Capitolo 29
Vi consiglio di leggere
la seconda parte del capitolo con
"No goodbyes" di Dua Lipa
in sottofondo.
Le parole dolci amare
di questa canzone
mi hanno ispirato
nella stesura di parecchi
capitoli.
Mezz'ora dopo, è Andrew ad entrare nel mio studio e, appena lo vedo, mi levo in piedi all'istante.
<<Sai cos'è successo ad Alex?>> gli domando immediatamente, senza nemmeno lasciargli il tempo di fiatare. <<È uscito dall'ufficio di corsa e...>>
<<Tess>> mi interrompe lui, posandomi le mani sulle spalle con dolcezza. <<Calmati.>>
<<Sono calma>> mento, ma la voce strozzata mi tradisce miseramente.
<<Tessa>> mi riprende di nuovo, <<Sei pallida e stai tremando. Chi pensi di prendere in giro?>>
Non mi ero neppure accorta di stare tremando.
Evidentemente, l'atteggiamento di Alex dopo la telefonata deve avermi agitato più di quanto avessi immaginato.
Andrew mi accoglie tra le sue braccia e mi stringe, accarezzandomi la schiena teneramente nel tentativo di tranquillizzarmi. Poi prende posto sulla mia poltrona e mi invita a sedere sulle sue gambe. Mi avvolge le braccia intorno al corpo, mentre io gli poso la testa sulla spalla.
Devo ammettere che non mi dispiace sentirmi coccolata dopo tanto tempo.
Ero così assuefatta alla mia solitudine, abituata a cavarmela da sola, da non rendermi conto di aver effettivamente bisogno di qualcuno al mio fianco.
Finché non ho incontrato questo ragazzo dagli occhi scuri.
Quello che provo nei suoi confronti non è ancora del tutto chiaro, ma negli ultimi giorni, dopo il bacio che ci siamo scambiati, il bisogno di averlo accanto è cresciuto in maniera esponenziale; tanto da arrivare a pensare di essere sulla buona strada per innamorarmi di lui.
Restiamo in quella posizione per un tempo infinito e io, finalmente, riesco a tornare a respirare regolarmente.
<<Katherine...>> inizia a dire Andrew e io alzo la testa di scatto, per guardarlo in faccia. <<La fidanzata di Alex ha avuto un malore e rischiano di perdere il bambino>> conclude in un respiro e finendo per smorzare nuovamente il mio.
Quindi Katherine non ha mentito: aspetta davvero un figlio da Alex!
E in questo preciso istante stanno rischiando di perderlo.
Oh Dio, Alex... Sarà distrutto!
Devo andare da lui. Devo stargli vicino.
<<Dove si trova in questo momento?>> indago.
<<Se non ho capito male, al Saint Anne Hospital.>>
<<Devo andare da Alex>> dichiaro determinata, balzando giù dalle sue gambe.
Il mio quasi fidanzato – se così posso chiamarlo – mi afferra una mano, nel tentativo di fermarmi. Chiude gli occhi per un attimo e sospira.
<<Aspetta. Non so se sia il caso>> mi contraddice con dolcezza, probabilmente per evitare di innervosirmi.
Tuttavia, questa volta, la sua delicatezza non sortisce l'effetto desiderato.
Levo la mano dalla sua freddamente. <<Non lo lascerò solo in un momento del genere>> affermo, fissando il mio sguardo nel suo. <<Ha bisogno di me.>> Scandisco bene le parole, di modo che sia chiaro che la mia posizione è irremovibile.
<<Non credo proprio>> lo sento sussurrare impercettibilmente, mentre sono già impegnata ad indossare il cappotto.
<<Come scusa?>>
Andrew resta in silenzio per un attimo, poi si leva in piedi e mi scocca un'occhiata minacciosa.
<<Tessa>> mormora a denti stretti. Quasi ringhia. <<Non capisci che non ti vuole più? Assillarlo e stargli continuamente tra i piedi non lo farà tornare da te.>>
Resto frastornata. Senza parole.
Non mi aspettavo una reazione simile da parte sua. Da Alex, senza dubbio, ma non dal gentile e comprensivo Andrew.
Capisco che scoprire quanto ancora io tenga al mio ex debba essere stata una delusione, ma questo atteggiamento scontroso non è decisamente da lui.
<<Alex è andato avanti, è andato oltre. Dovresti fare altrettanto, non credi?>> rincara brutalmente la dose.
Dire che sono sbalordita sarebbe decisamente riduttivo.
Non ha tutti i torti, ovviamente, ma non ha alcun diritto di urlarmi in faccia la crudele verità in maniera così meschina e diretta.
Non sa nulla di ciò che è successo tra me e Alex, di quello che sente lui e dei miei sentimenti.
Come si permette di trattarmi in questo modo?
Forse Alex aveva ragione a mettermi in guardia, facendomi notare che questo ragazzo non è chi vuol far credere.
<<Andrew, stai rovinando tutto>> mormoro.
