Capitolo 34

 
Alex ed io stiamo mangiando in rigoroso silenzio, seduti al tavolo della piccola, ma confortevole cucina in stile moderno.
Devo ammettere che la scelta del colore azzurro, abbinato al grigio metallizzato degli elettrodomestici, non mi dispiace. Tuttavia, mi rattrista sapere che non sia più la stessa.

In effetti, se dall'esterno la villa mi era parsa immutata, all'interno scopro con profonda delusione che molte cose sono cambiate.

Durante il mio anno di assenza, hanno apportato alcune modifiche alle camere da letto – tra le quali anche a quella degli ospiti, dove ero solita dormire io, alla cucina e al salotto.

Sia l'arredamento, sia la disposizione degli oggetti hanno subito cambiamenti.

Ma soprattutto, le foto e i quadri che tappezzavano i muri della casa - e che Alex ed io avevamo accuratamente scelto, sono spariti. Al loro posto, sono state appese altre immagini, ritraenti Alex e la nuova fidanzata, che mi rifiuto categoricamente di guardare.

Non ci vuole un genio a intuire chi abbia deciso di stravolgere l'ordine delle cose ed eliminare ogni traccia del passato di Alex: Katherine.

Comprendo la sua scelta. Probabilmente avrei agito nello stesso modo, se fossi stata al suo posto. Però non posso fare a meno di soffrirne.

Sentirsi dimenticati e sostituiti in un battito di ciglia è già una sensazione soffocante di per sé, ma diventa a dir poco insopportabile nel momento in cui ti rendi conto che tu, invece, non sei e non sarai mai in grado di fare altrettanto.

Sbocconcello la carne e i piselli che ho nel piatto a testa china, spostandoli a destra e a sinistra con la forchetta, mentre Alex fa lo stesso.

Ogni tanto ci lanciamo un'occhiata di sottecchi, ma nessuno dei due ha ancora trovato il coraggio di alzare apertamente lo sguardo o di intavolare una conversazione.

Quando Alex mi ha praticamente obbligato a rimanere, ho creduto che finalmente avesse deciso di concedermi la possibilità di riavvicinarmi a lui.

Per qualche secondo, mi sono illusa che fossimo veramente giunti alla fine della battaglia.

Ma ben presto ho dovuto ricredermi.

Non mi ha lasciato avvicinare ai fornelli e ha preteso di cucinare da solo, mentre io mi sono limitata a preparare la tavola con ciò che lui mi porgeva.

Adesso sembriamo due estranei intenti a condividere la cena di malavoglia e se stare lontana da lui era doloroso, averlo a pochi passi ma percepirne chiaramente la distanza mentale è decisamente peggio. 

L'aria è così tesa, viziata, che si potrebbe fendere con il coltello; il silenzio pesante, interrotto solo dal ticchettio scandito dell'orologio, mi sta facendo impazzire.

Non vorrei fare altro che strillare, squarciare questo silenzio insostenibile.

Ad un certo punto prendo addirittura in considerazione l'idea di levarmi in piedi, facendo fastidiosamente stridere la sedia sul pavimento, e andarmene senza dire nulla.

Il mio ex non si accorgerebbe neppure della mia assenza e, senza ombra di dubbio, il suono melodioso dell'oceano sarebbe un toccasana per i miei nervi a fior di pelle.

Alla fine, al limite della sopportazione, lascio cadere rumorosamente la forchetta sul piatto e mi lascio andare in un sospiro greve, attirando finalmente la sua attenzione.

<<Perché hai voluto che rimanessi qui, se non hai intenzione di rivolgermi la parola?>>

La mia domanda resta sospesa tra di noi per qualche istante prima che Alex si decida ad aprir bocca e quando lo fa, mi lascia come sempre spiacevolmente interdetta.

<<Puoi andartene quando vuoi>> mi dice, protendendo un braccio in direzione della porta. <<Nessuno ti sta trattenendo.>>

Ha ragione. Ma questo non mi impedisce di andare su tutte le furie per la cattiveria con cui ha pronunciato quelle parole e per l'ostentata maleducazione.

<<Anzi>> non si fa scrupoli ad aggiungere, <<Dato che la tua presenza è decisamente poco gradita, faresti davvero meglio ad andartene.>>

Adesso basta! strilla una voce nella mia testa.

