Capitolo 41

          
Mi volto e, nuovamente, focalizzo il profilo a dir poco sgradevole di Michael: è a pochi metri da noi e totalmente impegnato ad inveire contro Andrew. Quest'ultimo, al contrario, pare quasi a disagio, mentre gli suggerisce di abbassare il tono di voce.

Non riesco a sentire cosa stiano dicendo ma, per qualche strano motivo, sospetto che l'argomento principale della discussione abbia a che fare con me ed Alex.

Ormai non ho più dubbi sul fatto che il nostro collega sappia molto più di quanto abbia voluto far credere. Ma ancora non riesco a capire che tipo di rapporto intercorra tra i due.

<<Che cazzo ci fa lui qui?>> L'esclamazione furibonda del mio ex non attira solo la mia attenzione, ma anche quella di buona parte della sala.

E, soprattutto, di Michael.

I loro sguardi si incontrano ancora, in un intrinseco intreccio di fuoco, stupore e disprezzo, e negli occhi di entrambi leggo il desiderio ardente di polverizzarsi a vicenda.

Le mani tremano mentre si posano sul braccio del mio ex, nel tentativo di calmarlo e dissuaderlo dal commettere qualche stupidaggine. <<Alex...>>

Al mio disperato richiamo, il volto di Alex torna ad abbassarsi su di me, provocandomi un'immediata fitta allo stomaco, che mi fa ammutolire e allontanare.

Di fronte alla sua espressione sconvolta e infuriata, i pensieri si ingarbugliano e mi si incastrano in gola in un nodo confuso, impossibile da sciogliere.

<<L'hai invitato tu?>> Più che una domanda, la sua sembra un'esplicita accusa.

Ne rimango interdetta. Indignata.

<<Come puoi pensarlo?>> scatto sulla difensiva, ormai incurante della presenza di terzi. <<Ti ricordo che neanche sapevo della festa!>> Grido.

La sua sicurezza vacilla e, per un attimo, il suo sguardo sembra combattuto.

Mille emozioni gli scavano il volto, ma è la rabbia a prevalere. Una furia cieca, una tempesta trattenuta a stento e pronta ad abbattersi su tutti noi da un momento all'altro.

<<Andrew...>> provo a spiegare, ma prima che possa continuare, Alex mi interrompe.

<<Quello stronzo... Lo sapevo!>> tuona di nuovo.

Trasalisco, mentre mi rendo orrendamente conto dell'effetto che quel semplice nome ha provocato sull'umore già nero del mio ex: la sua attenzione, adesso, non è più focalizzata solo su Michael. Ma anche sul collega.

Per tutto il tempo in cui li osserva da lontano, dai suoi occhi blu non smettono di colare fiumi d'odio. I pugni gli si irrigidiscono automaticamente ai lati del corpo, pronti a scattare da un momento all'altro, e uno strano muscolo incomincia a pulsargli violentemente sulla mascella.

La storia pare davvero sul punto di ripetersi.

Ma devo assolutamente evitarlo: Alex, questa volta, rischia davvero troppo.

Quando un anno fa aggredì Michael, se la cavò "solo" con un anno di sospensione dall'Università e l'obbligo di svolgere alcuni lavoretti socialmente utili.

Il fatto di essere totalmente incensurato, lo salvò da pene ben peggiori – tra le quali, la galera.

Ma se questa sera dovesse azzardarsi a commettere ancora qualche sgarro - non solo aggredendo, per la seconda volta, il figlio del rettore di una delle più importanti Università di Chicago, ma anche l'unico erede di una delle più famose case editrici d'America, la Corte non sarà altrettanto clemente.

Poco importa che il movente sia piuttosto valido: potrebbe finire nei guai.

<<Alex, vuoi starmi a sentire, per favore?>> lo prego, ormai esasperata.

Restiamo a fissarci per qualche istante e lui incrocia nervosamente le braccia al petto.

Divorando le sue iridi di un blu più ombroso del solito, come pezzi di cielo senza stelle, per l'ennesima volta intuisco che urlare sarà completamente inutile.

A poco varranno i miei sforzi di calmarlo, i miei infiniti tentativi di trarlo in salvo: piuttosto che afferrare le mie mani tese verso di lui, Alex preferirà sempre annegare.

Vorrei avere la possibilità di spiegare, di difendermi. Fare qualcosa per aiutarlo a combattere contro i fantasmi del passato e salvarlo da se stesso. Ma finché Alex si rifiuterà di ascoltare e di credermi, ogni tentativo sarà vano.

<<Ragazzi, vi prego, state attirando l'attenzione di tutta la sala!>> L'esclamazione proviene dalle labbra di una Eleanor un po' tesa.

Da quanto tempo è qui?

Non mi ero neppure accorta che si fosse affiancata a noi.