<<Non voglio rovinare nulla, ma devi smetterla con questa assurda e malata ossessione che hai per lui. È il tuo ex, per la miseria, non il tuo ragazzo. Non puoi correre da lui ogni volta che ha bisogno.>>
Non ci vedo più dalla rabbia.
<<Neppure tu lo sei>> lo stronco, scandendo le parole e guardandolo in cagnesco. Poi corro verso la porta, determinata ad andarmene e a lasciarlo da solo con i suoi sproloqui.
<<Tess>> mi urla lui alle spalle e mi raggiunge in fretta. Cerca di nuovo di prendermi per mano, ma io ritraggo la mia.
<<Tess>> ripete, questa volta addolcendosi. <<Sto solo cercando di proteggerti. Non voglio che tu soffra ancora a causa sua>> cerca di giustificarsi. Ma ormai non gli credo più.
<<Non sai nulla, Andrew>> controbatto io. <<Nulla.>>
Faccio per aprire la porta, ma lui mi congela il cuore nel petto. <<Tessa, non puoi andartene. L'orario di lavoro non è ancora terminato. Se esci da questo studio, puoi dire addio allo stage e al tuo lavoro qui.>>
<<Chiederò un permesso a tuo padre>> rispondo fermamente, <<Ti saluto.>>
L'ultima cosa che sento prima di lasciarmi lo studio alle spalle, è la sua voce acuta che mi richiama ancora, instancabilmente.
***
Mentre mi dirigo spedita verso il Saint Anne Hospital, continuo a ripensare al litigio con Andrew.
La pioggia scroscia pesantemente sul parabrezza dell'auto e fredde lacrime di delusione mi rigano le guance, sciogliendomi il trucco.
La sensazione di essere stata ingannata dalla persona di cui stavo finalmente incominciando a fidarmi, mista alla preoccupazione per il terribile stato d'animo in cui debba trovarsi il mio ex, mi stanno massacrando.
Mi domando come io abbia fatto a non accorgermi che dietro una maschera di apparente tenerezza e perfezione, si nascondesse un essere senza scrupoli, né rispetto.
Non solo Andrew si è permesso di giudicare il mio rapporto con Alex, pur non sapendo assolutamente nulla circa quello che è accaduto tra di noi; ma ha avuto anche la faccia tosta di minacciarmi di interrompere il mio stage e di togliermi la possibilità di lavorare nella casa editrice.
Mi sembra semplicemente assurdo che questa persona sia la stessa che, solo qualche sera fa, ballava abbracciata a me e tacitamente mi prometteva una dolce storia d'amore; la stessa che giurava di rispettare i miei tempi e di aspettarmi, finché non mi fossi sentita pronta per amare di nuovo.
Sono talmente sconvolta da finire per prendere addirittura in considerazione la possibilità che ci sia Andrew dietro all'SMS e all'e-mail anonima.
In fondo, posso dire di non conoscere affatto quello che stava quasi per diventare il mio ragazzo, perciò, l'ipotesi è assolutamente plausibile.
Potrebbe averlo fatto per gelosia, per tenermi lontano dal mio ex, proprio come ha tentato di fare oggi.
Dubito che riuscirò di nuovo a fidarmi di lui, dopo quello che è successo.
Le mie dolci speranze su un possibile futuro con Andrew sfumano miseramente, e mi sento di nuovo sprofondare nella depressione più tetra. Plumbea come le nuvole che transitano instancabili sopra la città.
Dopo quasi un'ora di viaggio, finalmente giungo a destinazione.
Sebbene l'ospedale non disti molto dalla casa editrice, la pioggia e il traffico intenso hanno finito per rallentare parecchio il corso dell'itinerario.
Parcheggio e prima di scendere dall'auto, invio un breve messaggio al padre di Andrew, scusandomi per essermi assentata da lavoro.
Poiché non ho una giustificazione valida, spero semplicemente che quell'uomo sia più clemente del figlio. In caso contrario, posso dire di aver appena bruciato la possibilità di lavorare nella casa editrice dei Clarks e di aver gettato all'aria mesi di lavoro.
Ma in questo momento non devo essere pessimista. Sono qui per offrire ad Alex supporto morale e non posso permettermi di lasciarmi andare in pensieri negativi.
Mi precipito all'interno dell'ospedale e al punto accoglienza, per chiedere informazioni.
<<C-cerco la signorina Katherine...>> incomincio a dire boccheggiando. Poi, dopo essermi accorta di non conoscere il cognome di Katherine, mi blocco per un attimo.
Una voce alle mie spalle mi provoca un tuffo al cuore.
<<Tessa? Che diavolo ci fai qui?>>
Mi volto lentamente e ritrovo lo sguardo cobalto di Alex nel mio.
Noto all'istante lo stato drammatico in cui è ridotto: rispetto a quando l'ho visto poche ore fa, impeccabile nel suo maglioncino bianco e nel solito atteggiamento distaccato, adesso sembra un'altra persona.
Ha i capelli ricci scompigliati e un'espressione stralunata in viso, come se gli avessero appena inflitto un colpo mortale.
