Capitolo 45

Quando aprii gli occhi al suono fastidioso della sveglia di camera mia, realizzai che dovevo alzarmi, prepararmi ed iniziare quello che sarebbe stato il primo giorno di scuola dopo le "vacanze estive".

Mi alzai e, ciondolando verso la cucina, feci colazione, il cervello che stava ancora andando in automatico. Finita la solita colazione e dopo la capatina a lavarsi, ritornai in camera, adocchiando le due fiale che erano arrivate il pomeriggio precedente. 

Erano fiale lunghe e strette, con dentro diverse sferette. Una fiala conteneva sferette di un colore nero-verdastro, le altre di un colore più biancastro.

Come recava la lettera scritta al computer, messa insieme alle due fialette nella scatola arrivatami, quelle sferette contenevano, rispettivamente, i miei abiti da agente H.E.R.O. e dei supporti per spostarmi, quasi "teletrasportandomi", al luogo dove avrei dovuto combattere la minaccia.

Non mi dilungo a spiegare come sia tutto possibile, basta dire che i Quirk di poveri tizi a caso e il cancellamento di memoria sono implicati in tutto questo.

Fissai un po' diffidente quelle fialette, sapendo che le avrei dovute mettere nello zaino perché dovevo averle perennemente con me, cascasse il mondo.
Perciò, con un sospiro, mi arresi a metterle dentro, pregando qualsiasi divinità che, semplicemente, quel giorno andasse tutto bene.

Le divinità non devono aver ascoltato molto, ma sorvoliamo questo mio commento.

Fatto sta che misi dentro lo zaino, in una taschina un po' nascosta, quelle fialette e mi cambiai, per poi cazzeggiare col cellulare su Instagram e Wattpad, come sempre facevo.
Peccato che quella volta stetti lì giusto un po' di più e, realizzandolo, afferrai la giacchetta leggera, infilandola impacciata, mi misi lo zaino in spalla e corsi verso l'uscita, con mia madre che mi borbottava dietro: <Ed io che pensavo fossi già andata! Sei in ritardo di cinque minuti! Per fortuna che non ti riduci proprio all'ultimo ultimo!>

Non ebbi la voglia di risponderle e le mandai un bacio volante prima di uscire dalla porta d'ingresso e scendere le scale fino al cancelletto.
Andando a passo sostenuto, arrivai alla fermata in tempi record; anche se comunque un bus, che passava per la mia destinazione, c'era già.
Sperai che Asami fosse già su una volta tanto prima di me, e davvero la trovai lì sopra, intenta a fare qualcosa sul cellulare, lo zaino ad occupare il posto verso l'interno.

Le picchiettai la spalla delicatamente per attirare la sua attenzione, salutandola con un piccolo sorriso. Lei non ricambiò, e stavo già per sorvolarci su perché volevo chiederle di spostare lo zaino per lasciarmi il posto, che disse testuali parole: <Voglio stare da sola.>

La guardai perplessa qualche secondo, realmente confusa, per poi domandare: <Sola?>, sperando di aver capito male.
Purtroppo no, avevo sentito benissimo.

<Sì, sola. Quindi siediti da qualche altra parte, tanto altri due posti li teniamo anche così.> praticamente mi impose, alla stregua di un sovrano col servo.

<Ma appunto perché tanto li lasceremo alle altre e qualcuno si siederà accanto a te... perché fare così?> chiesi, preoccupandomi per lei.
Cosa c'era che non andava?
Potevo aiutarla, volevo aiutarla, ma lei doveva lasciarsi aiutare per fare ciò.

<Intanto voglio stare un po' da sola. E sbrigati, prima che qualcuno occupi tutti i posti liberi.> ripeté, il tono altezzoso forte e chiaro. Inghiottii il nodo amaro che avevo in gola, un nodo che sapeva di rifiuto, dolore e confusione, per annuire ed andare in due posti dietro di lei.
Mi misi vicino al finestrino e cercai una canzone che mi potesse far sentire un po' meglio, che mi distraesse, mentre gli angoli degli occhi pungevano dalle lacrime che tentavano di uscire.

