Prologo
Avevo una vita normale.
O almeno per quanto poteva essere definita così una vita in cui venivo pregiudicata per via di una qualità che non avevo deciso se avere o meno.
E questo me lo ricordavo ogni volta che mi fissavo allo specchio alla mattina, osservando quell'orribile segno che mi ricordava ogni giorno "Sei diversa, etichettata. Forse non te lo dicono sempre a parole, ma a gesti sì. Non sarai mai come gli altri."
Quelle mie stesse parole mi facevano male, ma riuscivo sopportarne il peso perché finalmente, alle superiori, avevo trovato nuove persone che mi accettavano e mi facevano provare un benessere e felicità mai avuti con le mie vecchie "amiche".
Dopo tutti quei pensieri che capitavano ad ogni prima capatina in bagno, mentre mi preparavo per poi andare a scuola, mi sciacquavo la faccia con acqua fredda, asciugandomi il viso velocemente con l'asciugamano morbido. Ogni mattina, successivamente, fissavo il mio riflesso offuscato dato che gli occhiali erano appoggiati accanto a me sul lavandino e non sul mio naso e sorridevo debolmente a quel mio riflesso, che per me era indefinito. Mi sembrava che quell'orribile segno nero e che mi era impresso sulla guancia sinistra fosse più sottile e quasi invisibile, inglobato dal rosa pallido della mia guancia, mentre due puntini scuri spiccavano sul mio volto contornato da una massa indefinita marrone scuro che erano i miei capelli ricci e disordinati stile cespuglio.
E accettavo più del solito quella mia corporatura che minimo una taglia 44 di pantaloni la dovevo portare, ma che almeno sul mio 1.70m era quasi accettabile. Già, alla mattina, senza i miei occhiali a compensare i miei 7 gradi di miopia e 0,5 di astigmatismo per occhio circa (il destro aveva leggermente più miopia ed astigmatismo del sinistro) mi vedevo più decente, non mi sentivo un essere informe.
Però il momento finiva, rimettevo gli occhiali sulla radice del naso e quel segno ricompariva più forte che mai, e la ritornata consapevolezza faceva male come un pugno nello stomaco.
A lungo andare, per fortuna, mi ci ero abituata e il dolore lo sentivo di meno, anche se arrivava. Un po' come con tutte le botte e cadute che facevo, a cui era collegato il mio potere, il mio Quirk, la ragione per cui ero etichettata e avevo quel segno sulla guancia. Avevo imparato a sopportare tutte le ferite, le leggere storte, i lividi doloranti e ad essere incurante ai tagli di piccola e media grandezza e/o profondità.
Avevo imparato una tattica molto utile anche se dannosa: non farci troppo caso. Avevo appreso fin da tre anni e mezzo che si poteva imparare a sopportare tutto; primo tra tutto e tutti il dolore. Ma questo non escludeva il fatto che esso capitava ogni volta. In parole povere, avevo accordato il cuore e la mente, provati entrambi troppe volte da dolori di natura differente, sul non dare più di tanta importanza alle diverse ferite; anche se comunque i danni arrivavano. E io li sentivo bene, perché sono sempre stata una persona dall'animo fragile, pauroso e timido. Se agivo per conto mio, lo facevo nell'ombra, per evitare di essere scoperta, per evitare che altri problemi giungessero e persone criticassero.
Anche quella mattina, come ogni altra, mi risvegliai dai miei pensieri che vagavano fin troppo. Un'altra mia qualità a doppio taglio.
Verso le sette meno cinque uscii di casa preparata e mi diressi verso la fermata del bus con quindici minuti in anticipo rispetto alla partenza del veicolo stesso, per prendere posto per me e la mia migliore amica perché non era proprio il massimo farsi mezz'ora di tragitto in piedi. Se almeno il bus partiva da dove abitavo io, era meglio approfittarne. Mezza assonnata salii su uno dei tre bus che portavano alla città, l'unico già arrivato, stando attenta che non fosse l'unico che non passava per la mia fermata, e mi sedetti sui primi posti davanti. Mi misi nel posto vicino al finestrino, preferendo stare lì che verso l'interno, e misi lo zaino nel posto adiacente per far capire che era occupato.
Collegai i miei auricolari al cellulare e spiaccicai la mia guancia destra contro il finestrino freddo, rilassandomi mentre partiva "Not Gonna Die" degli Skillet dalla mia playlist. Ok, avevo un modo e canzoni tutti miei per rilassarmi alle sette del mattino; ma quella canzone mi piaceva tanto e mi dava la carica, anche perché quel giorno, alla quarta ora, avremmo avuto la verifica di matematica ad una settimana d'inizio della scuola. Ah, come si preannunciava bello e gaio l'anno scolastico 2018-2019!
Non potevo però sapere che quel giorno, oltre a scampare ad una verifica per cui mi ero preparata ma per cui avevo come al solito ansia, sarebbe iniziato il lento e strano percorso che il Fato aveva prescritto per me. E, lo posso assicurare solo adesso, il finale non era quello che mi aspettavo.
Nessuno se lo sarebbe mai aspettato.
N/A: eccomi qua con una nuova fanfic e sta volta con il mondo di BNHA! Seeee!
*coro di grilli in sottofondo* *un pochino sad Ary*
E va beh, so già che questa storia sarà tutta strana e poco seguita, probabilmente, perché "NoN è UnA XReaDeR"/ "mA nON c'EnTRa NuLla cON l'oRiGInaLe"/ "NoN é sU uNa ShIP!".
Però, ehi!, se mi seguite e leggete le mie storie anche da poco (o solamente mi conoscete per i miei innumerevoli e di dubbia ironia commenti postati su storie da me lette) credo abbiate capito che non ho le rotelle a posto. E questo si ripercuote sulle mie idee: da un concept usato, mi diramo in un lato non tanto esplorato. Basti solamente vedere che l'unica vera e propria altra FF che ho è di un RPG poco conosciuto. E l'unica storia stile "crack" è un semplice diario-raccolta della mia vita, in cui ovviamente i miei disagi sui miei fandom sono più che inclusi.
GIURO (o almeno spero) di pubblicare in orario una volta alla settimana come al mio solito e vi avverto, se mi seguite già per altre storie, che i capitoli di questa storia saranno MOLTO più corti rispetto a quelli di "Il mio piccoletto". Mentre quelli spaziano dalle 2900 alle 3500 parole e anche di più spesso (e per quelli devo fare le capriole con salti acrobatici per scriverli decentemente in una settimana scarsa da studentessa liceale), i capitoli di questa saranno da "fanfiction standard"; dalle 800 alle 1200 parole per capitolo.
-Anche se scommetto cinque euro che i capitoli da 2000 parole e più spunteranno fuori quando mi farò prendere la mano su una determinata parte-
Comuuuunque, spero che questo prologo vi abbia anche solo un pochino pochino invogliato a leggere questa mia nuova storia e... vi saluto.
Alla prossima settimana!
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