazione con Katherine, ho finto di dormire pur di non affrontarlo: non avevo per niente voglia di sentirmi ripetere cose che già sapevo.
Ho cercato di crearmi una nuova storia. Di tornare a scrivere le prime pagine di un libro totalmente intonso, dopo aver strappato e arso quello vecchio.
E non appena qualche ricordo ribelle cercava di far capolino, mi sono affrettata a ricacciarlo in un angolo remoto, ormai abbandonato della memoria, in maniera quasi prepotente.
Ne andava della mia vita. Della mia stessa capacità di respirare: se mi fossi fermata anche solo per un attimo a riflettere su ciò che era accaduto, sono sicura che sarei probabilmente soffocata, schiacciata da un peso insostenibile.
Al dolore, ho preferito la gelida indifferenza.
Il nulla.
Un vuoto cosmico, che inghiotte e offusca ogni cosa. Ma che, a differenza della mancanza, del rimpianto e della nostalgia, non uccide.
Questa sera, tuttavia, una strana sensazione torna ad afferrarmi alla gola, senza che possa fare nulla per impedirlo.
Un miscuglio di ansia, incertezza e nostalgia.
È l'idea di dover tornare a casa a destabilizzarmi in questa maniera: temo che entrare di nuovo contatto con il passato, finisca per ridurre in brandelli ogni sforzo compiuto in questi mesi.
Senza contare che mi ero ormai abituata a questa nuova vita da persona adulta e indipendente.
Non voglio immaginare cosa significhi tornare in università o a vivere sotto lo stesso tetto con i nonni; né, tantomeno, in una realtà in cui lui girovaga tra le strade, mano nella mano con quella che ormai, probabilmente, deve essere diventata sua moglie...
Come migliaia di altre volte, scaccio immediatamente quel pensiero molesto.
Il sole è scomparso dalla volta celeste, quando finisco di riempire lo scatolone contenente i pochi oggetti che mi appartengono e mi appresto a salutare l'ufficio. Almeno per il momento.
Andrew, giusto pochi giorni fa, mi ha telefonato per ribadirmi la possibilità che io venga ufficialmente assunta dalla casa editrice, una volta laureata, e le mie speranze sono più che ottimistiche.
Anche questa sera, sarò una delle ultime a lasciare la struttura. Ma prima che possa farlo, una ragazza dai capelli neri, perfettamente lisci e curati, entra nel mio studio.
Non l'ho mai vista da queste parti e, per quello che so, non è una dipendente, né una stagista.
<<Posso aiutarti?>> le domando, con la scatola già stretta tra le braccia.
<<Vorrei parlare con te, Tessa McRayan>> esordisce, <<Ma non ti preoccupare: ti ruberò solo qualche minuto.>>
<<Come conosci il mio nome?>>
<<Lascia che mi presenti>> risponde invece lei, protendendo una mano verso di me e aspettandosi che io la afferri. <<Mi chiamo Jennifer. Jennifer Kane.>>
Sobbalzo visibilmente e la scatola mi scivola dalle mani.
La mia mente lotta duramente contro il ricordo che quel nome le evoca. Ma, alla fine, è costretta a capitolare, mentre il volto di Michael Kane si insinua con ferocia nella mia memoria.
Mi sento impallidire, e ho la bocca talmente secca da non riuscire più a pronunciare una sillaba.
Passano diversi istanti prima che lei riprenda a parlare e, quando lo fa, la sua mano è ancora ferma a mezz'aria. <<Forse non sai chi sono e ti chiederai per quale motivo io sia qui...>>
<<So chi sei>> la interrompo, accovacciandomi per risistemare gli oggetti all'interno dalla scatola. <<E no, non voglio sapere nulla. Ho chiuso con... il passato.>>
Jennifer si inginocchia per aiutarmi, e solo quando alzo lo sguardo noto l'impressionante somiglianza con il fratello.
I capelli scuri, gli occhi verde smeraldo, le labbra rosse e piene: i tratti di questa ragazza sono talmente simili a quelli di Michael da farmi rabbrividire.
Sul suo volto, però, non trovo alcuna traccia della follia che contraddistingueva il fratello; al contrario, ha un'espressione bonaria, pura, genuina.
<<Posso solo immaginare quanto deve essere stata dura per te>> esordisce di nuovo, mentre io mi affretto a recuperare le ultime cose e a rialzarmi.