Le note di "Killer in the Mirror" dei Set It Off mi iniziarono a risuonare nelle orecchie prima ancora che me ne rendessi conto, mentre tentavo di affogare quell'orribile sensazione che però non spariva, restava lì e si faceva di secondo in secondo più forte.
E questo mi faceva impazzire, perché se non riuscivo a soffocare qualcosa, non sapevo bene come fare. 

Odiavo litigare con la gente, non mi era mai piaciuto perché si creavano macelli partendo spesso e volentieri da un nonnulla o cause esterne. E ci si dicevano/ ricevevano sentenze che non si sarebbe creduto capaci di creare/ udire.
Non mi è mai piaciuto urlare perché ero incavolata con qualcuno.

"Forse... è come l'anno scorso? Era incavolata e stressata per tante cose, voleva stare da sola e non accettava molto la vicinanza della gente, beh, specialmente da me... Spero Masa possa aiutarla come l'anno scorso e che Asami stia bene, poi. Tanto si noterà in classe che non sarà molto socievole o allegra." mi dissi, provando a convincermi, cercando di ritornare alla musica.

Però, proprio in quel momento, risuonò il ritornello della canzone: "Now I know there's no one I can trust / I used to think there was / Tell me that I'm cutthroat / I think you got your eyes closed / Feel the fear and swallow back the tears / Let weakness disappear / There's nobody but me here / The killer in the mirror."

E quelle parole un po' si fecero spazio nella mia mente.

"Forse... davvero non mi dovrei fidare di Asami? Forse dovrei diventare spietata, fredda, apatica... diventare cioè quel tipo di persona che mi ero proibita di diventare? Però... devo imparare a mandare indietro le lacrime e... trovare un modo di diventare meno debole... d'altronde, sono sola." mi dissi.

Un piccolo singhiozzo provò a farsi forza per uscire ma lo feci scomparire, mentre un orribile pensiero si fece spazio nella mia mente: "Siamo sempre state sole...".
Scossi con forza la testa, dicendomi che, in fondo, non era nulla fuori dal normale.
Ero amica di Asami per quel che era davvero, non ero sua amica solo per la facciata.

"Era tutto più facile alle medie... lì era più dolce..." mi sussurrò la vocina orribile di prima, continuando con: "Poi, però, l'ennesimo casino le è arrivato e, oh poverina, ecco la cattiva ragazza che ha <<soppresso per anni dietro la facciata della principessa-bambolina>>. Anche noi possiamo essere come lei, tutti possono esserlo, ma è una strada semplice. In fondo, a lei, questo suo modo di fare le è comodo: può trattarci per come realmente vuole, e cioè alla stregua di una pezza, senza sforzarsi perché noi le perdoniamo dannatamente tutto!"

"Con Asami ci vuole pazienza..."
"Un conto è la pazienza, un conto è farsi mettere i piedi in testa!"
"Io... voglio credere che davvero sta male, che qualcosa le è accaduto e che, perciò, vuole le distanze..."

"Sei davvero senza speranza... sai, forse dovremmo fare come lei! L'acida, la cattiva, la fredda, e poi vediamo se si accorge che ci ha rovinato, che ci ha reso come tutti gli altri. A quanto pare, a questo mondo, o muori rimanendo stupide come noi o vivi abbastanza a lungo da diventare come Asami!"

"Asami ne ha passato di cotte e di crude, per avere la nostra stessa età! Come pensi che noi saremmo, nei suoi panni?!" quasi sgridai quella voce.

Asami, un pomeriggio, nelle vacanze di primavera prima dell'inizio della prima superiore, a casa mia, mi aveva raccontato tutte le disavventure che le erano capite.

Non so, come per Fukuda, se la sua storia mi è permessa di narrarla, qua.
Ma tento comunque la fortuna.
Mi sembra giusto che, se mai qualcuno riuscisse a leggere tutto questo, sapesse tutto quello che sapevo anch'io.
Beh, meglio non perdermi in cincischi e riassumere la vita di colei che ritenevo una grandissima amica.

Asami, fin dalla nascita, si era ritrovata con la vita contro; facendola quasi morire già al parto: il feto si era sviluppato con diverse malformazioni genetiche possibilmente ereditabili, che l'avevano portata ad avere un corpo totalmente diverso da quello propriamente umano.

Per esempio, era nata con già un tumore in stato maligno al fegato, cosa che aveva costretto i medici ad iniettarle delle cure, nella speranza di farla guarire subito.
In caso contrario, sarebbe morta sul colpo, ancor prima di nascere. 