<<Se dovete discutere, fatelo lontano da qui, per favore>> sussurra greve, scoccandomi un'occhiata implorante.

Dopo un breve silenzio, sono io a ribattere.

<<Tranquilla, El>> mormoro in tono atono, pacato. Le mie parole sono rivolte a lei, ma lo sguardo è diretto solamente ad Alex, il quale, nel frattempo, è tornato a serrare i pugni e a guardarmi con occhi indemoniati.

Per un attimo, mi sembra quasi di scorgere un lampo nelle sue pupille scure, ed è proprio quello ad illuminarmi la strada.

<<La discussione è chiusa>> concludo, marcando ogni singola parola. <<Cerca di farlo ragionare, ti prego>> sussurro poi all'orecchio della mia amica, prima di lasciarli soli.

Il cuore mi si ghiaccia nel petto mentre mi allontano, ma so di aver optato per la direzione giusta: dopo mesi passati a urlare per farmi sentire, i polmoni stanno collassando e la voce è stanca.

Forse ad Eleanor darà retta, spero, mentre imbocco uno stretto corridoio e mi fiondo nel bagno del locale. Quanto a me: in questo momento necessito di stare sola.

Totalmente confusa e smarrita, ho bisogno di qualche minuto per riprendermi.

La toilette femminile è fuori servizio ed è quasi come se si trattasse di un intervento divino: per un po' nessuno verrà a disturbarmi e, nel silenzio più assoluto, avrò la possibilità di riflettere con lucidità e fermezza sulla situazione; trovare il coraggio di affrontare direttamente Michael e Andrew, e chieder loro spiegazioni.

Sempre che non finiscano al pronto soccorso prima che ci riesca!

Al contrario delle mie previsioni, però, qualche secondo dopo aver formulato quel pensiero, sento la porta aprirsi.

Ho ancora gli occhi serrati e le dita affondate nei capelli in un gesto di pura esasperazione, quando vengo investita da un fortissimo profumo maschile.

Ne riconosco immediatamente il proprietario.

Quella fragranza, la stessa che per giorni mi è rimasta ancorata alla pelle, mi evoca ricordi tutt'altro che gradevoli, e non ho bisogno di voltarmi per sapere che si tratta, senza ombra di dubbio, di Michael Kane.

<<Hai ricevuto i miei messaggi, Tessa?>>

Le prime parole che mi rivolge, accompagnate da un sadico ghigno, finiscono per raggelarmi.

Inizialmente non capisco a quali messaggi si stia riferendo, e penso addirittura che si stia prendendo gioco di me. Ma quando, in un attimo, ricordo degli SMS anonimi e dell'inquietante sconosciuto, ogni singolo muscolo del mio corpo viene scosso dai brividi.

Ti conviene guardarti bene alle spalle, Tessa McRayan.

Ti tengo d'occhio.
Se hai intenzione di continuare a vivere
questa tua miserabiLe vita,
ti conviene evitare alcune amicizie pEricolose.
Stai attenta a quello che fai.
Scegli bene chi frequentare.
Guardati sempre le spalle.
Xoxo

Che ti avevo detto?
Alcune frequentazioni portano solo guai.
Nel tuo caso, guai seri.

Per un po' mi sembra di respirare solo ghiaccio: la temperatura nella stanza si è abbassata di infiniti gradi, e non mi stupirebbe se ad ogni faticoso respiro dovesse uscirmi fumo dalle labbra.

Michael mi si avvicina a passi lenti, cadenzati, come un animale in attesa di gettarsi ferocemente sulla propria preda, mentre io, con il cuore in gola e il battito ormai divenuto irregolare, indietreggio, fino ad addossarmi alla parete.

Mi sento in trappola. Senza alcuna via di fuga.

<<T-tu... ?>> balbetto. Mi sembra impossibile essere ancora in grado di parlare, quando non riesco neppure ad emettere un unico fiato. <<P-perché?>>

<<La domanda giusta da porsi, Tessa, è perché non mi hai ascoltato.>> Michael fa schioccare la lingua più volte mentre scuote la testa.

Il suo tono di voce non mi piace per niente: più basso e roco di quanto riecheggi nei miei ricordi, suona fintamente mellifluo, gentile, estremamente calmo. Potrebbe risultare quasi amichevole se non sapessi che, in realtà, nasconde un ruggito.

I suoi occhi verdi, infatti, rivelano ben altro.

Mi graffiano duramente il volto mentre si accostano ai miei, come a volerlo cancellare. E nel momento in cui una ad una ad una si sfilano le maschere, vi scorgo un urlo soffocato. Un'ira cieca, malsana, ancora più furiosa di quella che, poco fa, ho intravisto lampeggiare nelle iridi di Alex.

Ogni fibra del suo essere brama di farmi del male e, per un attimo, sono tentata di gridare.