<<Ne dubito>> ribatto, scuotendo la testa.
<<Mio fratello ha fatto una cosa a dir poco ignobile e non sono qui per giustificarlo>> continua lei. <<Vorrei solo che conoscessi i motivi che l'hanno portato a compiere quel gesto.>>
Io scuoto di nuovo il capo. Poi, appoggio la scatola sulla scrivania e torno a sedermi sulla mia poltrona.
<<Michael è malato, Tessa>> afferma, greve, Jennifer. <<Ma nella sua assurda follia, credeva di stare vendicando me.>>
<<Non so se voglio starti a sentire...>> mormoro, voltandole le spalle e fissando lo sguardo nel cielo quasi buio.
<<Se vuoi davvero fare pace con il passato, anziché continuare a scappare da lui come se fosse una bestia feroce, dovresti farlo>> mi consiglia. <<Tornare indietro, a volte, è essenziale per andare avanti.>>
Come se Jennifer avesse appena risolto un misterioso enigma, quelle parole finiscono per far incastrare diversi pezzi sconnessi della mia anima e per aprire una fenditura; un raggio di luce vi penetra dentro, rischiarando posti rimasti immersi nell'oscurità per molto, moltissimo tempo.
È questo a farmi decidere che sì, voglio, devo, ascoltare.
***
Tre giorni dopo
Quando il lunedì arrivo dai nonni, dopo aver lasciato l'appartamento che per mesi è stata la mia vera casa, è già pomeriggio inoltrato.
Ho rimandato la partenza il più possibile, concedendomi un altro weekend di solitudine e di studio, proprio perché non avevo alcuna voglia di dover affrontare quel viaggio.
Ma, alla fine, eccomi qui.
Entrambi mi accolgono avvolgendomi in un abbraccio caloroso e quel breve momento di affetto, dopo giorni passati praticamente in una realtà anaffettiva, mi fa venire le lacrime agli occhi.
Anche Eleanor si fionda tra le mie braccia e, stringendola, mi rendo effettivamente conto di quanto mi sia mancata.
Trascorriamo quasi un'ora a parlare della mia noiosa vita dall'altra parte di Chicago e della sua senza dubbio più interessante esistenza accanto a Clark; ma mai, neppure per una volta, finiamo a parlare di Alex o di Michael, cosa di cui le sono infinitamente grata.
Verso le quattro, la mia migliore amica si illumina all'improvviso: <<Quasi dimenticavo: Andrew mi ha chiesto di riferirti di passare in ufficio, in questi giorni, a firmare i documenti che attestino la fine dello stage.>>
<<Ci vado subito>> affermo in uno slancio di energia, provocando uno stupore generale.
In realtà, ho solo bisogno di uscire da questa casa, riempirmi i polmoni d'ossigeno e fare qualcosa - qualunque cosa - che mi impedisca di fermarmi a riflettere troppo.
Inoltre, il turno del mio ex dovrebbe essere già finito e la probabilità di trovarlo in ufficio è veramente molto bassa. Se ci andassi domani mattina, rischierei senz'altro di incontrarlo ed è l'ultima cosa che voglio. A maggior ragione dopo aver scoperto il ruolo che ha avuto nella vita di Jennifer, e quanto questo abbia contribuito ad alimentare la pazzia di Michael.
Quando giungo a destinazione, il sole sta già tramontando, ma il vento tiepido di maggio continua a riscaldarmi la pelle sotto la camicetta leggera.
Per qualche incomprensibile ragione, il cuore accelera mentre scendo dal taxi e, all'idea di rivedere un pezzo del mio passato, una strana ansia mi attanaglia, come non faceva da mesi.
Ma cerco di ignorare quelle sensazioni scomode, e decido comunque di salire nello studio di Andrew.
Sfortunatamente, scopro che è già tornato a casa.
Incomincio a scendere le scale lentamente e, senza neppure rendermi conto di ciò che sto facendo, mi ritrovo ad aprire la porta del mio vecchio ufficio, quasi come un automa.
Proprio lì, scolpito dalla luce tenue del tramonto, con i boccoli scuri che gli sfiorano la fronte e le labbra rosse increspate in un timido sorriso, Alex siede alla sua scrivania, totalmente immerso in una realtà immaginaria.
Sembra distante anni luce dal pianeta Terra, tant'è che non si accorge neppure della mia presenza.