Sì, mi sto contraddicendo, ma perché tutto questo era stato scoperto poco prima della rottura delle acque, notando come nel feto ci fosse qualcosa che non andava. Controllarono il feto con qualche "lastra" e trovarono il problema, che doveva essere tempestivamente risolto. 

Perciò avevano dovuto operare chirurgicamente la madre per fare un parto cesario e tirare subito fuori la bambina, o almeno esporre una parte del corpo del neonato, per iniettarvi la medicina. Ciò è testimoniato da una cicatrice appena sotto le costole che Asami ha tutt'ora e che giustificava sempre davanti agli altri come errore fatto durante il cesario dal "deficiente" che si era ritrovato come medico, quando invece il taglio era stato fatto apposta per infilarci un tubo.

Con le probabilità statistiche a suo totale svantaggio, riuscì comunque a vivere, il tumore totalmente sparito... ma a caro prezzo.
Quasi l'80% del fegato era diventato tessuto morto e, perciò, furono costretti ad asportarlo. Provarono a fare un trapianto di fegato, ma c'era una incompatibilità tra i due e perciò fu impossibile. 

Ci riprovarono diverse volte nel corso degli anni, ritrovandosi sempre con incompatibilità e dolori di Asami, prima di capire che il suo corpo poteva ricevere un organo solo da una persona di, pressappoco, la sua età, oltre la ovvia necessità dello stesso gruppo sanguigno. Comunque, fatto stava che aveva una piccolissima parte del fegato normale:

Cosa che le rendeva altamente complicato mangiare regolarmente, data la difficoltà a sintetizzare pressoché qualsiasi sostanza, la rendeva inoltre molto cagionevole di salute (per chi non lo sapesse, il fegato è molto importante per il sistema immunitario umano) e aveva i livelli del sangue perennemente sbagliati, data la poca pulizia di globuli rossi danneggiati che quel poco di fegato riusciva a compiere.

Già questo basterebbe per rovinare la vita ad una persona: si è impediti a mangiare in troppa quantità o mangiare molte cose troppo complesse in tempi relativamente brevi, cioè due-tre ore, si è costretti a stare molto vigili a qualsiasi malattia perché il minimo colpo di vento può diventare ben peggio di un fastidioso raffreddore e il sistema circolatorio è compromesso a vita, rendendo le malattie che vengono con l'età (colesterolo, alta/bassa pressione, ecc...) più pericolse.

Ma non era finita qui.

Un'altra cosa preoccupante fu scoperta appena dopo il salvataggio miracoloso di Asami a neanche un secondo di nascita: aveva i polmoni troppo piccoli.
Essi erano più piccoli del 35-40% circa. 

Aggravato dalla mal circolazione del sangue nel corpo, aveva fatto quasi strozzare da sé la neonata più volte, quando era appena stata messa sotto osservazione dopo la cura del tumore. Avevano tentato anche quella volta dei trapianti di organi, e anche più in avanti nel tempo, ma ancora una volta andò storto per il problema citato sopra.

Però, le vie respiratorie erano più strette a causa di uno strano muco che si era creato naturalmente nelle vie, rendendo la portata d'aria ancor più ridotta. Si era capito che era per via di delle ghiandole che facevano il loro lavoro in eccesso.

Si poteva provare ad operarla.

C'erano, ovviamente, le due classiche possibilità.
Andare bene od andare male.
Se andava bene, il muco eccessivo sarebbe sparito e, almeno, le vie respiratorie sarebbero state sgombre.
Se andava male, c'erano due opzioni: o moriva, od era costretta a vivere con una bombola di ossigeno attaccata al volto, lontana dal mondo esterno per evitare lo smog.

I genitori di Asami firmarono la liberatoria di assumersi loro, al posto del medico, le ragioni dell'eventuale morte della figlia; con la consapevolezza che sarebbe potuta morire a neanche una settimana di vita.

Però, l'operazione andò in porto e le vie respiratorie furono libere, col prezzo di un'altra cicatrice a percorrerla sul "manubrio"; cioè la parte alta dello sterno che si unisce con le clavicole.
Ma i polmoni rimasero comunque due troppo piccoli sacchi di tessuto per essere paragonati a dei normali polmoni.