Ma, per quanto mi sforzi di lasciare uscire quella richiesta di aiuto duramente trattenuta, non ci riesco: mi sento letteralmente schiacciata dall'insormontabile peso del terrore, e non posso far altro se non ammutolire.

Solo quando le mani orrendamente enormi e callose di Michael si posizionano sul mio viso, riportandomi alla mente ricordi che preferirei aver scordato, trasalisco, lasciando finalmente sfuggire un urlo.

Tuttavia, prontamente, una mano finisce sulla mia bocca, mentre l'altra continua a tenermi fermamente il viso.

Situazioni del genere dovrebbero essere abituali per me, dato l'infinita quantità di volte in cui Alex mi ha fatto sentire in trappola, mentre mi elencava i motivi per i quali non poteva far altro se non odiarmi e minacciarmi.

Ma il modo in cui Michael adesso mi sta stringendo a sé, sigillandomi labbra e naso, non ha nulla a che vedere con l'impulsività di Alex: sembra avere seriamente intenzione di soffocarmi.

Appena me ne rendo conto, vengo immediatamente assalita dal panico.

Incomincio a dimenarmi, nel disperato tentativo di liberarmi.

Scalcio, mentre le mie esili dita finiscono prima sulle sue braccia, poi sulle sue mani, in maniera frenetica.

Cerco di graffiargli la pelle, di fargli male, ma le mie unghie mangiucchiate non riescono minimamente a scalfirlo.

Inizialmente l'adrenalina mi impedisce di avvertire la mancanza di ossigeno, ma quando dopo qualche secondo Michael non accenna a lasciarmi andare, incomincio a sentirne il devastante effetto sui polmoni.

Le forze iniziano a venir meno, e sento le gambe cedermi sempre più ad ogni secondo che passa.

<<Smettila>> mi ordina Michael improvvisamente, in tono deciso. <<Non servirà a nulla.>>

Lo sento ridacchiare mentre, finalmente, allenta un po' la presa, permettendomi di respirare, ma senza allontanare completamente il palmo dalla mia bocca.

<<Ti lascio andare>> continua, <<Ma solo se prometti di fare la brava e di non urlare.>>

Resto in silenzio e mi limito a guardarlo inorridita, con gli occhi sbarrati e il fiatone.

Chi è il mostro che ho di fronte?

<<Intesi?>> insiste. Questa volta, la sua espressione è seria.

Alla fine annuisco un paio di volte e lui, inaspettatamente, mantiene la promessa.

Appena mi libera, mi fiondo rapidamente verso la porta. Nonostante le dita tremino come rami scossi dal vento, cerco in ogni modo di aprirla.

Ma Michael è più veloce e mi anticipa. Mi afferra il braccio e, in un unico, possente gesto, mi scaraventa via.

Inevitabilmente, perdo l'equilibrio e cado rovinosamente a terra, sulle piastrelle rotte del pavimento.

Dopo essersi premurato di chiudere la porta e di farne sparire la chiave nella tasca posteriore dei jeans, si accuccia di fronte a me.

La sua espressione, adesso, sembra avvilita, e mi fa arretrare, mentre sento il terrore riecheggiare tra un organo e l'altro, in ogni singolo spazio vuoto.

Un paio di calde lacrime incominciano a rotolarmi giù per le guance.

<<Ma come, Tessa, te ne vuoi già
andare?>> mormora Michael in tono così serio, abbattuto, da farmi venire la pelle d'oca. <<Abbiamo così tante cose di cui parlare.>> Poi, le sue labbra formano di nuovo quel maledetto, sadico ghigno. Lo stesso che, qualche tempo fa, mi è apparso in sogno e che per giorni non sono riuscita a dimenticare.

Mentre lo guardo, non posso fare a meno di chiedermi come diavolo abbia fatto a non intuire che fosse proprio lui lo sconosciuto di cui avevo paura. E, soprattutto, a sottovalutarlo.

Tuttavia, in questo momento, riesco solo a riflettere su come diavolo rubare la dannata chiave e scappare. Non c'è spazio per nessun altro pensiero lucido nella mia mente.

Forse, se mi mostrassi più gentile...

<<D-di cosa vuoi parlare?>> balbetto, imponendomi di tornare a respirare regolarmente.

<<Ecco, così va decisamente meglio>> ribatte, accennando un sorriso a trentadue denti. Poi, si leva in piedi, porgendomi addirittura una mano per aiutarmi.

Mi stringo nelle spalle, rifiutando categoricamente di afferrarla, e mi rialzo da sola, reggendomi alla parete.

La paura mi ha reso le gambe molli come gelatina, tant'è che a mala pena riescono a sorreggermi, ma non mi lascerei mai aiutare dal mio "aguzzino".

Michael sussurra un <<Ok>>, prolungando la lettera "o" per qualche secondo, e sghignazza tra sé e sé. Poi gongola: <<Ho deciso di concederti una seconda possibilità>>, come se mi stesse dando la notizia più bella della serata.