Le iridi inchiodate ai fogli che tiene in mano, ne divora ogni sillaba in maniera avida, quasi come se potessero effettivamente nutrire la sua anima.
Questo è ciò che, più di tutto, ho sempre amato di Alex: la sua passione infinita per l'arte, per la letteratura, per i libri. La sua incredibile abilità di lasciarsi trasportare altrove dalle parole, in mondi di stelle e pianeti lontani, o addirittura inesistenti. Il suo amore per le storie impossibili, surreali, complicate.
Resto qualche istante a guardarlo assorta, meravigliata, come se fosse la prima e non l'ultima volta.
Il cuore torna a martellarmi nel petto, in maniera quasi assordante, ed è allora che decido di chiudere la porta e scappare via; lontano da quella vecchia storia dal finale ormai scontato, letto e riletto miliardi di volte, senza più speranza di poter essere cambiato.
Un autore sadico ha deciso che per noi non ci sarà futuro. Non mi resta che accettarlo.
Sono già quasi sulle scale quando, inaspettatamente, una mano calda mi agguanta un polso, facendomi quasi urlare.
Mi blocco all'istante, mentre per l'ennesima volta mi ritrovo ad affondare nell'abissale oceano degli occhi di Alex.
Restiamo a guardarci a lungo, prima che uno dei due trovi il coraggio di parlare.
<<Che ci fai qui?>> esordisce lui, semplicemente, senza lasciarmi andare.
<<Dovevo... firmare dei documenti, ma Andrew è già andato via.>>
<<L'ufficio di Andrew non si trova su questo piano>> mi fa notare con un cipiglio.
<<Speravo di parlare con te>> ammetto sinceramente, a lui e a me stessa. <<Non ci siamo più visti, né sentiti dopo ciò che è successo...>> mormoro, alludendo ovviamente alla notte in cui Michael ha tentato di ucciderci.
Alex scioglie la stretta e si incammina verso quello che, un tempo, era il nostro studio.
Dopo qualche istante, decido di seguirlo.
Chiudo la porta dietro di me e mi siedo sulla mia vecchia poltrona, mentre Alex incomincia a riordinare i fogli sparsi sulla scrivania.
<<Ti sei trovata bene nel nuovo ufficio?>> domanda all'improvviso.
<<All'inizio no>> ammetto. <<Non è stato facile abituarsi a svolgere nuovi compiti, affiancata da... perfetti sconosciuti.>>
<<Conoscendoti, posso immaginarlo>> ridacchia.
<<Che vorresti dire?>>
Lui fa spallucce. <<Che stringere nuove amicizie, per te, non è mai stato facile. Fin da piccola, sei sempre stata piuttosto timida... E hai sempre avuto problemi ad accettare i cambiamenti.>>
Annuisco. <<Ma, soprattutto, è stato difficile imparare a cavarmela da sola. Cucinare, pulire, riordinare l'appartamento... Tutto questo, però, mi è servito: adesso mi sento totalmente indipendente e adulta.>>
<<Adulta, eh?>> mi prende in giro, alzando un sopracciglio con fare scettico.
Incrocio le braccia, fingendomi offesa. <<Sì, esatto>> insisto, lanciandogli un'occhiataccia.
<<Ma sei la solita permalosa.>> Alex continua a sghignazzare, e solo adesso mi rendo conto che erano mesi che sul suo volto non leggevo questa serenità e spensieratezza.
Probabilmente, il matrimonio con Katherine deve fargli bene...
<<So cos'è successo con Jennifer>> butto fuori all'improvviso, raggelando all'istante l'aria nella stanza. <<Jennifer Kane.>>
Come avevo previsto, il volto del mio ex si rabbuia. <<Continua.>>
Mi alzo dalla sedia e, lentamente, mi avvicino a lui.
<<So che avete avuto una storia, poco prima che tu ti fidanzassi con me, e che l'hai illusa e ferita. Era convinta che volessi costruire qualcosa di serio, tant'è che ha aspettato mesi prima di venire a letto con te. Ma alla fine ti sei limitato ad una... scopata occasionale. Ottenuto ciò che volevi, l'hai lasciata.>>
Alex incrocia le braccia al petto e resta a guardarmi negli occhi, senza ribattere.