Mi levo energicamente in piedi, restando con le mani appoggiate al tavolo, e gli scocco un'occhiata perforante.

Se gli sguardi fossero armi in grado di uccidere, Alex sarebbe già stramazzato al suolo.

<<Per un breve, unico istante, riesci ad essere un po' meno stronzo?>>

Lui scuote il capo, ridendo debolmente. <<La solita bambina>> sputa in maniera arrogante.

<<Sarò anche una bambina>> controbatto freddamente, <<ma ne ho abbastanza. Non ho fatto più di quattro ore di volo per essere trattata così.>>

Rimaniamo per qualche istante a lanciarci gelide e letali occhiate di sfida; io appoggiata al tavolo, leggermente piegata in avanti, e lui dalla parte opposta, con le mani giunte davanti a sé. Il mio impeto d'ira sembra non averlo nemmeno sfiorato, tanto continua a ostentare sfacciataggine e sicurezza.

Io, dal canto mio, ho smesso di farmi intimidire dal suo atteggiamento.

Certo, non posso negare di aver commesso sbagli imperdonabili e di aver meritato ogni singola goccia della sua crudeltà.

Ho meritato l'odio, l'indifferenza, i silenzi e ogni ferita inferta per vendetta. Ho meritato l'abbandono, il dolore e la perdita, e non pretendo, né esigerò mai il suo perdono.

Ma dopo mesi passati a lottare e a sopportare, sono esausta.

L'amore che provo per lui mi sta distruggendo e se non mi allontano in fretta, finirò polverizzata.

<<Me ne vado>> affermo risoluta, dirigendomi a passo spedito verso l'uscita.

Non faccio neppure in tempo a raggiungere la porta, che le sue lunghe dita serrano il mio braccio in una stretta quasi dolorosa e il suo sguardo penetrante annega nel mio.

<<Dove credi di andare?>> esclama.

Abbasso gli occhi, lasciandoli accidentalmente cadere sulla sua mano: grande il doppio del mio arto e decisamente più forte, potrebbe spezzarlo con una sola mossa.

A quel pensiero non posso fare a meno di inorridire e Alex deve essersene accorto, perché allenta un po' la presa ma non mi lascia andare.

<<Dunque?>> insiste, scuotendomi leggermente.

<<Dato che la mia presenza non è gradita>> ribatto guardandolo storto, <<torno in Hotel.>>

<<E come pensi di arrivarci? Taxi e autobus non passeranno di qui fino a domattina.>>

Mi lascio andare in una breve, amara risatina. <<Improvvisamente ti importa, Alex?>>

Lui si limita a fare spallucce, con un'espressione estremamente rilassata. <<Non ho detto questo. Ti sto semplicemente avvisando.>>

Al limite della pazienza, consapevole di essere obbligata a trascorrere l'intera notte sotto lo stesso tetto con questo ragazzo dall'orgoglio eccessivamente smisurato - e che, tra l'altro, non fa mistero di quanto la mia presenza lo infastidisca, esplodo in un verso di esasperazione.

Il mio ex ridacchia e avvicina il volto al mio. Si lecca le labbra e mi divora con gli occhi, soffermandosi per qualche istante di troppo sulla mia bocca e facendomi schizzare il battito del cuore a mille. <<Che c'è, Tessa? Per caso ti dispiace passare la notte con me?>> ammicca inaspettatamente.

<<In realtà, sì>> ribatto, cercando di rimanere impassibile; ma dentro di me, organi, ossa e muscoli infuriano, cercando di urlare il contrario. Non mi stupirebbe se Alex riuscisse a sentirli.

Di certo il rossore sulle guance deve avermi tradito, perché il mio ex non si scosta di un millimetro, né cambia espressione. <<Sei una pessima bugiarda>> afferma spavaldo, <<ma potresti pentirti di aver mentito.>>

Quella minaccia, accompagnata da un sorrisetto ambiguo, mi fa tremare da capo a piedi.

Ormai incapace di ribattere a tono, apro e chiudo la bocca più volte, ma alla fine ammutolisco, finendo per gonfiare ancor più il suo ego.

<<Non ti senti più così sfrontata adesso,
eh?>> continua lui, tornando a stringere le dita intorno al mio braccio e incupendosi tutt'a un tratto.

Gola e stomaco mi si serrano immediatamente in una stretta di ansia e terrore.