<<C-che vuoi dire?>>

<<Be', innanzitutto, non ti ho ancora uccisa - nonostante lo show che hai appena inscenato - e questo è già donarti una seconda possibilità.>> Non c'è traccia di ironia nella sua voce e questo mi fa tornare a boccheggiare. <<Inoltre, visto che stasera mi sento... gentile, vorrei darti di nuovo la possibilità di scegliere me, anziché lui.>>

Intuisco subito che si sta riferendo ad Alex e, istintivamente, opto per stare al gioco: la cosa che mi preme di più, al momento, è uscire viva di qui. Con ogni mezzo.

<<E s-se sceglierò di stare con te, m-mi lascerai andare?>>

Michael ride, come se avessi appena fatto una battuta divertentissima. Poi torna serio di colpo. <<Non così in fretta. Prima devi fare qualcosa per me. Per dimostrarmi il tuo amore, la tua sincera e totale devozione.>>

<<Che devo fare?>> mi affretto a chiedere.

<<Devi aiutarmi ad ucciderlo, Tessa>> afferma, avvicinandosi e prendendo le mie mani tra le sue. <<Quel ragazzo è sempre stato un inutile, fastidioso ostacolo per la nostra relazione e dobbiamo liberarcene.>>

Ad ogni minuto che trascorro bloccata in questa stanza con lui, mi rendo sempre più conto di quanto Michael sia effettivamente e sinceramente folle, malato. Il suo cervello non funziona a dovere. Non ragiona in maniera lucida.

Ed è questo a preoccuparmi più di tutto: sarebbe capace di commettere qualsiasi cosa. Anche un omicidio – o addirittura due.

Tuttavia, non riesco neppure a pensare che Michael, la stessa persona che per mesi, dopo la morte dei miei genitori, mi è stata accanto come un fratello, come un impeccabile migliore amico, questa sera potrebbe seriamente...

No, non è possibile.

Scuoto la testa lentamente. <<Mike... non puoi dire sul serio.>>

<<Alex non è innocente come credi, Tessa>> afferma greve, allontanandosi da me e voltandomi le spalle. <<Ha commesso un imperdonabile errore e merita di pagare.>>

Quando si volta, ogni traccia di ilarità è svanita dal suo viso. I suoi occhi sono tetri, di un verde scuro, come una fitta, misteriosa selva.

Una voragine mi si apre nel petto quando si avvicina e, per la seconda volta, mi prende il viso tra le mani.

<<Non obbligarmi a uccidere entrambi, Tessa>> sussurra. Poi, mi stampa un lieve bacio a fior di labbra che, inevitabilmente, mi fa rivoltare lo stomaco.

Contro ogni volere, sono obbligata a fingere che mi piaccia: non oso neppure immaginare cosa succederebbe se dovessi tentare di oppormi.

E poi, forse, questo è l'unico modo per garantirmi la libertà.

Proprio come mi aspettavo, Michael interpreta la mia reazione come un invito ad approfondire il bacio.

Inizia a muovere voracemente le labbra sulle mie e mi lecca il labbro inferiore, in attesa che io gli conceda l'accesso alla bocca.

Lo lascio fare e poso le mani sulla sua schiena, muovendole su e giù per un paio di volte, mentre la sua lingua si intreccia alla mia. Poi, scendo sulle natiche.

Mentre cerco di sfilare la chiave dalla tasca dei jeans, spero con tutto il cuore che il bacio lo tenga impegnato.

Ma quando sento già il freddo metallo sui polpastrelli, improvvisamente, le labbra di Michael si fermano.

Mi affretto a ritrarre la mano, mentre i suoi occhi si spalancano e dalla sua gola esce un'imprecazione.

<<Non volevo arrivare a tanto>> mormora, staccandosi da me, <<Ma mi hai costretto.>>

L'ultima cosa che vedo prima di sbattere la testa contro il lavandino e cadere a terra priva di sensi, è la sua mano enorme che si abbatte vigorosamente sul mio viso.

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SPAZIO AUTRICE:

Buongiorno, miei fedelissimi lettori, e buon weekend. ❤️

Mi dispiace lasciarvi ancora una volta con il fiato sospeso ma, ahimè, mi sono sentita in dovere di farlo 😂.

E poi - come già avrete intuito, per la felicità di alcuni, ho deciso di pubblicare un capitolo in più, proprio perché questo stava già andando un po' troppo per le lunghe.

Il prossimo, tuttavia, precederà davvero l'epilogo della storia.

Siete curiosi di scoprire cosa succederà?

E di sapere quale sia l'imperdonabile errore commesso da Alex, causa della "funesta ira" di Michael?

Avete qualche idea?

Vi abbraccio, in attesa dei vostri commenti. ❤️

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