<<Era innamorata di te>> continuo, <<E scoprire di essere stata ingannata, l'ha distrutta. Tant'è che ha addirittura tentato il suicidio. Era una ragazzina debole, problematica, e tu lo sapevi, Alex. Ma non ti è importato.>>
Il mio ex si lascia cadere sulla poltrona. Poi, fissa lo sguardo in un punto indefinito, perdendosi nei propri pensieri.
<<Tu e Michael eravate amici molto prima che entrasse nella nostra compagnia>> proseguo ancora. <<Ma quell'evento, ovviamente, vi ha allontanati. Quando ho conosciuto Mike, al primo anno di università, avete scelto di non dirmi nulla per evitare di disseppellire il passato. Ma come vedi, Alex, ciò che è stato torna sempre, in un modo o nell'altro.>>
<<All'epoca ero solo un bambino, Tessa>> mi interrompe lui, improvvisamente. <<Mi importava solo di tre cose: i libri, il sesso... e te.>>
Quando solleva gli occhi per incrociare i miei, l'intensità di quella frase mi ferisce duramente, tanto da farmi rabbrividire.
<<Jennifer era una ragazzina fragile, è vero>> continua Alex. <<L'ho ferita perché ero stupido, ingenuo e immaturo. Ma non lo avrei mai fatto con cattiveria.>>
Alex non è mai stato crudele, è vero.
Certo, il suo passato da Don Giovanni incallito di certo non gli fa onore, ma le ragazze hanno sempre saputo ciò a cui andavano incontro, scegliendo di frequentarlo.
Tutte tranne Jennifer, a quanto pare.
<<Abbiamo litigato così tante volte per colpa di Michael... Perché non mi hai mai detto nulla?>>
<<Ero convinto che lui avesse dimenticato. Che fosse andato oltre. Non potevo immaginare che non fosse affatto così e che, anzi, stesse progettando una folle vendetta.>>
Annuisco distratta, mentre lui si alza e torna ad avvicinarsi a me.
Mi prende inaspettatamente il viso tra le mani, per obbligarmi a guardarlo negli occhi.
Il contatto con la sua pelle mi provoca brevi scariche elettriche ovunque, e il cuore torna a corrermi nel petto.
<<Credimi, non avrei mai voluto che fossi tu a pagare le conseguenze del mio errore.>>
<<Michael è malato, Alex. La perizia psichiatrica l'ha confermato. Tu non c'entri nulla con quanto successo.>>
<<Ho comunque commesso uno sbaglio>> ammette e, mentre parla, le braccia gli ricadono molli lungo ai fianchi. <<Un errore imperdonabile.>>
<<Ad ogni modo, tutto questo, ormai, fa parte del passato>> affermo con convinzione. <<Tra qualche giorno ci sarà l'udienza in tribunale e, finalmente, potremo lasciarci questa brutta vicenda alle spalle.>>
<<Per tutto questo tempo ho creduto...>> Alex lascia la frase in sospeso, mentre i suoi occhi scavano dentro i miei, forse alla ricerca di qualcosa di perduto. Dopo qualche minuto di silenzio, mormora: <<Potrai mai perdonarmi per essermi comportato così da stronzo con
te?>>
<<E tu smetterai mai di odiarmi?>>
Sul suo volto spunta l'ombra di un sorriso. <<Non ti ho mai odiata, Tess. Dio, ci ho provato così tante volte, ma...>>
<<Perché non mi hai scritto in questi tre
mesi?>> sbotto all'improvviso. <<Insomma, immagino che fossi impegnato con i preparativi per il matrimonio e tutto il resto. Ma avresti almeno potuto domandarmi come stavo, no?>>
<<Non c'è stato nessun matrimonio, Tessa.>>
Quel sussurro quasi impercettibile mi lascia spiazzata, mentre sul mio viso si forma apertamente un'espressione sbalordita. <<Perché? Voglio dire, Andrew, il giorno in cui mi sono risvegliata in ospedale, mi ha detto che eri tornato con lei. Perciò, pensavo...>>
<<È vero>> mi interrompe. <<Siamo tornati insieme, per un paio di settimane. Ma non avrei mai potuto sposarla: l'avrei soltanto illusa e resa infelice, e non volevo commettere per la seconda volta lo stesso errore.>>
Abbasso lo sguardo, pensierosa, e scuoto la testa più volte. <<Non capisco.>>
Alex mi posa una mano sulla guancia per obbligarmi a tornare a guardarlo.