Se in passato fossi stata in grado di intuire le sue vere intenzioni e mi sarei probabilmente ritrovata a ridere di questo giochetto subdolo, adesso non sono più tanto sicura che Alex abbia solo voglia di giocare al gatto e al topo.

E se avesse davvero trovato il coraggio di vendicarsi per tutto il dolore e le sofferenze che gli ho causato?

Tremo mentre realizzo che, per quanto mi sforzi di affermare il contrario, questo ragazzo dai capelli corvini ha ormai acquisito la capacità di farmi sentire piccola, impotente e insicura.

In nessun caso sarei in grado di difendermi da lui, né se decidesse di farmi del male fisicamente – probabilità da non escludere, né se optasse per sputare di nuovo veleno su di me.

Tento di liberarmi dalla sua stretta, ormai diventata una morsa ferrea, mentre d'istinto incomincio ad indietreggiare, fino ad addossarmi completamente alla parete.

Ogni sforzo di allontanarlo è inutile e Alex finisce per schiacciare il petto contro il mio, nel tentativo di eliminare ogni possibile via di scampo.

Anziché lasciarmi il braccio, mi afferra anche l'altro e me li porta entrambi ai lati della testa.

<<Lasciami andare, Alex>> ordino, ma la voce non mi esce sicura come avrei voluto. Anzi, risulta più che altro essere solo un lontano e fastidioso sibilo, decisamente troppo poco convinto per riuscire a persuaderlo.

Mi aspetto che torni a guardarmi con aria spavalda o con sguardo ammiccante, che mi lanci un sorriso spietato o un'occhiata torva. Ma non fa nulla di tutto ciò.

Al contrario, rimane serio, cupo, mentre indugia di nuovo ad osservare ogni dettaglio del mio volto.

Tuffa gli occhi blu nei miei più volte, poi li sposta sulla fronte, sul naso e si sofferma sulle labbra.

Come sempre, il suo sguardo mi infiamma la pelle, mandandomi a fuoco.

Non mi accorgo di stare ansimando finché non noto il petto alzarsi e abbassarsi in maniera irregolare.

<<Averti di nuovo qui, in questa casa...>> incomincia a sussurrare Alex in tono malinconico, poi lascia la frase in sospeso.

Nonostante il dolore che mi ha provocato e che continua a infliggermi, questa vicinanza mi calma, riempie i vuoti e, allo stesso tempo, mi rende euforica.

Ormai non temo più che voglia farmi del male fisicamente e, anzi, mi ritrovo quasi a ridere di quel pensiero sciocco.

Il bisogno impellente di appoggiare le labbra sulle sue, invece, accresce rapidamente, in maniera esponenziale, fulmineo come la luce.

Alex non accenna a ritrarsi. Al contrario, si addossa ancora di più a me, fino ad aderire completamente.

Alla fine, la mia bocca sfiora la sua in maniera quasi impercettibile, in una carezza morbida, delicata.

È una richiesta a dir poco folle e disperata. Ma la lucida consapevolezza non mi impedisce di illudermi e di sperare, ancora una volta, che Alex decida di mettere da parte l'inutile orgoglio.

Riesco chiaramente a percepire la lotta interiore che lo imperversa; eternamente dibattuto tra odio e amore, tra desiderio di vendetta e di pace, alla fine interrompe il bacio.

Ma solo per qualche istante.

Mi guarda negli occhi un'ultima volta, perdendosi nelle mie iridi verdi; mi lascia le braccia per prendermi il viso tra le mani.

Poi, finalmente, si avventa di nuovo sulle mie labbra.


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SPAZIO AUTRICE:

Buongiorno, amati lettori ❤️

Dopo ben 34 capitoli, finalmente è arrivato il tanto atteso bacio.

Non fatico ad immaginare la felicità della nostra Tessa... 😁

Ma saremo davvero arrivati alla fine della guerra?

Alex avrà realizzato come l'orgoglio e la vendetta rendano forti, ma spesso infelici? Oppure si sarà trattato solo di un blando, effimero momento di debolezza?

Per saperlo, non perdetevi il seguito, online a parte dai prossimi giorni.

Purtroppo, a causa di impegni e problemi vari, non sono più in grado di rispettare le scadenze.

Tuttavia prometto che gli aggiornamenti continueranno ad arrivare, seppur lentamente.

Vi abbraccio. 🤗

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