Tiene in mano un bicchierino di plastica, probabilmente colmo del terribile caffè delle macchinette, e mi fissa cupo.
Vederlo così disperato mi squarcia il cuore.
<<Allora? Mi dici perché sei qui?>> insiste.
<<Ho saputo di Katherine...>> inizio a dire e lui mi afferra un polso delicatamente, spostandomi giusto qualche secondo prima di essere investita da un medico che, in tutta fretta, sta probabilmente correndo a salvare qualche paziente.
Mi fissa negli occhi per qualche secondo, poi mi lascia andare e, senza dire nulla, si incammina verso le scale.
Ovviamente non esito a seguirlo.
Saliamo insieme un paio di piani e arriviamo di fronte a quella che deve essere la stanza di Katherine.
La sala d'attesa è insolitamente deserta e le camere sono chiuse. Probabilmente l'orario delle visite non è ancora iniziato, oppure è appena terminato.
<<Non dovresti essere qui>> dichiara Alex in tono piatto. Sembra lontano anni luce.
Si lascia cadere su una sedia un po' logora, sorseggiando il caffè, mentre io rimango in piedi di fronte a lui.
Sposto continuamente il peso da un piede all'altro con nervosismo.
<<Come stanno... Katherine e il bambino?>> tento di chiedere, ma Alex mi ignora e continua a fissare il vuoto.
Decido di sedermi accanto a lui, nell'assurda e incosciente speranza che prima o poi si decida a sfogarsi con me. Forse aspetterò invano, ma almeno potrò dire di aver fatto il possibile per stargli accanto.
Non pretendo di ricostruire alcun legame. Ormai ho smesso di illudermi che proverà a perdonarmi.
Sono qui semplicemente per offrirgli il mio aiuto amichevole; per dimostrargli che tengo a lui, che terrò sempre a lui, nel vano desiderio che prima o poi riesca quanto meno a tollerare la mia presenza.
Ma, in fondo, sono consapevole di star mentendo a me stessa.
Sono qui perché non riesco e non riuscirò mai ad arrendermi all'idea che Alex non mi ami più.
Lo osservo passarsi una mano tra i capelli e tirarli piano. Un'abitudine che dimostra inequivocabilmente tutta la sua irrequietezza.
<<È colpa mia>> butta lì inaspettatamente, dopo alcuni minuti di silenzio. Non si volta neppure nella mia direzione.
<<Che vuoi dire?>>
Alex poggia i gomiti sulle ginocchia e si prende la testa tra le mani.
<<Abbiamo litigato>> confessa. <<Ho perso la pazienza e l'ho insultata pesantemente. Sai bene cosa succede quando mi arrabbio: non rifletto su quello che dico e finisco per ferire chiunque abbia intorno.>> Fa una pausa e rimaniamo entrambi in silenzio per qualche secondo.
L'aria dell'ospedale è satura dei nostri respiri affannati e dell'odore acre dei disinfettanti.
<<Sono stato uno stupido>> inveisce Alex all'improvviso, alzandosi energicamente in piedi. <<Come ho fatto a dimenticare che è incinta? Come ho potuto essere così
cretino?>>
Si mette a camminare nervosamente avanti e indietro per la sala d'attesa.
Ogni parte di me mi sta pregando di abbracciarlo, di tentare di consolarlo.
Si è appena aperto con me dopo un tempo infinito, e il minimo che possa fare è offrirgli il mio conforto.
Non posso dire di non essere spaventata all'idea che mi respinga di nuovo, ma decido comunque di seguire l'istinto.
In fondo, non è esattamente questo il motivo per cui sono corsa qui? Non ho rischiato tutto, pur di stargli accanto?
Non posso certamente tirarmi indietro proprio adesso, ad un millimetro dal suo cuore.
Mi avvicino a lui e faccio l'unica cosa che potrebbe consolarlo, oppure sconvolgerlo totalmente: lo abbraccio e affondo la testa sul suo petto, perdendomi nel suo profumo.
Lui mi lascia fare, ma non si scompone e non mi stringe a sé. Rimane immobile, una lastra di ghiaccio.
Tuttavia, il fatto che non mi respinga è già un enorme passo avanti nel nostro travagliato rapporto e mi illude che prima o poi qualcosa migliorerà.
Il cuore rischia di esplodermi nel petto e, per quanto ci provi, non riesco a smettere di tremare.
Proprio quando ormai non ci speravo più, sento le sue braccia avvolgermi e la sua testa sprofondare nei miei capelli.
Quanto tempo è passato dall'ultima volta che mi sono sentita così?
Neppure il bacio di Andrew può competere con le sensazioni incredibili che riesce a trasmettermi un semplice abbraccio del mio ex.
È terribilmente scioccante scoprire che non amerò mai più nessun altro, nel modo in cui ho amato Alex Williams.
In questo momento più che mai sono sicura che dimenticarlo sarà un'impresa titanica.
Ma non voglio pensarci.
Adesso desidero solo stare tra le sue braccia e lasciarmi invadere da un'emozione che avevo ormai dimenticato.
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