<<Ci sei sempre stata solo tu, Tessa. Eravamo solo dei bambini, ma già sapevo che non avrei potuto desiderare nessun'altra accanto, se non quella ragazzina dai grandi occhi verdi e dai boccoli biondi. Mi facevi impazzire con quella tua cocciutaggine: sapevi sempre cosa volevi, come ottenerla e mai, per nessuna ragione al mondo, saresti riuscita ad arrenderti. Neppure di fronte all'evidenza di una cocente sconfitta. Non sei mai stata come le altre, nemmeno da piccola: quando le tue amiche si sbucciavano un ginocchio, scoppiavano a piangere tra le braccia della mamma. Tu, invece, ti rialzavi e riprendevi a correre, come se non fosse successo nulla.>>
Alex sembra quasi parlare di una sconosciuta.
Eppure, so che da qualche parte, dentro di me, tra distese di ghiaccio e inverni rigidissimi, vive ancora quella ragazzina determinata e tenace.
<<Se avessi ammesso subito a me stesso di amarti, non ci sarebbe stata nessuna Jennifer, né nessun'altra>> prosegue Alex. <<Ma allora ero troppo piccolo per rendermi conto dei miei sentimenti. Troppo stupido per non commettere sbagli.>>
<<Nemmeno io ero consapevole di ciò che provavo>> ribatto. <<Eravamo, appunto, solo dei bambini.>>
<<Ma adesso non lo siamo più>> afferma lui, accarezzandomi di tanto in tanto la guancia.
<<Stai parlando di un altro tempo, Alex. Di un'altra Tessa>> gli faccio notare, non sapendo bene dove voglia andare a parare.
I suoi occhi blu sembrano quasi irradiare luce, quando mormora: <<Permettimi di conoscere questa Tessa, allora.>>
<<Non ti sto chiedendo di tornare con me>> chiarisce, notando la mia espressione interdetta. <<Solo di provare a conoscerci, come se questo fosse il nostro primo incontro. Senza passato, ricordi o errori. Solo il presente.>>
Non funziona così, purtroppo, vorrei urlare.
Ciò che è stato lascia sulla pelle cicatrici permanenti, con le quali possiamo unicamente imparare a convivere. Ma mai, per nessuna ragione, scordare.
<<Non possiamo dimenticare il passato, Alex, lo sai meglio di me. Tu non puoi scordare il tradimento - anche se, forse, l'hai perdonato e...>>
Alex appoggia la fronte alla mia, mozzandomi il respiro.
Le parole mi si incastrano in gola per qualche secondo, ma poi tornano ad uscire a fiotti.
<<Ho un'idea migliore>> suggerisco.
Il mio ex si scosta per guardarmi in faccia. Sul suo volto non leggo nient'altro che stupore.
<<Lasciamo che sia il tempo e il destino a decidere per noi>> spiego. <<Dopo la laurea, tornerò a vivere dall'altra parte di Chicago. Se un giorno, per puro caso, dovessimo incontrarci di nuovo, sapremo con certezza ciò che il destino ha in serbo per noi.>>
Alex non dice nulla. Si limita ad annuire e a guardarmi con nostalgia, come se fossi un'estranea con la quale, un tempo, ha condiviso giorni e momenti, ricordi e segreti, ferite e sorrisi.
Quando pochi minuti dopo esco dall'ufficio, lasciando Alex con un addio, ho la sensazione di essere finalmente riuscita a riprendermi quella piccola parte di me che mi era stata, in qualche modo, sottratta.
E mentre mi incammino verso casa, so, senza ombra di dubbio, di aver scelto la strada giusta.
FINE
___________________________
SPAZIO AUTRICE:
carissimi lettori, ❤️
Siamo davvero giunti al termine della storia.
Ogni "imperdonabile errore" è stato inaspettatamente perdonato. L'odio e la rabbia si sono dissolti al sole, come neve. E, ancora una volta, tutto è stato messo nelle mani del destino. Quell'oscuro ignoto che – a mio parere – regola e governa ogni cosa.
In fondo, chi sono io, modesta autrice, per decidere le sorti di un amore?
Sarete voi, invece; sarà la vostra immaginazione a decidere cosa ne sarà dell'amore di Tessa e Alex.
Ognuno di voi ha un finale diverso nel proprio cuore. Ed ecco, è proprio così che finisce questa storia.
Grazie per ogni singolo istante che avete dedicato a "Un imperdonabile errore". ❤️
Jessica
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