Ciò comportava il non poter fare eccessivi sforzi, il non poter praticamente correre mai, l'avere difficoltà respiratorie a pancia in giù e ad essere molto più sensibile alle esalazioni tossiche, fumo di sigaretta o scarico di auto che fosse.
Ovviamente anche su questo Asami mentiva alla gente comune, dicendo di essere "solamente" asmatica.

Infine, aveva problemi di spina dorsale a causa del vuoto che c'era nella gabbia toracica che, verso i sei anni, l'aveva portata ad avere la colonna vertebrale troppo verso il dentro. Poteva comprimerla troppo e lacerarle gli organi della cassa toracica e quelli poco sotto se non si risolveva la questione, portando alla morte della piccola.

Perciò... altre mille operazioni, altre alte probabilità di sbaglio, altre fortuna, un anno passato in ospedale ed altre cicatrici tutte attaccate, la prima sulla scapola sinistra e le altre che seguivano giù, fermandosi con l'ultima verso la metà della colonna vertebrale.

Queste erano tutte le sventure capitate ad Asami e, lo so, sembrano da film, ma sono vere; le sono seriamente capitate.
Come altri problemi, sorti però l'anno prima, a cui ho già accennato attraverso i miei pensieri. Infatti qualcos'altro era capitato alla sventurata figlia minore dei Watanabe.

Il padre della sua migliore amica si ritrovò a dover gestire un tumore, scoperto con anni di ritardo a causa di medici "incompetenti". Ci furono mesi di sofferenza, dove vidi Asami per periodi che mascherava il dolore, mentre in altri scoppiava subito in lacrime ad ogni nonnulla; specialmente quando, più di una volta, avevamo accennato alle malattie terminali in classe. 

Poi, però, l'uomo morì e la sua famiglia e anche quella di Asami furono distrutte.
Asami era come morta, in parte, dentro di sé, perché quell'uomo le aveva fatto come da secondo padre per una vita intera.

Iniziò a trascurarsi e scoprì qualche mese dopo di essere caduta in anoressia, diventando troppo magra e troppo gracile, troppo debole su quel corpo che pareva funzionare per via di miracoli di diversi déi insieme.
Quando me lo disse, mi preoccupai a morte per lei e, oltre a cercare di mantenerla felice, le feci da supporto emotivo tutte le volte che volesse e stetti attenta che mangiasse.

Mentre era in corso quest'ennesimo strano suo comportamento, Asami stava passando il pericolo, anche se era sempre lì, dietro l'angolo. E poi... aggiungici litigi con la migliore amica col padre morto, Masa ed il fidanzato... era davvero stressata e quasi sul limite.

Io le stetti tutto il tempo vicino, a consolarla, l'anno scorso, a cercare di farla stare meglio.
E, a ripensare a tutte le sue disgrazie, mi venne paura perché non volevo rivivere quell'inferno in seconda fila, come spettatrice che poteva fare ben poco.

Quasi sperai che avesse ragione la mia vocina, e che perciò stesse fingendo.
Avrei preferito sapere che, a tutto d'un tratto, avesse incominciato a mostrarmi disprezzo e, perciò, odiarmi; piuttosto che esser conscia che la sua lista di sfighe si stava per allungare.

"Beh, vedremo in classe come si comporterà. Vedremo se sarà felice, se realmente o per finta, o se sarà un po' scontrosa." mi dissi, quasi ad aspettarmi un responso dalla vocina infida dentro di me; non ricevendo nulla in cambio.

"Bene, ora sto tentando di parlare con delle vocine dentro di me. Sto ufficialmente impazzendo." sbottai mentalmente, notando fuori dal finestrino che eravamo ad Iwate, e pressappoco vicino alla nostra fermata.

Chiesi scusa per i miei movimenti semi-bruschi alla ragazza accanto a me, una nostra amica che andava nella nostra stessa succursale, ma come studentessa presso l'altra scuola con cui si divideva l'edificio.

"Fra poco... momento della verità..."





N/A: ed eccoci qua, entrati del tutto nel terzo arco narrativo!
Preparatevi a tutto e a di più, sia per plot twist che accadranno più in là, sia per comportamenti da parte di vari personaggi *coff coff* tipo Asami *coff coff*

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